sarebbe stato “Gardone Riviera”

Nella meravigliosa cornice del Vittoriale degli Italiani di Gardone Riviera, in cui la storia e il paesaggio hanno creato un connubio straordinario, si svolgerà la prima edizione della Rassegna Internazionale del Paesaggio e del Giardino, che prosegue il percorso iniziato nel 2009 con “Protagonisti del Paesaggio”.
Due giornate per la promozione di una cultura qualificata dell’architettura del paesaggio, nelle quali alcuni fra i più noti paesaggisti provenienti da tutto il mondo, si confronteranno su lavori, idee, tendenze di una disciplina sempre più di interesse comune, tra Progetto e Cultura, Storia e Innovazione, Arte e Tecnica.

Con molta affabilità e gentilezza, mi erano stati chiesti la partecipazione e un contributo scritto per il convegno che si è tenuto a Gardone il 18 e il 19 scorsi.
Chi mi segue da un po’ sa bene come io eviti di incasellarmi all’interno di eventi così strutturati che tendono ad essere poco attrattivi per chi ha un occhio antiaccademico nei confronti del giardino.
L’elemento “Vittoriale”, però, mi ha fatto riemergere un ricordo che credevo sopito.
Allora mi è venuta voglia di scrivere, e di raccontare a voi, lettori di questo blog, come la penso a riguardo.

“Arte, paesaggio e bellezza”… non poteva essere diversamente al Vittoriale, che ho visitato in gita scolastica, in quinta liceo, credo.
Rammento perfettamente l’ostilità della guida che non ci permise di entrare nell’edificio con la scusa che vi erano custoditi oggetti fragili. Col senno di poi riesco a sentire i suoi pensieri: “Una massa di ragazzacci calabresi inacculturati, destinati a un futuro poco meno che criminale, sfornati in serie da una società grezza e villana”.
Ci concessero solo sbirciare dall’esterno, attraverso la finestra, in una stanza magnifica, di cui ricordo un azzurro lapislazzuli alle pareti, costellato da decori fin de siècle. Forse da qualche parte c’era appesa una veste da camera color tabacco, o forse ce l’ha incollata la mia memoria, non so. Mi rimbombava in testa un solo nome: “Eleonora Duse”, e quel “Duse” diveniva “muse”, nel mio udito anecoico. E “musa” mi portava a “diva” e al biondo Achille, ad Aretusa che rapiva le frutta, alle rose “fresche e roride” ché veniva voglia di ingoiarle.

Già, le rose. E il giardino, la limonaia, di cui leggo sulla brochure virtuale. A noi toccò un tragitto che ci portò dritti al MAS. E poi terra nuda, coperta da una rada coltre di aghi di pino, una staccionata tirolese che pareva di stare in un campeggio degli scout sul lago Costantino. Ancor oggi mi chiedo se ci hanno portato nel posto giusto.
Non ho voglia di tornarci per saperlo: la meschinità della guida –quel giorno- mi ha tolto ogni simpatia per il Vittoriale. Grazie.

Mi chiedo cosa sarebbe accaduto dentro di me se quel giorno avessi potuto vedere la stanza azzurra, o le rose ottocentesche, la limonaia. Sono passati dieci anni prima che imparassi che non esistono solo le HT del fioraio. Forse avrei potuto impararlo prima, forse oggi avrei dieci anni di “pensiero compiuto” in più, e saprei contribuire meglio.

La Bellezza riservata ai “felici pochi” mi fa orrore. L’ingiustizia subita quel giorno, solo per essere calabrese, ancora di più. È esattamente quell’atteggiamento, quello della guida puzzosottoilnasista, che rende la società incapace di comprendere la Bellezza, ovunque essa sia, tra i fiori, nel paesaggio, in una veste da camera che forse c’era e forse no.
È quell’atteggiamento che insegna a pensare che la Bellezza sia superflua. È proprio quell’atteggiamento che ha prodotto la disfunzione sociale analizzata dal convegno a Gardone Riviera.

