Ma hai letto su Rosanova di quel tizio che al Castello di Galeazza ha creato un ‘reading retreat’, col quale si guadagna da vivere. Ha avuto coraggio. Non so se il suo giardino possa considerarsi un’opera d’arte (a proposito Giubbini in questo caso definisce il giardino un sotto prodotto), però sembra sia riuscito a creare un luogo d’arte.
Ah, vedo ora che è pure nel tuo Blogroll.
Tante cose richiedono coraggio. Dire la verità, oppure scegliere di non dirla, a seconda dei casi, tanto per restare nell’ovvio. Mentre vita e arte non scegli di averle. La vita ce l’hanno tutti e a volte uno se la tiene per coraggio a volte per viltà…
L’arte è tutt’altra cosa. Nasce dal talento, ma ha bisogno del contesto giusto per esprimersi. Chissà quanti talentuosi possibili artisti ci sono in Africa, ma non arrivano neanche alla maggiore età, il più delle volte. Forse si voleva dire che ‘vivere d’arte’ richiede coraggio. Mah…a volte si fanno delle scelte, ma non so se si possano definire coraggiose o non invece crudeli.
Infatti, l’arte può essere un’urgenza tale da non ammettere ostacoli, vuoi di natura economica, vuoi affettiva. Molto si è scritto sull’artista povero e romantico, poco si è scritto sull’artista ricco e solo. L’arte è intrinsecamente egoista ed egotista e l’urgenza artistica può costringere a fare del male a chi ti sta vicino. Coraggio o crudeltà?
Clarke Lawrence ha scelto di fare quello che gli piaceva. E’ un simpaticissimo ragazzo. Ha immaginazione e talento e forse il suo giardino non sarà un’opera d’arte (non l’ho visto, ho conosciuto Clarke a casa di Giubbini) ma è possibile che la sua vita sia ‘a work of art’. In italiano diamo quasi lo stesso senso a opera d’arte e capolavoro, per questo ho usato l’espressione inglese ‘work of art’.
sapete cosa mi viene sempre in mente quando si parla di coraggio? i magnifici sette il film non so se lo ricordate, sette pistoleri che difendono uno sperduto e misero villaggio messicano. i contadini sono da tempo vessati da una banda ma non si ribellano per timore.
ovviamente non mi ricordo chi fra i sette, mi pare quello interpretato da charles bronson, si rende conto che i bambini affascinati dalle loro gesta iniziano a disprezzare i padri, ebbene tiene un bellissimo discorso sul coraggio, e cioè se siano più eroici i pistoleri senza legami di sorta o i padri che sopportano tutto per amore della famiglia.
e un altro western: il buono il brutto e il cattivo, quando eli wallach ritrova il fratello sacerdote sorge nuovamente la discussione su chi fra i due è più coraggioso, chi se ne è andato di casa a cercare fortuna o chi è rimasto non solo ad accudire i vecchi genitori ma ad occuparsi anche della povera gente.
porre quesiti che si rispondono da soli è scorretto, però il primo esempio mi piace tanto in egual modo.
non c’entra niente vero?
Penso che se si parla di coraggio, c’entri molto. Anche io penso che ci vuole più coraggio a sopportare, che a incazzarsi e sparare. Io sono del tipo ‘cada Sansone e tutti i filistei’, ma non è coraggio, è incapacità di sopportare. E facile buttar via tutto in un colpo, ma restare e ingoiare rospi richiede più coraggio di quanto io ne abbia (ovvio se si resta per difendere qualcuno o qualche principio, non per viltà o per paura di farsi male o qualcosa del genere). E’ stato detto infinite volte che il vile muore molte volte, mentre il coraggioso ne muore una sola. Ma forse non è coraggio vero e proprio, quanto il ragionamento razionale “fuori il dente fuori il dolore”. Non si può mica passare la vita ad avere paura. Fa male avere paura, è pura sofferenza, e io odio la sofferenza e odio avere paura.
Ma stavano parlando di coraggio associato all’arte. Ecco, io questo discorso l’ho capito poco, forse perché credo che l’arte sia una spinta interiore che non si possa frenare. Dunque, tutto quello che obnubila la capacità raziocinante non è coraggio. E’ una qualche pulsione. Per esempio non trovo coraggiosi quelli della Formula Uno, anzi mi repellono. Penso che se si è disposti a dare via la vita, lo si debba fare per una qualche causa più morale che vincere una corsa.
