Intervista a Maria Ferdinanda Piva

Autrice di Manuale di Giardinaggio Selvatico, Maria Ferdinanda Piva è giornalista dalla pluridecennale esperienza nel campo dell’ecologia. Il suo è un libro piacevole, informativo, in cui aleggia uno spirito battagliero. In questa breve intervista ho voluto raccogliere quello stile pungente e carico di energia che la contraddistingue.

Perché in città è più sentito e più importante lasciare un po’ di spazio alle piante selvatiche?

Lasciare spazio alla natura in città è fondamentale per gli esserini con le zampe e le ali che vivono accanto a noi e secondo me è fondamentale anche per noi stessi: ogni pur minimo frammento di natura ci somministra gratuitamente la terapia della bellezza, e ormai la natura è diventata difficile da incontrare.

La flora spontanea delle campagne è così immiserita che non sappiamo neanche più quanto possa essere bella. Così se dici “flora spontanea” la gente pensa “erbacce”.Anche a causa di questo equivoco, il verde urbano è quanto di più banale e innaturale possa esistere: praticelli all’inglese, aiuole e vasi di fiori esotici ed ibridi. Nulla di utile alla piccola e piccolissima fauna, che ha bisogno della flora spontanea locale per trovare nutrimento e rifugio.

E allora aiutiamoli, no? La flora spontanea è per loro ancor più utile delle mangiatoie invernali. Arbusti ed alberi che forniscono bacche e nascondigli per i nidi; fiori ed erbe adatti alle esigenze degli insetti che sono le loro prede.

Dici “insetti” e la gente pensa “infestazioni”. Altro equivoco. Le zanzare qui non c’entrano: le infestazioni di insetti strettamente legati ai vegetali non si verificano dove esiste una gamma di flora spontanea un po’ diversificata. Si produce una situazione in cui c’è sempre qualcuno che mangia qualcun altro. Niente proliferazioni eccessive, niente presenze troppo visibili o ingombranti.

Mi racconti di nuovo la storia dei fiordalisi e della tua vicina?

Papaveri e fiordalisi, per la precisione. Ho seminato anche loro nel mio piccolo giardino urbano dedicato alla flora spontanea locale. Desideravo un giardino da una vita… Dopodiché persone a me totalmente sconosciute hanno cominciato a fermarmi per strada: “Uh signora, mi hanno detto che è il suo quel giardino. Come ha fatto a far tornare i papaveri?”; “Oh signora, da quanto non vedevo i fiordalisi! È lei che li ha, vero? Credevo che non ce ne fossero più”. Eccetera. Una ragazza mi ha addirittura attaccato bottone al supermercato in pieno inverno: quando di fiori in giardino proprio non ne avevo.

E così ho capito due cose. La prima, che la natura “parla” a tanti esseri umani. La seconda, che dovevo scrivere il Manuale di giardinaggio selvatico. Infatti ho faticato per procurarmi semi, bulbi e quant’altro: esistono in commercio e non sono neanche cari, ma sono difficili da trovare. Una volta imparato come e dove cercarli, mi è sembrato giusto mettere le informazioni a disposizione di chiunque desideri servirsene.

Procurarsi i semi di piante spontanee era quasi impossibile un tempo, mentre ora le ditte semenziere dimostrano un maggior interesse, anche se la progressione in questo senso è molto lenta. C’è da sperare bene per il futuro delle piante spontanee italiane?

Le piante spontanee italiane possono sperare bene per il futuro nella misura in cui noi umani finalmente capiamo l’importanza della natura – di tutta la natura – e la necessità urgente di rispettarla e salvaguardarla. Perché ora la natura è in forte sofferenza, ma dalla natura dipende la nostra stessa esistenza in vita.

Un giardino selvatico non è la natura, ma un surrogato della natura. È un uno spazio artificiale e piacevole che può fare le veci di un frammento di natura e che sta alla natura come un caffè d’orzo sta ad un autentico caffè espresso. Far crescere flora spontanea in giardino è importante, ma preservare la natura lo è molto di più.

Però qui il discorso passa dal giardinaggio alla difesa dell’ambiente. Mi considererei fortunata se i lettori del Manuale di giardinaggio selvatico usassero il mio libro come un ponte che conduce ad una maggiore attenzione e consapevolezza nei confronti dell’ecologia.

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Anchusa azurea

Nove piante che hanno cambiato la storia (su Houzz)


Una trentina di anni fa c’era una teoria sul perché l’emisfero Sud fosse povero: si diceva che non crescesse il grano in modo abbondante. All’epoca non potevo saperlo, ma chiunque conosca un po’ di storia delle piante sa che ci sono tanti altri cereali oltre al grano, e che in America Latina si costruirono imperi sul mais.
Le piante utili sono migliaia, tanto che non si sa bene se siamo noi a usare le piante, o le piante ad averci addomesticati (Michel Pollan).

Giardini e terrazze per attirare gli uccellini (su Houzz)


Non solo i birdwatcher desiderano la compagnia degli uccellini selvatici, anzi, molti giardinieri progettano fioriture e scelgono le piante in funzione di quanto possano essere attrattive per l’avifauna.
Con l’aiuto di cassette-nido, posatoi e altri piccoli stratagemmi, davvero poco costosi, ogni giardino o terrazza può trasformarsi in un rifugio gradito per passerotti, cinciallegre e altri piccoli uccelli europei.
Creare un ambiente gradito agli uccelli non è difficile, bastano poche cose: acqua, cibo e riparo. Ma soprattutto bisogna lasciarli indisturbati e avere alcune accortezze nella manutenzione del giardino e del terrazzo.

