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Sono anni che predico che i titoli originali di manga e libri vadano scritti con i kanji e non solo in rōmaji. L’ultimo viaggio delle ragazze gioca infatti sull’ambiguità della pronuncia “shūmatsu”, che all’orecchio può significare “fine settimana” oppure “fine del mondo”. Il titolo in kanji è 少女 終末 旅行, cioè “il viaggio delle ragazze fino all’apocalisse” (shūmatsuron è l’escatologia), ma potrebbe essere anche “la gita fuori porta nel weekend”.
Ed è su questo doppio senso che si basa Tsukumitsu, un vero volpone: i giapponesi sono entrati nel manga con una doppia attesa, o almeno un’aspettativa ambigua: sarà un racconto distopico, oppure uno slice of life? Noi no, ma oggettivamente era impossibile riprodurre l’omofonia in italiano (non dirò altro, perché questo piccolo capolavoro non va spoilerato in nessuna parte).
La cosa che balza immediatamente all’occhio è lo stile grafico: un tratto nervoso da real g-pen (Tsukumitsu lavora con Clip Studio Paint), affilato, tremolante e con una grande contrapposizione tra l’essenzialità quasi astratta dei volti delle ragazze, ottenuti da segni praticamente circolari, e l’affastellamento di dettagli degli sfondi. La piattezza grafica delle personagge si staglia contro una prospettiva profondissima che non può non ricordare Blame! e perfino il manga di Nausicaä.
Subito capiamo che gli elementi “apocalisse+ gita fuori porta” sono contemporaneamente presenti grazie allo stile narrativo portato come uno slice of life, ma l’ambientazione è postapocalittica.
I contrasti non finiscono qui, perché Chito e Yuri sono antitetiche a loro volta, e nel loro comportamento, specie in Chito, c’è una certa crudeltà, violenza, mentre Yuri è più razionale e curiosa. Yuri e Chito sono sorelle (credo, o forse cugine). Potrebbe esserci un altro tipo di legame, io però non l’ho percepito, tuttavia alcune volte in italia il titolo è stato considerato inseribile tra gli “yuri-seinen”.
Analizzando attentamente si capisce quanto Tsukumitsu abbia letto di Arte, del manga classico e moderno e quanto impatto abbia avuto su di lui Akira Toriyama (a sua volta non esente dalle influenze dell’illustrazione occidentale di metà Novecento, come Norman Rockwell). Si potrebbe a volte pensare che lo stile di disegno sia frettoloso, in realtà è solo nervoso, ma mai impreciso, e anzi, è dettagliatissimo senza essere dovizioso o affastellato. Rivela anche una grande conoscenza della prospettiva e dell’anatomia: Tsukumitsu è la classica persona che pensa una cosa e la disegna come l’ha pensata, senza nessun riferimento. Non c’è riferimento possibile per quelle scenografie, se non nella propria fantasia. L’interpolazione grafica è attraverso il filtro della grande Arte Informale, di Joan Miró, Paul Klee, Picasso, Brancusi, il Razionalismo architettonico, Le Corbusier.
La gabbia sempre lineare e molto regolare rende il racconto ben scandito e semplice da seguire, ma anche distaccato, in modo che *l* lettor* non sia trasportato troppo dentro alla distruzione del mondo e si aggrappi invece al tepore dell’ingenuità delle due protagoniste. L’azione è scandita senza prospettive esagerate, appiattita quasi di forza per non essere mai “troppa” e generare contrasto con lo scenario. Questo è genio, eh. Il mondo distrutto viene narrato e attraversato come in una fiaba. Che volpone, Tsukumitsu!
Insomma, leggetelo, perché è veramente poetico.
“Girls’ Last Tour” by Tsukumizu, Goen Editions, a little-known gem
Scroll down for the English and Japanese versions (translated with ChatGPT)
I have been saying for years that original manga and book titles should be written with kanji, not just in rōmaji. Girls’ Last Tour plays on the ambiguity of the pronunciation shūmatsu, which to the ear can mean either “weekend” or “end of the world”. The title in kanji is 少女終末旅行, literally “the girls’ journey to the apocalypse” (shūmatsuron being eschatology), but it could also read as “a weekend outing trip”. And this double meaning is Tsukumizu’s sly trick: Japanese readers enter the manga with dual expectations – is it dystopian or slice‑of‑life? We couldn’t pull off the homophone in Italian, but Tsukumizu, a real fox, uses it masterfully. I won’t say more, this little masterpiece must stay spoiler‑free.