Non voglio essere facilona né superficiale, ma si parla troppo spesso di coraggio e a sproposito, soprattutto ogni volta che cade un nostro soldato in guerre che non ci appartengono, tanto per dirla fuori dai denti. Sono soldati mercenari ben pagati, niente di offensivo, ma non sono soldati di leva. Le loro morti poco hanno a che vedere col coraggio che invece hanno tutti quelli che accettano lavori sottopagati e senza sicurezze, le famose morti bianche, che non vedono funerali di stato. O tutti quei disgraziati che afftontano il mare per trovare un posto in cui vivere decentemente e invece se non muoiono annegati, se la spassano ai centri di accoglienza, dove non fanno neanche andare i giornalisti.
Anche se questo è un blog sui generis, forse siamo andati troppo fuori tema, temo.
Mi scuso.
sono d’accordo con te in tutto. “l’arte richiede coraggio” mi lascia molto perplessa in primo luogo perchè non sopporto le affermazioni che non vorrebbero lasciare possibilità di interloquire, e poi perchè ho una visione molto materialistica e il fatto che l’arte si manifesti perlopiù in periodi di vacche grasse, altrimenti c’è ben altro a cui pensare, mal si combina con tutta questa sofferenza.
si può sempre ribattere che una cosa è lo specifico momento felice per la società altra lo stato d’animo dell’artista.
ma l’autocompiacimento, il vittimismo, il crogiolarsi e farsi crogiolare, insomma sono trappole sempre presenti.
troppi artisti soffrono a tasche piene questo nulla toglie alla loro arte, ma la sofferenza, quella vera è un’altra cosa. è quella che dici tu dei barconi, delle morti bianche, e mi fermo qui perchè ci capiamo.
lo sbandierare il proprio dolore senza dignità o anche permettere a terzi di farlo, è una cosa che proprio non mi piace.
ti saluto potrei continuare all’infinito……
"Quando guardiamo il cielo di notte ci soffermiamo ad ammirare le stelle a caso senza seguire uno schema.. lasciamo che la nostra fantasia si perda in questo immenso soffitto brulicante di luci... una stella grande.. qualcuna piccola.. un'altra azzurra ed una rossa! Luci lontane che forse ora non esistono neanche più.. eppure sono lì le guardiamo ogni sera quando le nuvole ce lo permettono.. luci che continuano a brillare .. a vivere.. che continuano a farci sognare! Questo BLOG vuole essere uno spazio semplice, senza pretese, uno spazio dove antichi sorrisi e sguardi continuano a brillare come stelle... semplicemente continuano a vivere nell'immenso cielo della rete." (Domenico Nardozza)
E il resto no?
E’ una domanda seria? Comunque, se lo fosse, la vita richiede coraggio per essere vissuta, ma non siamo ovvi: l’arte ne richiede mille volte di più.
ovvio ex aequo, a questo punto.
No?
🙂
Ma hai letto su Rosanova di quel tizio che al Castello di Galeazza ha creato un ‘reading retreat’, col quale si guadagna da vivere. Ha avuto coraggio. Non so se il suo giardino possa considerarsi un’opera d’arte (a proposito Giubbini in questo caso definisce il giardino un sotto prodotto), però sembra sia riuscito a creare un luogo d’arte.
Ah, vedo ora che è pure nel tuo Blogroll.
Tante cose richiedono coraggio. Dire la verità, oppure scegliere di non dirla, a seconda dei casi, tanto per restare nell’ovvio. Mentre vita e arte non scegli di averle. La vita ce l’hanno tutti e a volte uno se la tiene per coraggio a volte per viltà…
L’arte è tutt’altra cosa. Nasce dal talento, ma ha bisogno del contesto giusto per esprimersi. Chissà quanti talentuosi possibili artisti ci sono in Africa, ma non arrivano neanche alla maggiore età, il più delle volte. Forse si voleva dire che ‘vivere d’arte’ richiede coraggio. Mah…a volte si fanno delle scelte, ma non so se si possano definire coraggiose o non invece crudeli.
Infatti, l’arte può essere un’urgenza tale da non ammettere ostacoli, vuoi di natura economica, vuoi affettiva. Molto si è scritto sull’artista povero e romantico, poco si è scritto sull’artista ricco e solo. L’arte è intrinsecamente egoista ed egotista e l’urgenza artistica può costringere a fare del male a chi ti sta vicino. Coraggio o crudeltà?
