Riposante come il chiocciare della gallina

il pollaio per tutti 2
Perchè si dice che le galline siano stupide? Forse perchè sono mansuete, adattabili, domestiche?
Eppure sono animali non solo intelligenti, ma anche riposanti. Certo, quando non sono tantitssimi. Un pollaio è rumoroso, ma un pollaietto è quanto di più riposante e ipnotico esista in campagna. Il tremulo, delicato, sommesso chiocciare di un paio di galline è un suono che conduce ad una serenità immeritata, ad uno stato di abbandono soporoso.

A quanti compiti deve assolvere il giardino contemporaneo?

Non so più recuperare il filo che mi ha condotto a questo pensiero ma ricordo che mi ci ha portata un senso di sconforto, di pesantezza, di noia, di ottundimento.

Il giardino deve essere così e cosà, deve essere etico, ecologico, bio, sociale, futuristico, intanto però non devono mancare glamour, fashion, style, home and outdoor. In più deve essere bello. Sì, semplicemente bello.
E’ come chiedere ad una donna di andare a lavorare, fare le pulizie, badare i figli, impegnarsi in politica e nel sociale, essere magra e avere le tette, truccarsi, fare palestra, avere la pressione il colesterolo a posto pur facendo cake design a tutto spiano e cucinando in continuazione finger food e cupcake neo-hipster style.

Be’ ma cosa diavolo è preso a tutti? Che razza di cecità dilaga in giro? Perchè questa mania del giardino e di come deve essere?

Ho sempre considerato il giardino una specie di indicatore sociale, un po’ come le coccinelle. Un marker, insomma, come quando ti fanno le analisi del sangue.

L’attenzione, a dire il vero un po’ fatua, che viene dedicata al giardino in questo ultimissimo periodo (un annetto o giù di lì), è un sintomo di un cambiamento di idee nei confronti dell’ambiente e delle sue manifestazioni materiali. E ci tengo a precisare che ho scritto “cambiamento”, non un “miglioramento”, perchè non credo lo sia.
Del cambiamento in atto tutti siamo consapevoli: la dimuzione del reddito e dei beni a cui potevamo attingere liberamente dalla natura. Ciò non ha comportato affatto una maggiore resposabilità nel trattare l’ambiente, anzi, ha generato una corsa sfrenata all’accaparramento delle ultime risorse. Solo i pochi che erano “civilizzati” già negli anni ’80 lo sono rimasti o hanno rafforzato le loro idee e le loro azioni a favore dell’ambiente, isolate o organizzate.
La cultura non è esente da questo processo di accaparramento di beni, in questo caso i consumatori che per un motivo o per l’altro, coscientemente o meno, approdano alla vita “eco”.

Tralasciando l’orto in terrazza e analoghe mode, c’è stata un’esplosione della cultura “verde” e dei giardini.
Ma attenzione: oggi il giardino non si fa più per un senso di godimento quanto per assolversi dal peccato industriale, con tutto quello che ne deriva, il più delle volte mediocri risultati frutto di incompetenza, raffazzonaggine, consumismo inconsapevole, o per contro manie di grandezza, pretenziosità, consumo vistoso.

Il giardino domestico, familiare, soprattutto se è di nuovo impianto, ha sempre queste caratteristiche. L’ampliarsi del bacino di utenza di chi è interessato al giardino non ha portato un innalzamento di livello delle competenze, anzi, l’esatto contrario. E qui troviamo un periodo che è la discriminante, cioè la fine degli anni ’90 e l’inizio del primo decennio del 2000, in cui il livello qualitativo dei giardini ha visto un buon incremento anche in Italia, seguito da un’ampliamento delle disponibilità di piante e beni ad esse correlati, quindi un appiattimento dell’estetica borghese.

Il giardino della borghesia ricca o finto-nobile ha invece altri scopi. Ricordo con precisione di avere letto su Gardenia del restauro di una bellissima villa in Liguria, che è stata poi adibita ad albergo esclusivo. Tra gli investitori c’era il direttore di Striscia la Notizia, quindi immagino che il target fosse composto da personaggi dell’establishment televisivo dotati di un portafoglio ben gonfio.

