In questi giorni ho fatto un po’ d’ordine anche alla cappelletta di papà. Fino a che abbiamo potuto abbiamo portato dei fiori freschi, ma poi anche quella spesa si è rivelata insostenibile. E poi, diciamoci la verità, ho vissuto dei mesi di forte litigio con mio padre e non volevo andare a trovarlo.
Nel 2010 avevo messo dei vasi con delle piante da fiore che ho visto solamente sfiorite, dopo la scorsa estate. Un Crinum nonsocome che mi aveva regalato un amico, che ha fiorito per la sua prima volta lì, alla cappelletta del cimitero, senza che io l’abbia veduto, e degli Agapanthus bianchi e viola. Ho tolto le cime sfiorite, pulito, annaffiato e rimpiazzato qualche pianta stanca o defunta. Tanto sono stata distratta che ho trovato delle orchidee di terra piantate in un grosso vaso, ma non ricordo assolutamente d’averlo fatto. O l’ho fatto in stato di catatonia, o sono stati i custodi, o una ramaglia della mia parentela. Sta di fatto che pensavo di trovarle stecchite, e invece sono salve anche se malconce e non fiorite.
Questa primavera ha portato le rifioriture di alcuni bulbi piantati l’anno prima, muscari, narcisi ‘Tete à Tete’, giacinti rosa e blu. Ovviamente anche di quelli ho perso la fioritura e mi sono limitata a rincalzarli e togliere lo sfiorito.
Non mi dispiace perdere la fioritura delle piante alla cappelletta di papà: è come un extra di punizione per non essere triste e morta.
Così spero di perdere molte altre fioriture.
Dalla Banca del Seme ho ricevuto tanti fiori che possono sopravvivere con poca acqua, e altri li avevo già.
Ho fatto delle semine selvagge, cercando di sfruttare gli interstizi e l’incuria della cappelletta. Ho seminato violette, bocche di leone, pratoline, trifoglio, violacciocca, miscugli da prato fiorito, Chasmanthe,Chasmanthium, bella di notte e sicuramente molte altre cose che non ricordo. Quando sono andata via il terreno era coperto di semi.
Chissà cosa mi posso aspettare? Pulizia, calpestio, siccità. Ma anche con una bassa percentuale qualcosa dovrebbe uscire fuori, perlomeno la statistica dovrebbe essere dalla mia parte.
In pratica sto garden-guerrigliando la cappelletta di mio padre, è un po’ emozionante, lo confesso. Non ho mai fatto semine selvagge, sono curiosa di vedere cosa mai ne verrà fuori. Ne sono così orgogliona che mi sono pure fatta stampare una targa con un avviso di non rovinare le piante (che ancora non sono nate)…
Sebbene oggi sia stata una giornata lunga (anzi, è già domani, mezzanotte e venti…) devo andare ad annaffiare un po’.
Il tempo è umido e nuvolo e questo maggio per fortuna non ci sta soffocando nè bruciando. Ma quanto durerà? Devo proprio dare un po’ d’acqua e non essere trascurata come l’anno scorso.
Annaffiare al cimitero è faticoso, devi riempire le bottiglie mille e mille volte e per annaffiare sulla terra occorre gettare acqua come si fa con la benzina, mettendo il dito sulla bocca della bottiglia: ma i semi si spostano egualmente. E’ una vera faticaccia ed è noioso da morire.
E poi c’è questa: dato che poi mio padre era fissato che voleva essere portato in chiesa al suono dell’Internazionale, me la sono messa sul cellulare e gliela mando ogni volta che ci vado. Sapete quanto dura l’Internazionale? Roba di dieci minuti. Per fare tutto mi servono tre o quattro internazionali, e se quest’estate sarà afosa mi sa che mi toccherà imparare il cirillico.
Tra l’altro mi è rimasta impostata come suoneria della sveglia. Io non la sento mai perchè abbandono il telefono in ogni dove, ma mia madre, che è mattiniera, la sente quotidianamente. E mi dice che lo fa con la mano sul petto.
Vecchia generazione.
Con la mano sul cuore come Bush quando sentiva l’inno americano? Consigliale il pugno chiuso: è più appropriato.
La voglio anch’io la sveglia Internazionale! Ti immagini il repentino risveglio, l’alzata fulminea in piedi, l’elevazione del braccio sinistro con il pugno chiuso e l’abbassamento della testa.
Camicia da notte rossa.
Il fatto è che mia mamma è un po’ artrosica e monoblocco. Uno scatto in piedi con mano alzata e pugno chiuso probabilmente coinvolgerebbe anche gli arti inferiori con ribaltamento. sarebbe la prima volta che una fa le capriole con l’Internazionale russa.
