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38 pensieri riguardo “Arredare Country volume I, “Progetto Country””
ne avevo comperato qualche numero anni fa, poi l’ho smembrata a rate,alla fine ho tenuto le ricette dei liquori della nonna e le ho perse.
Ma esiste ancora?
Secondo me i “leggiadri bagni country” possono provocare danni irreparabili a livello gastroenterologico (anche il “bagno bazar” ce lo vedrei bene in qualche filmastro di Dario Argento). Più in generale tutto questo lezioso e inquietante bric-à-brac per paraplegici non può che diventare rifugio e ricettacolo di ragni, blatte e scolopendre, con buona pace della raccolta delle insopportabili riviste di Franco Maria Ricci, di buona parte del catalogo pastello Adelphi e del potenzialmente infinito ciarpame midcult.
secondo me è tutto tranne che per chi ha problemi deambulatori. Comunque, chiusa parentesi, a patto di vivere davvero in campagna, ci si può inspirare su qualche dettaglio oppure decidere serenamente che non fa per noi.
ma anche no, a dio piacendo,che almeno questa piccola libertà ci sia ancora concessa.
Abito buona parte dell’anno in una casa di e in piena campagna,campagna molto italiana,non ha nulla di inglese nemmeno per errore,ospito di buon grado intere famiglie di ragni,qualche scolopendra,questa estate persino due spaventatissimi topini,le formiche sono random, dipende dall’umidità…Il mio arredamento è molto semplice senza essere banale, debbo fare i conti anche con la quasi assenza di domestici e con la presenza di un certo numero di cani e gatti La sovrabbondanza di tessili e oggettini del tutto inutili come viene presentata in queste foto mi rimanda automaticamente a un concetto di “country” assolutamente borghese,poverissimo di storia,in altre parole, crudamente, da ricchi da pochissimi istantiLidia come li chiamava Proust?Detto ciò amo il cretonne ma che sia almeno un Sanderson con qualche decennio sul groppone,amo le stampe botaniche e i vecchi tavoli consunti,le tazze spaiate e le brocche craquelé si ma di vecchiaia.
Mi vien voglia di analizzare ogni foto per distruggerne i contenuti truffaldini e fasulli che spacciano. punto
@ milli: parlavo di arredamento per paraplegici nel senso che bisogna giusto essere impossibilitati a muoversi per riuscire a (soprav)vivere in mezzo a imbalsamamenti vari in equilibrio precario e a forme totalmente avulse da funzioni. Molto meglio il masscult dei mobili Ikea.Voglio dire che il kitsch va benissimo se è una citazione, una strizzata d’occhio complice e critica, altrimenti diventa, come dice Adorno, parodia. Se ne era accorto già Gozzano un bel po’ di anni fa:
“Loreto impagliato e il busto d’Alfieri, di Napoleone,
i fiori in cornice (le buone cose di pessimo gusto!)
il caminetto un po’ tetro, le scatole senza confetti,
i frutti di marmo protetti dalle campane di vetro,
un qualche raro balocco, gli scrigni fatti di valve,
gli oggetti con mònito, salve, ricordo, le noci di cocco,
Venezia ritratta a musaici, gli acquerelli un po’ scialbi,
le stampe, i cofani, gli albi dipinti d’anemoni arcaici,
le tele di Massimo d’Azeglio, le miniature,
i dagherrotipi: figure sognanti in perplessità,
il gran lampadario vetusto che pende a mezzo il salone
e immilla nel quarzo le buone cose di pessimo gusto,
il cucù delle ore che canta, le sedie parate a damasco
chermisi…rinasco, rinasco nel mille ottocento cinquanta!”
(“L’amica di Nonna Speranza”, I)
scusami Tullix, ma stiama dicendo le stesse cose solo con spirito diverso. Ecco, in questo senso mi sento solo più pragmatica e disimpegnata.
Essendo in campagna pure io ( ma qui di domestici neppure l’ombra)potrei ispirarmi solo per i dettagli che mi interessano e il resto..amen.
Comunque sono decisamente d’accordo che è meglio un ambiente decisamente più sobrio, così da potersi dedicare ad attività più piacevoli che non spolverare.
@fizzi: io preferirei, a dio (o a chiunque altro) piacendo, che fosse concessa ad altri la libertà di amare il country, e di poterlo dire senza la costante angoscia del giudizio e del pregiudizio. Vale per il country porché di country si parla adesso, ma è un discorso facilmente generalizzabile. Ovunque siano coscienza e consapevolezza, e qualità e verità, tutto credo possa essere lecito.
Aggiungo che ridurre la visione delle cose al proprio ristretto campo personale, è abbastanza limitante, in qualsiasi occasione. Personalmente non vorrei mai una casa country, ma ne ho viste e vissute alcune di bellissime, e del tutto prive dei molti difetti di cui state facendo cenno. Bellissime soprattutto nel perfetto connubio con l’anima di chi le aveva create e vissute.
@Tullix: Il Kitsch? E dove sarebbe il kitsch? Non lo vedo nemmeno tra i tag di questo post, c’è motivo di ritenere che sia per una qualche ragione. Mi piacerebbe sapere cosa pensa Lidia in proposito.
Cosa ne penso io? Guardate, non ci credereste. Penso che un blog è come una scatola di praline, non sai mai quello che ti capita. Quando mi spacco il cucù per scrivere polpettoni di quelli “consultabili” per fare audience e per garantirmi una minima visibilità sul web, al massimo mi capitano due commenti.
Se invece butto lì una cazzata vengon giù decine di risposte( vedi “la povertà è un privilegio?”).
Sapete che volevo fare io con questa pagina? Essere trovata più facilmente da google con la chiave “arredare country de agostini”, che è una delle voci di ricerca più frequenti del mio sito, insieme a “giardini rocciosi”, “alberature di città” “unghie decorate” e “paesaggi romantici”.
In questo senso avrei dovuto aggiungere il tag “pasta e fagioli”, che è quello che uso per contrassegnare i post che metto solo per fare un po’ di audience.
Detto questo, le obiezioni di Tullix mi hanno fatto morire dal ridere e anche le altre mi hanno divertita, perchè leggere un’opinione diversa dalla mia, così simpaticamente e sinceramente esposta, è per me LA PIU’ GRANDE FORMA DI GODIMENTO (checchè qualche idiota ne pensi).
Riguardo allo stile country non credo sia un mistero per nessuno che a me piaccia molto. Davvero voi trovate queste foto Kitsch? Io non credo, certamente non secondo i suoi stilemi tradizionali, assolutamente, del tutto e in qualsiasi maniera, no, non è kitsch. Se c’è un’indulgenza al decorativismo, che è un elemento costituente dell’arredamento kitsch, c’è anche una grande attenzione alla qualità dei materiali, alla loro utilità, alla durevolezza (quindi alla necessità di resistere a topi, ragni, blatte e ragnatele). Alcuni ambienti sono poi addirittura minimali, arricchiti solo dal colore o da decorazioni strategicamente disposte.
Nulla a che vedere quindi con lo Shabby Chic, sul quale non ne conosco abbastanza per poter dare un’opinione ma che per quello che ne so è proprio tutta un’altra cosa, e a me sembra adatto per essere un set di film di vampiri (il che non vuole essere un insulto), ma che se non fatto davvero molto ma molto bene, può diventare un vero e proprio nido del Kitsch moderno, come ebbi a dire una volta a Imola.
Nella raccolta “arredare Country” della De Agostini personalmente non vedo che qualche sporadico scivolone nell’iperomantico o -se vogliamo- al kitsch vero e proprio. Tuttavia ho scelto le immagini che preferivo e non mi pare che in nessuna di esse vi sia del Kitsch, inteso nel senso MODERNO, cioè come processo di impoverimento dell’arte, men che meno come Kitsch storicizzato, cioè il kitsch degli anni ’80 per intenderci.
Anzi, ho imparato da questa raccolta molte cose che mi sono state utili nella mia vita di giornalista e di giardiniera, nonchè di illustratrice.
la ritengo un’opera di gran valore e di scelte molto oculate. Su quest’opera ho sognato tantissimo e ho imparato a scrivere buoni testi e buone didascalie, come Trem potrebbe confermarvi. Ciò è senza dubbio una testimonianza della sua ottima qualità.
la cosa che invece mi incuriosisce di più è il perchè e il percome vi siate -per così dire- scagliati tutti contro, quando i giardini “ipertrofici” (come li chiama Violis e iperdecorati vi mandano in brodo di giuggiole. Credetemi, è sincera curiosità e non un’accusa. Certi giardini “country” su cdg riscuotono successi inarrivabili, mentre l’arredamento dello stesso tipo è stata subito bollato come kitsch. Vi invito a rifletterci. la stessa bordura mista o piantagione mista di matrice British, che ne è in qualche modo un prodotto (ricordiamoci che lo stile vittoriano e il movimento arst&crafts ebbero influenza sia fuori che dentro le case inglesi)viene accolta ed acclamata quale suprema manifestazione giardinicola, pur avendo tutti i tic, la polvere e i ragni dello stile country (e non arrabbiarti Maurizio, dato che sappiamo che tu stai proprio cercando di togliere un po’ di polvere a questo vecchio totem).
per finire il country non ha niente a che vedere con Loreto Impagliato (…sembra il nome di una vittima della mafia) e il crepuscolarismo. E’ uno stile decisamente più moderno e confortevole, attagliato alla persona e non a certi “borghesismi” della società. E’ anzi molto anticonformista. Direi che è lo stile “confortevole e funzionale” per eccellenza.
Vi inviterei, dato che nelle foto ho lasciato deliberatamente visibili le didascalie e parti dei pezzi, a leggere qualcosa. Forse potreste modificare le vostre idee. Non che voglia costringervi, lo dico per voi, se vi fa piacere.
Lidia, potrei controfirmare ognuna delle parole che hai scritto, ero assolutamente certo che avresti saputo esprimere quello che avrei voluto, ben meglio di me.
Questo è decisamente il tuo campo, e si vede, o meglio, si legge! ;o)
Non ti nascondo che mi sarebbe piaciuto leggere tutto quello che sta scritto nelle schede… ho sbirciato qua e là ma ho captato solo pochi frammenti.
Se volete sullo shabby chic vi scrivo un romanzo.. io ci ho un debole (anche sulle conversazioni un po’ cazzute, ho un debole).
Peraltro non mi spacciono nemmeno quelle case ipercontemporanee minimaliste tutte bianche luminose e ordinate, ENORMI.
