Segue da ieri

Come ho detto, io ho una settimana o più di ritardo rispetto agli altri giardini e alle fioriture comunali, perchè il grande albero di gelso raffresca l’ambiente e abbassa la temperatura di qualche grado. Infatti l’oleandro più piccolo, molto ombreggiato da una magnolia e da un oleandro più grande, in più esposto a nord, ha solo un fiore. La pianta non riesce ad accrescersi come la sua vicina (una cultivar a fiore bianco semplice) ma in estate -nonostante l’ombra- si ricopre di fiori teneramente rosati. Ça va sans dire, non prende una sola goccia d’acqua se non quella che gli destina il padreterno.

Un solo fiore per ora

Ma gli altri oleandri di città sono già quasi pienamente fioriti, così come le Bouganvillee e le piante da balcone.
Le rose delle altre persone sono ancora in fiore e non accennano a diminuire i boccioli. Questa è una HT rampicante gialla che esiste a Siderno credo dall’inzio del tempo e che non mi è mai capitato di riuscire a fotografare, stavolta l’ho beccata!

rose rampicanti gialle -ignote

Altre case sfoggiano la loro livrea estiva fatta di fioriture in “allegro miscuglio di colori”. Oltre ai soliti balconi con gerani e petunie, le piccole cittadine riservano sempre qualche sorpresa nelle zone periferiche, dove le case sono più vecchie.
Dietro una cancellata arrugginita fiori vecchi e nuovi, appena comprati o di antica data, si contendono la scena con i loro colori sgargianti. L'ingenuità della composizione e la semplicità delle piante è bilanciata dalla vetustà dell'edificio e dalle dimensioni minuscole delle due fasce di terreno lungo la via d'accesso. Una sovrapposizione di vecchio e nuovo che caratterizza nel modo più felice i giardini 'poveri'

Un altro giardinetto al quale vado praticamente in pellegrinaggio, è quello di uno studio commerciale vicino al mio medico. C’è sempre qualcosa di fiorito, anche se si vede una certa trascuratezza e una manualità non adeguata. Ad aprile c’erano le violacciocche in miscuglio, adesso questi, dopo le rose e le bocche di leone, ma non quelle nane, sono bocche di leone alte così e dai colori mai visti.

giardinetto felice

colore rude, ma quanta allegria
Con le comunioni fatte appena qualche settimana fa, il giglio di Sant'Antonio non ce l'ha fatta ad essere presente, a differenza del suo cugino longifolium
Che soddisfazione avere tanti gigli da recidere...

E dopo che sei andato a caccia di foto, c’è sempre qualcuno che corre ad abbracciarti quando ritorni a casa

Ciao mamma, mi dai una grattata sulla pancia?

Direttamente da Vulcano, per la vostra delizia, venghino, siore e siori!

Ogni tanto mi scrive Judetheobscure: ogni volta mi prende un infartino, un colpetto, un piccolo ictus, una leggera aritmia. Capirò, non capirò? Sarò in grado di formarmi un’idea e di dare una risposta alla domanda (sì, ma qual è la domanda)? Riuscirò a seguirla nelle sue immense profondità di pensiero?

Con il suo permesso riporto quanto mi ha scritto, note personali escluse.

Caro Barlimar Butterbur (Omorzo Cactaceo, soprannome affibbiatomi dato che io le ho detto che il suo cognome, De Tassis, sembra uscito da una favola di Boscodirovo)
[…]
Invece ti scrivo per trovare una spalla a una riflessione che mi intriga senza sapere dove dovrebbe andare a parare. In fondo, credo che c’entri anche un po’ con la storia del “il giardino deve essere moderno” -ma non so come.
Per farla breve. L’altro giorno in auto sfogliavo, più che leggere, una “breve storia dell’architettura” (pubblicata da Einaudi, ma ora non ricordo l’autore).
Un testo su cui mio figlio sta cercando di farsi un po’ di cultura. Ecco un (breve) capitolo dedicato ad Alvar Aalto, che io amo molto, forse più nel design che nell’architettura: quei suoi legni curvati sono per me massima espressione di una bella simbiosi fra “antico” (il legno semplice, chiaro, pulito, un po’ rustico) e moderno. Vado pazza per lo shabby chic, anch’io, ma poi mi piacerebbe avere una casa molto Alvar Aalto…
Comunque alla fine del capitolo l’autore (che per la verità non sembra
apprezzare molto l’architettura alvaraaltiana) commenta: La forma dell’esperienza non ha stile.
Questa frase, in relazione ai giardini, mi ha folgorata. Perché che cos’è un giardino -e specialmente un giardino-opera d’arte (anche se io odio pensare all’opera d’arte, ancor più al giardino come opera d’arte, odio gli approcci estetizzanti e ancor più l’idea che si affronti l’opera d’arte negando l’approccio estetizzante, ma questo è troppo complicato e fuorviante ora) se non una sublime forma dell’esperienza? O perlomeno, la migliore forma dell’esperienza possibile? Proprio per questo, perché nasce da una sorta di
esperienza individuale o storicamente circoscritta (perché è ovvio che un giardino può anche essere opera collettiva) non ha stile, se si intende e sottintende uno stile codificato, codificabile, interpretativo. Certo si può fare un giardino all’italiana, all’inglese, un country cottage etc., ma è irrilevante: può comunque essere orribile. Un giardino che è opera d’arte può avere un proprio stile o uno stile qualunque, ma è un’opera d’arte esattamente quando è una forma dell’esperienza. Ed è questo che rende bellissimi certi giardini poveri, per tornare a tema antico, e questo che dà al giardino una sua verità e una sua credibilità (quindi, un suo stile).
Sono andata a parare nel nulla?

