Oggi è martedì 15, sera inoltrata.
Oggi mi hanno fatto ricordare di un personaggio che ha reso la mia infanzia più movimentata di quanto molti potrebbero pensare.
Da piccoletta guardavo sempre il wrestling in tv. All’epoca lo chiamavamo “catch” e i lottatori erano giapponesi. C’erano Tiger Mask, Antonio Inoki, Tastumi Fujinami.
Era tutt’altra cosa rispetto al wrestling americano fatto di schiaffoni, muscoli lubrificati, omaccioni pettinati con la coda di Barbie e calzemaglie colorate.
Era uno sport serio.
Lo vedevamo con il commentissimo di Tony Fusaro.
Era davvero un pezzo che non ripensavo a Mimi Hagiwara, soprannominata proprio da Fusaro “la Farfallina Bianca” poichè vestiva sempre un semplice body bianco, senza nessuna decorazione. Mimi Hagiwara era un po’ la Chris Evert del catch, era bella, aveva i capelli lunghi e li lasciava liberi. Era un vantaggio per le altre lottatrici, ma lei correva il rischio perchè saliva sul ring e combatteva non solo con lo spirito del lottatore, ma anche con quel senso dell’estetica del combattimento che solo i giapponesi possiedono.
Di lei si diceva “appena alza una gamba l’avversaria è già a terra” . Era delicata e fortissima, agile e tenace.
Grazie Mimi, grazie per le tue gambe, i tuoi capelli, il tuo body bianco, e anche per aver lanciato qualche arbitro fuori dal ring.
Cavoli credevo di essere rimasta l’unica nostalgica degli incontri di catch commentato da Tony fusaro, che era davvero un grande. A me piaceva molto anche il catch femminile nel fango, era cattivissimo, disperato e asuo modo elegante. Aveva ragione barthes quando scriveva che il catch non è uno sport ma teatro
Il catch uno sport? Non lo sapevo. Mai guardato quella roba.
Sport…diciamo che era una sorta di spettacolo teatrale. Ma io parlo di quello femminile, giapponese, anni ’70. Mica di quegli omoni muscolosi e untuosi con le calzemaglie nere con su dipinti i teschi.
Ok, ma Tiger Mask? Ne vogliamo parlare?
Mi sono dimenticato di dire che e’ stata la foto di questa lottatrice di catch, cosi’ incongruamente circondata di criceti, a farmi arrivare al tuo blog. 😀 😀
Ovviamente, seguivo da bimbo il catch giapponese, sia maschile che femminile, che a quei tempi annoverava campioni come qelli che hai citato, ma anche future star del catch come Andre’ the Giant, Hulk Hogan, Stan Hansen, I fratelli Samoa, quello psicopatico di Tiger Jetsing. Ai tempi pare insomma che lavorassero tutti in giappone 😀 😀
Manca all elenco la mitologica Jeki Sato, il mio idolo del catch femminile 😉
Secondo me, il catch e’ stato per l’america quello che il baseball e’ stato per il giappone: uno scambio culturale profondo.
E Dio benedica l’assenza di pelosi filtri di censura salva-bimbi dell’epoca. Non sarei lo stesso di oggi senza Inoki e Tiger Mask, i miei eroi.
Jeky sato era tra le mie preferite. Purtroppo aveva un look un po’ alla Lorana Bertè che non mi piaceva
Mizzica ragazzi, sia lodato youtube. HO ritrovato una sacco di materiale. Mi ero dimenticato di Monster Ripper (io la chiamavo Monster Lippa LOL), faceva parte dei miei incubi di bambino 😀 😀
Che nostalgia gente 😉 E che botte. Il Wrestling se le sogna robe del genere. magari e’ piu’ coreografato, pero’ e’ sicuramente molto meno reale/realistico.