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Fiori e paesaggi in “Alice nel Paese delle Meraviglie” di Walt Disney
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La mia formazione televisiva è di impronta marcatamente giapponese, i vari Hanna & Barbera o i cartoni della Warner Bros mi hanno sempre lasciato tiepida e indifferente.
Tuttavia la Walt Disney, quando il patròn campava, ha scritto pagine della storia del cinema di animazione che non possono essere dimenticate.
Ora la qualità è crollata vertiginosamente e solo la collaborazione con la Pixar -recentemente interrotta- è riuscita a tirare la Disney fuori dall’empasse in cui si era cacciata, senza peraltro neanche avvicinarsi alla bellezza delle vecchie produzioni.
Alice nel Paese delle Meraviglie è uno dei miei cartoni Disney preferiti, sia per la qualità del disegno che per l’esuberanza della narrazione.
Chi ha letto i romanzi di Carroll, Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie e Attraverso lo Specchio e quel che Alice vi trovò, sa quale magica fusione narrativa tra i due il cartone animato sia riuscito ad ottenere, e quanto differente esso sia dai romanzi, che non imita pappagallescamente, ma INTERPRETA.
Alice nel Paese delle Meraviglie è tra le poche trasposizioni cinematografiche che possano dirsi pari al romanzo da cui sono state tratte.
In Alice il paesaggio è molto composito e di ispirazione variabile.
Ad esempio la scena iniziale, sulla quale si potrebbe anche scrivere un trattatello, mostra un esempio di giardino paesaggistico all’inglese:
Ad un esame meno superficiale il paesaggio appare quasi finto, artefatto, con nulla della selvatichezza dei paesaggi di Blenheim o Stowe, ma con in compenso un carico di romanticismo decorativo e manierato tipico di un certo gusto di una borghesia ricca ma poco raffinata.
Un paesaggio che nasce dal gusto eclettico della fine dell’Ottocento, che rispecchia il decorativismo esagerato dell’epoca in cui furono scritti i romanzi (contro il quale essi si schierano), e in cui nascono anche i grandi parchi dei divertimenti nella capitali europee, come Chelsea a Londra.
Parchi dei divertimenti di che hanno la diretta paternità di Disneyland, che a questi fotogrammi si ispira.
Qui siamo alla casa del Bianconiglio, un cottage rurale inglese, un’icona dell’Inghilterra rurale, che qui viene resa senza mezzi termini, con uno stile assolutamente da cartolina.
Questo è il punto che ogni appassionato di fiori segue con più attenzione. A parte alcuni svarioni (un lillà chiamato girasole, i narcisi asfodeli), è un momento importante per capire quale fosse il gusto che guidava i disegnatori Disney.
Nessun fiore, in Alice, è disegnato con le modalità stilistiche vittoriane, nessuno. La linea stilistica è propria degli anni ’50 (il film è del ’51) e dei cataloghi illustrati di vendita per corrispondenza quel periodo.
Non mancano, come nel libro, rimandi e citazioni, in questo caso ai copricapi dei primi colonizzatori, dei Padri Pellegrini (o meglio, Madri Pellegrine). Il pisello odoroso si presta per la sua forma a questa “trasformazione”, ma l’interpretazione della vocazione storica di questa pianta è perfetta, anche se non lontana da alcuni cliché (la timidezza, l’essere una pianta “della nonna”).
La signora Iris
è poi una perfetta rappresentazione di una dama vittoriana, al contrario della sorella maggiore di Alice, vestita sì da dama vittoriana, ma con delle fattezze da pin-up della pubblicità della coca cola.
Andiamo poi dal Brucaliffo
Qui la decorazione del fogliame è una rivisitazione in chiave post-modernista dello stile Arts and Crafts, lo stesso paesaggio molto lussureggiante è un rimando al Naif e a suggestioni rousseauiane.
Come anche lo strano crocevia dove Alice incontra lo Stregatto Astratto.
Proseguendo incontriamo un paesaggio romantico alla Wagner
e citazione escheriane
I paesaggi e i fiori in Alice si ispirano dunque a diversi stili, che diventano unitari e coesi attraverso il filtro del gusto degli anni ’50, che rende omogenee le diverse suggestioni stilistiche.
E’ un film che, forse inconsapevolmente, fa in parte rivivere -per chi vuol coglierli- quei pericolosi attacchi alla morale borghese che lanciò Carroll alla fine dell’Ottocento. Un film in cui il paesaggio più surreale e da fumetto
è felicemente unito alla visione più celebrativa del paesaggio agreste e bucolico della campagna inglese senza incoerenza e impurità formale.
Un film che rimanda e cita, confonde e stuzzica, esattamente come il libro, ma che a differenza di questo non vuole essere una polemica al gusto e ai costumi del proprio periodo, ma che anzi, li esalta e ne trae “maniera”.