-Novembre 2010: Il bello della sfioritura (belli secchi)


n.b. il testo è leggermente diverso da quello pubblicato

Belli secchi

Per oltre un secolo le signore inglesi si sono aggirate nei loro giardini con le forbici in pugno per tagliar via i fiori secchi: le abbiamo viste molte volte nei film tipo “Casa Howard” o “il caso Winslow”. Ora questa regola della pulitura a tutti costi sembra essere stata demolita: dall’Olanda spira nuovo vento per il giardinaggio. Non se ne poteva più della maniacalità degli inglesi, con il prato ben rasato e le aiuole potate e perfettine, con le piante incasellate ognuna dentro al suo spazio come uno schedario da ufficio, con le infiorescenze decapitate appena accennavano a sfiorire.

E’ proprio Piet Oudolf, olandese, grande maestro e ispiratore di tendenze più avanguardiste, a sostenere senza timore che: “Una pianta non merita di essere coltivata se non è bella da sfiorita”. La bordura all’inglese è un’eterna primavera, ma tanto più artificiale quanto più eterna. Oggi le nuove istanze ecologiste vedono nascere un rinnovato interesse per l’alternarsi delle stagioni e per il susseguirsi naturale del ciclo di fioritura delle piante, con tutto ciò che esso comporta: appassimento del fiore, ingiallimento delle foglie, formazione delle capsule dei semi o delle bacche. Perché un giardino sia bello in ogni stagione non occorre che ci siano necessariamente dei fiori. Anzi, molto più suggestive e naturali sono le infiorescenze delle piante, se non tagliate impietosamente dopo la sfioritura.

Meravigliose sorprese possono regalare le infiorescenze mature, con la loro trasparenza, la trama dei tessuti in via di lignificazione, gli intarsi, la preziosità delle linee e delle superfici. Queste trame evanescenti riescono a catturare la luce radente del basso sole autunnale, regalando ad ogni giardino un’atmosfera da sogno, che lascia dilagare la luce in un infinito gioco a nascondino, e che apre il cuore alla bellezza. Ogni capsula di semi e ogni infiorescenza sono un viaggio alla scoperta della biologia e della botanica. Ognuna segue un proprio schema: capolino, pannocchia, spiga, ombrella, racemo. La loro struttura è quasi anatomica, gli schemi regolari e geometrici, a seguire astruse forme matematiche come la “serie di Fibonacci”. Tra i più suggestivi il Dispsacus fullonum, il cardo dei lanaioli, le cui infiorescenze si usavano per pettinare la lana, operazione che ancor oggi si chiama “cardatura”. Anche i cardellini, che dei suoi semi sono ghiotti, prendono il nome dalla pianta: linguistica memoria del fatto che le piante hanno un profondo valore simbolico nella storia dell’Uomo.

Le infiorescenze mature hanno poi da dire la loro in fatto di colore: non possono certo rivaleggiare in varietà cromatica con quella dei fiori, ma sono le uniche creature da giardino in grado di regalare lo sfuggente color paglia, così accorsato dai designer più innovatori e dai giardinieri sofisticati. Il colore giallo ocra delle infiorescenze secche è infatti meraviglioso contrappunto alle tonalità del verde profondo smeraldato del sottobosco in autunno e degli azzurri e dei malva dei fiori tardo-estivi.

L’accostamento del giallo ocra al malva e all’azzurro violaceo è tra i più eleganti e rilassanti che si possano realizzare in giardino e anche uno dei meno banali, di quelli a cui si arriva dopo un certo tempo che si pratica il giardinaggio, quando il gusto si affina. Di grande aiuto sono i fiori tardo estivi, come gli aster, gli eringi, l’Echium viperinum. Le infiorescenze secche testimoniano con la loro sorprendente vitalità estetica l’eredità della bordura mista sia ormai superata, e come a impreziosire un giardino non sia tanto la varietà dei fiori in esso coltivati, ma i simboli di cui si carica. In questo caso il ritmo stagionale, il ciclo del perpetuo ritorno, l’interesse per le proprietà botaniche delle piante, per il proprio giardino visto come un piccolo ecosistema in cui convivono piante, animali e uomo. Tra le piante secche uccelli, insetti, piccoli mammiferi trovano cibo e rifugio.

La languida bellezza delle trame più o meno evanescenti, più o meno strutturate delle infiorescenze secche vale il disturbo di non disturbarsi a tagliare i fiori sfioriti. Persino un Agapanthus sfiorito, perduto il profondo color azzurro dei fiori, divenuti stecchi color paglia, si trasfigura, diventa un’altra pianta, capace di bizzarrie che da “vivo” non avremmo immaginato. Alcune di loro, come le Achillea o la Lunaria, parlano in maniera certo più sincera rispetto ad un anonimo mazzo di rose, comprato dal fiorista, degli autentici piaceri, gelosi e intimi, della casa e della semplicità. Con la loro timidezza ricordano i ripostigli ombrosi dove si fanno riposare i sottaceti e le conserve, o i corridoi delle case di campagna, per cui non c’era altra possibilità di decoro che i mazzi di fiori appesi a testa in giù ad essiccare al soffitto tra le ceste per la raccolta della frutta.
Altre sono degli autentici regali di stagione dopo la fioritura, come i grassi baccelli della Colutea arborescens, una papilionacea a fiore giallo adatta per i terreni poveri delle campagne, che nell’arco di breve tempo trascolorano da un fresco color verde mela ad un vaniglia venato di rosa, al vinaccia polveroso. Con il clima surriscaldato, inoltre, anche le piante considerate “tardo estive” sono andate da un bel po’ già a giugno. Le infiorescenze secche regalano la magia della prateria e dei colori autunnali, della luce trasparente e dorata, che rende quasi commestibile ciò che attraversa, in una naturale prosecuzione del ciclo stagionale.
E quando l’inverno le copre di brina diventano un prezioso merletto ricamato dalle dita del vento e del ghiaccio.

L’uso delle perenni da fiore secco fa diventare poeti, fa nascere il dono dell’ispirazione, proprio in quei mesi dell’anno quando le ombre si allungano, incontri magici avvengono ai crocicchi dei sentieri e decisioni filosofiche debbono essere prese.

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