Il giardino assolve in questo caso ad un’altra funzione, quella di produrre reddito. Reddito molto materiale, immediato: dai-prendo. La villa in questione, di cui non ricordo il nome, è diventata fonte di reddito immediato nell’arco di pochi anni.
Non parliamo quindi della redditività che sappiamo benissimo si genera in tempi lunghi, a volte lunghissimi da un’operazione culturale. Partire con un restauro di un antico giardino nel 2013, terminarlo nel 2023, quando sarà visitato da un bambino che diventerà un grande architetto di giardini, portando lustro al suo paese per decenni a venire e influenzando a sua volta generazioni di giardinieri.
Non questo genere di redditività, dunque.

Al giardino si chiede di essere ecologico, etico, storicizzato, moderno, produttivo, low-cost, recuperato, giovane, iper-tecnologico, curativo, redditizio, ricco di glamour e almeno un pochettino famoso o pubblicizzato.
Va da sè che alcune di queste cose sono incompatibili tra loro, il risultato delle aspirazioni di inserirle tutte nel progetto di un giardino non potrà che essere deludente.

Non ci sono un modo e un come e neanche un cosa riguardo ai giardini. I giardini, in quanto espressione artistica, sono frutto di una società o di una porzione di essa. Ma quello che si tende a dimenticare è che i giardini sono frutto di un giardiniere, di un artista.
Lo scopo di un artista non è avere piante belle, sane e ben curate, e neanche quello di avere un insieme armonico e affascinante (tantissimi giardini “di livello” che conosco si fermano disgraziatamente a questo secondo stadio, quello artigianale, del “lavoro fatto bene”), ma quello di universalizzare.
E questo vale per qualsiasi forma d’arte. Quelle più belle e che consideriamo “classiche” o “immortali”, hanno questo immenso potere di suggerire, hanno un lato nascosto, che è visibile solo a chi osserva (ecco perchè l’opera d’arte è letteralmente costruita dal pubblico e anche perchè noi capiamo poco l’arte moderna, perchè è poco storicizzata).
Ciò che suggerisce varia di volta in volta, a seconda di chi osserva (e di chi esprime il proprio giudizio di osservatore: non giudicare è ciò che di peggio può accadere ad un’opera d’arte), del come del quando e del perchè. Più cose suggerisce, più l’opera d’arte sarà apprezzata e per un tempo maggiore. Perchè sarà il pubblico, nel tempo, a rimpire “il suggerimento”, con questioni sue personali o legate alla società.

Questo è universalizzare: far riconoscere l’osservatore nell’opera d’arte, farlo sentire in possesso della sua anima, nella casa che non sapeva di avere. Quando hai fatto questo, sei davvero un artista.

Da un punto di vista estetico è per questo che rigetto la brodura all’inglese, tanto perfetta, piena straripante e ipertrofica, da non lasciare posto a nessun “suggerimento”. Poi esistono altre motivazioni sociali ed economiche.
E sempre per tal motivo non mi piacciono le vecchie illustrazioni fatte con l’aerografo, o l’iper-realismo ad acrilico.
Non suggeriscono nulla, non “parlano”. E’ tutto lì, basta guardare e dire “ooooh”, dopodiché, chiuso.

Jan Mukarovsky la chiamava “inintenzionalità” dell’arte. E’ una componente che neanche l’artista sa di mettervi dentro (forse perchè è un artista?).
A me piace dire “la mia tovaglia è la tua tovaglia”. E’ una frase di On writing di Stephen King.
King in questo caso raccomandava agli aspiranti scrittori di non caricare troppo di dettagli. Nella scena del pic-nic, non descrivete la tovaglia se non è importante ai fini della storia, e anche in quel caso descrivete solo gli elementi sensibili, il resto lo deve mettere il lettore. Io devo suggerire l’idea di tovaglia, ma sarà il lettore a comporre in testa la sua tovaglia. In pratica, suggerendo l’idea di tovaglia, ho universalizzato il concetto di tovaglia, rendendolo plastico, adattabile a qualsiasi tovaglia che sta nella testa di qualunque abitante che usi tovaglie nel mondo intero.