La risposta è una: bisogna rafforzare la cultura dell’Arte a partire dalla più giovane età e diffonderla tra i ceti più poveri, non riservarla a un circolo di adepti per poi “rivelarla” al volgo come fosse un’epifania religiosa (anche quando non lo è).
La Bellezza non è una stretta di mano massonica, un modo per riconoscersi tra simili. Dovrebbe essere intesa come un motore per il miglioramento dell’Umanità nella sua interezza.
Se la nascondiamo nessuno la vedrà, non sarà d’ispirazione per nessuno, morirà.

Se ci soffermiamo a riflettere, il citazionismo acatetico del Postmodernismo, sintomo di assenza di originalità di pensiero, è un prodotto della ripetizione di un “ lotto estetico” (dagli anni Sessanta ad oggi) che è l’unico disponibile poiché ormai digitalizzato, e quindi globalizzato.
Ciò che viene prima rimane nascosto, per molti sconosciuto.

Conoscenza, accesso, pratica, critica.
Sono queste le fasi attraverso cui l’Arte si rinnova.

28 pensieri riguardo “sarebbe stato “Gardone Riviera”

  1. Scritto come sempre benissimo, questo bel post, cara Lidia, ha un contenuto che non posso che condividere. Avendo visitato molti anni fa il Vittoriale, devo dire, però, che ne avevo tratto una pessima memoria, anche se non avevo trovato guide razziste o leghiste (mi pare che la Lega non fosse neppur lontanamente presente sulla scena politica!). Mi era sembrata assai disgustosa, infatti, l’immagine del cosiddetto “vate” che emergeva da quel contesto, l’impronta della volontà autocelebrativa presente dappertutto (compresa una porta così bassa da costringere chi voleva essere ricevuto a chinarsi per entrare!), nella convinzione che ogni privilegio gli fosse dovuto, in contrasto, per altro, con la serie interminabile di oggetti che più kitsch non si può e che nell’insieme conferiscono all’intera palazzina un carattere di luogo culturalmente assai povero oltre che alquanto funereo e osceno. Non parlo poi dei giudizi che, attraverso gli scritti, allora in evidenza e leggibili dai visitatori, questo superuomo da operetta aveva espresso su altri poeti, in particolare su Leopardi! Probabilmente, ora che sono diventata più vecchia e perciò più tollerante, se rivedessi quel luogo, potrei anche riceverne una diversa impressione. Il fatto è, però, che quella lontana visita mi ha tolto ogni desiderio di ritornarci!

  2. Condivido tutto anch’io.
    Mi scuso per la brevità (sono in un momento difficile), ma ho soltanto una domanda, che ti assicuro non vuole essere polemica: come si fa a rafforzare la cultura dell’Arte a partire dalla più giovane età? Come si diffonde la Bellezza? Intorno a me vedo solo roba di plastica, omologazione, e un atteggiamento di trascurata superficialità. Come si educa un bambino all’attenzione e alla valorizzazione? Da dove si parte? Ho sempre l’impressione che si tratti della vecchia storia se sia nato prima l’uovo o la gallina.

    1. I sistemi ci sono, ma non si vogliono applicare perché si è scelto di creare delle generazioni di esecutori, ignoranti e conformisti. “Mondo Nuovo” è la descrizione di quello che viviamo oggi.
      Per rafforzare la cultura dell’arte sin dalla più giovane età: mandare in onda programmi televisivi belli, ben fatti, che stimolino a fare e a osservare. Qualcuno c’è pur stato (i Mupptes, qualche bell’anime giapponese, i primi tempi dell’albero azzurro, art attack). I libri d’arte non dovrebbero essere così esclusivi e costosi, dovrebbero esserci delle enciclopedie per bambini e ragazzi, che imparerebbero semplicemente sfogliando. Se i bimbi hanno attitudini speciali, incoraggiarli (questo vale per ogni campo del sapere, a dire il vero). dare una formazione il più possibile varia, come si dice “interdisciplinare”: sapere pensare ad un bel gioiello non equivale a saperlo costruire, insegnamogli anche a costruire belle cose: ne beneficerà l’industria del design e magari anche la microchirurgia. Non è detto che debbano diventare tutti artisti, ma almeno quando guardano una pubblicità sapranno riconoscere “sarabande” di handel, senza elemosinare su Yahoo Aswers.