Cioè in fondo: mi piace quel che non sono.
Niente bianco in una casa in cui un esercito di cani, gatti, adolescenti e altri soggetti vari hanno sempre una buona ragione per vomitare, farsi venire la cagarella, rovesciare marmellata e gin, abbandonare topi morti semimangiati. Niente minimal -ma neanche troppi fronzoletti deliziosi- in un posto in cui tutti spargono tutto, e dove ci metti ore a ritrovare i calzini diretti alla lavatrice appesi sulla testa di un piccolo “bear” in addobbamento natalizio.
Non è sempre così, in fondo?
Chiedo perdono,ma a me ( di persona personalmente ) continua a non piacere il Country home come viene proposto in queste foto;trovo molto belli i colori,forse a guardare bene qualche spunto c’è,dopo aver eliminato le quintalate di robe accessorie.
Non è lo stile che non mi piace è come viene rappresentato,sarebbe interessante sapere a quale target si rivolge, che indagini di mercato abbia fatto la casa editrice prima di rieditare questa opera,insomma chi è l’utilizzatore finale?-
Non è lo stile che non ti piace, ma come viene rappresentato? Interessante commento. dato che a me piace proprio come viene rappresentato (un leggero taglio scientifico, tecnico, attenzione al dettaglio), mi piacerebbe comprendere meglio come ti sembra, anche per avere un giudizio differente dal mio.
Comunque, il punto è (come per tutto, giardini, letture, ambienti, frequentazioni, ecc.) “un po’ di country ok, solo country non va bene”. benissimo “donna moderna” e “novella 2000”, purchè nell’altra mano ci siano kant e leon battista Alberti. …ragazzi, per me questa è la vera cultura: un loreto impagliato in una mano, Bruno Munari nell’altra.
no Lidia non è un pò di country va bene,non va bene la massificazione, l’impoverimento,non va bene codificare “per tutti” cose che sono il risultato di decenni di esperienza, di esigenze di quotidiano vivibile e fruibile senza tanti pensieri.Altrimenti è una gabbia,un grandissimo malinteso tra cosa si è e cosa vorremmo apparire.
Ma accidenti possibile che non ti faccia riflettere il fatto che si tratta di una pubblicazione a fascicoli? Di questi tempi? e in ultimo ripeto: chi è l’utilizzatore finale?A chi è destinato tutto questo raccogliere a rate? Leva veline e calciatori, leva quelli che hanno case già fatte, case di famiglia ( che magari cadono a pezzi,ma.) leva gli innumerevoli e trasversali Ikea addict, leva le intellettuali deliziosissime che astutamente mettono i tag che servono,chi resta? Ti prego chiudi gli occhi e immagina casa tua invasa da pizzi e falpalà su ogni superficie disponibile,fiocchi e fiocchetti e collezioni di minchiate assortite disposte giusto sul comodino dove in genere si mette altro, e dimmi se non ti viene la nausea.
Va bene anche un lieve giramento di testa.
vorrei rispondere a Maurizio Usai: il mio ristretto punto di vista ha una qualità,è il mio.e ritengo abbia un valore in quanto onesto.Neanche mi sogno di essere cosmica.
Ma che ne sai di me? Come ti viene in mente un giudizio così inutile su qualcuno che non conosci? Io non mi permetterei mai.
Cara Lidia, giuro che ho messo il mio primo commento perché avevo preso il post come una citazione ironica e divertita, magari un po’ snob, tipo: “guardate qua a che livelli si arriva”. Le tue precisazioni mi hanno indotto a rivedere le immagini (e anche ad andare a leggere il tuo ottimo post del 26/08/09 “Il Kitsch: dal principio all’effetto”, sul quale non posso che essere d’accordo, anche per i riferimenti a Gillo Dorfles, a cui aggiungerei “Nuovi riti, nuovi miti”, Einaudi, 1963, specialmente il capitolo III della Parte Seconda ” e cultura” in cui parla di “sentimentalismo” come equivalente del kitsch, di “surrogato” come creazione di feticci estetici e di fruizione aberrante).
Però, per quanto mi sforzi, a parte qualche isolato particolare, confesso di non potere fare a meno di trovare inquietanti quasi tutti gli ambienti raffigurati: a parte le camere da letto in cui sicuramente non riuscirei a chiudere occhio in attesa dell’apparizione di qualche fantasma, i bagni di cui ho già detto, i salotti dai cuscini che sembra stiano per abbaiarti addosso appena fai cenno di sederti, i disegni a traliccio che inducono a pratiche ossessivo-compulsive, le tappezzerie incombenti, lo stile provenzale nel quale pare debbano materializzarsi da un momento all’altro insopportabili jeunes filles en fleur alla David Hamilton con le loro marmellatine alla lavanda (altro che kitsch…); a parte tutto questo, la domanda che mi turba maggiormente è: “dove cavolo sono i libri?” Ma non parlavamo di ambienti eleganti, raffinati e colti? La cultura non è un optional o, come ha detto stasera a Ballarò Elisabetta Rasy, un dessert, ma è una “proteina nobile” senza la quale non c’è nutrimento reale. Ma la cultura passa per forza, almeno fino a quando gli e-book non prenderanno il sopravvento, attraverso i libri (letti o da saper utilizzare). Libri, libri, libri, poche balle! Io ho avuto la fortuna e il privilegio di passare alcune ore una sera d’estate all’inizio degli anni settanta a casa di Franco Antonicelli: a un certo punto ho chiesto di andare in bagno e lui mi ha accompagnato facendomi attraversare un numero discreto di stanze, ognuna delle quali ricolma di libri, su scaffali, tavoli, sedie, boiseries e impilati pericolantemente sul pavimento. Da allora guardo con sospetto gli ambienti che non contengono libri e le persone che li abitano e, nel mio piccolo, non tengo libri solo in cucina, per via dei vapori.
Nelle pagine riprodotte, in realtà, i libri appaiono due volte: nel “country lussuoso all’italiana” come eleganti rilegature e nel “bagno bazar” insieme alle riviste (per inciso, perché in questi bagni “leggiadri” il bidet – quando c’è – è sempre lontano dal wc? Possibile che non sia stata ancora capita la connessione tra i due elementi?). Vorrà dire qualcosa?
Per concludere concordo sulla dialettica tra cultura “alta” e cultura di massa, a patto che si sia sempre vigili sui pericoli del “middlebrow”. Satan never sleeps…
Se mi dicono che ho un angolo di vista ristretto mica mi offendo, anzi, dichiarando di vivere in campagna è come se lo dichiarassi io stessa. Penso che tutti , chi più chi meno, abbia un punto di visto ristretto al proprio stile di vita, tranne ovviamente chi, magari per lavoro, si occupa dello stile di vita degli altri e delle loro case.
Aggiungo anche che il commento di Judetheobscure mi ha fatto sbellicare e lo condivido.
Ma io mi chiedo: quand’anche uno si ispirasse a uno stile per farsi la casa, mica copia pedissequamente delle foto, o no?
Può piacere un particolare, un mobile , un tipo di combinazione cromatica, ma poi ne scaturisce qualcosa di nuovo e legato alla propria personalità( a patto di avercela)e a ciò che si trova in giro, credo.
ma cos’è successo? Si è rivoluzionato il mondo? Sono sbalordita: per quattro foto di poltrone imbottite, di due fiocchi e qualche passamaneria impolverata succede un cataclisma, e un giardino costruito secondo lo stesso metro riceve solo complimenti del tipo “ooooh, ma che belle le tue rose! Dio come adoro quel color pesca!Ma come poti la tua ortensia? ma dove l’hai comprato, lo vogliooooooo” ecc, ecc, ecc.
Accade forse perchè la casa -chechè ne diciamo e chcchè ne ragioniamo- ci è culturalemnte e socialmente più cara del giardino ed in essa ci rispecchiamo maggiormente, per quanto nobili possano essere i nostri intenti?
Su questo blog, post che avrebbero meritato molta (ma molta, ma molta) più attenzione non hanno ricevuto neanche un commento (neanche uno), ed ora mi ritrovo con 20 commenti, 20, su un post che ho inserito per avere -come ho spiegato- solo un maggior numero di accessi tramite chiavi di ricerca google?
ma c’è qualcuno che ha perso la testa o sono io? Forse dovrei darmi alle unghie francesi, alle ricette di cucina, al bric-à-brac, al dècoupage o a alle spiegazioni su come realizzare copriteiera all’uncinetto e sassi con animali dipinti?
Questo non è kitsch e il country sì? ma chi è che mente a se stesso, mi chiedo?
COMUNQUE: visto che sono la responsabile del blog, devo in qualche modo spiegare la mia propensione per l’arredamento country (fatto che per altro non mi pare si configuri nè come illecito, nè come reato e non sia sancito penalmente, se poi vogliamo tramutarlo in reato culturale, possiamo anche aprire un dibattito, bruciare qualche libro,e già che ci siamo fare un po’ di sapone con Whoopi Goldberg).
Innanzitutto la pubblicazione è degli anni tra il 1990 e il 1994, periodo in cui di stile country in Italia si sapeva ben poco.
All’epoca era noto solo tramite articoli sparsi su riviste di arredamento e occasionalmente sui magazine dei quotidiani, oltre che dalle persone che lo conoscevano per averlo visto durante un viaggio in Inghilterra, francia o sulla costa atlantica degli Stati uniti, e averlo poi importato qui.
Questa pubblicazione De Agostini è la prima pubblicazione organica sul country in Italia, dove per altro questo stile è sinceramente poco apprezzato. Certamente rivolta alla middlebrow society, poichè cavalcava l’allora nascente interesse per il country (che poi si è rapidamente spento) e voleva dare una serie di indicazioni di massima a fasce di reddito tra la medio-bassa e la medio-alta.
Il fatto che sia una raccolta a fascicoli non mi scompone più di tanto: tra l’altro ho molte ottime raccolte a fascicoli, tra cui l’ormai datato ma allora funzionale “Verdissimo” e “piante e giardini” Red Edizioni. Avevo anche incominciato “Hobby giardinaggio” che però non ho più potuto completare, ma che è diventato il cuore della nota e gradevole “Enciclopedia del giardinaggio” della fabbri.
L’intento divulgativo e quindi midcult (orrore!) dell’operazione editoriale è evidente anche al più scemo. Ma se mi consentite dirò che se si sa leggere si riesce a carpire il meglio da ogni lettura (perciò facevo l’esempio di Novella 2000).