Quanti giardini sanno far questo? Quanti giardini hanno la capacità di sussurrare pensieri mai pensati? Quanti giardini invece si mostrano tronfi e volgari nella loro riuscita? Anche giardini zen, minimali, o di indole geometrica, apparentemente solidi, “strutturati”, mancano completamente della voce? E non illudiamoci che la voce la possano mettere gli uccelli, il vento tra le fronde, o lo scroscio dell’acqua. Semmai sarebbe coprire un pesante silenzio.

Penso che stiamo chiedendo troppo all’arte, che ci appelliamo all’arte quale extrema ratio in questi tempi difficili: l’arte non dà risposte su come investire i bond, dà risposte su noi stessi, sulla nostra natura di esseri umani (se uno le sa trovare).
Al giardino, essendo fatto di terra e piante, di porzioni di paesaggio, si chiede ancor di più per evidenti motivi.
Non c’è comunicato che abbia pubblicato in questi ultimi tempi che non scriva da qualche parte “ecosostenibile” o qualcosa di analogo.

Iniziamo a trovare la Bellezza, il resto verrà. exupèry_invisibile bellezza_cr

L’essentíal est ínvísíble pour les yeuse

Antoine de Saint-Exupéry

Orti a mare

Non lo faccio quasi mai, dare voce a comunicati stampa di vivai o eventi che non conosco personalmente o di cui non abbia piena fiducia, ma il breve comunicato della responsabile del vivaio mi è sembrato così semplice e diretto, privo di infarciture pubblitarie che mi ha convinto.
Lo pubblico pertanto con piacere:

Volevo segnalarvi l’evento ORTI A MARE che si terrà il 1-2 giugno 2013 al Castello di Casalappi- Campiglia M.ma
(LI) dalle 9 alle 22, con più di 50 espositori da tutta Italia.
L’anno scorso la prima edizione è stata un vero successo e speriamo anche la prossima.
Vi pregherei di prenderne nota, se potete intervenire personalmente ne sarei felice e se potete pubblicare qualcosa sul vostro bel blog vi ringrazio.

http://www.ortiamare.it
http://www.castellodicasalappi.it

Cittanova Floreale 2013, la “quattro giorni” calabrese (31 maggio, 1-2-3 giugno)

Cittanova Floreale 2013
Cittanova Floreale 2013

Anche quest’anno si riconferma la presenza di Cittanova Floreale, l’unico evento floral-fieristico-giardinicolo della regione Calabria. E già il fatto che continui ad esistere è un gran successo. Cittanova Floreale ha una strada tutta in salita: pochi soldi, poca la conoscenza delle piante da parte del pubblico, buoni vivaisti che però non riescono a vendere che gerani e rosai ricadenti della serie Fairy.
E’ molto dura, durissima.
Le liste dei vivaisti spesso non arrivano neanche o si sanno all’ultimo momento: non puoi prenotare una pianta perchè non sai chi ci sarà. I prezzi non sono certo quelli di Masino, e se per un Geranium maderense ben cresciuto te la cavi con una ventina di euro, devi sopportare l’infestazione di dalie nane, gerani policromi, annuali da brodura, cactacee di dozzina, per non parlare di unguenti contro i dolori articolati.
Ognuno saluti col cappello che porta: a noi i dolori articolati, ingenui e un po’ villici, a Murabilia le sedie finto-invecchiate, i cappelli in paglia finto-ecologica, la saponetta con olio finto-exrtravergine, e tutto quel contorno di addiditivi e polisaccaridi del giardino che amano tanto le belle signore impiallacciate.

