Paranormal inactivity

Ecco una scena di Paranormal Activity, pubblicizzato come “il film che ha terrorizzato l’America”.

...alle due di notte...

ORA: io non so che roba circoli in America e con cosa loro si spaventino, ma vi posso raccontare la mia esperienza: un istante dopo che ho pensato: “Ah, ecco, finalmente il film prende piede”, sono comparsi i titoli di coda, qualcuno ha spento il proiettore e le luci si sono accese.
Se vi siete spaventati a morte con La Famiglia Addams 2 potreste farci anche un pensierino.

Il ritorno di Sherlock Holmes

The Dubliners, The rocky Road to Dublin (qui eseguita da Luke Kelly)

In the merry month of June from me home I started,
Left the girls of Tuam so sad and broken hearted,
Saluted father dear, kissed me darling mother,
Drank a pint of beer, me grief and tears to smother,
Then off to reap the corn, leave where I was born,
Cut a stout black thorn to banish ghosts and goblins;
Bought a pair of brogues rattling o’er the bogs
And fright’ning all the dogs on the rocky road to Dublin.

One, two, three four, five,
Hunt the Hare and turn her down the rocky road
all the way to Dublin, Whack follol de rah !

In Mullingar that night I rested limbs so weary,
Started by daylight next morning blithe and early,
Took a drop of pure to keep me heartfrom sinking;
Thats a Paddy’s cure whenever he’s on drinking.
See the lassies smile, laughing all the while
At me curious style, ‘twould set your heart a bubblin’
Asked me was I hired, wages I required,
I was almost tired of the rocky road to Dublin.

One, two, three four, five,
Hunt the Hare and turn her down the rocky road
all the way to Dublin, Whack follol de rah !

In Dublin next arrived, I thought it be a pity
To be soon deprived a view of that fine city.
So then I took a stroll, all among the quality;
Me bundle it was stole, all in a neat locality.
Something crossed me mind, when I looked behind,
No bundle could I find upon me stick a wobblin’
Enquiring for the rogue, they said me Connaught brogue
Wasn’t much in vogue on the rocky road to Dublin.

One, two, three four, five,
Hunt the Hare and turn her down the rocky road
all the way to Dublin, Whack follol de rah !

From there I got away, me spirits never falling,
Landed on the quay, just as the ship was sailing.
The Captain at me roared, said that no room had he;
When I jumped aboard, a cabin found for Paddy.
Down among the pigs, played some hearty rigs,
Danced some hearty jigs, the water round me bubbling;
When off Holyhead wished meself was dead,
Or better for instead on the rocky road to Dublin.

One, two, three four, five,
Hunt the Hare and turn her down the rocky road
all the way to Dublin, Whack follol de rah !

Well the boys of Liverpool, when we safely landed,
Called meself a fool, I could no longer stand it.
Blood began to boil, temper I was losing;
Poor old Erin’s Isle they began abusing.
“Hurrah me soul” says I, me Shillelagh I let fly.
Some Galway boys were nigh and saw I was a hobble in,
With a load “hurray !” joined in the affray.
We quitely cleared the way for the rocky road to Dublin.

One, two, three four, five,
Hunt the Hare and turn her down
the rocky road and all the way to Dublin,
Whack follol de rah !

Il giardino di Mimmo Caino

La casa del mare di Mimmo Caino
Anche Mimmo Caino, come tutti coloro che abitano a ridosso della ferrovia, aveva un giardino. Un giardino in quella stretta fascia di terra libera che separa la casa dai binari, una sottile striscia rubata alla sabbia, coltivata con dedizione ed ordine meticoloso.
La saggia e operosa indole contadina della nostra gente non permette che neanche un metro di terra vada sprecato, e queste coltivazioni distribuite lungo tutto il tratto della nostra costa sono diventate una costante, una sorta di paesaggio aggiunto a quello naturale.
In genere vi si piantano ortaggi, fave in inverno, pomodori e melanzane in estate. Basilico, peperoncini piccanti, salvia o rosmarino: tutte cose che hanno un piede nel giardino e l’altro in cucina. Molte persone tengono anche dei fiori in questi angusti spazi, solitamente si tratta di rose, ma talvolta si incontrano grandi rampicanti, come bignonie, glicine, bouganvilee. Se poi si ha un po’ di spazio in più ci si tiene anche un piccolo albero di limoni, di fichi o di nespole.
Ad animare i giardini e i piccoli orti della ferrovia non è la necessità di risparmiare sull’acquisto di frutta e verdura, anche perché in spazi così ristretti è impossibile provvedere adeguatamente al fabbisogno di una famiglia. Si tratta di qualcosa che sta dentro di noi, in quella parte buona del cuore umano: il desiderio di fare, di non oziare, di essere operosi. Il piacere delle cose fatte con le proprie mani, di mangiare il frutto del proprio lavoro, e l’avversione per lo spreco di terra, ancorché di limitata estensione.
Mimmo Caino aveva scelto delle piante grasse per il suo giardino lungo la ferrovia: le aveva scelte con cura, nei toni delicati del grigio e del verde argentato che armonizzano così bene con il colore della sabbia, e le aveva piantate in ordine, incasellate ognuna nel proprio spazio, delimitato da pietre piatte levigate dal mare. Contro il muro aveva sistemato altre piante più grandi, ma anche delle zucchine, per non smentire la qualità “ortiva” delle coltivazioni ferroviarie. Più oltre, sulla spiaggia, delle agavi variegate.
Aloe arborescens