Leggere Arredare country non è culturalmente sminuente, e men che meno apprezzarlo, se non lo si fa in maniera pedissequa e pappagallesca. Che poi questo si tramuti in azioni effettive sull’arredamento della propria casa è un altro paio di maniche. Io non l’ho fatto perchè ritengo che la mia casa non si presti a questo stile, che trovo in generale fuori contesto al Sud Italia. Ma ciò non mi impedisce di trarne quel godimento che posso e voglio trarne. D’altra parte una casa country è come un cane, capita nella vita, non si sceglie.
Da tutto questo mi sembra emergere una verità che voglio celare ai miei occhi: ma dopo che mi seguite anche da oltre un anno, mi parlate come se non mi conosceste, come se io non fossi io, come se a scrivere questo messaggio fosse stata “Dolcetta91kiss”.
Satana è in agguato, sì, ma se lo sai riconoscere, con satana ci puoi fare anche una partita a carte.
Lidia, dovresti riflettere. Perchè era ora che ci fossero 20 commenti a un topic!
Il tuo stupore sembra sottindere: “ma come, c’è interesse solo se parlo di ‘cultura bassa’?”.
Beh, forse sì, mica siamo tutti imparati. Ma un argomento come “arredare country” -pur nella versione datata e a fascicoli-è qualcosa di più. E’ cultura dell'”intimo” (infatti anche una discussione sui reggiseni secondo me scatenerebbe una ridda di commenti. Scherzo), sul way of life, quello che si pratica e si sogna. Più facile da rintracciare nella casa che nel giardino, già solo per il fatto che la casa ce l’hanno tutti e il giardino no. Per diretat conoscenza genrale, è più facile disquisire sul country o su una caffettiera Alessi che su una bordura inglese. Ma non è che faccia poi tutta questa differenza.
P.s. Sto cercando di immaginare cosa avrebbe fatto Bruno Munari di un Loreto impagliato. Cose dell’altro mondo, mi ci rigirerò per un po’ di notti.
Tullix@: vero che qui stiamo parlando di dispense, ma non contrapporrei così nettamente al cultura del libro a quella della rivista: in architettura e design le riviste -molto di settore e costose, non propriamente belle spesso- sono una fonte di aggiornamento quasi irrinunciabile.
quindi alla mia domanda: Forse dovrei darmi alle unghie francesi, alle ricette di cucina, al bric-à-brac, al dècoupage o a alle spiegazioni su come realizzare copriteiera all’uncinetto e sassi con animali dipinti? la risposta che emerge è un bel sì.
L’hai detto tu, Donna moderna in una mano e Kant nell’altra…
anche se la mia personale curiosità mi spinge piuttosto a chiedermi: dove si nasconde Kant in Donna Moderna? (forse anche viceversa?)
Il fatto è che tu posti certi argomenti a sopresa solo per avere più accessi su Google.
Ma io povera ignorante mica lo so e mi domando sul perchè l’hai fatto e se c’è un interesse o è una provocazione. Secondo me potresti inserire argomenti alti o bassi,va bene comunque, purchè ci sia voglia di parlarne.
@ Judetheobscure: nessuna intenzione di contrapporre la cultura del libro a quella della rivista, ci mancherebbe; basta pensare al “peso” culturale di riviste tipo “Il Menabò” all’inizio degli anni sessanta, o i “Quaderni Piacentini” per il ’68 o “Ombre rosse” per il cinema. In quasi tutti i settori culturali il dibattito inizia spesso sulle riviste e poi si sviluppa con altri mezzi (tanto per dire, l’ultimo romanzo di Thomas Hardy che ha dato il nome alla rosa di cui al tuo nick venne pubblicato prima a puntate su una rivista e poi stampato come libro, cosa che succedeva spesso nel secolo XIX). Per non parlare poi di internet, cd, dvd, iPhone, iPad e tutto il resto. Volevo solo notare come nelle immagini proposte di libri non se ne vedevano (e riviste neanche, salvo quelle impilate nello stipsiogeno bagno-bazar) e mi domandavo perché, visto che nel periodo a cui lo stile si riferisce (grosso modo seconda metà del XIX – prima metà del XX secolo) libri e riviste non erano ignoti: erano relegati in ambienti appositi molto maschili, tra cuoi e trofei, venivano presi in prestito uno alla volta dalla biblioteca del villaggio o proprio non c’erano? E non mi pare si trattasse di ambienti “proletari” nei quali sarebbero stati lussi insostenibili. Eppure venivano rappresentati luoghi in cui veniva comunque spesa della vita: possibile che le uniche attività fossero dormire-lavarsi-evacuare senza lavarsi-imburrare il pane-preparare le marmellate-disporre i fiori secchi-prendere il tè-spolverare i ninnoli-spettegolare-lavorare all’uncinetto-imbolsirsi nel rancore? Mi viene il sospetto che fosse proprio il pubblico (o l’idea di pubblico) al quale erano indirizzate le dispense (per le quali non esprimo nessun giudizio negativo: fanno parte della cultura di massa come i fumetti, i fotoromanzi, i gialli, lo spionaggio e la fantascienza da edicola, eccetera per i quali occorrerebbero discorsi analitici specifici; posso dire che in certi casi hanno costituito validi surrogati alla difficoltà di reperimento di manuali aggiornati in libreria) a determinare l’assenza di libri, pubblico per il quale essi, anzi, potevano rappresentare elemento perturbante, modello fuori portata, quindi ansiogeno, quindi commercialmente controproducente. Se lo stile country in sé somma buona parte degli elementi del kitsch (assenza di “distanza estetica”, immanenza del sentimento, falsificazione intenzionale, in sostanza inautenticità, non veridicità), la sua proposta edulcorata a un pubblico che è meglio non sia disturbato rappresenta, da parte dell’industria culturale, una perfetta operazione midcult.
Tullix, è l’esatto contrario, perlomeno per la raccolta De Agostini, poi per le riviste di questi anni non saprei perchè non le compro.
Il country qui proposto è l’esatto opposto della falsificazione e fa leva invece sulla autenticità, sull’unicità del pezzo, sul valore del materiale, sulla durata nel tempo, non su una patina di antico data ad un mobile nuovo. In questo senso tutto l’opposto della riproducibilità tecnica dell’opera d’arte. Considera che all’epoca non esistevano negozi come quelli che pubblicizza “Giardinantico” dove andare a comprare un acquaio in graniglia, mattoni di recupero, scale levigate dai passi, intere collezioni di forbici da pota. Dove insomma recuperare tutti quegli elementi per farsi una bella casa “fintantica”. In questo senso sì, si può parlare di Kitsch del country.
Veniamo ai libri. Non credo che se ci fossero state anche pile di libri la cosa ti avrebbe fatto gradire maggiormente il country. Anzi, lì sarebbe stato il vero imbroglio. Il country vero è uno stile contadino americano, e i contadini a stento sapevano leggere qualche brano della Bibbia, ma più per il fatto di saperlo a memoria. I libri non sono un elemento del country “classico” (cioè quello che viene qui rappresentato), anche se questo non vuol dire che non vi possano felicemente rientrare in rivisitazioni moderne.
In ogni caso bisogna fare molta attenzione a non bollare come kitsch ciò che semplicemente non ci è consaguineo o presenta alcuni degli elementi formali di questo stile (come ad esempio le collezioni di oggetti, le ceste di fiori secchi, l’accordo totale del decoro tra tessuti e tappezzeria, ecc).
Riguardo poi alla “distanza estetica” per me è una bufala che si è inventato uno che si chiamava kant, un tale di cui a quanto pare la filosofia non riesce a fare a meno.
Ho usato il termine “midcult” nel senso che gli ha dato Dwight Macdonald (v. “Masscult e Midcult”, e/o, 1997) e che è ben spiegato da Umberto Eco in “Apocalittici e integrati”, Bompiani, 1964: “Macdonald parte dalla distinzione, ormai canonica, dei tre livelli intellettuali, high, middle e lowbrow mutandone la denominazione secondo un più violento intento polemico: contro le manifestazioni di un’arte di élite e di una cultura propriamente detta, si ergono le manifestazioni di una cultura di massa, che non è tale, e che perciò egli non chiama mass culture ma masscult e di una cultura media, piccolo borghese, che egli chiama midcult”. Ancora, da Alfio Squillaci: “Che cos’è il Masscult? Presto detto: quasi tutta la produzione televisiva, cinematografica, giornalistica che il moloch informativo quotidianamente vomita. Esempi? Tutto il palinsesto di Mediaset, che si nutre di quattro “c”: calcio, cosce, canzoni e cazzate. Tutta la presse du coeur (…). La differenza tra il Masscult e la genuina cultura popolare non risiede nell’enorme diffusione dei media di cui il primo si gioverebbe, quanto in una strategia ragionata da parte dei suoi dispensatori: ‘Il Masscult, scrive Macdonald, scende dall’alto. E’ fabbricato da tecnici al servizio degli uomini d’affari’, non soddisfa solamente, ma sfrutta il gusto popolare. E si giustifica dicendo che ‘dà al pubblico ciò che il pubblico vuole’. Che cos’è invece il Midcult? E’ la cultura di massa dei piccolo-borghesi, e come tale, a differenza di quella delle masse popolari, si nutre di prodotti che aspirano all’Alta Cultura. Esempi: il poema ‘Se’ di Rudyard Kipling esposto in tutte le anticamere dei dentisti, le riviste di Franco Maria Ricci, ‘Il gabbiano Jonathan Livingston’ di Richard Bach e la gabbianella di Sepulveda (…). ‘Nel Masscult il trucco è scoperto: piacere alle folle con ogni mezzo. Ma il Midcult contiene un duplice tranello: finge di rispettare i modelli dell’Alta Cultura mentre in effetti li annacqua e li volgarizza’”. Umberto Eco è tornato sul tema su “L’Espresso” del 16/04/2010, riportando come esempi attuali di Midcult i Somerset Maugham, i Marai e i Simenon pubblicati da Adelphi accanto a testimonianze di cultura alta che più alta non si può. E gli esempi potrebbero moltiplicarsi facilmente.
