Il linguaggio dei fiori


Può darsi che abbiate un gatto (spesso chi ama i giardini ne ha). Può darsi che il vostro sia quel tipo di gatto che di notte gratta alla porta perché vuole uscire, proprio nel momento più profondo del vostro sogno più bello. A quel punto il sonno è rovinato, e tra le altre cose, dando un’occhiata fuori, vi accorgete che albeggia. Tanto vale alzarsi e godersi il canto degli uccelli e i mutevoli colori dell’alba.

Tutta la casa è per voi, niente rumori molesti di televisione o di motorini…appena appena, da lontano, si sente il sussurro familiare del camion della spazzatura e il ronfare del primo tram della giornata.

Un inaspettato languore fa sommuovere lo stomaco: si mette la cuccuma dell’acqua sul gas e si tosta il pane. Si tira fuori una scatola di un tè forte, buono per la mattina, e si aspetta…

In questi casi per fare una colazione degna di questo nome, occorre un libro, non per ingannare quei pochi, interminabili minuti che l’acqua impiega a bollire, ma perché una prima colazione all’alba, nella casa vuota ed ancora assopita, non è completa senza un buon libro. E non un libro qualsiasi, ma qualcosa che si concili con quello stato d’animo di pacifica rilassatezza così raro al mondo d’oggi.

Il linguaggio dei fiori di Charlotte de Latour potrebbe fare al caso vostro. Si tratta di una lettura che ben si adatta a quei momenti della giornata in cui il tempo sembra rallentare, un libro da centellinare dopo cena, o prima di andare a dormire. Senza ubriacarsi, perché ubriacarsi è facile con questo libro, che ci rammenta come i fiori e il giardino non abbiano nel tempo perduto quella connotazione romantica ed erotica che è forse la loro vera essenza. Al centro di questo libro sono infatti l’amore, la sensualità, l’erotismo velato dalle norme del galateo e della buona società.

Non è un caso che il volume sia pubblicato in Francia nel 1819, con Napoleone caduto da appena pochi anni, nel pieno del clima romantico descritto da Hugo nei Miserabili. La società francese di quel periodo era da poco uscita dal tumulto rivoluzionario, dal Terrore, dalla corruzione del Direttorio e dai fasti imperiali.

Alla ricca e potente borghesia di banchieri e imprenditori, usciti vincitori da questi convulsi eventi storici, si affianca quella piccola borghesia di professionisti e commercianti, i “nuovi ricchi”, che vivono more nobilium.Questo volume è come una lente d’ingrandimento che mostra alcune abitudini di vita di un universo femminile frivolo e spensierato, che ama circondarsi di tutti quei vizi e di quelle delicatessen che erano state fino ad allora prerogativa della nobiltà.

Un mondo femminile narcisista, delle volte fatuo -culla delle Madame Bovary dell’epoca- che si dilettava nell’inventare complicate sciarade o nell’inviare messaggi elaborati tramite il linguaggio dei fiori, che allora non era più una novità, ma non aveva ancora stancato. Il libro è raccontato nel suo titolo: si tratta di una raccolta di fiori, frutti e piante (ma anche di semplici elementi del mondo naturale, presi in un determinato contesto, come ad esempio le foglie morte in inverno, o la paglia appena mietuta), ad ognuno dei quali è assegnato un significato, che delle volte è tramandato da tradizioni millenarie, da racconti mitologici, da studi scientifici, erboristici e botanici, altre volte frutto dell’inventiva o dell’aneddotica. Non mancano infatti cenni sulle abitudini meno conosciute di importanti personaggi dell’epoca; negli intenti dell’Autrice erano forse soltanto un escamotage per rendere la lettura più stuzzicante, ma noi li leggiamo con l’occhio della storia, e ci interessano per il loro valore sociale e culturale.

Le notizie riguardanti la storia delle piante, specie quelle più comuni in Europa, come la violacciocca o il garofano, sono veramente cospicue e di interesse tale da rappresentare una ragguardevole fonte di informazioni per i successivi testi di storia dei fiori che saranno pubblicati di lì in avanti, come ad esempio il pregevole Flowers and their histories di Alice Coats, o quello di Gabriele Tergit, Flowers through the ages.

Un volume delicato, femmineo, apparentemente una scelta editoriale insolita per una casa editrice dedita alla saggistica.

Si sarebbe tentati di liquidarlo rapidamente, indicandolo come un libro per un pubblico esclusivamente femminile, magari un po’ svenevole e malizioso, ma quanto di più errato! Si tratta invece di un prezioso testo dal valore non solo storico, ma anche sociologico, che racconta lo stato di una società romantica, pazzamente innamorata dei fiori al punto di metterli in ogni dove: su stoffe, carta da parati, tra i capelli, sui cappelli e sul decolletè. Il fiore sarà uno dei temi estetici primari di tutto il secolo, passando dalle illustrazioni botaniche di Redouté al decadentismo vittoriano, al trionfo del Liberty e dell’Art Nouveau.

Parallelamente le Madame Bovary borghesi diventeranno le Odette de Crecy descritte da Proust, il gusto muterà, ma non la matrice di pensiero, che sarà scossa violentemente solo dopo la Prima Guerra Mondiale e la Rivoluzione d’Ottobre, momento in cui finiscono realmente l’Ottocento e la leggerezza della Belle Époque . Ma per fortuna nulla di questo ancora si può presagire dalla lettura di queste pagine, che rimangono piacevoli e fresche, senza mai diventare scontate o stucchevoli.

Il linguaggio dei fiori
di Charlotte de Latour
Olschki Editore

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