In questi ultimi trent’anni l’interesse per il giardinaggio è cresciuto fino ad assumere le dimensioni di business (una recente indagine lo colloca al terzo posto tra gli hobby degli Italiani), ma altrettanto non si può dire della crescita dell’esperienza e delle capacità tecniche ed artistiche, della curiosità per la cultura che si associa alla pratica del giardinaggio.
Questo è ancor più vero per quel che riguarda quella che è ancora una nicchia culturale persino tra gli appassionati, cioè la storia dell’arte dei giardini.
Sebbene in Italia fosse relativamente semplice procurarsi un libro specifico su questo o quel giardino, in special modo su quelli rinascimentali o toscani, le opere che affrontassero lo sviluppo storico dell’arte dei giardini in maniera esaustiva a partire dall’antichità finendo ai nostri giorni, erano veramente poche e non sempre corpose o complete.
Le conseguenze di una tale carenza sono facilmente immaginabili: il pubblico è estremamente influenzabile e – salvo rare eccezioni – non ha interesse per ciò di cui non si parla o non si scrive.
In Italia l’ignoranza in materia di storia dei giardini è talmente tanto diffusa, anche tra il pubblico colto, da essere considerata come un dato ordinario. Questa sorta di incantesimo maligno è stato finalmente spezzato con la pubblicazione di un famoso e prestigioso volume di Marie Luise Gothein da parte della casa editrice Olschki.
Il volume della Gothein ebbe all’epoca molto successo e fu accolto in Europa con molta più attenzione che non in Italia, che lo pubblica a quasi cento anni dalla data della sua apparizione in lingua originale, il 1914.
Il ritardo con cui compare in Italia questa pietra miliare della cultura dei giardini è paradossalmente per noi, che assistiamo all’evento, una fortuna, poiché possiamo godere di una traduzione moderna che libera la “prosa involuta della Gothein” dalle angustie del tempo, di una bellissima introduzione che è non solo una veloce biografia dell’Autrice, ma anche una preziosa indicazione per comprenderne il modo corretto in cui affrontare la lettura, e di una godibilissima postfazione che centra la sua attenzione sui recenti problemi di conservazione e manutenzione dei giardini storici e dei Beni Ambientali.
Il libro della Gothein si presenta immediatamente, per la sua mole e per la vastità degli stili che tratta, come un’opera omnicomprensiva, in qualche modo “definitiva”, come amano dire gli Inglesi.
L’approccio è di tipo fortemente filologico, con un attento e profondo studio delle fonti. Per scrivere questo libro la Gothein venne in Italia a visitare i giardini rinascimentali, ma viaggiò per tutta l’Europa, ed una volta acquisiti elementi sufficienti, si ritirava quieta nel silenzio della biblioteca del British Museum a riorganizzare, scrivere e consultare libri.
Se consideriamo che molti dati provengono dalle fonti più disparate (racconti di viaggio, descrizioni letterarie e poetiche, atti notarili, note di spesa, dipinti, incisioni, ecc.) ci si accorge di quanto profonda doveva essere la sua conoscenza della storia, per riuscire ad assemblare in maniera coerente dei dati così disomogenei e slegati tra loro.
Il metodo appare decisamente innovativo per l’epoca, in cui si era abituati all’indirizzo storico degli eruditi-antiquari, fortemente caratterizzante una personalità volitiva e decisa, dotata di spirito scientifico-analitico, si potrebbe dire di tipo illuministico.
Tutto ciò è quanto mai sorprendente se consideriamo che avveniva in un’epoca in cui alle donne non era dato spazio nelle istituzioni accademiche (per non parlare della partecipazione alla vita pubblica e alla politica) e che la materia in oggetto era allora considerata dispregiativamente “provincia femminile” (non che ad oggi sia cambiato molto in questo senso).
Il testo è lungo oltre mille pagine ed è stato diviso in due volumi; abbraccia la storia del giardino a partire dall’Antico Egitto, non limitandosi ad una mera successione storica per periodi, ma operando anche delle suddivisioni per aree geografiche. Oltre ai paesi storicamente acquisiti come i più importanti nella storia del giardinaggio europeo, sul nostro percorso incontriamo Bisanzio e i paesi islamici, la Spagna, il Portogallo, l’Olanda, la Cina e il Giappone. Naturalmente per la Germania c’è un occhio di riguardo, ma senza mai cadute nel patriottismo o in atteggiamenti nazionalistici propri del periodo.