Se Midcult non è Satana… (A proposito, più sopra dici che “se lo sai riconoscere, con satana ci puoi fare anche una partita a carte”: sì, però sapendo che se perdi perdi e se vinci – se ti lascia vincere – allora è ancora peggio). Volendo poi si può andare a curiosare cosa diceva Virginia Woolf sulla cultura middlebrow (“If any human being, man, woman, dog, cat or half-crushed worm dares call me ‘middlebrow’ I will take my pen and stab him, dead” – prego notare la bellezza di quel “verme mezzo spiaccicato”. O la più gentile definizione della cultura middlebrow come una “mixture of geniality and sentiment stuck together with a sticky slime of calves-foot jelly”: pare di sentirlo l’odore di quella gelatina di zoccolo di vitello…).
La “distanza estetica” non faceva nessun riferimento a Kant, verso il quale non nutro nessuna simpatia particolare (se non si fosse capito le mie preferenze vanno all’hegelo-marxismo della Scuola di Francoforte e alla cultura radical americana, con tutti gli sviluppi del caso). Era la sintesi di una frase di Gillo Dorfles (“Nuovi riti, nuovi miti”, cit. p.179): “Forse è proprio qui una delle differenze più significative tra fruitore di buono e di cattivo gusto; o meglio tra autentico assaporatore dell’arte e assaporatore ‘utilitario’ ed edonistico della stessa: il fatto di porre un certo distacco tra sé e l’opera, di osservarla con partecipazione cosciente e non soltanto con il ‘lasciarsi andare’ all’onda della piacevolezza”. Qui ci verrebbe tutto un discorso su Brecht e l’effetto V (verfremdung), ma lo rimando a un’altra occasione.
Che la raccolta De Agostini poi non c’entri niente con Walter Benjamin ho i miei dubbi: pensi davvero che il fruitore medio (l’impiegata della Toro Assicurazioni) sia in grado di cogliere i rapporti tra i componenti di uno stile e usarli creativamente piuttosto che fare del copia-e-incolla o andare con la pagina della dispensa in qualche negozio di pseudoantiquariato per farsi, magari al settimo piano di un condominio di semiperiferia, l’angolino country?
Infine i libri: certo che non mi aspetto pile di libri in una capanna di tronchi nel west o in una delle case alla Grant Wood, alla “I giorni del cielo” (“Days of Heaven”, Terrence Malick, USA, 1978) o alla “Psycho” della “Bible Belt”. Però mi pare che le immagini si riferiscano in maggioranza al country inglese (e lì i contadini proprio…) e per quello americano più a posti tipo Martha’s Vineyard o il Vermont di “La congiura degli innocenti” (“The Trouble with Harry”, Alfred Hitchcock, USA, 1955), insomma posti in cui qualche stramaledetto libro dovrebbe pur esserci.
Concludendo, mi sta bene il country inglese nelle campagne inglesi specialmente se vivo nel secolo scorso, mi sta bene lo stile provenzale in Provenza (magari), mi sta già meno bene lo stile country sulla costa est degli Stati Uniti, perché spesso é solo una scopiazzatura da senso di inferiorità culturale nei confronti del mondo British: Mi può star bene la citazione divertita e ammiccante, però il titolo dell’opera non è “Storia degli stili: lo stile country”, ma “Arredare country”. Il discorso sarebbe identico per “Arredare Biedermeier” (un incubo) o “Arredare Bauhaus” (facciamoci del male). Insisto sul Midcult. Per dirla con Tom Wolfe, “Maledetti architetti”!
Che devo dire? Di fronte a tale spiegamento di forze culturali e una tale dimostrazione di mascolina e testosteronica superiorità intellettuale non c’è niente da ribattere, non mi interessa “vincere” la discussione.
Sinceramente, e non mi prenderei la briga neanche di risponderti se non ti stimassi, penso che ti sbagli e che secondo me dovresti ampliare i tuoi orizzonti. Prova, invece che dare retta al Dorfles (che ha cent’anni o giù di lì), a leggere qualcosa di Claudio Sottocornola. Forse potresti avere un’illuminazione su quanto fittamente quello che chiami “midcult” sia di stimolo dinamico per l’highbrow culture.
Guarda che il mio residuo testosterone lo riservo ad altre cause: sono un essere maschile ma detesto le competizioni con vincitori e vinti (se non forse verso Berlusconi e il kitsch politico e umano che rappresenta). Anche io ti stimo e mi spiace che sul “midcult” abbiamo idee così differenti. Quanto a Dorfles (100,5 anni portati splendidamente!) l’accostamento a Sottocornola mi pare come minimo “imbarazzante”. Ho visto che hai collaborato a una sua mostra, ho letto un paio di interviste fattegli (con una citazione da Gramsci sbagliata e una da De André fuori tema). So che ha pubblicato due raccolte di poesie dall’aria APS e mi pare che le cose che dice sappiano un pop di acqua fritta riscaldata cinquant’anni dopo. Mi sbaglierò, ma fossi in te cercherei di stare alla larga da questo tipo di cultura fai-da-te. Credo ti meriti di meglio.
Tullozzo, dai, non fare l’incazzoso culturale-dogmatico. Le discussioni scritte su forum, siti e blog mi fanno venire l’ansia. miciona mode onNon vuoi essere una fonte d’ansia per me, vero? miciona mode off
Sono stata in ansia tutta la settimana, non mi va di litigarmi con te sui leggiadri bagni country.
Faccio però un riepilogo veloce: 1)non credo proprio, e credo Dorfles sarebbe d’accordo con me, che il country proposto qui sia Kitsch, per motivi proprio tecnici.
2)Dorfles ha cent’anni, e non è infallibile. Se come credo sia giusto,intendiamo il Kitsch come un processo e non uno stile immutabile(a parte quello anni ’80 ormai considerato classico), le dispensine proposte non lo erano. Forse oggi possono essrene lette come un prodomo, ma non lo erano allora, nè consapevolmente, nè inconsapevolmente.
3) Non credo che un’abitazione sia kitsch solo perchè non ci sono libri
4)Sottocornola è un uomo di un’intelligenza fresca e attiva, di grandissima cultura, non solo musicale. L’accostamento con Dorfles non è imbarazzante affatto, anzi.
5) Importante: ammesso e non concesso che l’opera proposta sia midcult, kitsch e così via…e ciò che dimostra? Ognuno ha peccati masscult nella sua vita. Tu non ne hai neanche uno? Non vedi tv, non hai mai visto un cartone, un telfilm, neanche da ragazzo? Io posso farti un elenco infinito. Ma se sei qui e leggi il mio blog, vuol dire che ti interessa, allora la cultura di massa, attivamente recepita, non è fonte solo di massificazione e sotto-cultura, ma anche di nuovi modi di vedere il mondo. Su questo almeno concordi?
Comunque guarda, mi sono stressata davvero con questa discussione. Sono allo stremo delle forze e vicina alla rinuncia.
Liddy B. Goode, /Fearless Knight Mode On (il potere del corsivo ce l’ha solo chi posta)/ anche se il Miciona Mode credo sia bandito dalla Convenzione di Ginevra, non posso rimanere insensibile all’ansiogenicità, ma smettila di sbattere le ciglia /Fearless Knight Mode Off/
“Pacatamente, serenamente” credo che tutto l’oggetto del contendere stia nel modo differente di considerare il Midcult: mi sembra che tu lo faccia un po’ coincidere col Masscult o che lo consideri come il risultato di un rapporto tra cultura alta e cultura di massa, mentre per me è proprio un’altra cosa che con la cultura di massa c’entra poco. Per inciso io ADORO la cultura di massa e non me ne vergogno affatto: da piccolo leggevo i fotoromanzi di mia madre e sono cresciuto a fumetti (che colleziono ancora), gialli e Urania. I miei giornalai si sono fatti ciascuno almeno un alloggio con i soldi che gli ho lasciato in riviste, dispense, CD, VHS (compreso tutto Star Trek) e DVD con film di genere e spesso di Serie B (ma anche Z). Se riesco a star sveglio mi guardo serie tv d’ogni tipo (con preferenza per quelle con gli stronzissimi serial killer che si credono sempre più furbi). Mi piace saltare dalla cultura alta a quella di massa e far interagire i due livelli: ma non sopporto il midcult come corruzione della cultura alta, riduzione a pappa omogeneizzata e predigerita, castrazione di quanto può essere critico, manipolazione verso un pensiero unidimensionale.
Mi rendo conto che il discorso può diventare molto complesso e articolato, ma questa discussione mi ha molto stimolato e spinto ad andare a rivisitare cose lette a vent’anni e che tutto sommato rimangono ancora, quanto meno dal punto di vista metodologico, estremamente “profetiche”. Magari ci faccio una rubrica di approfondimento su uno dei blog (‘Diarioquasigiornaliero’ e ‘Compiti a casa’) che curo a intermittenza con Fizzi
Spero di essere riuscito a scalfire almeno un po’ l’immagine dell’incazzoso culturale-dogmatico che proprio non mi si attaglia (ma quando faccio le citazioni mi diverto da pazzi…).
Recupera le forze. Un abbraccio.
da quello che dice Tullix mi pare di capire che lo staff che ha confezionato quelle foto potrebbe di proposito aver tolto dalle scene i libri per non creare ansia ai fruitori.
Mi piace anche constatare che il fruitore medio è l’impiegata della Toro Ass. ( e non ha detto l’impiegato e questo la dice lunga).I contadini poi, in quanto a libri…lasciamo stare.
Fa piacere constatare che esiste qualcuno che legge molto, ma magari le citazioni bisogna interiorizzarle e non solo fare ” copia-incolla”.
Ho parlato dell’impiegata della Toro Assicurazioni perché ho la libreria vicino ai loro uffici e le impiegate rappresentano bene un certo gusto medio che sconfina ahimè spesso nel cattivo gusto. Qualcuna è più volenterosa, qualcuna meno, qualcuna si vede che vorrebbe capire qualcosa di più ma proprio non ce la fa, tra fidanzato cretino e genitori vischiosi. Ma almeno qualche libro lo leggono. Gli impiegati invece al massimo cercano manuali sulla Programmazione NeuroLinguistica per cercare di fregare meglio clienti e colleghi.
premesso che: ognuno a casa sua fa quel che gli pare, non abbiate niente che non sia estremamente bello o estremamente utile (william morris citazione a memoria perciò sicuramente sbagliata).
anch’io ho una casa piena di aggeggi ma sogno le case giapponesi (dei ricchi) spaziose e vuote.
il lusso dello spazio.
peccato sono arrivata in ritardo è un argomento moooolto interessante.
ne avevo comperato qualche numero anni fa, poi l’ho smembrata a rate,alla fine ho tenuto le ricette dei liquori della nonna e le ho perse.
Ma esiste ancora?