Mi attrezzerò invece per la camicia da notte.
Sara’ forse catarsi ?
Secondo me sì
Anch’io coltivo un giardinetto al cimitero.
I miei genitori non si sono mai fatti una cappelletta di famiglia: preferivano concedersi tanti soggiorni in luoghi ameni, d’estate o anche d’inverno, in climi più miti del nostro.
Mio padre è perciò in un loculo a parete nel cimiterino di Dozza, il bellissimo paesino d’origine della sua famiglia.
La fotografia lo ritrae con un calice di vino in mano, nell’atto di brindare.
E’ una fotografia scattata negli anni della sua lunga malattia, dopo un ictus.
Ma credeva ancora nelle gioie della vita.
Mia madre avrebbe voluto o essere cremata o seppellita in piena terra.
L’ho fatta seppellire in terra nella zona antistante a mio padre e le curo un giardinetto.
Ha sempre amato piante e fiori, quando io non nutrivo ancora per essi il minimo interesse.
Non sono ancora soddisfatta della composizione che le ho creato, ma progetto sempre miglioramenti.
Ci sono Euphorbie Charachas, rose ‘The fairy’, Bergenie di contorno e tanti bulbi primaverili e autunnali.
Quando vado lì non ci scambiamo rimproveri –ormai ci siamo accettate e perdonate, credo-, ma penso a diserbare e innaffiare.
A mio padre solo fiori finti: è troppo in alto e per raggiungerlo occorre muovere una pesante scala.
Ma dall’alto gode anche lui del giardinetto di mia madre.
Capisce tutto, sorride e brinda.
Giri continuamente attorno a ‘sta cosa della morte, e per contro spargi semi alla cappelletta di famiglia. Ossia pensi alla morte, ma crei vita sia con i semi, che con i tuoi pezzi nel blog, nel libro e nella cdg. Come si incastra questa storia. Boh!
ma perchè secondo me l’arte è un mezzo per aggirare la morte, e anche il dolore. Perciò scrivo che la povertà dà una lungimiranza che i benestanti non hanno, che chi soffre ha qualcosa di diverso da raccontare e che la morte è lo stimolo fondamentale a rimanere vivi. Tu compreresti un libro in cui tutti i protagonisti vivono una serie infinita di giorni felici? no, vuoi vedere il conflitto. Se non c’è conflitto non c’è narrazione, e non c’è arte.
Capisco i sentimenti contraddittori nei confronti di tuo padre, perché li ho vissuti anch’io: gli ultimi anni sono stati molto tesi, per me e mamma, non ci capivamo più e non capivo quale abisso potesse contenere anche un’anima semplice come quella di mio padre. La sua improvvisa scomparsa, precipitato in un burrone in uno dei boschi che tanto amava, ci ha distrutte e fatto mettere da parte (almeno per quanto mi riguarda) le sofferenze del passato, anche perché qualcosa sembrava cambiare, in meglio, da qualche mese…ho voluto nella sua tomba un’aioletta, come la chiamano quelli del mestiere, un rettangolo che ho adattato a mini giardino roccioso, pensando che a lui, botanico istintivo, sarebbe piaciuta. Molte piante sono cambiate, perché il caldo e il secco sono terribili, ma ora c’è un certo equilibrio fra le sopravvissute. Purtroppo non vado a vederle da mesi, tutto l’inverno, e anch’io non so cosa troverò.
Tuo padre deve essere stato comunque un tipo speciale (in chiesa con l’Internazionale!?), mentre le tensioni familiari non sono spesso comprese da chi è “fuori”; qualcosa da salvare l’hai di sicuro…oltre alle piante seminate allo sbaraglio.
mah, non so, Paola. Con mio padre non sono mai andata d’accordo. E ora mi tocca portarne la bandiera politica, e questo me lo rende ancora più difficile da sopportare. Ma è morto, morto, morto. La morte arriva e non ci puoi fare niente. Da noi si dice “li morti cu li morti”. Insomma, i contrasti non sono più verso di lui, ma verso chi ne vorrebbe modificare la connotazione politica. E’ un bel casino.
Dico la mia? Allora i miei sono morti 30 anni fa in 15 giorni, per caso e di malattia vecchiaia. Sulla tomba di mio padre non ci sono mai stata, neanche al funerale. Su quella di mia madre una volta, circa 15 anni fa, quando è morta anche mia zia. E non me ne frega niente di portare loro fiorellini e neppure di lustrare ottoni funebri. Il mio rapporto con loro è stato controverso, ma al momento della morte pacificato e in fin affettuoso. Sono morti e basta e nessuna tomba mi attira, tanto che per me ho disposto che non ci sia. Fuoco, vento, terra e le mie amate felci, che credo amino le ceneri. Avrò un giardino planetario e nessuno dovrà curarlo.