In definitiva andare a Cittanova Floreale è per me vicino, piacevole e non troppo dispendioso. Con 100 euro riempio il bagagliaio. E’ un po’ come tornare a respirare aria pulita, trovarsi a casa, instaurare quel rapporto con le piante in cui ci si guarda a vicenda e tutto intorno si annulla. Si rincontrano amori di gioventù, o l’innamoramento si inventa lì per lì, davanti a un vaso.
E’ bello, è dannatamente bello. E quando sono lì mi mancano le fiere più blasonate e le passeggiate con gli amici del forum. In effetti mi sento un po’ sola a Cittanova. Sì, in modo autoreferenziale mi sono autoeletta l’unica che capisce cosa compra, quando ci va. L’unica, tra tutti quelli che ci vanno. Non so se sia del tutto vero, forse qualche altro buon diavolo c’è, ma anche con uno sforzo di fantasia e di coraggio non credo che si arrivi a coprire le dita di una mano.
E mi dispero, perchè è ingiusto. Vorrei avere migliaia di euro, a volte solo per dare giustizia alla “rarità” di una pianta. Mi intrattengo ore coi vivaisti, cerco di incoraggiarli, li ringrazio e gli chiedo se torneranno. Ricevo dépliant e biglietti, qualche catalogo e torno a pensare che mi spiace non avere la possibilità di acquistare da tutti.
perchè questa gente se lo merita davvero. Lo fa per lavoro, vero, ma anche perchè ci mette un pizzico di speranza e di follia. Non tutti sono pronti ad investire tempo e fatica in fiere dall’esito incerto, e per di più in una regione remota come la Calabria.

Merenda didattica
Merenda didattica

Di solito vengono Mimma Pallavicini e Carlo Pagani. Sono una grande attrattiva mediatica per la fiera, che però non riesce davvero a trovare un’anima, una via, a staccarsi dal suolo.
Occorrerebbe penso affidarsi soprattutto ad una maggiore specializzazione delle piante proposte e limitare l’assortimento di chincaglieria. In questo modo il pubblico si seleziona da sè, e chissà, ci potrebbe essere qualcuno che invece di andare alla Minerva, decide di venire a Cittanova.
Per adesso mi sa che nulla di tutto ciò si avvererà. A dire il vero non so se ci andrò io stessa quest’anno, afflitta da penuria locomotionis.
Però io ci spero che Cittanova Floreale diventi importante. Perchè se lo merita.

Il palco visto dalla parte opposta dell'entrata. Lì c'era l'esposizione di quaderni d'appunti e manuali delle Edizioni del Baldo
Il palco visto dalla parte opposta dell’entrata. Lì c’era l’esposizione di quaderni d’appunti e manuali delle Edizioni del Baldo

Nasturzi ‘Banana Split’ e ‘Double Delight Cream’

Nasturzio Alan Titchmarsh's Favorite
Nasturzio Double Delight Cream

Lo scorso autunno ho acquistato un po’ di semi, cosa che non facevo da troppo tempo. Seminare non mi piace, non mi è mai piaciuto. Mi impegna molto spazio e tempo. Stare dietro ai semini mi annoia, anche se è bello vederli spuntare. Non ne parliamo ripicchettare, cimare, sfoltire, diradare. Mi piacerebbe avere torme di giardinieri e una serra da semine grande quanto l’Islanda, visitarla periodicamente e indicare con una bacchetta dove vanno messe le plantule, come faceva Russel Page, ma stare dietro a terricci, vermiculite, e la torba no, rinvasa, e fatti battere il cuore dopo ogni rinvaso perchè hai paura di aver piantato troppo su o troppo giù, proteggi dal vento, annaffia ma non troppo, sole ma non troppo…no, è uno stress a cui mi maldispongo sia in autunno che in primavera. Perciò mi piace molto seminare a dimora quelle piantine che sono tanto facili e accomodanti, e che basta spingere giù col pollice per vederle fiorire l’anno successivo.
Sarà per questo che i nasturzi mi piacciono così tanto? Possibile, probabile. Ho modeste aspirazioni.
Da Thompson&Morgan ho acquistato tre varietà quest’anno: la ‘Banana Split’, la ‘Peach Delight’ e una non sicura ‘Alan Titchmarsh’s Favorite’.