Secondo me i “leggiadri bagni country” possono provocare danni irreparabili a livello gastroenterologico (anche il “bagno bazar” ce lo vedrei bene in qualche filmastro di Dario Argento). Più in generale tutto questo lezioso e inquietante bric-à-brac per paraplegici non può che diventare rifugio e ricettacolo di ragni, blatte e scolopendre, con buona pace della raccolta delle insopportabili riviste di Franco Maria Ricci, di buona parte del catalogo pastello Adelphi e del potenzialmente infinito ciarpame midcult.
secondo me è tutto tranne che per chi ha problemi deambulatori. Comunque, chiusa parentesi, a patto di vivere davvero in campagna, ci si può inspirare su qualche dettaglio oppure decidere serenamente che non fa per noi.
Oppure si può tranquillamente ammettere che fa per noi, senza vergogna e senza remore.
ma anche no, a dio piacendo,che almeno questa piccola libertà ci sia ancora concessa.
Abito buona parte dell’anno in una casa di e in piena campagna,campagna molto italiana,non ha nulla di inglese nemmeno per errore,ospito di buon grado intere famiglie di ragni,qualche scolopendra,questa estate persino due spaventatissimi topini,le formiche sono random, dipende dall’umidità…Il mio arredamento è molto semplice senza essere banale, debbo fare i conti anche con la quasi assenza di domestici e con la presenza di un certo numero di cani e gatti La sovrabbondanza di tessili e oggettini del tutto inutili come viene presentata in queste foto mi rimanda automaticamente a un concetto di “country” assolutamente borghese,poverissimo di storia,in altre parole, crudamente, da ricchi da pochissimi istantiLidia come li chiamava Proust?Detto ciò amo il cretonne ma che sia almeno un Sanderson con qualche decennio sul groppone,amo le stampe botaniche e i vecchi tavoli consunti,le tazze spaiate e le brocche craquelé si ma di vecchiaia.
Mi vien voglia di analizzare ogni foto per distruggerne i contenuti truffaldini e fasulli che spacciano. punto
@ milli: parlavo di arredamento per paraplegici nel senso che bisogna giusto essere impossibilitati a muoversi per riuscire a (soprav)vivere in mezzo a imbalsamamenti vari in equilibrio precario e a forme totalmente avulse da funzioni. Molto meglio il masscult dei mobili Ikea.Voglio dire che il kitsch va benissimo se è una citazione, una strizzata d’occhio complice e critica, altrimenti diventa, come dice Adorno, parodia. Se ne era accorto già Gozzano un bel po’ di anni fa:
“Loreto impagliato e il busto d’Alfieri, di Napoleone,
i fiori in cornice (le buone cose di pessimo gusto!)
il caminetto un po’ tetro, le scatole senza confetti,
i frutti di marmo protetti dalle campane di vetro,
un qualche raro balocco, gli scrigni fatti di valve,
gli oggetti con mònito, salve, ricordo, le noci di cocco,
Venezia ritratta a musaici, gli acquerelli un po’ scialbi,
le stampe, i cofani, gli albi dipinti d’anemoni arcaici,
le tele di Massimo d’Azeglio, le miniature,
i dagherrotipi: figure sognanti in perplessità,
il gran lampadario vetusto che pende a mezzo il salone
e immilla nel quarzo le buone cose di pessimo gusto,
il cucù delle ore che canta, le sedie parate a damasco
chermisi…rinasco, rinasco nel mille ottocento cinquanta!”
(“L’amica di Nonna Speranza”, I)
scusami Tullix, ma stiama dicendo le stesse cose solo con spirito diverso. Ecco, in questo senso mi sento solo più pragmatica e disimpegnata.
Essendo in campagna pure io ( ma qui di domestici neppure l’ombra)potrei ispirarmi solo per i dettagli che mi interessano e il resto..amen.
Comunque sono decisamente d’accordo che è meglio un ambiente decisamente più sobrio, così da potersi dedicare ad attività più piacevoli che non spolverare.
@fizzi: io preferirei, a dio (o a chiunque altro) piacendo, che fosse concessa ad altri la libertà di amare il country, e di poterlo dire senza la costante angoscia del giudizio e del pregiudizio. Vale per il country porché di country si parla adesso, ma è un discorso facilmente generalizzabile. Ovunque siano coscienza e consapevolezza, e qualità e verità, tutto credo possa essere lecito.
Aggiungo che ridurre la visione delle cose al proprio ristretto campo personale, è abbastanza limitante, in qualsiasi occasione. Personalmente non vorrei mai una casa country, ma ne ho viste e vissute alcune di bellissime, e del tutto prive dei molti difetti di cui state facendo cenno. Bellissime soprattutto nel perfetto connubio con l’anima di chi le aveva create e vissute.
@Tullix: Il Kitsch? E dove sarebbe il kitsch? Non lo vedo nemmeno tra i tag di questo post, c’è motivo di ritenere che sia per una qualche ragione. Mi piacerebbe sapere cosa pensa Lidia in proposito.
Cosa ne penso io? Guardate, non ci credereste. Penso che un blog è come una scatola di praline, non sai mai quello che ti capita. Quando mi spacco il cucù per scrivere polpettoni di quelli “consultabili” per fare audience e per garantirmi una minima visibilità sul web, al massimo mi capitano due commenti.
Se invece butto lì una cazzata vengon giù decine di risposte( vedi “la povertà è un privilegio?”).
Sapete che volevo fare io con questa pagina? Essere trovata più facilmente da google con la chiave “arredare country de agostini”, che è una delle voci di ricerca più frequenti del mio sito, insieme a “giardini rocciosi”, “alberature di città” “unghie decorate” e “paesaggi romantici”.
In questo senso avrei dovuto aggiungere il tag “pasta e fagioli”, che è quello che uso per contrassegnare i post che metto solo per fare un po’ di audience.
Detto questo, le obiezioni di Tullix mi hanno fatto morire dal ridere e anche le altre mi hanno divertita, perchè leggere un’opinione diversa dalla mia, così simpaticamente e sinceramente esposta, è per me LA PIU’ GRANDE FORMA DI GODIMENTO (checchè qualche idiota ne pensi).
Riguardo allo stile country non credo sia un mistero per nessuno che a me piaccia molto. Davvero voi trovate queste foto Kitsch? Io non credo, certamente non secondo i suoi stilemi tradizionali, assolutamente, del tutto e in qualsiasi maniera, no, non è kitsch. Se c’è un’indulgenza al decorativismo, che è un elemento costituente dell’arredamento kitsch, c’è anche una grande attenzione alla qualità dei materiali, alla loro utilità, alla durevolezza (quindi alla necessità di resistere a topi, ragni, blatte e ragnatele). Alcuni ambienti sono poi addirittura minimali, arricchiti solo dal colore o da decorazioni strategicamente disposte.
Nulla a che vedere quindi con lo Shabby Chic, sul quale non ne conosco abbastanza per poter dare un’opinione ma che per quello che ne so è proprio tutta un’altra cosa, e a me sembra adatto per essere un set di film di vampiri (il che non vuole essere un insulto), ma che se non fatto davvero molto ma molto bene, può diventare un vero e proprio nido del Kitsch moderno, come ebbi a dire una volta a Imola.
Nella raccolta “arredare Country” della De Agostini personalmente non vedo che qualche sporadico scivolone nell’iperomantico o -se vogliamo- al kitsch vero e proprio. Tuttavia ho scelto le immagini che preferivo e non mi pare che in nessuna di esse vi sia del Kitsch, inteso nel senso MODERNO, cioè come processo di impoverimento dell’arte, men che meno come Kitsch storicizzato, cioè il kitsch degli anni ’80 per intenderci.
Anzi, ho imparato da questa raccolta molte cose che mi sono state utili nella mia vita di giornalista e di giardiniera, nonchè di illustratrice.
la ritengo un’opera di gran valore e di scelte molto oculate. Su quest’opera ho sognato tantissimo e ho imparato a scrivere buoni testi e buone didascalie, come Trem potrebbe confermarvi. Ciò è senza dubbio una testimonianza della sua ottima qualità.
la cosa che invece mi incuriosisce di più è il perchè e il percome vi siate -per così dire- scagliati tutti contro, quando i giardini “ipertrofici” (come li chiama Violis e iperdecorati vi mandano in brodo di giuggiole. Credetemi, è sincera curiosità e non un’accusa. Certi giardini “country” su cdg riscuotono successi inarrivabili, mentre l’arredamento dello stesso tipo è stata subito bollato come kitsch. Vi invito a rifletterci. la stessa bordura mista o piantagione mista di matrice British, che ne è in qualche modo un prodotto (ricordiamoci che lo stile vittoriano e il movimento arst&crafts ebbero influenza sia fuori che dentro le case inglesi)viene accolta ed acclamata quale suprema manifestazione giardinicola, pur avendo tutti i tic, la polvere e i ragni dello stile country (e non arrabbiarti Maurizio, dato che sappiamo che tu stai proprio cercando di togliere un po’ di polvere a questo vecchio totem).
per finire il country non ha niente a che vedere con Loreto Impagliato (…sembra il nome di una vittima della mafia) e il crepuscolarismo. E’ uno stile decisamente più moderno e confortevole, attagliato alla persona e non a certi “borghesismi” della società. E’ anzi molto anticonformista. Direi che è lo stile “confortevole e funzionale” per eccellenza.
Vi inviterei, dato che nelle foto ho lasciato deliberatamente visibili le didascalie e parti dei pezzi, a leggere qualcosa. Forse potreste modificare le vostre idee. Non che voglia costringervi, lo dico per voi, se vi fa piacere.
Lidia, potrei controfirmare ognuna delle parole che hai scritto, ero assolutamente certo che avresti saputo esprimere quello che avrei voluto, ben meglio di me.
Questo è decisamente il tuo campo, e si vede, o meglio, si legge! ;o)
Non ti nascondo che mi sarebbe piaciuto leggere tutto quello che sta scritto nelle schede… ho sbirciato qua e là ma ho captato solo pochi frammenti.
Se volete sullo shabby chic vi scrivo un romanzo.. io ci ho un debole (anche sulle conversazioni un po’ cazzute, ho un debole).
Peraltro non mi spacciono nemmeno quelle case ipercontemporanee minimaliste tutte bianche luminose e ordinate, ENORMI.
Cioè in fondo: mi piace quel che non sono.