  3. Ecco, ti suggerirei di tornarci e resettare la pessima impressione che ti ha lasciato in gioventù.
    Ci andai una quindicina di anni fa e mi piacque moltissimo. E’ un posto fuori dal normale, autocelebrativo, all’epoca per pochi, anzi per pochissimi, ma ora è un posto dove con 80 anni trascorsi si può valutare ogni singolo elemento con un punto di vista critico, bellezze e stili che alternativamente possono far orrore o deliziare visti al di fuori del contesto dell’epoca.
    Io ci vorrei tornare col senno dei 52 anni, per analizzare ogni ambiente e ogni angolo del particolare giardino e appena le condizioni domestiche lo permetteranno dedicherò un’intera settimana al lago di Garda, Vittoriale compreso.

  4. Il tuo rammarico però è frutto di un episodio di razzismo presunto. È probabile che la guida odiasse TUTTE le gite scolastiche, viste come mandrie di bufali masticanti chewing gum da appiccicare ovunque.

    1. uhm…rasoio di Occam.E comunque se così fosse perchè la scusa che sembrò banale anche ai miei occhi di diciassettenne? Se a quella signora non le piacevano i ragazzi delle scuole, posso scommetterci quello che vuoi che le piacevano ancor meno quelli delle scuole calabresi. In qualunque gita scolastica sono sempre stata stigmatizzata (assieme ai miei compagni) come “terrona”. E quando si trattava dell’estero “italiana”.

      1. con questo rasoio mi hai fatto a fettine. Semplicemente un comportamento scorretto l’hai preso come una conferma di qualcosa che già pensavi dentro di te. Se avessi visto scolaresche di milanesi entrare, lo capirei, ma questo non l’hai scritto. Non voglio fare troppa polemica, in realtà vorrei fare proprio il contrario, rappacificare il Nord e il Sud, raccontandoti che esistono persone, non terroni o polentoni.

      1. Ecco. La nostra professoressa in effetti avanzò delle proteste assai vivaci in separata sede con la guida, una signora che ricordo alta, con due gambe lunghe come bacchette cinesi, bruna. Uno degli elementi che mi conducono al pensiero che se c’era una ragione per non far entrare scolaresche, ce n’erano due se le scolaresce erano calabresi, fu proprio il disappunto della mia insegnante e il fatto che rimase infastidita dal comportamento della guida per tutto il giorno. È molto probabile che la guida non volesse far entrare scolaresche tout court, ma certo non avrebbe fatto un’eccezione per una scuola di Locri, dove a quel tempo c’erano i sequesrti, Cesare Casella, gli agguati in mezzo alla gente.
        Avevamo fatto tante ore di pullman fino a lì, non credo che il programma sarebbe stato accettato dal consiglio dei docenti se non fosse prevista la visita all’interno. Quindi è stato un cambiamento dell’ultimo minuto. Scolari= male, scolari calabresi=male che genera altro male.

  5. Uh quanta roba, leggo solo ora, non mi sono arrivate le notifiche degli aggiornamenti, non so perché (e la scorsa volta ho pure sbagliato a firmarmi: non sono Ragane, ma RaganellaVerde).
    Certo concordo sul fatto che i mezzi ci sono ma non li si vuole adottare, ma a quel livello si può fare poco, temo; io mi chiedo cosa possiamo fare noi, ciascuno di noi, nel proprio piccolo, che tipo di atteggiamento adottare. Sono sempre più in difficoltà: quando parlo di metodo, di precisione, di disciplina vengo derisa, al lavoro come nella vita quotidiana, e senza queste basi mi pare che non si possa andare da nessuna parte. I programmi televisivi belli non ci sono, ok prendiamone atto, e quindi a un bambino che vuole vedere i programmi televisivi brutti cosa diciamo? Cosa gli proponiamo in alternativa? Ecco quali sono i miei dubbi.
    Sul fatto se andare o no al Vittoriale: ci ho pensato in questi giorni e dalle risposte degli altri vedo che non sono la sola a pensare che avresti dovuto andarci invece, e con un bel sorriso e lo sguardo dritto e fermo, proprio per rovesciare con la forza della tua preparazione i pregiudizi dei leghisti che da quelle parti, mi sa, imperversano. Saresti entrata dalla porta principale in un posto in cui ti avevano sbattuta fuori dalla porta di servizio. I luoghi comuni ci sono e ci sono sempre stati: i miei amici terroni mi chiamano polentona, e le donne al volante pericolo costante, e negri ebrei comunisti, e i rumeni sono tutti stupratori, e via così, ma se stessimo a dar retta ai luoghi comuni non usciremmo più di casa. E sono d’accordo con Milli: ma il vostro prof che faceva mentre quell’imbecille pensava che foste dei terroristi?

