“Non per fare una critica…”

Quante volte avete letto una frase di questo tipo, quante?

  • Non vorrei fare una critica, ma mi sembra che…
  • Non per essere critici, ma forse sarebbe meglio...
  • Non vorrei che si prendessero le mie parole come una critica, ma sinceramente non trovo giusto che…
  • Lungi da me fare una critica, però…
  • Guarda che hai capito male, non volevo criticarti, volevo solo precisare che…
  • E alla via così.

    E’ normale che attraverso la comunicazione non verbale tipica di oggi e del mondo di internet si tenda ad una prudente cortesia (c’è chi non lo fa, veramente. Sant’Antonio troppa grazia), ma in questo caso specifico c’è non solo un inutile eccesso di prudenza (in ogni caso la persona soggetta a “critica” la prenderà male, garantito. In certi casi il silenzio è d’oro), ma soprattutto un errore di fondo che affligge anche le comunicazioni verbali interpersonali vis à vis,il giornalismo, anche quello specializzato, le pubblicazioni d’ogni genere e in sintesi tutto il mondo della comunicazione professionale.

    In buona sostanza, un errore che coinvolge praticamente tutti, perlomeno in “Italia”.

    Ovviamente molti sanno che la parola “critica” non significa solo un’esternazione di un’opinione negativa, ma semplicemente e più solidamente una analisi di un qualcosa, fatto o azione, che non necessariamente conduce ad un rapporto di negatività o conflittualità con l’oggetto dell’analisi.

    Il caro vecchio Kant scrisse tre libri (nel mondo accademico si dice persino che siano importanti…): Critica della ragion pura, Critica della ragion pratica e Critica del giudizio.
    Con questi tre libri il caro vecchio Kant non voleva mica “criticare” la ragion pura, la ragion pratica e il giudizio, ma semplicemente analizzarne la condizione, lo stato, l’essenza metafisica. Non ce l’aveva mica su con la ragion pratica. Voleva semmai capirla.

    Ecco, se vogliamo darne una definizione potremmo dire che una critica è una serie di pensieri e riflessioni che sono necessari per comprendere una cosa, non per stroncarla.

    La stessa parola, Krisis, viene dal greco e significa “dividere, separare”. Nel linguaggio fisico-matematico è un termine assai usato, poichè definisce il momento preciso del passaggio di un sistema da uno stato ad un altro (ad esempio il limite di Chandrasekhar). Prendiamo l’espressione “massa critica”: viene utilizzata in astrofisica per determinare la massa necessaria affinchè un corpo celeste passi da uno stato ad un altro (es. dallo stato di protostella a stella, di pianeta a stella, ecc.). In poche parole, quando un insieme di elementi è stazionario e sopravviene un cambiamento.

    Il cambiamento in sè per sè è un evento normale della materia (anzi, per la scrivente è un evento costitutivo della materia) ed essere una nana bianca non è nè meglio nè peggio che essere una supernova. E’ solo differente.
    E’ a comprendere questa differenza, questa krisis, che serve una critica.
    Le critiche sono quindi necessarie per comprendere la realtà che ci circonda e la nostra posizione, come società e come singoli individui, all’interno di essa.

    Monna Lisa di caffèlatte
    La critica è poi il fondamento del processo di storicizzazione dell’opera d’arte. L’osservazione e il giudizio dell’osservatore entrano a tutti gli effetti a far parte dell’insieme noto come “opera d’arte“. Con una frase provocatoria ma veritiera dirò che un’opera d’arte senza un pubblico non è più tale.
    Chi si astiene dal giudicare perche “non sa” o peggio, perchè “non lo trova giusto” commette il danno più grande che si possa infliggere verso quella congerie di oggetti e azioni chiamati “Arte“. Chi nega che qualsiasi produttore d’arte lo faccia per un pubblico ideale è alla meglio un ingenuo o non ha in sè la benchè minima percezione di cosa sia produrre arte.

    E quindi? E quindi sono stufa, arcistufa delle frasette sul tipo qui sopra riportato. Che le persone prendano coscienza di ciò che dicono e ciò che fanno, se ne assumano piena responsabilità. Questa forma pseudo-evangelica di “non fare critiche” non è che supina quiescenza intellettuale mascherata da cortesia.

    Si potrà anche essere pazzi, ma c’è ancora chi sa distinguere un falco da una colomba.