Niente bianco in una casa in cui un esercito di cani, gatti, adolescenti e altri soggetti vari hanno sempre una buona ragione per vomitare, farsi venire la cagarella, rovesciare marmellata e gin, abbandonare topi morti semimangiati. Niente minimal -ma neanche troppi fronzoletti deliziosi- in un posto in cui tutti spargono tutto, e dove ci metti ore a ritrovare i calzini diretti alla lavatrice appesi sulla testa di un piccolo “bear” in addobbamento natalizio.
Non è sempre così, in fondo?
Chiedo perdono,ma a me ( di persona personalmente ) continua a non piacere il Country home come viene proposto in queste foto;trovo molto belli i colori,forse a guardare bene qualche spunto c’è,dopo aver eliminato le quintalate di robe accessorie.
Non è lo stile che non mi piace è come viene rappresentato,sarebbe interessante sapere a quale target si rivolge, che indagini di mercato abbia fatto la casa editrice prima di rieditare questa opera,insomma chi è l’utilizzatore finale?-
Non è lo stile che non ti piace, ma come viene rappresentato? Interessante commento. dato che a me piace proprio come viene rappresentato (un leggero taglio scientifico, tecnico, attenzione al dettaglio), mi piacerebbe comprendere meglio come ti sembra, anche per avere un giudizio differente dal mio.
Comunque, il punto è (come per tutto, giardini, letture, ambienti, frequentazioni, ecc.) “un po’ di country ok, solo country non va bene”. benissimo “donna moderna” e “novella 2000”, purchè nell’altra mano ci siano kant e leon battista Alberti. …ragazzi, per me questa è la vera cultura: un loreto impagliato in una mano, Bruno Munari nell’altra.
no Lidia non è un pò di country va bene,non va bene la massificazione, l’impoverimento,non va bene codificare “per tutti” cose che sono il risultato di decenni di esperienza, di esigenze di quotidiano vivibile e fruibile senza tanti pensieri.Altrimenti è una gabbia,un grandissimo malinteso tra cosa si è e cosa vorremmo apparire.
Ma accidenti possibile che non ti faccia riflettere il fatto che si tratta di una pubblicazione a fascicoli? Di questi tempi? e in ultimo ripeto: chi è l’utilizzatore finale?A chi è destinato tutto questo raccogliere a rate? Leva veline e calciatori, leva quelli che hanno case già fatte, case di famiglia ( che magari cadono a pezzi,ma.) leva gli innumerevoli e trasversali Ikea addict, leva le intellettuali deliziosissime che astutamente mettono i tag che servono,chi resta? Ti prego chiudi gli occhi e immagina casa tua invasa da pizzi e falpalà su ogni superficie disponibile,fiocchi e fiocchetti e collezioni di minchiate assortite disposte giusto sul comodino dove in genere si mette altro, e dimmi se non ti viene la nausea.
Va bene anche un lieve giramento di testa.
Messaggio per Jude: metti via questo commento per la storia de ‘La bellezza tarocca’ su BNG.
vorrei rispondere a Maurizio Usai: il mio ristretto punto di vista ha una qualità,è il mio.e ritengo abbia un valore in quanto onesto.Neanche mi sogno di essere cosmica.
Ma che ne sai di me? Come ti viene in mente un giudizio così inutile su qualcuno che non conosci? Io non mi permetterei mai.
… infatti non era un giudizio, né tantomeno puntato su di te.
aveva tutta l’aria di un giudizio però.
Cara Lidia, giuro che ho messo il mio primo commento perché avevo preso il post come una citazione ironica e divertita, magari un po’ snob, tipo: “guardate qua a che livelli si arriva”. Le tue precisazioni mi hanno indotto a rivedere le immagini (e anche ad andare a leggere il tuo ottimo post del 26/08/09 “Il Kitsch: dal principio all’effetto”, sul quale non posso che essere d’accordo, anche per i riferimenti a Gillo Dorfles, a cui aggiungerei “Nuovi riti, nuovi miti”, Einaudi, 1963, specialmente il capitolo III della Parte Seconda ” e cultura” in cui parla di “sentimentalismo” come equivalente del kitsch, di “surrogato” come creazione di feticci estetici e di fruizione aberrante).
Però, per quanto mi sforzi, a parte qualche isolato particolare, confesso di non potere fare a meno di trovare inquietanti quasi tutti gli ambienti raffigurati: a parte le camere da letto in cui sicuramente non riuscirei a chiudere occhio in attesa dell’apparizione di qualche fantasma, i bagni di cui ho già detto, i salotti dai cuscini che sembra stiano per abbaiarti addosso appena fai cenno di sederti, i disegni a traliccio che inducono a pratiche ossessivo-compulsive, le tappezzerie incombenti, lo stile provenzale nel quale pare debbano materializzarsi da un momento all’altro insopportabili jeunes filles en fleur alla David Hamilton con le loro marmellatine alla lavanda (altro che kitsch…); a parte tutto questo, la domanda che mi turba maggiormente è: “dove cavolo sono i libri?” Ma non parlavamo di ambienti eleganti, raffinati e colti? La cultura non è un optional o, come ha detto stasera a Ballarò Elisabetta Rasy, un dessert, ma è una “proteina nobile” senza la quale non c’è nutrimento reale. Ma la cultura passa per forza, almeno fino a quando gli e-book non prenderanno il sopravvento, attraverso i libri (letti o da saper utilizzare). Libri, libri, libri, poche balle! Io ho avuto la fortuna e il privilegio di passare alcune ore una sera d’estate all’inizio degli anni settanta a casa di Franco Antonicelli: a un certo punto ho chiesto di andare in bagno e lui mi ha accompagnato facendomi attraversare un numero discreto di stanze, ognuna delle quali ricolma di libri, su scaffali, tavoli, sedie, boiseries e impilati pericolantemente sul pavimento. Da allora guardo con sospetto gli ambienti che non contengono libri e le persone che li abitano e, nel mio piccolo, non tengo libri solo in cucina, per via dei vapori.
Nelle pagine riprodotte, in realtà, i libri appaiono due volte: nel “country lussuoso all’italiana” come eleganti rilegature e nel “bagno bazar” insieme alle riviste (per inciso, perché in questi bagni “leggiadri” il bidet – quando c’è – è sempre lontano dal wc? Possibile che non sia stata ancora capita la connessione tra i due elementi?). Vorrà dire qualcosa?
Per concludere concordo sulla dialettica tra cultura “alta” e cultura di massa, a patto che si sia sempre vigili sui pericoli del “middlebrow”. Satan never sleeps…
Se mi dicono che ho un angolo di vista ristretto mica mi offendo, anzi, dichiarando di vivere in campagna è come se lo dichiarassi io stessa. Penso che tutti , chi più chi meno, abbia un punto di visto ristretto al proprio stile di vita, tranne ovviamente chi, magari per lavoro, si occupa dello stile di vita degli altri e delle loro case.
Aggiungo anche che il commento di Judetheobscure mi ha fatto sbellicare e lo condivido.
Ma io mi chiedo: quand’anche uno si ispirasse a uno stile per farsi la casa, mica copia pedissequamente delle foto, o no?
Può piacere un particolare, un mobile , un tipo di combinazione cromatica, ma poi ne scaturisce qualcosa di nuovo e legato alla propria personalità( a patto di avercela)e a ciò che si trova in giro, credo.
ma cos’è successo? Si è rivoluzionato il mondo? Sono sbalordita: per quattro foto di poltrone imbottite, di due fiocchi e qualche passamaneria impolverata succede un cataclisma, e un giardino costruito secondo lo stesso metro riceve solo complimenti del tipo “ooooh, ma che belle le tue rose! Dio come adoro quel color pesca!Ma come poti la tua ortensia? ma dove l’hai comprato, lo vogliooooooo” ecc, ecc, ecc.
Accade forse perchè la casa -chechè ne diciamo e chcchè ne ragioniamo- ci è culturalemnte e socialmente più cara del giardino ed in essa ci rispecchiamo maggiormente, per quanto nobili possano essere i nostri intenti?
Su questo blog, post che avrebbero meritato molta (ma molta, ma molta) più attenzione non hanno ricevuto neanche un commento (neanche uno), ed ora mi ritrovo con 20 commenti, 20, su un post che ho inserito per avere -come ho spiegato- solo un maggior numero di accessi tramite chiavi di ricerca google?
ma c’è qualcuno che ha perso la testa o sono io? Forse dovrei darmi alle unghie francesi, alle ricette di cucina, al bric-à-brac, al dècoupage o a alle spiegazioni su come realizzare copriteiera all’uncinetto e sassi con animali dipinti?
Questo non è kitsch e il country sì? ma chi è che mente a se stesso, mi chiedo?
COMUNQUE: visto che sono la responsabile del blog, devo in qualche modo spiegare la mia propensione per l’arredamento country (fatto che per altro non mi pare si configuri nè come illecito, nè come reato e non sia sancito penalmente, se poi vogliamo tramutarlo in reato culturale, possiamo anche aprire un dibattito, bruciare qualche libro,e già che ci siamo fare un po’ di sapone con Whoopi Goldberg).
Innanzitutto la pubblicazione è degli anni tra il 1990 e il 1994, periodo in cui di stile country in Italia si sapeva ben poco.
All’epoca era noto solo tramite articoli sparsi su riviste di arredamento e occasionalmente sui magazine dei quotidiani, oltre che dalle persone che lo conoscevano per averlo visto durante un viaggio in Inghilterra, francia o sulla costa atlantica degli Stati uniti, e averlo poi importato qui.
Questa pubblicazione De Agostini è la prima pubblicazione organica sul country in Italia, dove per altro questo stile è sinceramente poco apprezzato. Certamente rivolta alla middlebrow society, poichè cavalcava l’allora nascente interesse per il country (che poi si è rapidamente spento) e voleva dare una serie di indicazioni di massima a fasce di reddito tra la medio-bassa e la medio-alta.
Il fatto che sia una raccolta a fascicoli non mi scompone più di tanto: tra l’altro ho molte ottime raccolte a fascicoli, tra cui l’ormai datato ma allora funzionale “Verdissimo” e “piante e giardini” Red Edizioni. Avevo anche incominciato “Hobby giardinaggio” che però non ho più potuto completare, ma che è diventato il cuore della nota e gradevole “Enciclopedia del giardinaggio” della fabbri.
L’intento divulgativo e quindi midcult (orrore!) dell’operazione editoriale è evidente anche al più scemo. Ma se mi consentite dirò che se si sa leggere si riesce a carpire il meglio da ogni lettura (perciò facevo l’esempio di Novella 2000).
