Mi sento un vecchio vagone con le ruote arrugginite e i semiassi spaccati. La cabina di legno mezzo distrutta, i sedili bruciati o divelti, il tetto scoperchiato: una tenda sbrindellata sbatte contro un finestrino rotto. Portavo qualche insegna, qualche scritta, ma il tempo l’ha sbiadita.
Sono fermo da decenni, sciacciato contro un new jersey che segna un binario morto.
Se guardo a sinistra c’è una vecchia galleria, quella per la quale ero stato costruito, prima che la ferrovia fosse deviata più a nord.
A destra vedo il deserto sconfinato, con qualche albero moribondo, sparpagliato nella terra rossa, le dune sabbiose, corrugate dall’azione del vento, monti in lontanaza che al tramonto prendeno riflessi violastri.
I miei giorni e le mie notti sono sempre identiche, aride, ventose, polverose, che se non fossi fermo, mi fermerei per sempre.
La notte guardo in su, e vedo miliardi di stelle. Miliardi. Che mi chiamano. Ma tanto, non posso andare.
Poi ricomincia il giorno.
Ora, vi chiedo, cosa volete da me, cosa volete che vi dica, cosa volete che vi riveli che già non sapete per conto vostro?
Perchè venite qui? Cosa ci trovate qui?
Qui c’è solo un vagone bloccato che sogna di essere un’astronave.
Eppure sei meglio di me.
Io vengo qui per trovare una pecora nera, una voce fuori dal coro, che dica le cose che nessuno sa dire (spesso, purtroppo, più per ignoranza che per mancanza di coraggio) e che le dica anche con stile.
Poi vengo qui per trovare un’eco ai miei stessi pensieri e alle mie stesse opinioni, per sentirmi meno sola.
Poi voglio che tu dica quello che pensi, con garbo e senza violenza verbale, come del resto fai d’abitudine, e voglio sapere il tuo punto di vista per capire meglio il mio ed eventualmente per cambiarlo.
Se sogni di essere un’astronave ma sei solo un vagone scassato, prova a valutare se non esista una via alternativa che ti permetta di “de-vagonarti” e ti avvicini un po’ alle stelle a cui aneli: l’unico rischio che corri è di trovarla. Nessuno potrà dirti se esiste e qual è questa via alternativa, dovrai essere tu a capirlo. Ti conviene fare così visto che non mi pare vi sia altra scelta, ma nulla di personale eh, questo discorso vale per tutti. Non è un accontentarsi ma un “vedere, in mezzo all’inferno, quello che inferno non è, e farlo durare, e dargli spazio” (citazione da Italo Calvino, “Le città invisibili”).
Scrivi benissino. Che l’infelicità sia il prezzo da pagare? E’ stato così per molti artisti
A me piacciono le tue considerazioni originali, mi fai riflettere e mi strappi un sorriso.
…eppur si muove! ;D
E in Piemonte c’è anche un vagone con le ruote arrugginite che ha rinunciato persino ad essere un vagone.
magoni a vagoni