EDIT: difatti, avendo trovato il catalogo da cui l’ho ordinata, ho scoperto essere la ‘Double Delight Cream’
Della ‘Peach Delight’ sono così delusa che non metto neanche le poche foto che le ho fatto: un coloraccio arancio albicocca (non pesca!) sbiadito, grigiastro, mortifero: davvero poco esaltante. Forse l’ho messa troppo in ombra, ma non mi pare poi tanto. Ad ogni modo riproverò a primavera prossima in un punto più assolato e vediamo cosa accadrà.
nasturtium Alan Titchmarsh Favorite 1Questa che vedete al lato è la ‘Double Delight Cream’, contenuta in una offerta nominata “Alan Titchmarsh Collection”, almeno credo. Ehssì, perchè ho perduto il catalogo da cui l’avevo ordinata, e sul più recente e sul sito non compare affatto. Compare invece un non ben specificato miscuglio in bustine separate indicato come ‘Alan Titchmarsh Collection’ che contiene anche il ‘Banana Split’. A questo punto ho seri dubbi che questo nasturzio sia quello che credo. Invece mi viene il sospetto che sia il ‘Whirlybird Cream’, che pure ho avuto ma che non ha mai avuto questa bella riuscita.

EDIT: Invece no, è il ‘Double Delight Cream’ !

In un gran vascone ricavato da un bidone per l’olio si sta comportando splendidamente, come ogni buon nasturzio che si rispetti (i problemi verranno l’anno prossimo). Sta molto bene con l’altra cultivar gialla, la ‘Banana Split’ (un nome orribile), che vedete qui sotto.
nasturtium banana split 6
Sulle prime questo nasturzio non mi convinceva: un colore certo diverso dal solito arancio con pennellature centrali, ma troppo piatto, troppo uniforme, e se c’è qualcosa che non mi piace nei fiori è il colore uniforme, da bomboletta spray. Se non fosse stato che l’altro nasturzio, giallo chiaro, semidoppio e più grande, ne smorzava il colore, non l’avrei proprio sopportato. Invece, a maturità questo piccoletto ha tirato fuori delle belle pennellature arancio caldo che gli stanno a meraviglia, non troppo squillanti, molto morbide.
Perciò mi dichiaro molto soddisfatta di questi due piccolini e ve li consiglio. Spero che non spariscano, come hanno sempre fatto quelli compatti, dai colori più inusuali e dal fiore semidoppio. Da me resistono un normale miscuglio rampicante e i micidiali ‘Mahogany Jewel’, che ho ormai da più di dieci anni e che si presentano regolarmente anche non in maniera abbondante come gli zoticoni di color arancio e giallo. ‘Emperess of India’, ‘Peach Melba’ (Tropaeloum minus), ‘Milkmaid’, ‘Apricot Gleam’, ‘Tom Thumb mix’, ‘Alaska mix’, e altre cultivar che non ricordo, sono tutte sparite dopo qualche anno. Ritengo che non ci sia abbastanza acqua per loro da me, e che solo quelli inselvatichiti o più robusti riescano a sopravvivere in piena terra senza irrigazione. Proprio per questo motivo stavolta li ho piantati in vaso, vediamo quanto riesco a farmeli durare.
Vi metto una galleria immagini: prima c’è ‘Banana Split’, poi delle foto d’insieme e infine l’incerto ‘Alan Titchmarsh’s Favorite’. EDIT : ‘Double Delight Cream’

Confronta questo post per la conferma della varietà ‘Double Delight Cream’

Wiki-commedia Shoshoni in un solo atto

Dramatis personae
Il Grande Capo Estiquatzi sciamano e capo della tribù, dotto in ogni cosa che riguarda il Cielo, la Terra e gli Spiriti
Squaw Pelle di Rana, giovane ragazza bruttina e un po’ ottusa
Veditore al mercato

Una bella mattina di giovedì il Grande Capo Estiquatzi e la sua fida discepola Squaw Pelle di Rana si recano al mercato per acquistare utensili, cibo ed erbe. Squaw Pelle di Rana si lascia distrarre dalle novità.