What immediately strikes the eye is the art style: a nervous line from a real g‑pen (Tsukumizu works with Clip Studio Paint), sharp, trembling, with a stark contrast between the almost abstract simplicity of the girls’ faces – formed by near‑circular strokes – and the pileup of background details. The flat graphical representation of the characters strikes a a profound perspective that inevitably evokes Blame! and even Nausicaä.
Then it becomes clear that the “apocalypse + weekend outing” elements exist simultaneously through a slice‑of‑life narrative style, despite the post‑apocalyptic setting.
The contrasts don’t end there. Chito and Yuri are antithetical: Chito sometimes shows cruelty and violence, while Yuri is more rational and curious. They seem like sisters (or maybe cousins). Some Italian fans have even classified the title as “yuri‑seinen,” though I didn’t perceive that myself.
A close reading reveals how deeply Tsukumizu has studied art and classic manga, and how much influence Akira Toriyama has had on them — in turn influenced by mid‑20th‑century Western illustrators like Norman Rockwell. The drawing style may sometimes appear hurried, but it is actually nervous and never sloppy. It is extremely detailed without being ornamental or cluttered. The work reveals a strong understanding of perspective and anatomy: Tsukumizu is the kind of creator who imagines something and draws it precisely as they’ve pictured it, with no external reference. Those scenographies are purely from imagination. The graphic interpolation is filtered through Informal Art giants like Joan Miró, Paul Klee, Picasso, Brâncuși, and architectural Rationalism — Le Corbusier.
The panels are always linear and very regular, making the story rhythmic and easy to follow but also detached—so the reader doesn’t get swept into the world’s destruction and instead holds onto the warmth of the girls’ innocence. The action is deliberately flattened—never “too much”—to contrast with the setting. This is genius. The destroyed world is narrated and traversed like in a fairy tale. What a fox, Tsukumizu!
まず目を引くのはそのグラフィックスタイルです。実際のgペンのような緊張感ある線(つくみずはClip Studio Paint使用)、鋭く震えるようなタッチ、少女たちの顔はほぼ円形の記号で描かれた抽象的な構成、一方で背景には膨大なディテールがびっしり詰め込まれています。キャラクターの平面的表現と深遠な遠近法の背景との対比は、必然的に『BLAME!』や『風の谷のナウシカ』を想起させます。
Partendo in ordine cronologico il mio primo amore è stato Rio Kabuto (Koji Kabuto),
ma solo nella serie di Mazinga Z e non in Goldrake, in cui il suo nome era stato tradotto in “Alcor” (in Goldrake tutti i personaggi hanno nomi di stelle e pianeti, “Alcor” è una stella binaria della costellazione dell’Orsa Maggiore).
Successivamente venne Alex Stardust (Ryusuke Domon)
della seconda serie di Star Blazers, quando morì, nell’ultima puntata, io e mia sorella piangemmo per tre ore filate, senza sosta: io per Alex, che si era sacrificato per aprire un cacchio di megacannone che avrebbe ridato vita alla terra, e lei per quello gnoccolone di Conan Wayne, che flirtava con la principessa di turno, e da lei fu portato in una sorta di dimensione alternativa. E così il mio Alex era morto morto, mentre quello di mia sorella era solo mezzo morto. Che sfiga.
Nominando André Grandier
sono sicura di non essere la sola, qui e altrove, ad avere il cuore spezzato. Ma vieni qui, vieni da me, non vedi che ti aspetto adorante? Lascia perdere quella rompiscatole biondastra con la voce gracchiante. Ma guardala bene: non ha seno, non ha fianchi, è un palo vestito, ché la vuoi, ci sono io qui per te! Calpestami, usami come zerbino, ma io ti adorerò sempre.
Macchè, lui voleva quella e solo quella. E sappiamo bene come è finita: il 14 Luglio per molti non è il giorno della Presa della Bastiglia, ma della morte di André e Oscar (Oscar veramente ce la saremmo tolta volentieri dai piedi anche tempo prima, dandole fuoco, seppellendola viva, scorticandola, facendola passare sotto un rullo compressore…insomma, in modo che non ne rimanesse traccia).