Mimmo Caino se n’è andato mentre faceva quello che aveva più caro: il lavoro. Cosa accadrà al suo giardino? Chi lo curerà? Chi toglierà le erbacce che inevitabilmente cresceranno tra i sassi e nella sabbia? Il lavoro di Mimmo era per tutti noi, non solo per se stesso, e l’augurio che mi faccio –e penso di poter parlare per tutta la cittadinanza- è che tutto ciò non venga dimenticato, che venga rispettato e che non vada sprecato, ma anzi, che venga valorizzato come dovrebbe.
Tiffany's

P.S. 4/2/2010. Mimmo Caino è morto, la sua Casa del Mare è stata venduta. Pare che non fosse stato un buon padre e che la sua famiglia non ne volesse preservare il ricordo.
In questo caso sarebbe toccato al Comune di Siderno acquisire la sua proprietà perchè non fosse dimenticata.
Ora la Casa del Mare è una delle tante casette sulla spiaggia, tinta di color giallo paglia, con il tavolo di plastica e l’ombrellone sul balcone.

I garden center

Da ‘la Riviera’ 2 aprile 2006

Cos’è un garden center? Si sentono nominare spesso, nei giornali, nelle pubblicità. Ma cosa sono esattamente? E poi, perché usare questo termine inglese che non aiuta di certo a farci capire di cosa si sta parlando?
“Garden center”, tradotto vuol dire semplicemente “centro di giardinaggio”, mica roba dell’iperspazio. In pratica si tratta di negozi che vendono non solo piante, ma anche ( e soprattutto) accessori per il giardinaggio. Ci si trova ogni cosa oltre alle piante: fiori recisi, fiori secchi, fiori finti, semi, vasi, sottovasi, grigliati, treillage, pergole, gazebo, fioriere, mobili da giardino, piscinette, lampade, concimi, terricci, attrezzi a mano ed a motore….ed un sacco di altre cose, dall’indispensabile al completamente inutile, dall’irrinunciabilmente affascinante al tremendamente brutto.
Ovviamente da noi non ce ne sono, anche se molti vivai abusivamente si autodefiniscono così. In realtà non mi dispiace affatto che non ci siano. I garden center sono sostanzialmente un Mac Donald per giardinieri, a cui vendono cose di cui non hanno bisogno a prezzi che non potrebbero permettersi. Sono una delle tante brutture del consumismo che si impossessa di qualsiasi attività ricreativa.
Entrandoci sfido qualsiasi appassionato a rimanere inerte e a non farsi spolpare vivo dai negozianti: veniamo allettati da magiche visioni di straordinarie composizioni floreali in aiuola o sul balcone, di pomeriggi passati a rilassarci all’ombra di un pergolato o di romantiche seratine abbracciati sull’amaca. Se –come me- sopravvivete a questo mondo grazie alla pensione dei vostri genitori, per comprarvi un tavolo e quattro sedie dovete come minimo vendervi un rene.
Alla fine uno dei vantaggi di essere una regione economicamente sottosviluppata è quello di non avere troppo d’attorno queste mostruosità.
Peccato per i vivai che a scapito delle piante riempiono i loro spazi con brutti mobili e vasi di “cotto toscano”, come se quello calabrese fosse sterco. Peccato per i commercianti che pensano che questa sia un’evoluzione positiva. C’è grande ignoranza sia in chi vende sia in chi acquista piante, e questa nuova moda peggiorerà le cose.