    1. Be’, sul Vittoriale (o qualsiasi altro posto): ci sarei andata non tanto per rivalsa, ma solo per rivederlo, a quanto pare o si ama o si odia. ma soprattutto per staccare da casa, famiglia, routine. ma non ho una lira scannata, e come lascio famiglia e cani anche solo per due giorni? impossibile. Insomma, ci sarei andata magari al di fuori del convegno, ma per come sono combinata…

      Cosa fare noi nel nostro piccolo, in questo mondaccio di merda? Comprare bei libri ai nostri figli, nipoti o cugini, libri che siano non solo interessanti, ma anche belli. Ce n’è una produzione piuttosto consistente in questi anni, ma bisogna scegliere con cura.
      Capire le inclinazioni del bambino. I bimbi sono come piante, bisogna averci il pollice verde: quell’empatia che ti permette di comprendere di cosa hanno bisogno. Seguirli, proporgli cose nuove. Sollecitarli visivamente, raccontargli storie interessanti, leggergli i cosiddetti “classici”, non ridurre le loro letture a cose amorfe e non orrorifiche. Questa cosa che ai bambini non bisogna leggere storie spaventose per me è una sciocchezza.
      Dargli un lettore di mp3 con della buona musica dentro.
      vedere molto con loro la tv, essere critici, far vedere i lati negativi e positivi dei programmi.
      Fargli praticare sport e artigianato, insegnargli l’agonismo, la costanza, il rispetto delle regole e dell’avversario.
      Portarli molto fuori.
      Insegnargli la parità delle persone e il rispetto al prossimo. Se si osserva un’ingiustizia, insegnargli a difendere chi ne ha bisogno, a soccorrere, ad aiutare e sostenere.
      Dirgli che sono belli, in salute e amati. Tutti i bambini dovrebbero sentire queste tre cose. Sei bello, anche se sei grassottello/a. Come ti vedo bene oggi, La mamma/il papà ti ama.
      farli sentire che siamo orgogliosi quando superano i loro limiti, e che siamo delusi quando non hanno dato abbastanza.
      E tutto il resto che queste premesse porta con sè.
      Un bambino è una cosa difficile, si perde la pazienza, ti mette a dura prova.

      1. Lidia mi hai commossa. Sarà merito (o colpa) anche di Sarabande di Handel che ho adesso nelle cuffie.
        Grazie.
        Veramente grazie.
        Penso che quello che dici di fare con i bambini si possa fare anche con gli adulti che ci stanno vicini. In ogni caso io non mollo, e chi ride di me, rida pure.

        1. Sì, vero, si può fare, con graaaaandre difficoltà, anche con gli adulti (i quali pensano: ma che ci ricava questa ad aiutarmi? cosa vuole in realtà?). È Handel, comunque che fa commuovere.

          1. Ma va, gli adulti non pensano niente, semplicemente la prossima volta non ti contattano più, perché chi glielo fa fare di stare a sentire i deliri idealisti di una povera scema.
            E’ la passione che mi fa commuovere, Handel ce l’aveva, tu ce l’hai.

