Non so quanto sia noto a livello nazionale che la città metropolitana di Reggio Calabria si sta per dotare di un “waterfront”. Per ufficializzare la cosa il sindaco Scopelliti (dalle statistiche risulta essere il più amato d’Italia) è pure andato a Londra, quindi roba grossa.
Ma che è un “waterfront”? Semplicemente un’architettura accostata all’acqua, di mare, di fiume, di lago, di fiumara o torrente che sia. In termini strettamente tecnici anche un muro di contenimento in laterizi di calcestruzzo è un waterfront, ma in sostanza ciò che si intende con questa parola è una costruzione di grandi proporzioni di rimpetto al mare. per saperne di più consiglierei la lettura del bel libro del professor Claudio Roseti dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria
Waterfront, spazi liquidi e architetture d’acqua. Scheda su IBS.
I giornalisti vanno letteralmente in delirio quando qualcuno inventa o riscopre parole del genere, e i titoli degli articoli non fanno che ripetere la medesima parola. Che noia, che mestiere ambiguo…
Il concorso per il Waterfront di Reggio l’ha vinto Zaha Hadid, una tipa tosta. Se guardate la sua scheda qui l’immagine sembra una wharolata della foto di una drag queen.
Zaha Hadid è una personalità, è molto famosa nel suo ambiente, è una degli esponenti più quotati della corrente Decostruttivista, anche se secondo me è più un’etichetta che le sta stretta e che può essere più vera per gli interni che per gli esterni.
Le sue architetture sono molto raffinate ed eleganti, e il fatto che abbia studiato matematica pura la dice lunga sulla sua “tostezza” e sulla sua concezione dell’architettura come rappresentazione di flussi di movimento. Le sue costruzioni sembrano infatti dei risultati di funzioni goniometriche, logaritmi ed asintoti che rendono lo spazio tridimensionale un mezzo e non un luogo. Le coperture sono di materiali pregiati, costose, e qualche volta è stata accusata di aver dato poca funzionalità all’insieme.
Una signora che non pettina bambole.
Il Waterfront di Reggio sarà diviso in due blocchi. Uno ospiterà un museo del mare (pare che ci metteranno i Bronzi. Finalmente via da quel museo incartapercorito e sfinito) a forma di stella marina
(che visto dal mare ricorda un po’ quell’unica opera di Jorn Utson che l’ha reso famoso, l’Opera House di Sidney)
e un altro dalla parte opposta del Lungomare, collegato alla orribile stazione Garibaldi, che ricorda un po’ un altro progetto di stazione della Hadid, quello della Tav di Afragola, a Napoli.
Sono queste le cose su cui la città deve investire. Landmarks. E non per farci riconoscere dagli altri (come nel caso della citata Opera House di Sidney), ma per ridare a noi stessi una identità.
Perchè l’abbiamo persa. L’abbiamo persa dalla fine della civiltà megaellenica.
Speriamo si vedano bene dall’alto, mentre la gente ci sorvola in aeroplano.