Et bien, mon Moleskine

Non me ne intendo molto di Moleskine, li ho sempre snobbati come uno dei tanti accidenti della moda. Facevo le mie interviste su carta di recupero, mentre gli altri avevano dietro il loro bel Moleskine molto vissuto, gonfio di foglietti che spuntano fuori, l’elastico rotto.
Una volta mi è stato detto (con simpatia) che potevo essere una di quelle ragazze che si innamorano del tipo intellettualoide, un po’ rampantone, “di quelli col Moleskine”.
Da allora ho iniziato a far caso a chi lo usa.
Qui, giornalisti a parte, non ne conosco. Non è un gadget molto apprezzato dagli indigeni locali. Il che vuol dire che non hanno niente da scrivere. Se non hanno niente da scrivere ancor meno leggono.
E questo ne dice abbastanza.

Tuttavia penso che -giornalisti a parte- chi lo compra si illude di poterlo riempire con versi e racconti alla Hemingway, ma che il più delle volte sono solo insulse banalità. Absit iniuria, ognuno ha diritto alla propria banalità, ma proprio perchè di Hemingway non ne nasce uno l’anno, non credo che i Moleskine che circolano in giro a Siderno abbiano vita felice.
Altrove sono sicura saranno ormai merce inflazionata dal gusto, espressione di una piccola borghesiola falso-intellettuale, o forse peggio, non so. Sarei grata se qualcuno mi raccontasse dei Moleskine che circolano dalle sue parti.

Sono comodi, per via della copertina rigida che aiuta a scrivere anche in piedi, e sono carini. Sono come la cioccolata. Ne vorresti sempre uno diverso.
Questo tale si è fatto la “ricarica”. Un temperamento ecologista…