    23 pensieri riguardo ““Non per fare una critica…”

    1. Scusa Lidia, lungi da me la volontà di farti una critica, ma non ho capito il paraggio o la meta del discorso. Bisogna criticarti? Anche quando non ce n’è bisogno?
      E’ meglio farlo alle spalle, c’è più gusto, solo che qui i rapporti tra le persone passano tutti attraverso te e allora come si fa?
      Comunque, per me che sono relativamente giovane a questo tipo di rapporto internettiano, è sempre complicato capire il tono in cui una frase è scritta. Qualche volta mi sono anche mezza offesa e ho risposto piccato, salvo accorgermi dopo che il tono era scherzoso. Figura di merda. Ma forse non volevi dire questo. E’ anche vero che nei forum in genere c’è la tendenza all’accondiscendenza verso il capo e se contraddici te magnano viva. Non in questo, mi pare. Ciao

    2. No, non era questo che volevo dire, ma che è davvero molto controproducente astenersi, soprattutto mentalmente, da una critica per non sembrare scortesi, per i vari motivi che ho scritto. E’ un atteggiamento di piaggeria e appiattimento mentale che non sopporto.
      Ci sono poi -come ce ne sono sempre- coloro che non sanno porgerle o che le utilizzano quale strumento di potere (vedi certi accademici), ma questo non toglie valore alla critica in sè, che è uno strumento prezioso per la crescita dell’artista e dell’individuo, specie quando diventa autocritica.
      Per criticare alle spalle (hai ragione, c’è più gusto), puoi iscriverti a qualche social network tipo FB, o farti dare le mail private e ciuciuliare con la tastiera
      Comunque se vuoi criticare me puoi farlo anche davanti: se proprio mi dice male farò finta di non leggere.

        1. Veramente …io non ho provato un’oncia di soddisfazione…anzi, proprio l’opposto! Litigare, anche poco, non mi diverte per nulla, mi dà ansia e insonnia. Essere costretta dalle circostanze a far valere le mie opinioni mi costa giorni di sofferenza, tanto che molte volte preferisco tacere.
          No no, proprio non direi soddisfazione reciproca. Tua semmai, la mia no di certo.

    3. Sapevo che avresti puntualizzato su questo. Io sono molto debole psicologicamente e anche piccoli alterchi mi causano l’effetto di un gran litigio.

    4. c’è anche un’altra angolazione da cui considerare la questione: ricordi la discussione sul giardino Reinhart ? ecco quella per me è stata la dimostrazione lampante di come la gente rifugga la parola ‘critica’ come la peste, attribuendole il significato di ‘chiacchiere invidiose’; ma non è ancora questo il punto.
      Ricordo che qualcuno disse, più o meno, che siccome il proprio giardino non era poi un modello di perfezione, non si poteva permettere di ‘giudicare’ quello altrui.
      Ecco qui il nocciolo: se esprimi un giudizio, tanto più se negativo, sei superbo e arrogante ! quindi elaborare un giudizio personale ed esprimere una critica, che sono attività tra le più evolute della mente umana, sono ritenute quasi riprovevoli o almeno maleducate; è un curioso senso del pudore, questo! ma a ben guardare, chi oggi risponde con uno ‘scagli la prima pietra ecc. ecc.’ a chi si indigna per quanto avviene sulla oscena-scena politica italiana, riproduce esattamente questo atteggiamento di ignavia, mascherata da educato rispetto

      1. E’ vero che il concetto dell’etica non dovrebbe essere disgiunto dal concetto dell’estetica, ma, cara Ross, non mi sembra che l’esempio di cui sopra calzi molto. Non fatemi dire, per carità, che il giardino R. è un’opera d’arte, ma paragonarlo ai balletti rosa (che carini!) del nostro capo… mi sembra dargli un’importanza troppo grande!

    5. non ho paragonato i balletti rosa al giardino R., ci mancherebbe. Ma io trovo che sia molto simile l’atteggiamento mentale di chi rifiuta di esprimere un giudizio, in questo caso negativo, perchè non si ritiene all’altezza o sa di non essere moralmente del tutto integro,
      Se tuttavia accettiamo questo assunto, (e dando per scontato che ognuno ha le sue piccole defaillances) significa che nessuno può più dire nulla.
      Io al contrario sono convinta che esercitare la critica sia un diritto/dovere e che richieda coraggio e senso di responsabilità.