Leggere Arredare country non è culturalmente sminuente, e men che meno apprezzarlo, se non lo si fa in maniera pedissequa e pappagallesca. Che poi questo si tramuti in azioni effettive sull’arredamento della propria casa è un altro paio di maniche. Io non l’ho fatto perchè ritengo che la mia casa non si presti a questo stile, che trovo in generale fuori contesto al Sud Italia. Ma ciò non mi impedisce di trarne quel godimento che posso e voglio trarne. D’altra parte una casa country è come un cane, capita nella vita, non si sceglie.
Da tutto questo mi sembra emergere una verità che voglio celare ai miei occhi: ma dopo che mi seguite anche da oltre un anno, mi parlate come se non mi conosceste, come se io non fossi io, come se a scrivere questo messaggio fosse stata “Dolcetta91kiss”.
Satana è in agguato, sì, ma se lo sai riconoscere, con satana ci puoi fare anche una partita a carte.
Ragazzi, occhio.
Lidia, dovresti riflettere. Perchè era ora che ci fossero 20 commenti a un topic!
Il tuo stupore sembra sottindere: “ma come, c’è interesse solo se parlo di ‘cultura bassa’?”.
Beh, forse sì, mica siamo tutti imparati. Ma un argomento come “arredare country” -pur nella versione datata e a fascicoli-è qualcosa di più. E’ cultura dell'”intimo” (infatti anche una discussione sui reggiseni secondo me scatenerebbe una ridda di commenti. Scherzo), sul way of life, quello che si pratica e si sogna. Più facile da rintracciare nella casa che nel giardino, già solo per il fatto che la casa ce l’hanno tutti e il giardino no. Per diretat conoscenza genrale, è più facile disquisire sul country o su una caffettiera Alessi che su una bordura inglese. Ma non è che faccia poi tutta questa differenza.
P.s. Sto cercando di immaginare cosa avrebbe fatto Bruno Munari di un Loreto impagliato. Cose dell’altro mondo, mi ci rigirerò per un po’ di notti.
Tullix@: vero che qui stiamo parlando di dispense, ma non contrapporrei così nettamente al cultura del libro a quella della rivista: in architettura e design le riviste -molto di settore e costose, non propriamente belle spesso- sono una fonte di aggiornamento quasi irrinunciabile.
quindi alla mia domanda: Forse dovrei darmi alle unghie francesi, alle ricette di cucina, al bric-à-brac, al dècoupage o a alle spiegazioni su come realizzare copriteiera all’uncinetto e sassi con animali dipinti? la risposta che emerge è un bel sì.
L’hai detto tu, Donna moderna in una mano e Kant nell’altra…
anche se la mia personale curiosità mi spinge piuttosto a chiedermi: dove si nasconde Kant in Donna Moderna? (forse anche viceversa?)
Il fatto è che tu posti certi argomenti a sopresa solo per avere più accessi su Google.
Ma io povera ignorante mica lo so e mi domando sul perchè l’hai fatto e se c’è un interesse o è una provocazione. Secondo me potresti inserire argomenti alti o bassi,va bene comunque, purchè ci sia voglia di parlarne.
Il problema è, Milli, che è lecito aspettarsi che ci sia maggiore attenzione quando si scrivono cose serie.
@ Judetheobscure: nessuna intenzione di contrapporre la cultura del libro a quella della rivista, ci mancherebbe; basta pensare al “peso” culturale di riviste tipo “Il Menabò” all’inizio degli anni sessanta, o i “Quaderni Piacentini” per il ’68 o “Ombre rosse” per il cinema. In quasi tutti i settori culturali il dibattito inizia spesso sulle riviste e poi si sviluppa con altri mezzi (tanto per dire, l’ultimo romanzo di Thomas Hardy che ha dato il nome alla rosa di cui al tuo nick venne pubblicato prima a puntate su una rivista e poi stampato come libro, cosa che succedeva spesso nel secolo XIX). Per non parlare poi di internet, cd, dvd, iPhone, iPad e tutto il resto. Volevo solo notare come nelle immagini proposte di libri non se ne vedevano (e riviste neanche, salvo quelle impilate nello stipsiogeno bagno-bazar) e mi domandavo perché, visto che nel periodo a cui lo stile si riferisce (grosso modo seconda metà del XIX – prima metà del XX secolo) libri e riviste non erano ignoti: erano relegati in ambienti appositi molto maschili, tra cuoi e trofei, venivano presi in prestito uno alla volta dalla biblioteca del villaggio o proprio non c’erano? E non mi pare si trattasse di ambienti “proletari” nei quali sarebbero stati lussi insostenibili. Eppure venivano rappresentati luoghi in cui veniva comunque spesa della vita: possibile che le uniche attività fossero dormire-lavarsi-evacuare senza lavarsi-imburrare il pane-preparare le marmellate-disporre i fiori secchi-prendere il tè-spolverare i ninnoli-spettegolare-lavorare all’uncinetto-imbolsirsi nel rancore? Mi viene il sospetto che fosse proprio il pubblico (o l’idea di pubblico) al quale erano indirizzate le dispense (per le quali non esprimo nessun giudizio negativo: fanno parte della cultura di massa come i fumetti, i fotoromanzi, i gialli, lo spionaggio e la fantascienza da edicola, eccetera per i quali occorrerebbero discorsi analitici specifici; posso dire che in certi casi hanno costituito validi surrogati alla difficoltà di reperimento di manuali aggiornati in libreria) a determinare l’assenza di libri, pubblico per il quale essi, anzi, potevano rappresentare elemento perturbante, modello fuori portata, quindi ansiogeno, quindi commercialmente controproducente. Se lo stile country in sé somma buona parte degli elementi del kitsch (assenza di “distanza estetica”, immanenza del sentimento, falsificazione intenzionale, in sostanza inautenticità, non veridicità), la sua proposta edulcorata a un pubblico che è meglio non sia disturbato rappresenta, da parte dell’industria culturale, una perfetta operazione midcult.
Tullix, è l’esatto contrario, perlomeno per la raccolta De Agostini, poi per le riviste di questi anni non saprei perchè non le compro.
Il country qui proposto è l’esatto opposto della falsificazione e fa leva invece sulla autenticità, sull’unicità del pezzo, sul valore del materiale, sulla durata nel tempo, non su una patina di antico data ad un mobile nuovo. In questo senso tutto l’opposto della riproducibilità tecnica dell’opera d’arte. Considera che all’epoca non esistevano negozi come quelli che pubblicizza “Giardinantico” dove andare a comprare un acquaio in graniglia, mattoni di recupero, scale levigate dai passi, intere collezioni di forbici da pota. Dove insomma recuperare tutti quegli elementi per farsi una bella casa “fintantica”. In questo senso sì, si può parlare di Kitsch del country.
Veniamo ai libri. Non credo che se ci fossero state anche pile di libri la cosa ti avrebbe fatto gradire maggiormente il country. Anzi, lì sarebbe stato il vero imbroglio. Il country vero è uno stile contadino americano, e i contadini a stento sapevano leggere qualche brano della Bibbia, ma più per il fatto di saperlo a memoria. I libri non sono un elemento del country “classico” (cioè quello che viene qui rappresentato), anche se questo non vuol dire che non vi possano felicemente rientrare in rivisitazioni moderne.
In ogni caso bisogna fare molta attenzione a non bollare come kitsch ciò che semplicemente non ci è consaguineo o presenta alcuni degli elementi formali di questo stile (come ad esempio le collezioni di oggetti, le ceste di fiori secchi, l’accordo totale del decoro tra tessuti e tappezzeria, ecc).
Riguardo poi alla “distanza estetica” per me è una bufala che si è inventato uno che si chiamava kant, un tale di cui a quanto pare la filosofia non riesce a fare a meno.
E comunque nel mio dizionario “midcult” non equivale a satana.
Ho usato il termine “midcult” nel senso che gli ha dato Dwight Macdonald (v. “Masscult e Midcult”, e/o, 1997) e che è ben spiegato da Umberto Eco in “Apocalittici e integrati”, Bompiani, 1964: “Macdonald parte dalla distinzione, ormai canonica, dei tre livelli intellettuali, high, middle e lowbrow mutandone la denominazione secondo un più violento intento polemico: contro le manifestazioni di un’arte di élite e di una cultura propriamente detta, si ergono le manifestazioni di una cultura di massa, che non è tale, e che perciò egli non chiama mass culture ma masscult e di una cultura media, piccolo borghese, che egli chiama midcult”. Ancora, da Alfio Squillaci: “Che cos’è il Masscult? Presto detto: quasi tutta la produzione televisiva, cinematografica, giornalistica che il moloch informativo quotidianamente vomita. Esempi? Tutto il palinsesto di Mediaset, che si nutre di quattro “c”: calcio, cosce, canzoni e cazzate. Tutta la presse du coeur (…). La differenza tra il Masscult e la genuina cultura popolare non risiede nell’enorme diffusione dei media di cui il primo si gioverebbe, quanto in una strategia ragionata da parte dei suoi dispensatori: ‘Il Masscult, scrive Macdonald, scende dall’alto. E’ fabbricato da tecnici al servizio degli uomini d’affari’, non soddisfa solamente, ma sfrutta il gusto popolare. E si giustifica dicendo che ‘dà al pubblico ciò che il pubblico vuole’. Che cos’è invece il Midcult? E’ la cultura di massa dei piccolo-borghesi, e come tale, a differenza di quella delle masse popolari, si nutre di prodotti che aspirano all’Alta Cultura. Esempi: il poema ‘Se’ di Rudyard Kipling esposto in tutte le anticamere dei dentisti, le riviste di Franco Maria Ricci, ‘Il gabbiano Jonathan Livingston’ di Richard Bach e la gabbianella di Sepulveda (…). ‘Nel Masscult il trucco è scoperto: piacere alle folle con ogni mezzo. Ma il Midcult contiene un duplice tranello: finge di rispettare i modelli dell’Alta Cultura mentre in effetti li annacqua e li volgarizza’”. Umberto Eco è tornato sul tema su “L’Espresso” del 16/04/2010, riportando come esempi attuali di Midcult i Somerset Maugham, i Marai e i Simenon pubblicati da Adelphi accanto a testimonianze di cultura alta che più alta non si può. E gli esempi potrebbero moltiplicarsi facilmente.