Clarke Lawrence ha scelto di fare quello che gli piaceva. E’ un simpaticissimo ragazzo. Ha immaginazione e talento e forse il suo giardino non sarà un’opera d’arte (non l’ho visto, ho conosciuto Clarke a casa di Giubbini) ma è possibile che la sua vita sia ‘a work of art’. In italiano diamo quasi lo stesso senso a opera d’arte e capolavoro, per questo ho usato l’espressione inglese ‘work of art’.
sapete cosa mi viene sempre in mente quando si parla di coraggio? i magnifici sette il film non so se lo ricordate, sette pistoleri che difendono uno sperduto e misero villaggio messicano. i contadini sono da tempo vessati da una banda ma non si ribellano per timore.
ovviamente non mi ricordo chi fra i sette, mi pare quello interpretato da charles bronson, si rende conto che i bambini affascinati dalle loro gesta iniziano a disprezzare i padri, ebbene tiene un bellissimo discorso sul coraggio, e cioè se siano più eroici i pistoleri senza legami di sorta o i padri che sopportano tutto per amore della famiglia.
e un altro western: il buono il brutto e il cattivo, quando eli wallach ritrova il fratello sacerdote sorge nuovamente la discussione su chi fra i due è più coraggioso, chi se ne è andato di casa a cercare fortuna o chi è rimasto non solo ad accudire i vecchi genitori ma ad occuparsi anche della povera gente.
porre quesiti che si rispondono da soli è scorretto, però il primo esempio mi piace tanto in egual modo.
non c’entra niente vero?
Penso che se si parla di coraggio, c’entri molto. Anche io penso che ci vuole più coraggio a sopportare, che a incazzarsi e sparare. Io sono del tipo ‘cada Sansone e tutti i filistei’, ma non è coraggio, è incapacità di sopportare. E facile buttar via tutto in un colpo, ma restare e ingoiare rospi richiede più coraggio di quanto io ne abbia (ovvio se si resta per difendere qualcuno o qualche principio, non per viltà o per paura di farsi male o qualcosa del genere). E’ stato detto infinite volte che il vile muore molte volte, mentre il coraggioso ne muore una sola. Ma forse non è coraggio vero e proprio, quanto il ragionamento razionale “fuori il dente fuori il dolore”. Non si può mica passare la vita ad avere paura. Fa male avere paura, è pura sofferenza, e io odio la sofferenza e odio avere paura.
Ma stavano parlando di coraggio associato all’arte. Ecco, io questo discorso l’ho capito poco, forse perché credo che l’arte sia una spinta interiore che non si possa frenare. Dunque, tutto quello che obnubila la capacità raziocinante non è coraggio. E’ una qualche pulsione. Per esempio non trovo coraggiosi quelli della Formula Uno, anzi mi repellono. Penso che se si è disposti a dare via la vita, lo si debba fare per una qualche causa più morale che vincere una corsa.
Non voglio essere facilona né superficiale, ma si parla troppo spesso di coraggio e a sproposito, soprattutto ogni volta che cade un nostro soldato in guerre che non ci appartengono, tanto per dirla fuori dai denti. Sono soldati mercenari ben pagati, niente di offensivo, ma non sono soldati di leva. Le loro morti poco hanno a che vedere col coraggio che invece hanno tutti quelli che accettano lavori sottopagati e senza sicurezze, le famose morti bianche, che non vedono funerali di stato. O tutti quei disgraziati che afftontano il mare per trovare un posto in cui vivere decentemente e invece se non muoiono annegati, se la spassano ai centri di accoglienza, dove non fanno neanche andare i giornalisti.
Anche se questo è un blog sui generis, forse siamo andati troppo fuori tema, temo.
Mi scuso.
sono d’accordo con te in tutto. “l’arte richiede coraggio” mi lascia molto perplessa in primo luogo perchè non sopporto le affermazioni che non vorrebbero lasciare possibilità di interloquire, e poi perchè ho una visione molto materialistica e il fatto che l’arte si manifesti perlopiù in periodi di vacche grasse, altrimenti c’è ben altro a cui pensare, mal si combina con tutta questa sofferenza.
si può sempre ribattere che una cosa è lo specifico momento felice per la società altra lo stato d’animo dell’artista.
ma l’autocompiacimento, il vittimismo, il crogiolarsi e farsi crogiolare, insomma sono trappole sempre presenti.
troppi artisti soffrono a tasche piene questo nulla toglie alla loro arte, ma la sofferenza, quella vera è un’altra cosa. è quella che dici tu dei barconi, delle morti bianche, e mi fermo qui perchè ci capiamo.
lo sbandierare il proprio dolore senza dignità o anche permettere a terzi di farlo, è una cosa che proprio non mi piace.
ti saluto potrei continuare all’infinito……
mi sono dimenticata il prologo: coraggio deve implicare sofferenza sennò che coraggio è?