Poi sono stati i lunghi anni di Naoto Date, Uomo Tigre
personaggio che amo ancora oggi disperatamente. La sua tenerezza è quello che mi fa sciogliere in una pozza di melassa. Mi urta così tanto i nervi il fatto che quella idiota di Ruriko non l’abbia fatto suo, subito, per poi soffrire le pene dell’inferno nel vederlo massacrarsi sul ring, che vorrei picchiarla io stessa. Certo, all’epoca queste cose erano censuratissime. Ad ogni buon conto io spesso me ne vado a dormire sognando Naoto e riscrivendo mentalmente una sceneggiatura per un film sull’Uomo Tigre.
Allargando gli orizzonti dai cartoni ai film e ai telefilm mi sono innamorata di Spock.
Come si può non innamorarsene? la sua delicatezza dei gesti, la sua figura slanciata, la profondità della sua mente, il suo rigore, la sua impermeabilità e i suoi inattesi slanci di generosità. Spock è ancor oggi il personaggio più amato da tutti i trekkies del mondo. Logico, eppure vulnerabile. Come per Data desiderarne l’affetto romantico è una strada che conduce al dolore. Ma tra Kirk e Spock io non ho mai avuto dubbi.
Innamorarsi di Therem Hart Rem Ir Estraven
è facile quanto sbattere le palpebre. La mano sinistra delle tenebre è uno dei tre romanzi che non ho mai avuto il coraggio di rileggere per paura di non trovarvi più quell’emozione, quella sorpresa, quell’ingordigia della lettura di quando ero ragazza. Spesso ho pensato di rileggerlo, ma mi sono sempre trattenuta. Eppure, se lo rileggessi adesso, quante sfumature potrei cogliere in più? E se fossero in meno? Che tormento. Therem è fatto per essere amato.
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tolkienianos.
comBeleg Arcoforte, Beleg Cúthalion
è uno dei personaggi del Silmarillion di Tolkien, il miglior amico di Tùrin, su cui gravava una maledizione gettata non ricordo come e perchè, ma che lo condusse a distruggere ciò che più amava. Tra i morti che Tùrin ha seminato c’è anche Beleg. Era una notte buia e tempestosa e quel cretino di Tùrin non si è accorto che la scura figura che avanzava non era un nemico, ma il suo caro e fedele Beleg, e così l’ha fatto fuori. Io volevo fare fuori Tùrin, e anche Tolkien, cacchio, perchè a Beleg mi ci ero proprio affezionata. Il prototipo atipico dell’elfo: saggio, misterioso, amichevole, prodigo, valente, pietoso. Dopo averlo fatto fuori per sbaglio (oops, scusa, fatto male?) Tùrin s’è messo a piangere come un vitello, e anche io, a dirla tutta, e ha composto un canto per la morte dell’amico Beleg, Laer cu Beleg, che però non ci ripaga di questo dolore. Evvabene, lo dico in modo sardonico perchè di tempo ne è passato, ma quando è morto Beleg io volevo qualcuno da strozzare.
Albert Quinn Ingalls
Quando le bambine della Casa nella Prateria erano diventate delle giovani donne, per proseguire la serie si iniziò a far incetta di attori giovanissimi per catturare tutte le fasce d’età. Il pubblico femminile adulto aveva occhi solo per Michael Landon (e come dargli torto?), ma per le ragazze iniziò una sorta di defilé di fascino maschile. Da Jonathan Gilbert che si trasformava da moccioso antipatico in adolescente niente male, fino a Mattew Laborteaux, che interpretava un orfano, Albert Quinn, sorellomunito, che veniva adottato dagli Ingalls. La foto che ho messo ve la dice lunga: Albert non piaceva solo a me e più o meno tutte le ragazzine della mia età hanno avuto una cotta per lui. Quando lo rivedo vorrei tornare ragazza e dargli un bacio. Per fortuna oggi lui oggi è più vecchio, brutto e grasso di me e non fo peccato.
Sherlock Holmes,
e basta la parola. Sono una veterotestamentaria, però. Oltre ai due romanzi di Meyer non ho letto le migliaia di apocrifi che circolano attorno alla figura di Holmes. Premetto che sono innamorata di Holmes, del personaggio. Sogno di essere intelligente come lui e di dargli battaglia. Ma Holmes è misogino e questo è tutto. Se fossi una bicicletta avrei certo più speranze.
Dietro ad Holmes è venuto Jeremy Brett, nella prima e nella seconda serie dei casi tratti dalle avventure scritte da Doyle. Dopo l’attore diventa una macchietta, bolso, una parodia di se stesso e un Holmes del tutto inefficace.