Venditore (richiamando il pubblico): Robbba bbbuona, robbba finaaaaa!
Squaw Pelle di Rana: Grande Capo, vieni a vedere che cosa strana c’è qui! Non avevo mai visto una cosa del genere, che cos’è?
Venditore: non lo so, l’ho comprata da un viaggiatore solitario con uno accento mai udito prima. Forse il tuo capo lo sa. Grande Capo, sai che cos’è questo oggetto?
Grande capo Estiquatzi: certo che lo so, è un computer portatile, un laptop. E’ strano che tu l’abbia, non sono stati ancora inventati. Chi te lo ha dato?
Venditore: mah! era uno straniero, aveva gli occhi azzurri, ha detto di chiamarsi Jimbo.
Grande Capo Estiquatzi: Jimbo? Jimbo Wales?
Venditore: esattamente Grande capo, sei proprio onniscente! Mi ha detto che tu lo avresti saputo e di cercare una cosa che si chiama uichi, uichi
Grande Capo Estiquatzi: Uichipedia? vuoi dire?
Venditore: precisamente Grande Capo, onore a te, che conosci tutto sopra la terra e su nel cielo. Mi ha anche detto che su questa uichi-cosa, avrei trovato il tuo nome.
Grande Capo Estiquatzi: ah, non lo dubito, Squaw Pelle di Rana, digita il mio nome sulla tastiera.
Squaw Pelle di Rana: cosa Grande Capo?
Grande Capo Estiquatzi: sulla tast…lascia, faccio io. leggi.
Squaw Pelle di Rana: Capo, non so come dirlo, ma il tuo nome è scritto in maniera errata. Qui c’è scritto Estiqaatsi, non Estiquatzi. Dice che sei uno zero e che sei un personaggio di Lillo e Greg. Ma che vuole mai dire?
Grande Capo Estiquatzi: lo so io che vuol dire: clicca su “modifica”
Squaw Pelle di Rana: qui, Capo?
Grande Capo Estiquatzi: esatto. Ora scrivi il mio nome corretto.
Squaw Pelle di Rana: non mi permette Grande Capo, mi dice che non sei un utente autorizzato e che non hai i permessi per effettuare lo spostamento di una pagina.
Grande Capo Estiquatzi: allora aggiungi che Lillo e Greg hanno copiato da me.
Squaw Pelle di Rana: mi dispiace Capo, mi dice che l’informazione è priva di una fonte attendibile e che devi seguire le linee guida del progetto di riferimento.
Grande Capo Estiquatzi: ma come, io non sarei una fonte attendibile su me stesso?
Squaw Pelle di Rana: così sembra.
Grande Capo Estiquatzi: apri una discussione Squaw Pelle di Rana, digli che sono io il Grande Capo Estiquatzi e che li mando a quel paese!
Squaw Pelle di Rana: Capo, mi chiedono di indicare quale paese scrivendo al portale di geografia.
Grande Capo Estiquatzi: ma vadano affanculo!
Squaw Pelle di Rana: mi scrivono di rivolgermi al portale di anatomia umana
Grande Capo Estiquatzi: ma sono pazzi?
Squaw Pelle di Rana: portale psicologia
Grande Capo Estiquatzi: per Duma Appah!
Squaw Pelle di Rana: portale religioni
Grande Capo Estiquatzi: spegni quel coso!
Squaw Pelle di Rana: portale tecnologia
Grande Capo Estiquatzi: argh!
Squaw Pelle di Rana: portale linguistica, sottosezione espressioni onomatopeiche. Capo, Grande Capo? A cosa ti serve quella mazza da baseball?
Grande Capo Estiquatzi: vai al portale giochi e sport e scoprilo!