      1. Ecco, Ross, hai toccato un punto per me nevralgico che trovo per fortuna molto meno leggendo questo sito e che mi uscire di testa quando leggo CDG, dove certe opinioni sono assolute ed espresse spesso con veemenza. Penso che quando si espreme una critica la si debba fare in modo corretto e tenere conto che quelli che la pensano diversamente non sono pavidi ignoranti pecoroni, ma semplicemente possono aver visto la situazione da un lato diverso, o semplicemente avere gusti diversi. Le crociate non mi sono mai piaciute. Quel giardino là per esempio, all’inizio aveva raccolto giudizi entusiastici da parte dei partecipanti, poi qualcuno tuonò autorevolmente Orribile! e tutti dietro con orribile, contraddicendosi. La stessa cosa con Pasti. Volevo dire che è doveroso fare una critica, ma c’è modo e modo, almeno io penso. A me Sgarbi fa morir dal ridere e spesso ha pure ragione, ma lui fa il personaggio televisivo ed è diventato pure una macchietta. Lui basta e avanza.
        Non mi sono espressa benissimo, ma il succo penso che si sia capito. Ciao Ross

        1. Penso che la stessa cosa valga anche per chi ha così pesantemente criticato questo sito. La critica è doverosa, oltre che utilissima, ma, forse c’è modo e modo e poi, non trattandosi di operazioni delittuose, lo spazio nel mondo e nell’internet è molto.

    6. Lucilla credo che ci siamo capite: la critica va espressa con le corrette argomentazioni, altrimenti è chiacchiericcio e nient’altro, per questo ho detto che richiede responsabilità. Quanto alla discussione su CdG, la ricordo benissimo per vari motivi. Quando stavo per postare (dopo averci riflettuto su un bel po’ per non scrivere idiozie) ho visto che Maurizio aveva già espresso il suo parere, del tutto identico al mio; poi la discussione si è fatta accesissima, ma non credo che tutti si siano accodati al parere più autorevole per puro conformismo. ciao Lucilla!

    7. Non per fare una critica, però… figura retorica detta “escusatio non petita”: la più facile da riconoscere, anche per uno studente di latino pecorone, fra le più grossolane e meno efficaci. Da prendere per quel che è: se fossimo cani corrisponderebbe a un gesto di sottomissione però con i canini in mostra. Ok Kant, ma ricordiamoci anche del vecchio Lorenz: qualche volta la retorica non è espressioen etica ma etologica.

    8. no Jude, la mia non è una escusatio.
      Oltretutto non vedo perchè avrei dovuto ‘giustificarmi’ visto che non era neppure petita, appunto; ma poi credi pure quello che preferisci.
      Solo che, come a tutti, non mi piace essere considerata ciò che non sono

      1. Ma forse Jude faceva un discorso generale? A me è parso così.
        In ogni caso è vero: quando si attacca a somministrare la frasetta “non per fare una critica”, già quello irrita, e alla fine si ottiene l’effetto contrario, cioè che con chiunque parli, è lì che s’incazza.
        Meglio dire: vorrei porgere una pacata riflessione. Oddio, sa un po’ di Mortadella, però…

    9. Carissima Lidia, quando ho letto questo tuo pezzo sulla critica m’è venuto da pensare ad una serie di cose, adesso vedo se riesco a scriverle in modo chiaro e comprensibile (a volte ho un tantinello di kasino in testa, magari scrivere m’aiuterà anche a capirmi da me).

      Intanto: quelle forme di cortesia che riporti all’inizio, sei proprio sicura che siano delle forme cortesi per addolcire l’esposizione del proprio parere o addirittura per non esporlo affatto, e non piuttosto una forma d’ipocrisia atta a mascherare il colpo di mannaia che cala dopo quel fatidico “però”?
      “Non è per criticare, però…” e giù botte da orbi su tutto e su tutti, spesso buttandola sul personale, chè a quanto pare il mondo è pieno di gente che non sa discutere su alcunchè senza suggerire, più o meno velatamente, che chi sia in disaccordo con lo scrivente sia persona stupida, ignorante nonchè priva di sensibilità.
      Per come la vedo io il problema non è tanto il non voler giudicare, quanto il volerlo fare a sproposito, senza dimostrare il minimo sindacale di rispetto per le opinioni diverse dalle proprie.
      Quanto a me, da tempo seguo con soddisfazione il sistema del buon Vittorio Alfieri, il quale si rifiutava di discutere con quanti non fossero d’accordo con lui nelle linee generali.
      Questo sistema, oltre ad offrire lo spunto all’ottimo Achille Campanile per un gustoso raccontino (in “Vite degli uomini illustri”), ha pure l’innegabile vantaggio di evitare polemiche e discussioni completamente inutili e totalmente controproducenti, dal momento che alla fine ciascuno rimane della propria idea e spesso tutti si arrabbiano moltissimo.