Piante striscianti e tappezzanti (su Houzz)

Chi ama il giardino selvatico dove la forza della Natura sia costantemente visibile, solitamente preferisce avere un lastricato irregolare, tra le cui piastrelle si possano infilare delle piante. Da questa piccola mania è sorta una vera categoria di piante, cioè quelle “calpestabili”, striscianti o tappezzanti.
Escludendo le graminacee da prato, che sono comunque una buona soluzione che non va scartata a priori e che possono essere usate in combinazione con altre piante, ce ne sono alcune che sono più raccomandabili per il “buon carattere”, l’ampio range di condizioni di coltivazione, i profumi sprigionati se calpestate.
Alcune sono così piccole e “carine” in esemplari isolati, da potersi usare in vasetti singoli come piante da compagnia o per la decorazione di davanzali. Le piante da compagnia sono un uso piuttosto recente in Italia, ma noto fin dall’antichità in Giappone, legato all’arte dei bonsai.
Si tratta di piante di taglia minuscola, destinate ad esaltare e accompagnare il bonsai. Si denominano, a seconda dell’uso kusamono o shitakusa. Naturalmente qui sono state prese in considerazione solo quelle coltivabili in Italia e a portamento strisciante.

“Filler effect”, l’effetto trasparenza con nuvole di fiori (su Houzz)



È una delle “magie” del giardinaggio che si acquisiscono con più difficoltà e lentezza, non diversamente dalla pittura: è la trasparenza ottenuta attraverso piante dal portamento verticale e aperto, non compatto, con fogliame fine e fiori (se ci sono) piccoli e radi.
Non sempre è possibile ottenere l’“effetto nebbia”, perché sia veramente riuscito occorrono spazi ampi e prospettive lunghe e aperte. La stessa pianta, infatti, collocata singolarmente dona un certo effetto, ma quando è piantata in lunghe pennellate produce questa sorta di nuvola che però lascia passare lo sguardo oltre.

Potare le rose: consigli per non sbagliare troppo (su Houzz)

Non mentiremo: le rose sarebbero delle piante a bassissima manutenzione se non fosse per la loro propensione a prendere malattie e per la necessità di potarle. Alcune vanno potate quasi in continuazione (come la Gallica, che fanno sfrondate spesso), altre annualmente, altre ancora due volte l’anno, alcune al contrario solo di rado o il meno possibile (come le botaniche, che in genere non amano le forbici).
Dovete quindi conoscere il nome e la Classe di appartenenza della rosa prima di potarla: di solito tutte le rose che condividono la Classe (Alba, Ibridi di Moschata, Noisette, e così via) hanno le medesime preferenze in fatto di potatura.

Il mio articolo sulla potatura delle rose (su Houzz) – continua a leggere

Ellebori stregati (su Houzz)

Sugli ellebori troverete una storia, uno stile e un punto di vista diverso per ogni giardiniere che ve ne parla. Ci sono i collezionisti che si fanno arrivare le cultivar più insolite dai paesi orientali; ci sono i giardinieri di tipo “plantsman”, alla ricerca di raffinate combinazioni di colore e tessiture di fogliame; ci sono i naturalisti, che li fotografano e non li toccano; i giardinieri “boscaioli”, che li piantano nei boschetti a ridosso delle loro case di montagna, senza troppo curarsi di specie e varietà, purché formino densi tappeti di fiori; infine i giardinieri che credono alle fate e agli spiriti della natura: un po’ pagani, un po’ stregoni.
Ciò che è certo è che la specie tradizionalmente coltivata Helleborus niger, fiorirà copiosamente tra la fine di dicembre e l’inizio di gennaio, rendendo il vostro inverno un po’ più magico.

Il mio articolo sugli ellebori (su Houzz) – continua a leggere

Consigli di coltivazione della Clematis (su Houzz)

Per anni considerate tipiche del giardinaggio all’inglese, fide compagne delle rose ad inghirlandare romantici cancelletti dei cottage di campagna. Oggi invece vengono usate in modo molto più moderno, e non solo come rampicanti, ma anche come “rafforzativo” delle siepi, e con un adeguato tutoraggio possono formare densi cuscini o piramidi, o addirittura ricadere dai vasi come tappezzanti.
Ve ne sono moltissime cultivar, possono avere fioriture più o meno ripetute, fiori dalle forme più varie e dai colori che passano dal bianco al viola vinaccia. Un mondo a sé è quello delle Clematis erbacee, che non sono rampicanti.

Una volta assestata, la clematis (clem, per i più appassionati) ha bisogno di irrigazioni e concimazioni tutto sommato modeste. Ciò di cui dovete aver davvero paura è il clematis wilt, una malattia fungina a cui non c’è rimedio, ma solo la prevenzione; anche se può capitare egualmente, anzi, si dice che se una clematis non ha preso almeno una volta il wilt, non diverrà mai bella e rigogliosa.

Il mio articolo sulle clematis (su Houzz) – continua a leggere