Dopo le emorroidi, gli endecasillabi sciolti del nuovo spam

Oggi ho ricevuto questo dottissimo spam:

“L’arruffata dichiarazione mira essenzialmente all’esposizione e all’apologia del nuovo stile concitato” [24] , il quale poi risulta praticamente essere il “veloce ribattere di note identiche per altezza e valore (assai piccolo, in sedicesimi, omologabile qundi alle brevi del metro classico del pirricchio) «con agiontione di oratione[=testo poetico] contenente ira et sdegno» […]. Utilizzato in seguito in brani sia sacri che profani ed imitato anche da altri compositori, il “concitato genere” tendeva a divenire elemento stilistico alla moda, per cui la prefazione citata valeva anzitutto come indiscutibile asserzione della priorità monteverdiana nell’investigazione di tale novità” [25] .

Da dove l’avranno pescato? Da una voce wiki? Da una tesi on line?
Certo è che nell’ultimo perido lo spam s’è fatto infido. Arrivano commenti del tipo “Ottimo post, non ci avevo mai pensato, grazie delle info, continuerò a seguirvi”, oppure “Un articolo interessante, empatico e rivelatore”.
Ragazzi, roba raffinata. Non ti devi sbilanciare in nessuna direzione. So che c’è un mucchio di persone che scrive commenti di spam per lavoro, non è affatto semplice.

Il rintocco di campanula

Gump pié di Spino, Gump Honeythorn
Gump pié di Spino, Gump Honeythorn

C’è qualcuno tra voi che ricorda Legend, di Ridley Scott? Chi come me è rimasto letteralmente incantato da quell’atmosfera magica, sospesa, tra citazioni favolistiche e folklore irlandese? Chi ha amato sconfinatamente Lily e la sua cuffietta medievale, la sua danza con l’abito malvagio? E come dimenticare Gump Piè di Spino, il folletto sboccato dagli occhi di fanciullo?
Ricordate il piccolo enigma posto a Jack (Jack, come il Jack-in-the-Green)?

What looks like a bell, but does not ring, Yet it makes the angels sing?

La risposta, se non avete visto il film, non è semplice, poichè attinge ad una vecchia leggenda folkloristica della zona anglofona. Si dice, infatti, che le campanule portino sfortuna, che siano il fiore dei morti, poichè sentirle suonare è segno che la propria vita è al termine. E’ una tradizione che accomuna tutti i fiori con corolle lunghe e tubolari, le cui origini sono evidentemente molto antiche e un po’ disperse nella mitologia nordica.
Non è infatti casuale che le fate postmoderne e photoscioppate siano raffigurate immerse in un prato di campanule.

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Le “campanule” di cui parla l’indovinello non sono le campanule nostrane, come la Campanula rapunculus, quella -credo- a cui Rapolina/Raperonzolo deve il suo nome. Non è il genus Campanula, cioè.
In Inghilterra le chiamano “bluebells”, e sono una presenza tipica nei boschi inglesi in primavera. Molti giardinieri le considerano fastidiose e invasive. Spesso sono disprezzate, viste come erbacce fastidiose e scontate, perniciose e “brutte”. Un po’ come noi consideriamo l’Oxsalis pes-caprae, che dall’inverno alla primavera tinge di giallo evidenziatore le nostre campagne.

Endymion non-scripta

Le “bluebells” dell’indovinello sono delle bulbose che hanno subito svariati spostamenti tassonomici. Attualmente dovrebbero essere collocate nel genere Endymion e nella specie non-scripta. Anteriormente erano catalogate nel genere Scilla. Ad ogni modo non mi sorprenderebbe sapere che hanno fatto qualche altro salto tassonomico: a quanto pare questi fiorellini hanno creato un po’ di problemi ai botanici.
Anche Tolkien, in una lettera al figlio Christopher, scrisse che il termine “bluebell” era molto più evocativo di “harebell”.

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