Forse sei figlia unica, Luci? No, perchè qui ti massacrano e ti bruciano in effige se non vai ai funerali degli amici, figurati se non ti presenti al tuo.
invece a me i cimiteri mi piacciono, ci sono sempre fioriture interessanti e delle espressioni di cattivo gusto da far tremare le vene ai polsi. La cappellatta di mio padre è mezza sdarrupata, e mi interessa come architettura e per la possibilità di guerrigliarla.
ma l’hanno preso poi in chiesa con l’Internazionale???
Per mio padre, che a 90 anni è ancora un giovanotto, si è sempre parlato di un bel funerale romagnolo, di quelli che si facevano per i comunisti vecchio stampo, cioè con le bandiere rosse, l’Internazionale e inni del genere; se ci satranno ancora abbastanza compagni in grado di reggere le bandiere….
La mamma invece se ne è andata 2 mesi e mezzo fa, e io sono in un buco nero.
Ma al cimitero non ci vado, i parenti dicano quel che vogliono.
Però si parla troppo poco della morte, ma perchè poi?
Non so che dire…davanti alla scomparsa della mamma si rimane sempre senza parole. Non ho sofferto molto quando è morto mio padre, forse per il logorio dovuto alla sua lunga e penosa malattia, ma non riesco neanche a pensare di stare senza mamma. Ross, mi dispiace, mi dispiace tanto. Se hai voglia di scrivere, fallo pure, ma penso che a soli due mesi dalla scomparsa della mamma non vorrai riportare la mente a quell’evento.
Sì, si parla poco della morte, perchè è la nostra cultura occidentale cattolica o cristiana che ce la rende più dolorosa di quanto non sia. La morte con i peccati addosso implica l’immediato trasferimento in luoghi oltretombani poco piacevoli. La morte impaurisce non solo per quello che lasci, ma anche per quello che potresti trovare.
Per quanto riguarda mio papà quando eravamo agli sgoccioli gli chiesi come volesse il funerale, la bara, il manifesto, ecc. Lui disse che voleva essere sepolto come un sidernese, pur non essendo un credente dichiarato, ma di quell’amalgama del credente per paura e per condizionamento sociale, e anche per un senso di innata bontà. Io dissi che far suonare l’Internazionale sarebbe stato di cattivo gusto, e ripiegammo sull’inno borbonico (i Borbone erano dei gran baciapile). Tra l’altro ne sorse una contesa mediatica che mi portò ad arrabbiarmi notevolmente con l’onorevole Catanzariti.
Molte delle sue volontà furono purtroppo disattese dalla famosa ramaglia della mia parentela, che essendo giorno e notte in chiesa, si è preoccupata di organizzare il funerale di mio padre come se fosse un matrimonio, sguazzando nel dolore mio e della mia famiglia.
Insomma, questo fatto dell’Internazionale è stato un po’ ossessivo. Però l’inno è molto maestoso e io la sento con piacere. Anche perchè sono marxista-leninista.
il guaio è che per chi non vuole e non può trovare conforto nella fede, il dolore e la morte sono eventi privati, non ci sono riti consolatori, non c’è la speranza di rivedersi un giorno, ma solo il vuoto e l’ignoto, il “mai più”.
E il cimitero non significa nulla, e i fiori li compro per mio padre, che, ateo e anticlericale, va a cercare sulla sua tomba un’illusione di vicinanza.
Poi adesso arriva l’estate, il giardino è così vivo e anche i campi di grano e papaveri, come se lei ci fosse ancora.
Parlare della morte è diventato una cosa maleducata, quasi oscena ed effettivamente mi imbarazza un po’ aver accennato in pubblico ad una vicenda così personale, ma il dolore (come un tempo l’amore) è un tema che mi coinvolge molto
Beh scusate, la morte, l’amore sono sentimenti estremamente intimi. E tutto ciò che è intimo fatichiamo a mostrarlo, però quando troviamo il modo di farlo ne siamo profondamente felici. Secondo me i vostri cari non sono altro che dentro di voi. Più che nel ricordo, che lentamente si spegne, sono nel vostro carattere, nel vostro modo di essere, e poi ancora in quelli che verranno. Guardatevi voi e vedrete le vostre mamme e i vostri papà. Cosa c’è di più bello?
oddio, guardarmi allo specchio e vederci i miei genitori mi fa venire voglia di cianuro…
Credo che la morte dei genitori anziani sia naturale, come la nascita dei figli. E’ uno strappo doloroso, ma perchè non se ne può parlare? Bisogna parlarne
Io non faccio fatica a parlarne, anzi, a volte sono logorroica su quest’argomento e mi devono incerottare la bocca. Scasso le balle a tutti con quest’argomento. Io ho due tic: la morte e la cacca.
