Agli amanti di Pasolini – #Pasolini40

Non ho mai avuto simpatia per Pasolini. Personale, forse; intellettuale mai.
Una volta mi dissero che Walter Benjamin era un “imbucato” della filosofia. Ebbene, per me Pasolini è un “imbucato” della vita culturale italiana.
In occasione del quarantennale della morte sono stati lanciati hashtag e vari osanna, critiche agli osanna, ma adesso che tutto sembra essere sfumato nell’oblio postmodernista, vorrei lasciare agli amanti di Pasolini un aneddoto che forse li divertirà.

Per un certo periodo mio padre frequentò intensamente Leonida Repaci, il quale voleva impalmarlo con la figlia o la nipote, ora non ricordo.
Perciò papà si trovava spesso a Viareggio, nell’establishment del Premio che Repaci dirigeva.
Gli capitò di incontrare, tra gli altri, pure Pasolini.
Se non ho capito male, questo benedetto Pasolini non aveva la patente, non sapeva guidare o comunque non gli piaceva.
Però gli piaceva fare dei giri in macchina. Giri di ore e ore tra le campagne.
Allora chiedeva a mio padre di accompagnarlo perché si fidava della sua guida. Papà in effetti è sempre stato un ottimo guidatore, era prudente e aveva i riflessi pronti, inoltre non mancava di iniziativa e di coraggio in situazioni delicate.
Pasolini se lo adottò come autista, insomma.
E mio padre si faceva due palle così a portare ‘sto Pasolini a spasso perché hai voglia dargli parola, non c’era verso di farlo parlare. Stava zitto per tutto il tempo o al massimo si esprimeva con un vocalizzo gutturale o un “mh”. Ore e ore senza dire una parola.
Mio padre, che invece è sempre stato dotato di un certo spirito goliardico, voleva chiacchierare, e sulle prime tentò di spingerlo alla conversazione. Poi si arrese.
Pasolini invece deve essersi divertito parecchio, perché non chiedeva altro che andare in giro in auto con papà, il quale ovviamente non poteva declinare. Credo che per papà furono giornate d’inferno.

E niente. È tutta qua.

Mezzogiornexit: il salto quantico verso la morte del Sud

Ecco, ora la parola c’è: Mezzogiornexit.
È anche brutta, suona male, si scrive con difficoltà. Ma senza questa parola l’Italia non poteva ancora annientarci. Ora che c’è, state tranquilli, è solo una questione di tempo.
Possiamo fare armi e bagagli, signori: il Sud è finito e non c’è più niente che si possa fare.

L’invenzione di questa stupida e cacofonica parola ha scatenato le potenze della Fisica Quantistica e della Storia: non c’è più possibilità che l’elettrone che ci teneva vivi, incollati con lo sputo, come il gatto nella scatola di Schrödinger, si sposti da dove è stato collocato. La trappola si è azionata, il veleno è fuoriuscito dall’ampolla, il gatto è morto.
Non siamo sul punto di cadere, siamo già caduti. La terra ci manca sotto i piedi, l’attimo in cui potevamo ancora aggrapparci ad una radice sporgente dal dirupo, è trascorso, inghiottito dalla freccia unidirezionale del Tempo. Ora la velocità aumenterà con una accelerazione uniforme fino a portarci al momento più buio della nostra storia: qualcosa che oggi solo i più pessimisti tra gli autori di distopie riescono a immaginare.

Ciò che è sempre mancato agli studiosi di storia è la capacità di ipotizzare un futuro. Non è un luogo comune che gli storici siano dotti e noiosi, categorici e tanto tetragoni quanto un bieco professore di algebra. La lettura di fantascienza dovrebbe essere obbligatoria dei corsi universitari di Storia e in particolare somministrata come terapia d’urto ai membri della Deputazione di Storia Patria, in cannula giugulare aperta.