          2. Guarda che questi tu non li conosci, sono terribili, fanno paura. Se gli mettessero in mano dei mitra altro che guerre di mafia: si sterminerebbero.
            A me fanno una paura indiavolata. Uno, su FB, una volta che mi spaglia chiamandolo “dottore” invece di “professore” mi ha fatto un culo grande quanto piazza di spagna.

    1. aggiungo: tutti quanti noi subiamo dei pregiudizi, se si è donne non ti ascoltano, se si è brutte donne si è cozze, se si è belle, oche, se sei povero, sei invisibile, se non vesti firmato, sfigato, ce ne sono mille. Pure io ho avuto le mie e fanno male, ma non bisogna farsi fermare, come dice Raganella , andare avanti con la testa dritta, gli ignoranti sono gli altri.
      Ma bisogna pure ammettere che noi stessi abbiamo i nostri pregiudizi, io li ho e li hai anche tu Lidia, giusto?
      Sono un mezzo di difesa istintivo, per prevenire pericoli da “certe categorie”.
      Dovremmo cercare di superarli, almeno in parte.

  6. Certo, tutti abbiamo dei pregiudizi, ed è verissimo che bisogna iniziare a combattere i propri, prima di ogni altra cosa, altrimenti quelli degli altri non si vedono neanche.
    Però, dai, adesso non venitemi a dire che in Italia un calabrese ha le stesse opportunità di un veneto.
    O una donna di un uomo.
    O un nero di un bianco.
    Ecc.

    Durante gli anni ’60-’80 , gli afroamericani chiamavano “black tax” il fatto di dover lavorare il triplo per essere considerati alla pari coi bianchi. Già in un telefilm anni ’90 come “ER” il dottor Benton imprintava i suoi tirocinanti ad un lavoro triplo per non risultare mai in difetto.
    È la stessa cosa che deve fare una donna. È la stessa cosa che deve fare un meridionale.

  7. No, è evidente che non tutti hanno le stesse possibilità, ma allora cosa fare? Rinunciare?
    Ma così gliela dai vinta.
    Quello che penso dobbiamo fare invece è resistere.
    Una donna bella è considerata oca? Bene, e allora questa donna bella dimostrerà a tutti il proprio valore. E lo so anch’io che non è giusto dover lottare per ottenere quello che dovremmo avere per diritto.
    A parte i momenti di sconforto, io penso che questo mondaccio di merda lo si possa scardinare soltanto dall’interno, anche perché è difficile starne fuori visto che è difficile uscirne.
    Allora, se tu fossi andata al convegno del Vittoriale (ma scusa, non ti avrebbero pagata??? Ti volevano gratis, e nemmeno il rimborso spese??? Ah bè!!!!), avresti potuto mettere in luce quello che di questi convegni di plastica e di pura apparenza ti dà fastidio, e magari il prossimo anno non ti avrebbero più chiamata, ma magari avresti aperto gli occhi anche a uno solo dei convenuti.

    1. Non so, credo m’avrebbero fatto un rimborso spese: non è la cosa che sto a guardare, quando m’invitano, ogni morte di papa. Molto sinceramente mi è diffcile allontanarmi da casa per molto tempo, e soffro di una certa odeporofobia. Probabilmente non sarei andata neanche se ci fossi voluta andare.
      E poi ho una fortissima timidezza. In quel convegno pieno di dottori, filosofi e maestri di pensiero, mi sarebbe incespicata la lingua o avrei avuto un attacco di tachicardia.

      1. Ah mi spiace, allora la faccenda è diversa.
        Però, riguardo alla timidezza, forse il problema te lo fai solo tu: saranno anche dottoroni e maestri di pensiero, ma ti hanno invitata, no?
        E comunque non mi pare ammissibile che si limitino a farti un rimborso spese: il lavoro deve essere correttamente retribuito, altrimenti la competenza e la professionalità viene svilita e sottovalutata. Non dico di marciarci sopra, ma di ottenere il giusto. Sai cose che sanno in pochi, non sei facilmente sostituibile, e te lo devono riconoscere.