Kyle Reese
Quando ero ragazzetta un film come Terminator per me era sorprendente, affascinante, ammaliante. Kyle Reese è finito in un sacco di plastica nera con la zip. Non posso dimenticare le sue labbra semichiuse che vorrebbero gridare “Sarah!”. Oh, Kyle, alzati in piedi, soldato! Strappati di dosso quel sacco nero, corri via con la tua Sarah!
Invece niente. La zip si chiude e Kyle viene portato via. Per ironia della sorte lo stesso attore, che ha interpretato il caporale Dwayne Hicks, il personaggio preferito di uno dei miei film preferiti (Aliens. Scontro finale), viene ucciso anche lì (nel terzo, a dire il vero, nei primi tre minuti, bastardi schifosi!). Come se non fosse bastante me l’ammazzano anche in The abyss e dulcius in fundo, in The Rock. E’ cattiveria allo stato puro.
Rimanendo in tema Trek ho continuato ad amare “l’occhio alieno” successivo a Spock, Data, il Tenente Comandante Data.
Impassibile, impossibile. Non certo bello, a detta dei suoi colleghi, ma ai miei occhi sì: bellissimo, raggiante del suo pallore sintetico. Buffo, a volte crudele, comprensivo, premuroso, toughtfully, come si dice in inglese. Data è tra i nuovi personaggi Trek il più amato, e il secondo in assoluto dopo Spock. La sua camminata sicura, spavalda, la sua forza fisica, nascosta dentro una calzamaglia e una figura lineare e flessuosa, la sua tenerezza mista all’ingenuità, gli occhi gialli, da gatto, le mani lunghe e leggere, il fatto che non potrà mai piangere per te, lo rendono irresistibile. Amo immensamente Data ancora oggi, ancora oggi sogno di essere bella come Dax e ballare con lui mentre va One more kiss, dear. Quanti sogni su quella canzone!
E ancora in Star Trek TNG, ho preso una sbandata per Wesley Crusher,
un sacco più piccolo di me. Ero completamente cotta come una ragazzina. Il suo fascino adolescenziale e il suo carisma da pesce lesso mi hanno messa al tappeto. Avevo persino inventato un personaggio femminile che diventasse la sua fidanzata. Nell’ambiente Trek mi manderebbero al rogo, Wes è uno dei personaggi più odiati, assieme alla sua rossa mammina. Non è piaciuto il suo taglio da ragazzo-bene, il suo essere un piccolo genio (un geek), la sua recitazione a dire il vero un po’ scolastica. E quindi se lo dico è perchè è vero, perchè penso a Wesley Crusher anche adesso. Al Wesley che non ha molto a che fare con Wil Wheaton.
Personaggi molto secondari nella mia vita romantico-narrativa, che mi sono piaciuti ma senza lasciare molte tracce se non teneri ricordi:
Faramir ( Il Signore degli Anelli)
Rinaldo (Donna di spade, uno dei tre libri che ho paura di rileggere)
Etienne Navarre (Ladyhawke)
Goemon Ishikawa (Lupin)
Starsky e Hutch
Yotaro Kid e Izaak Kodomofu (Bryger)
Babil Junior
Mentre non sono mai stata innamorata, nè particolarmente sensibile al fascino di:
Capitan Harlock
Actarus
Lupin
Batman, Spiderman e tutti i supereroi, vecchi e nuovi, compreso Ironman e Robert Downey Jr., che è da stroncare il cuore in Fur, altro che Holmes!
Il Capitano Kirk
Aragorn
Terence Granchester
Fersen
007
Luke Skywalker e Han Solo
Aran Banjo
Rocky Joe
"Quando guardiamo il cielo di notte ci soffermiamo ad ammirare le stelle a caso senza seguire uno schema.. lasciamo che la nostra fantasia si perda in questo immenso soffitto brulicante di luci... una stella grande.. qualcuna piccola.. un'altra azzurra ed una rossa! Luci lontane che forse ora non esistono neanche più.. eppure sono lì le guardiamo ogni sera quando le nuvole ce lo permettono.. luci che continuano a brillare .. a vivere.. che continuano a farci sognare! Questo BLOG vuole essere uno spazio semplice, senza pretese, uno spazio dove antichi sorrisi e sguardi continuano a brillare come stelle... semplicemente continuano a vivere nell'immenso cielo della rete." (Domenico Nardozza)