      Quanto al discorso di “non voler fare critiche”, lì secondo me la questione è diversa, e dipende essenzialmente dalle modalità con cui viene proposta l’opera da prendere in esame.
      Mi spiego meglio: se qualcuno espone al pubblico il proprio lavoro, di qualsivoglia tipo, e magari chiede anche dei quattrini a chi voglia accedere alla visione dell’opera, implicitamente chiede “Che ne pensate?”, e a questo punto io do la mia opinione in base ai miei gusti e alla mia sensibilità, e mi sento libera di discutere dell’opera, pur mantenendo i criteri della buona educazione e della civile convivenza (sì, evito di dire in faccia ad un autore che l’opra sua mi fa schifo, però posso dirgli che sono in disaccordo con lui e, se gli interessa, se ne può parlare assieme).
      Se invece qualcuno mi sta mostrando, privatamente, qualcosa che non desidera render pubblico ma che sta condividendo con me preferisco di gran lunga usare il criterio secondo cui “se non ho niente di carino da dire è meglio se sto zitta”.
      In questi casi un parere negativo ha come unico risultato la mortificazione (o l’incazzatura) della persona con cui ci si sta relazionando, la quale può giustamente obiettare “Ma tu che vuoi? Non t’avevo chiesto niente!”
      A questo proposito, quando mostro il mio amato giardino alle persone con cui desidero condividerlo li avverto sempre che desidero che venga condiviso e non giudicato, e che non chiederò loro “Che ne dici, ti piace?”
      Vero è che in questo caso la selezione avviene già “a monte”, chè il mondo è disgraziatamente popolato da gente che definisce franchezza la propria maleducazione (e, va da sè, maleducazione la franchezza altrui…), ma quelli a vedere il mio giardino non ci arrivan proprio!
      Sì, perchè se la mancanza di senso critico non è bene, e qui son d’accordissimo con Lidia, neppure il tranciar giudizi ad ogni costo è cosa Buona e Giusta.

      1. PIPPONE PER PIPPONE:
        La verità vera è che la Cultura (intesa come insieme di espressioni intellettuali ed artistiche) è in grave crisi. Lo stato italiano ha programmaticamente stabilito già decenni fa il viatico per il suo passaggio nel mondo del capitalismo liquido. Questo implica la produzione di menti esecutrici e non creatrici, di lavoratori sottomessi e cittadini terrorizzati. Ciò si ottiene attraverso un sistema scolastico inefficiente e un sistema giudiziario improduttivo. Berlusconi è stato il garante di questo sistema per decenni dopo Craxi, e così faranno i suoi successori. Feci tempo addietro l’esempio del blog “Fiori & Foglie” del TGcom. Ecco, quello è una dei tanti addentellati di questo sistema.

        Quindi? Quindi siamo ignoranti, e l’ignorante è sempre portato a vituperare ciò che non comprende.
        E chi naviga sul web è preso da quel mulinello di azioni ripetitive che diventano “forma” (non “formalismo”) negli scambi di opinioni. Tempo fa andava motlissimo la sigla IMHO (in my humble opinion, secondo la mia umile opinione), anche quella era un codice per segnalare un attacco, esattamente come può esserlo il codice “non per fare una critica”. Codice, segnale, messaggio. “Io ti sto attaccando, ma nel difenderti dovrai essere prudente, altrimenti la tua immagine all’interno della comunità verrà ad essere dequalificata”. Questo è il contenuto del messaggio.
        E’ una lotta rituale per la supremazia nel gruppo, come fanno gli alci in Canada. ha ragione Jude che talvolta dovremmo buttare Assunto e prendere Lorenz!

        Quindi, sì, a volte “non per fare una critica” è uno stratagemma per poter essere più spietati, ma io sono portata a pensare che il più delle volte sia dettato dalla mancanza di conoscenza (dall’ignoranza, appunto) di forme alternative di comunicazione. Vividi exploit seguiti da immediata obsolescenza. Così funziona la comunicazione contemporanea. Oggi io dico una cosa, domani non se la ricorderà più nessuno. Il litigio è un vivido exploit, perciò piace molto.

        Il peggio del peggio sono quegli imbecilli che dicono “eh, ma le critiche bisogna pur saperle accettare”. Occhei, ma quando sono ben poste,non quando sono -appunto- un attacco gratuito. Come se uno mi dicesse: vedi, ti do un calcio in culo e te lo devi tenere perchè se no sembra che TU sei maleducato”.

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