La vera passione di Marie Luise Gothein erano i giardini orientali; nella prefazione alla seconda edizione scrive: “Da anni avverto il cruccio di una lacuna che si apre dove dovrebbe trovarsi il giardino indiano”. Il desiderio di colmare questa lacuna la condusse in un viaggio in Oriente, tra Giava e il Giappone, che fu poi il volano per il suo saggio sui giardini indiani (Indische Gärten), ancora non tradotto in italiano.
Il libro della Gothein non è esente da difetti: non fa alcuna distinzione tra Rinascimento e Manierismo, che – almeno per noi Italiani – è una differenza estremamente importante; sembra un po’ stridente trovare raggruppati nello stesso capitolo giardini molto diversi tra loro, per esito artistico e per impostazione concettuale, come Villa d’Este e Pratolino o Bomarzo. Inoltre si ha spesso l’impressione che ad alcuni periodi storici, come la Roma repubblicana, il Medioevo, il giardino Tudor inglese e il tardo Settecento francese, con le sue implicazioni massoniche, non sia stato dato il peso che oggi la critica storica gli riconosce.
In questo si sente il fardello dell’età, che comunque non grava tanto pesantemente quanto ci si aspetterebbe da un testo del 1914. Per contro, la brusca lucidità e l’acuta freddezza del suo metodo analitico conducono la Gothein a sorprendenti anticipazioni, come alla preconizzazione di come il giardino paesaggistico inglese abbia in qualche modo disgregato la capacità di vedere arte nel giardino e nel giardinaggio. Tara che ci portiamo ancora oggi. Od ancora la capacità di leggere le storture e le insapidità alle quali avrebbe condotto la tradizione di matrice jekylliana. Difatti Marie Luise Gothein non nomina affatto personaggi come Gertrude Jekyll o William Robinson, fautori del bordura all’inglese e del giardino naturale, non per dimenticanza o superficialità (come è stato suggerito dalla prefazione all’edizione inglese), ma per coerenza con una sua precisa visione del giardino.
Questa silenziosa polemica è stata perspicacemente colta nell’addenda a cura di Mario Bencivenni, che tra le altre cose illustra i migliori momenti dell’arte dei giardini nell’Italia del Novecento.
Circa cinquanta pagine sono dedicate ad una monumentale ed utilissima ricostruzione delle fonti bibliografiche. La prima parte è dedicata ai testi riguardanti i giardini italiani, la seconda elenca i testi citati dalla Gothein.
Complessivamente è un libro che chiunque sia seriamente interessato alla storia dei giardini non può non fare suo. Un vero tesoro per qualsiasi giardiniere, punta d’eccellenza nella biblioteca dell’appassionato.
Storia dell’Arte dei Giardini
di Marie Luise Gothein
Leo S. Olschki Editore
Marie Luise Schröter nacque a Passenheim il 12 settembre del 1863. Trascorse i suoi anni giovanili a Breslau, dove studiò storia e storia dell’arte privatamente, allieva del suo futuro marito, Eberhard Gothein. Dopo il matrimonio i coniugi Gothein si spostarono a Karlsruhe e poi a Bonn, dove Eberhard Gothein aveva ottenuto una cattedra universitaria.
Sin da ragazza Marie Luise Gothein aveva improntato i suoi studi artistici ad un serrato metodo scientifico, dal quale prese corpo il suo volume sulla storia dell’arte dei giardini. Fu una personalità poliedrica ed eclettica, era capace di dirigere i suoi interessi culturali su molti soggetti senza perdere in sicurezza e capacità. Ella stessa sosteneva che nessuno studioso potesse fossilizzarsi in un solo ambito di ricerca.
Fu una delle donne più importanti della cultura tedesca di fine Ottocento. Scrisse un saggio su Wordsworth e uno su Shakespeare, la sua conoscenza delle lingue era straordinaria: non solo conosceva l’Inglese e il Francese, ma anche l’Italiano e il Sanscrito. La sua attività di traduttrice fu imponente. Molto importante fu la traduzione in tedesco delle poesie di Rabindranath Tagore. Fu – tra le altre cose – una sostenitrice del movimento femminista. Morì ad Heidelberg il 24 dicembre del 1931, all’età di 68 anni.