        1. Il settore è al collasso al momento. È difficile che diano il rimborso e anche il gettone. Credo che il gettone sia riservato solo ai grandi, a quelli importanti. ma certo un rimborso me l’avrebbero dato. Ma non è questo.
          Mi aveva contatata una ragazza dell’ufficio stampa, in maniera veramente carina e alla mano, tanto che -per simpatia- ho riflettuto molto a qualcosa da scrivere sul filone dell’arte del paesaggio e della bellezza. Poi più ci pensavo e più non mi veniva niente, poi mi veniva qualcosa, ma non mi piaceva, avevo buttato giù una paginetta, ma nello scrivere mi è riemerso questo ricordo, che infine, mi sembra un riassunto di quanto la cattiva gestione delle bellezze italiane abbia influito in maniera individuale su ciascuno di noi: perché sono sicura che tutti abbiamo almeno un episodio analogo da raccontare.
          Ed è questa la cosa grave.

  8. Rispondo qui perché mi sto un po’ perdendo nei vari rivoletti di risposte che si sono creati.

    “Guarda che questi tu non li conosci, sono terribili, fanno paura. Se gli mettessero in mano dei mitra altro che guerre di mafia: si sterminerebbero.
    A me fanno una paura indiavolata. Uno, su FB, una volta che mi spaglia chiamandolo “dottore” invece di “professore” mi ha fatto un culo grande quanto piazza di spagna.”

    Io non mi riferivo a QUEGLI adulti, mi riferivo a quelli che si incontrano nella vita quotidiana, colleghi, compagni di palestra, roba così. Però in effetti vanno bene anche quei professoroni, e capisco che tu li tema, ma se li guardi da una certa distanza fanno ridere: ma come, si arrabbiano se dici “dottore” e non “professore”?? è proprio vero che l’Italia è il paese dei diplomi e non dell’esperienza o delle capacità. Però non riesco a credere che tu non sia in grado di combatterli e anche vincerli, con la sicurezza delle tue argomentazioni. Forse devi lavorarci su. Non puoi sempre nasconderti, soprattutto non davanti a gente che se gli togli il titolo accademico non sa più a cosa aggrapparsi.

    Riguardo al fatto che hai riflettuto su cosa scrivere e ti è venuto in mente quell’episodio del liceo, ecco forse avresti potuto sfruttare quel filone del cattivo uso della bellezza, e della bellezza italiana in partitolare, che ci sarebbe tanto da dire e tanto da fare. Avresti anche potuto citare quell’episodio, per esorcizzarlo, facendo un po’ ridere ma anche suscitando sensi di colpa nell’uditorio, qualcosa come “ah eccomi qui al Vittoriale, ma tu guarda, e pensare che al liceo la mia classe è stata lasciata fuori per uno stupido pregiudizio”. Penso che con il dovuto modo sia possibile dire tutto. Penso che dobbiamo essere in grado di cogliere aspetti per noi vantaggiosi da tutte le situazioni in cui ci veniamo a trovare. Lo dico soprattutto a me stessa perché so che è difficile, ma io credo che sia questa la strada. Sono in una situazione di m? Ok ne prendo atto e cerco in tutti i modi e al più presto di uscirne, ma nel frattempo cazzo, non devono averla vinta del tutto, e ci sarà certamente un microbo di vantaggio anche per me, anche qui in mezzo alla m.

    1. Cara Raganella, la penso come te. Lidia, un’altra volta vacci, cavolo. Di che hai paura? È il tuo lavoro, è quello per cui hai studiato. Devi forzare le tue paure e vai, magari chiedi a qualche amico di accompagnarti. Il mondo è ingiusto e c’è chi è più svantaggiato e deve fare più fatica, è inutile recriminare.
      Però se ci pensi bene, in quel posto dove ti sei sentita rifiutata, qualcuno ti ha pensata e hanno alzato il telefono per chiamare proprio te, anche se hanno chiamato fin giù in Calabria. Magari la signorina era la figlia di quella guida..
      Un’altra volta ci avvisi prima di rifiutare, così ti tempestiamo di risposte finché non cambi idea . Ok?

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