No, non son unica, siamo in tre sorelle, ma penso che loro se ne freghino, anche se ci vogliamo bene e anche se loro sono molto di chiesa e molto siore borghesi. Io sono la pecora nera della famiglia. Abitiamo lontane e ci vediamo poco. Nell’ambiente che frequento i funerali non vanno moltissimo, in genere li provocano i parenti dispettosi. Siamo quasi tutti atei, ma ilTempietto Egizio per il commiato laico, non ci piace e allora, se si riesce, glissiamo. Quando qualcuno di noi tira le cuoia ci vediamo accanto alla bara e poi finisce sempre che ci scappa da ridere, perchè ci vengono in mente dei momenti comuni divertenti. Successe anche con mia madre all’ospedale e l’infermiera ci sgridò tanto. Questo non vuol dire che io non soffra della mancanza, anzi, ma per lo meno ci si scrolla di dosso quel paludamento funereo e punitivo. Mi piace l’idea di ritornare alla terra e magari di fornire nutrimento a una pianta. Così non è morte
Sono le stesse sensazioni che provo io, ma temo che se mi mettessi a ridere (magari piangendo) davanti ad una bara, ci finirei presto dentro.
sai che mi hai fatto pensare ad un racconto di Isaac Asimov, “I fondatori”? La vicenda è semplice: quattro astronauti approdano per errore su un pianeta disabitato e brullo, nulla vi cresceva e non c’era verso di far germogliare le semenze che avevano con loro. Morirono ad uno ad uno.Dopo la morte dell’ultimo , la decomposizione del suo corpo, aggiunta a quella degli altri tre, fu la scintilla vitale per il terreno in cui giacevano, nel quale nacquero i semi piantati tempo addietro. Quel pianeta divenne rigoglioso e verde. Magari è una metaforetta un po’ scontata e religioseggiante, ma il racconto era molto bello e pieno di dramma.
Ricordo il funerale di Roberto, morto in un incidente d’auto, lui che come me e molti di noi non aveva la patente. Era il collante di tutta la compagnia, quello che mi fece conoscere mio marito, quello che ospitava tutti, anche gli sconosciuti, quello… Vabbè, sua sorella volle il funerale in chiesa, niente meno che nella basilica di San Paolo. C’era un sacco di gente, ma a un certo punto ci accorgemmo che seduti ai banchi erano rimasti solo i parenti stretti, gli altri, noi ed eravamo proprio tanti, eravamo tutti in giro tra le navate dell’enorme basilica, tutti presi da un fou rire, che continuò poi al cimitero (la sorella gli negò la cremazione). Alla sera eravamo tutti disfatti dalle lacrime del riso.
Ogni gruppo ha il suo rito pagano.
Ti ho spedito un raccontino che scrissi l’anno scorso sulla primavera al Verano. E’ molto poco funereo.
Ross, ricorda la tua mamma sorridendo di lei.
Lucilla, il dolore che in certi momenti mi aggredisce è così smodato che a volte mi sembra anormale, indecente, inaccettabile.
Eppure abbiamo anche litigato tanto, eravamo troppo diverse e su tante cose proprio non ci capivamo. Ma la gioia profonda e contenuta con cui mi accoglieva sempre, la delicatezza delle premure che aveva per me e per tutti noi, l’intensità del suo amore, la sobrietà dei gesti, me la fanno desiderare così dolorosamente che proprio non mi riesce di sorridere, il sorriso si addice ai sentimenti tiepidi.
Tuttavia so bene che la natura ha previsto questo, so che deve succedere così, ma mi chiedo come facciano gli altri a superare il dolore o a conviverci, nessuno ci insegna a farlo.
Io ho un marito, un padre e un figlio che amo moltissimo, degli amici e perfino un giardino pure lui amatissimo, ma sembra che certi giorni non basti.