Ecco, questo è quanto scrittomi da Jude, che non ho corsivato per una migliore lettura.
Ciò dimostra fondamentalmente una cosa: Jude viene da Vulcano.

Il giardino di Mimmo Caino

La casa del mare di Mimmo Caino
Anche Mimmo Caino, come tutti coloro che abitano a ridosso della ferrovia, aveva un giardino. Un giardino in quella stretta fascia di terra libera che separa la casa dai binari, una sottile striscia rubata alla sabbia, coltivata con dedizione ed ordine meticoloso.
La saggia e operosa indole contadina della nostra gente non permette che neanche un metro di terra vada sprecato, e queste coltivazioni distribuite lungo tutto il tratto della nostra costa sono diventate una costante, una sorta di paesaggio aggiunto a quello naturale.
In genere vi si piantano ortaggi, fave in inverno, pomodori e melanzane in estate. Basilico, peperoncini piccanti, salvia o rosmarino: tutte cose che hanno un piede nel giardino e l’altro in cucina. Molte persone tengono anche dei fiori in questi angusti spazi, solitamente si tratta di rose, ma talvolta si incontrano grandi rampicanti, come bignonie, glicine, bouganvilee. Se poi si ha un po’ di spazio in più ci si tiene anche un piccolo albero di limoni, di fichi o di nespole.
Ad animare i giardini e i piccoli orti della ferrovia non è la necessità di risparmiare sull’acquisto di frutta e verdura, anche perché in spazi così ristretti è impossibile provvedere adeguatamente al fabbisogno di una famiglia. Si tratta di qualcosa che sta dentro di noi, in quella parte buona del cuore umano: il desiderio di fare, di non oziare, di essere operosi. Il piacere delle cose fatte con le proprie mani, di mangiare il frutto del proprio lavoro, e l’avversione per lo spreco di terra, ancorché di limitata estensione.
Mimmo Caino aveva scelto delle piante grasse per il suo giardino lungo la ferrovia: le aveva scelte con cura, nei toni delicati del grigio e del verde argentato che armonizzano così bene con il colore della sabbia, e le aveva piantate in ordine, incasellate ognuna nel proprio spazio, delimitato da pietre piatte levigate dal mare. Contro il muro aveva sistemato altre piante più grandi, ma anche delle zucchine, per non smentire la qualità “ortiva” delle coltivazioni ferroviarie. Più oltre, sulla spiaggia, delle agavi variegate.
Aloe arborescens

Mimmo Caino se n’è andato mentre faceva quello che aveva più caro: il lavoro. Cosa accadrà al suo giardino? Chi lo curerà? Chi toglierà le erbacce che inevitabilmente cresceranno tra i sassi e nella sabbia? Il lavoro di Mimmo era per tutti noi, non solo per se stesso, e l’augurio che mi faccio –e penso di poter parlare per tutta la cittadinanza- è che tutto ciò non venga dimenticato, che venga rispettato e che non vada sprecato, ma anzi, che venga valorizzato come dovrebbe.
Tiffany's

P.S. 4/2/2010. Mimmo Caino è morto, la sua Casa del Mare è stata venduta. Pare che non fosse stato un buon padre e che la sua famiglia non ne volesse preservare il ricordo.
In questo caso sarebbe toccato al Comune di Siderno acquisire la sua proprietà perchè non fosse dimenticata.
Ora la Casa del Mare è una delle tante casette sulla spiaggia, tinta di color giallo paglia, con il tavolo di plastica e l’ombrellone sul balcone.

Sweet Acacia: la comune gaggìa

La gaggìa è una pianta ormai ben poco diffusa. Ce ne sono ancora nelle campagne, nei vecchi giardini, spesso al confine tra una proprietà e l’altra, tra un alloro e un vecchio pittosforo.

Acacia farnesiana (1)
Piumini di gaggìa

Non è un bell’albero, ha un colore giallo sporco, che rapidamente volge ad un marroncino marcio e poco invitante. Ma ha il profumo più celestiale del mondo dei fiori, tanto che in America è chiamata “Sweet Acacia”.
La natura, come anche dio, è dotata di senso dell’umorismo, ed ha messo questo profumo celeste in una pianta umile e dimenticata.

Acacia farnesiana (2)
Giallo lavastoviglie

Di gaggìe contro i vecchi muri se ne vedono ancora nelle campagne, si usava -credo- come difesa per via dei suoi rami spinosi.

Acacia farnesiana (7)
La gaggìa dei vicini

Venne portata in Italia attorno al 1611. Si sa con certezza che questa pianta cresceva negli Orti Farnesiani per ordine del cardinale Edoardo Farnese, e che lì fiorì per la prima volta. Fu proprio dal cognome della nobile famiglia Farnese che l’Acacia farnesiana, la comune gaggìa, prese la sua denominazione botanica.
I semi erano arrivati da Santo Domingo e si sa anche che nel 1624 alcune piante di gaggìa furono portate al Granduca di Toscana.
Ora altro che Orti Farnesiani, orti e basta, al più giardini poveri di ricche famiglie decadute.

Acacia farnesiana (3)
La vecchia casa

In effetti l’Acacia farnesiana forse potrebbe stare ancora bene in qualche giardino di principi, ma la gaggìa richiede vecchi muri screpolati e aiuole dimesse.

Acacia farnesiana (8)
La tettoia

Poche compagnie: lantane, zinnie, stelle di natale, gelsomini. L’alisso, con cui condivide il profumo di miele.

Acacia farnesiana (6)
Il vecchio gelsomino

E non vuole neanche troppo ordine.

Acacia farnesiana (5)
Uscita