Antonia lotta contro Mafalda

Abbiamo una biscia in giardino. L’abbiamo sempre avuta, da che mi ricordo io. L’estate si fa vedere qualche volta e noi saltiamo su e ci spaventiamo, ma poi diciamo sempre: “Ma che vuoi che sia, una biscetta d’acqua, mangia i topi e le zanzare” e poi concludiamo con la proverbiale frase: “Ha più paura lei di noi che noi di lei”.
Con il caldo il giardino è quotidianamente frequentato da mio padre e dai fisioterapisti, che ce lo portano per irrobustirlo. La signora ha visto la biscia e si è spaventata: ha un’idea di giardino diversa dalla nostra.
Mia madre, colpita nel vivo di buona padrona di casa, si è sentita in dovere di eliminare la biscia, o perlomeno di limitarne la libertà. Ha perciò deciso di radere al suolo le erbacce, i rimasugli dei nasturzi, le foglie secche dell’agave, di abbattere i malvoni, gli acanti, i cardacci e gli altri fogliami, di rastrellare le arance e le more cadute, le foglie secche per l’arsura.
Io la lascio fare, tanto so che l’anno prossimo ci sarà nuova vegetazione, e se Gilles Clément volesse vedere un giardino in vero movimento, che venisse a casa mia: basterebbe solo mia madre per fargli venire un giramento di testa.

Mia madre parla della biscia chiamandola “Mafalda”.
“Mafalda ha fatto i piccolini”, “Mafalda si è ingrassata: ha mangiato un topo intero”, “Ma lo sai che Mafalda è anche il nome della moglie di Giulio…ah, no, la moglie di Giulio si chiama Adelaide”.
Mafalda qua, Mafalda là.
Mafalda è un argomento di conversazione a casa mia.
A dire il vero non so se la Mafalda dei miei tempi è la stessa Mafalda di adesso: non so quanto campi un serpente.
Mafalda. Ma che razza di nome.