Tutti dicono che il tempo ammorbidirà il dolore, e io spero sia così; per adesso ho il terrore di dimenticare il suo viso, la sua voce, i suoi racconti
No, il sorriso non si addice ai sentimenti tiepidi. Si addice a una grande tenerezza, all’accettazione della mancanza, ma soprattutto all’accettazione dell’esistenza e della diversità dell’altro. Il rapporto tra madre e figlia è spesso terribile, complicato, facilmente ci si scambiano i ruoli, dio mio quante volte mi sono ritrovata uguale a lei, la mia fragile carceriera! La nostra vita insieme è stata un inferno da quando sono nata dopo la morte di mio fratello. Capitata lì in piena tragedia. Faccio fatica a raccontare, confondo la mia carognagine con la sua. Lei ha fatto a me quello che hanno fatto a lei. Io ho fatto a mia figlia il contrario di quello che mi è stato fatto, ho girato i termini ed è andata meglio, spero. Poi due anni prima della sua morte, inferma e affidata a me, la nemica, il vento è girato. Abbiamo incominciato a parlare e non ci siamo più fermate, è arrivata come una grande onda la tenerezza e di quella sono ancora tutta bagnata. E anche dal rimpianto… e la penso sorridendo. Sempre.
Ora capisco. La tua storia è ben diversa dalla mia: tu il dolore l’hai sperimentato presto, nei primi anni della vita; per me invece è arrivato ora all’improvviso, ferocissimo.
Ma è molto democratico, ce n’è un po’ per tutti, presto o tardi.
Altro funerale divertente. Così i maschietti si toccheranno meglio le palle e le femminuccie, per una volta, cercheranno quelle del loro caro congiunto.
Dunque, anni fa, schioppò di un botto un mio carissimo amico, raffinatissimo poeta, la qintessenza dell’ironia e della leggerezza. Funerale nel Duomo di Reggio Emilia (a volte è la via più semplice), un sacco di gente tristissimamente e cupamente addolorata. Sepoltura in un piccolo e poetico cimitero sulle colline. Carro funebre avanti e una cinquantina di macchine dietro. Alle prime salite, Corrado incominciò la sua vendetta. Improvvisamente incominciò a nevicare copiosamente e mentre il carro procedeva spedito verso la triste meta, una alla volta le macchine, ma proprio tutte, cominciarono a scivolare nel fosso o a danzare in un testa coda frenetico. Dopo un’ora tutte riuscirono ad arrancare alla meta sane e salve. Il carro aspettava sul cancello piantonato dal cassamortaio incazzato nero. Gli addolorati partecipanti posteggiarono, scesero lentamente dalle macchine e, vedendo la faccia di quello, scoppiarono insieme in una risata colossale e incominciarono la più epica e spettacolare battaglia a colpi di palle di neve.
Geniale Corrado Costa.
Adesso ti permettiamo di parlare anche di cacca. Freud, aiuto!
Oggi mi tocca un matrimonio. Che due palle! Mortisia
ieri è stato l’ anniversario di morte del mio papà, non avevo un bel rapporto con lui, non ho posto al cimitero per poter seminare, ma ieri le ho portato una carancola, l’ unica che sopporta il pieno sole e resiste anche senza essere innaffiata sovente
complimenti per la pazienza, soprattutto nell’ ascolto
ma non ci saranno residenti al cimitero di un’ altra fede politica?
e se qualcuno suonasse “meno male che silvio c’è”?
oddio……non si può neanche più dire meglio morire
Ciao Lia, mi dispiace per tuo padre. Cos’è la carancola? Confesso di non aver mai sentito questo termine. Ultimamente vado molto meno al cimitero, scoraggiata dal caldo asfissiante. Mando l’Internazionale quando non c’è nessuno nei paraggi, e comunque la cappelletta dove sta mio padre è molto fuori mano e un po’ diroccata. Io sono agnostica, quindi non credo che la musica possa rallegrare o dar fastidio a nessuno, se non ai vivi. E’ un gesto che si fa per noi stessi, una funzione magico-religiosa attraverso cui si proietta un’azione sulla realtà tramite un medium semiotico, in questo caso una musica. ma questo può far star meglio noi, non cerco chi è sepolto.
Lunedì, ai funerali di Renato Nicolini al Campidoglio è passato di tutto, da Bandiera rossa, a Lugano Bella, a l’Internazionale, a Contessa… Tutti tutti cantavano e Alemanno si sarà messo i tappi alle orecchie.
Dopo il Campidoglio funerale in Chiesa, voluto dalla sua moglie n°3. E’stato stupendo il prete con la sua omelia:”…Renato è uno che ha amato il popolo, ha fatto tutto per il popolo (semplifico) e questo suo amore per il popolo e i poveri l’ha ereditato da sua madre, che era una dama di San Vincenzo.” Sarà vero, perchè Renato è stato un architetto che ha odiato i mattoni e il cemento. In tutta la sua vita ha costruito solo una volta ed era una casa … popolare!