Se Marx, Gramsci e Zitara avessero letto fantascienza, forse oggi una speranza ci sarebbe.
Ma non è stato così e i giochi sono fatti. Il rapporto Svimez non è una terribile sirena d’allarme che segnala un pericolo imminente: è una marcia funebre ad un cadavere in stato di putrefazione.
Il Sud è morto nel 1861, e solo dopo 150 e più anni, qualcuno ha deciso di cantarci la messa.
Berlusconi, la Lega, il federalismo fiscale, D’Alema, l’euro, sono stati solo metastasi di un cancro incurabile.
Saviano contro Renzi, Flora Sculco su Saviano contro Renzi, Falasca dalle pagine di Italia Oggi, Neoborbonici incazzati, Duosiciliani agguerriti, Separatisti in fermento.

Sono tutte balle.

Chiudete tutto, preparatevi i bunker, fate scorta di farmaci, antibiotici, acqua demineralizzata e di scatolette a lunga scadenza. Fate fuggire i vostri figli, metteteli in salvo, non insegnategli il dialetto, non fategli amare questa terra. Cantategli l’inno di Mameli per farli addormentare, insegnategli il tedesco in culla, inculcategli l’anglofilia e fategli lezioni di legalità.
Nient’altro che seguire il vento potrà salvare qualcuno di noi, quelli più fortunati, che hanno spirito e giovinezza per andarsi a cercare una salvezza altrove.

Qui morirà tutto. E non ci vuole H.G. Wells per un facile pronostico.

Il coraggio di una rivoluzione non l’abbiamo, è inutile che stiamo a raccontarci frottole, nessuno metterà i sacchi di sabbia sulla Salerno-Reggio Calabria per fermare il camioncino Galbani.

Renzi è un fascista, Saviano un mediocre, Sculco una burocrate, Falasca un giornalista prezzolato.

Volete una ricetta per la salvezza? Il protocollo di salvataggio del Mezzogiorno dal default? Be’, non c’è.
Chi dice il contrario lo fa per convenienza.

…sopra il monte dove andremo, dove andremo, pianteremo la bandiera meridionale…

Per te, papà

In piedi, dannati della terra,
In piedi, forzati della fame!
La ragione tuona nel suo cratere,
È l’eruzione finale.
Del passato facciam tabula rasa,
Folle, schiavi, in piedi! In piedi!
Il mondo sta cambiando base,
Non siamo niente, saremo tutto!

È la lotta finale, Uniamoci, e domani (bis)
L’Internazionale Sarà il genere umano.

Non ci son supremi salvatori,
Né Dio, né Cesare, né tribuno,
Produttori, salviamoci noi stessi,
Decretiamo la salute comune.
Affinché il ladro renda il maltolto
E respiri l’aria della galera
Soffiamo nella forgia, noi stessi
Battiamo il ferro quando è caldo!

È la lotta finale, Uniamoci, e domani (bis)
L’Internazionale Sarà il genere umano.

Lo stato opprime e la legge imbroglia,
Le tasse dissanguano lo sventurato;
Nessun dovere è imposto al ricco,
Il diritto per i poveri è una parola vuota.
Basta languir nella tutela!
L’uguaglianza chiede altre leggi,
Niente diritti senza doveri, dice,
Uguali, nessun dovere senza diritti!

È la lotta finale, Uniamoci, e domani (bis)
L’Internazionale Sarà il genere umano.

Orrendi nella loro apoteosi
I re della miniera e della ferrovia
Mai hanno fatto altra cosa
Che derubare il lavoro.
Nelle casseforti della banda
È stato fuso quel che s’è creato
Decretando che gli si renda
Il popolo non vuole che il dovuto.

È la lotta finale, Uniamoci, e domani (bis)
L’Internazionale Sarà il genere umano.

I re ci hanno ubriacato di fumo!
Pace tra noi, guerra ai tiranni!
Applichiamo lo sciopero alle armate,
Cannone puntato in aria e rompiamo i ranghi!
Se si ostinano, questi cannibali
A far di noi degli eroi
Sapranno presto che le nostre pallottole
Son per i nostri generali!

È la lotta finale, Uniamoci, e domani (bis)
L’Internazionale Sarà il genere umano.

Operai contadini, noi siamo
Il gran partito dei lavoratori,
La terra non appartiene che agli uomini,
Il fannullone sloggerà!
Quanto si nutrono della nostra carne,
Ma se i corvi e gli avvoltoi
Un mattino scompariranno
Il sole brillerà per sempre!

È la lotta finale, Uniamoci, e domani (bis)
L’Internazionale Sarà il genere umano