Se Midcult non è Satana… (A proposito, più sopra dici che “se lo sai riconoscere, con satana ci puoi fare anche una partita a carte”: sì, però sapendo che se perdi perdi e se vinci – se ti lascia vincere – allora è ancora peggio). Volendo poi si può andare a curiosare cosa diceva Virginia Woolf sulla cultura middlebrow (“If any human being, man, woman, dog, cat or half-crushed worm dares call me ‘middlebrow’ I will take my pen and stab him, dead” – prego notare la bellezza di quel “verme mezzo spiaccicato”. O la più gentile definizione della cultura middlebrow come una “mixture of geniality and sentiment stuck together with a sticky slime of calves-foot jelly”: pare di sentirlo l’odore di quella gelatina di zoccolo di vitello…).
La “distanza estetica” non faceva nessun riferimento a Kant, verso il quale non nutro nessuna simpatia particolare (se non si fosse capito le mie preferenze vanno all’hegelo-marxismo della Scuola di Francoforte e alla cultura radical americana, con tutti gli sviluppi del caso). Era la sintesi di una frase di Gillo Dorfles (“Nuovi riti, nuovi miti”, cit. p.179): “Forse è proprio qui una delle differenze più significative tra fruitore di buono e di cattivo gusto; o meglio tra autentico assaporatore dell’arte e assaporatore ‘utilitario’ ed edonistico della stessa: il fatto di porre un certo distacco tra sé e l’opera, di osservarla con partecipazione cosciente e non soltanto con il ‘lasciarsi andare’ all’onda della piacevolezza”. Qui ci verrebbe tutto un discorso su Brecht e l’effetto V (verfremdung), ma lo rimando a un’altra occasione.
Che la raccolta De Agostini poi non c’entri niente con Walter Benjamin ho i miei dubbi: pensi davvero che il fruitore medio (l’impiegata della Toro Assicurazioni) sia in grado di cogliere i rapporti tra i componenti di uno stile e usarli creativamente piuttosto che fare del copia-e-incolla o andare con la pagina della dispensa in qualche negozio di pseudoantiquariato per farsi, magari al settimo piano di un condominio di semiperiferia, l’angolino country?
Infine i libri: certo che non mi aspetto pile di libri in una capanna di tronchi nel west o in una delle case alla Grant Wood, alla “I giorni del cielo” (“Days of Heaven”, Terrence Malick, USA, 1978) o alla “Psycho” della “Bible Belt”. Però mi pare che le immagini si riferiscano in maggioranza al country inglese (e lì i contadini proprio…) e per quello americano più a posti tipo Martha’s Vineyard o il Vermont di “La congiura degli innocenti” (“The Trouble with Harry”, Alfred Hitchcock, USA, 1955), insomma posti in cui qualche stramaledetto libro dovrebbe pur esserci.
Concludendo, mi sta bene il country inglese nelle campagne inglesi specialmente se vivo nel secolo scorso, mi sta bene lo stile provenzale in Provenza (magari), mi sta già meno bene lo stile country sulla costa est degli Stati Uniti, perché spesso é solo una scopiazzatura da senso di inferiorità culturale nei confronti del mondo British: Mi può star bene la citazione divertita e ammiccante, però il titolo dell’opera non è “Storia degli stili: lo stile country”, ma “Arredare country”. Il discorso sarebbe identico per “Arredare Biedermeier” (un incubo) o “Arredare Bauhaus” (facciamoci del male). Insisto sul Midcult. Per dirla con Tom Wolfe, “Maledetti architetti”!
Che devo dire? Di fronte a tale spiegamento di forze culturali e una tale dimostrazione di mascolina e testosteronica superiorità intellettuale non c’è niente da ribattere, non mi interessa “vincere” la discussione.
Sinceramente, e non mi prenderei la briga neanche di risponderti se non ti stimassi, penso che ti sbagli e che secondo me dovresti ampliare i tuoi orizzonti. Prova, invece che dare retta al Dorfles (che ha cent’anni o giù di lì), a leggere qualcosa di Claudio Sottocornola. Forse potresti avere un’illuminazione su quanto fittamente quello che chiami “midcult” sia di stimolo dinamico per l’highbrow culture.
Guarda che il mio residuo testosterone lo riservo ad altre cause: sono un essere maschile ma detesto le competizioni con vincitori e vinti (se non forse verso Berlusconi e il kitsch politico e umano che rappresenta). Anche io ti stimo e mi spiace che sul “midcult” abbiamo idee così differenti. Quanto a Dorfles (100,5 anni portati splendidamente!) l’accostamento a Sottocornola mi pare come minimo “imbarazzante”. Ho visto che hai collaborato a una sua mostra, ho letto un paio di interviste fattegli (con una citazione da Gramsci sbagliata e una da De André fuori tema). So che ha pubblicato due raccolte di poesie dall’aria APS e mi pare che le cose che dice sappiano un pop di acqua fritta riscaldata cinquant’anni dopo. Mi sbaglierò, ma fossi in te cercherei di stare alla larga da questo tipo di cultura fai-da-te. Credo ti meriti di meglio.
Tullozzo, dai, non fare l’incazzoso culturale-dogmatico. Le discussioni scritte su forum, siti e blog mi fanno venire l’ansia. miciona mode onNon vuoi essere una fonte d’ansia per me, vero? miciona mode off
Sono stata in ansia tutta la settimana, non mi va di litigarmi con te sui leggiadri bagni country.
Faccio però un riepilogo veloce: 1)non credo proprio, e credo Dorfles sarebbe d’accordo con me, che il country proposto qui sia Kitsch, per motivi proprio tecnici.
2)Dorfles ha cent’anni, e non è infallibile. Se come credo sia giusto,intendiamo il Kitsch come un processo e non uno stile immutabile(a parte quello anni ’80 ormai considerato classico), le dispensine proposte non lo erano. Forse oggi possono essrene lette come un prodomo, ma non lo erano allora, nè consapevolmente, nè inconsapevolmente.
3) Non credo che un’abitazione sia kitsch solo perchè non ci sono libri
4)Sottocornola è un uomo di un’intelligenza fresca e attiva, di grandissima cultura, non solo musicale. L’accostamento con Dorfles non è imbarazzante affatto, anzi.
5) Importante: ammesso e non concesso che l’opera proposta sia midcult, kitsch e così via…e ciò che dimostra? Ognuno ha peccati masscult nella sua vita. Tu non ne hai neanche uno? Non vedi tv, non hai mai visto un cartone, un telfilm, neanche da ragazzo? Io posso farti un elenco infinito. Ma se sei qui e leggi il mio blog, vuol dire che ti interessa, allora la cultura di massa, attivamente recepita, non è fonte solo di massificazione e sotto-cultura, ma anche di nuovi modi di vedere il mondo. Su questo almeno concordi?
Comunque guarda, mi sono stressata davvero con questa discussione. Sono allo stremo delle forze e vicina alla rinuncia.
Liddy B. Goode, /Fearless Knight Mode On (il potere del corsivo ce l’ha solo chi posta)/ anche se il Miciona Mode credo sia bandito dalla Convenzione di Ginevra, non posso rimanere insensibile all’ansiogenicità, ma smettila di sbattere le ciglia /Fearless Knight Mode Off/
“Pacatamente, serenamente” credo che tutto l’oggetto del contendere stia nel modo differente di considerare il Midcult: mi sembra che tu lo faccia un po’ coincidere col Masscult o che lo consideri come il risultato di un rapporto tra cultura alta e cultura di massa, mentre per me è proprio un’altra cosa che con la cultura di massa c’entra poco. Per inciso io ADORO la cultura di massa e non me ne vergogno affatto: da piccolo leggevo i fotoromanzi di mia madre e sono cresciuto a fumetti (che colleziono ancora), gialli e Urania. I miei giornalai si sono fatti ciascuno almeno un alloggio con i soldi che gli ho lasciato in riviste, dispense, CD, VHS (compreso tutto Star Trek) e DVD con film di genere e spesso di Serie B (ma anche Z). Se riesco a star sveglio mi guardo serie tv d’ogni tipo (con preferenza per quelle con gli stronzissimi serial killer che si credono sempre più furbi). Mi piace saltare dalla cultura alta a quella di massa e far interagire i due livelli: ma non sopporto il midcult come corruzione della cultura alta, riduzione a pappa omogeneizzata e predigerita, castrazione di quanto può essere critico, manipolazione verso un pensiero unidimensionale.
Mi rendo conto che il discorso può diventare molto complesso e articolato, ma questa discussione mi ha molto stimolato e spinto ad andare a rivisitare cose lette a vent’anni e che tutto sommato rimangono ancora, quanto meno dal punto di vista metodologico, estremamente “profetiche”. Magari ci faccio una rubrica di approfondimento su uno dei blog (‘Diarioquasigiornaliero’ e ‘Compiti a casa’) che curo a intermittenza con Fizzi
Spero di essere riuscito a scalfire almeno un po’ l’immagine dell’incazzoso culturale-dogmatico che proprio non mi si attaglia (ma quando faccio le citazioni mi diverto da pazzi…).
Recupera le forze. Un abbraccio.
da quello che dice Tullix mi pare di capire che lo staff che ha confezionato quelle foto potrebbe di proposito aver tolto dalle scene i libri per non creare ansia ai fruitori.
Mi piace anche constatare che il fruitore medio è l’impiegata della Toro Ass. ( e non ha detto l’impiegato e questo la dice lunga).I contadini poi, in quanto a libri…lasciamo stare.
Fa piacere constatare che esiste qualcuno che legge molto, ma magari le citazioni bisogna interiorizzarle e non solo fare ” copia-incolla”.
Ho parlato dell’impiegata della Toro Assicurazioni perché ho la libreria vicino ai loro uffici e le impiegate rappresentano bene un certo gusto medio che sconfina ahimè spesso nel cattivo gusto. Qualcuna è più volenterosa, qualcuna meno, qualcuna si vede che vorrebbe capire qualcosa di più ma proprio non ce la fa, tra fidanzato cretino e genitori vischiosi. Ma almeno qualche libro lo leggono. Gli impiegati invece al massimo cercano manuali sulla Programmazione NeuroLinguistica per cercare di fregare meglio clienti e colleghi.
premesso che: ognuno a casa sua fa quel che gli pare, non abbiate niente che non sia estremamente bello o estremamente utile (william morris citazione a memoria perciò sicuramente sbagliata).
anch’io ho una casa piena di aggeggi ma sogno le case giapponesi (dei ricchi) spaziose e vuote.
il lusso dello spazio.
peccato sono arrivata in ritardo è un argomento moooolto interessante.