Ispezioni botaniche sul Monte Limina

In una mattinata luminosa abbiamo deciso di tornare alla Limina per seguire le fioriture spontanee:
La luce cruda della marina si faceva filtrata e tenera sotto i faggi, e si poteva stare anche senza giacca e cappuccio. Si stava proprio bene.
Ci aspettavamo un po’ di più, i ciclamini ad esempio sono ancora molto indietro, ma abbiamo trovato alcuni piccoli tesori.

Le prime ad essere avvistate sono state le pervinche, quelle piccole, le minor, quelle di cui Piz diceva che l’ideale per loro è il giardino all’inglese, sotto i grandi alberi (dio mio, spero non cedri del Libano…).
I fiori sono grandi meno di una moneta da 50 centesimi, ed era grande la tentazione di prenderne un cespo per piantarlo nei recessi più ombrosi del mio giardinaccio, oppure da mettere in un piccolo vaso, fare infoltire, e poi confezionare in primavera, per la Pasqua, in un vassoio fai-da-te-a-costo-zero, che fa tanto lifestyle, homemade whith love, country e tutta quella roba da orticaria. Ma il pensiero del suono stridente delle radici strappate alla terra mi ha distolto.

Pochissimo oltre, e quasi dello stesso colore, abbiamo incontrato, e poi rincontrato, lungo tutta la strada, delle violette color indaco chiaro. Credo siano le calcarata.


Anche le comuni viole odorata ci hanno fatto da compagnia durante tutto il percorso, in dense macchie, in gruppetti o in esemplari isolati. Sempre molto bassi, meno di 10 cm.

C’erano altri tipi di viole, una a fiore giallo che per fotografarla per poco non m’ammazzavo e la foto m’è pure venuta sfocata, ma poteva essere la bertolonii, e un’altra specie, meno diffusa, credo la corsica.


La lettiera di foglie di faggio era molto profonda, e i piedi di affondavano mentre salivamo i leggeri dislivelli in cerca di altri tesori. Foglie di erodium, ciclamini, trifogli, macchiavano il tessuto altrimenti color sabbia dalla superficie.

Come alla prima botanizzazione liminesca abbiamo trovato forse la prima gemma di un bucaneve, oggi ne abbiamo trovato le ultime tracce.

Tra una sosta e l’altra ci sono capitate di frequente la Daphne laureola e l’euforbia delle faggete (E. amygdaloides).

I fiori azzurri sembravano abbondare, questo anemone (blanda, appennina?)…

…ma quello che ci ha fatto più sorprendere è stata la presenza di questa piccola bulbosa, che è stata ribattezzata mille volte. Ora si dovrebbe chiamare Scilla non-scripta, diversa dalle bluebells inglesi, che sono Hyacintoides hispanica o qualcosa del genere. Comunque su questa faccenda ho una gran confusione in testa. Però il fiore è qualcosa che t’allarga il cuore, con questa taglia minuscola e il colore zeffirino.


Abbiamo deviato per San Bartolomeo, dove c’è un’acqua apprezzatissima, e tra lo squallore di una zona ristoro che sembrava un “gallinaro”, abbiamo preso aria e riempito una bottiglia che avevamo in auto. Ci ho riempito un po’ il radiatore (radiatore fortunato!) e anche il serbatoio dell’acqua per i tergicristalli. Mi sono sentita un po’ come se lavassi i diamanti con lo champagne.

A San Bartolomeo (detto “San Bartolo”) c’è anche un monastero. Devo dire che non ha mai esercitato un gran fascino su di me.

Altri incontri sporadici, pratoline dappertutto, molti Helleborus bocconei, e qualche Pulmonaria saccharata ad inizio fioritura.


Dove il terreno era più umido c’erano tanti Ranunculus ficaria .

Al ritorno il tempo s’era già fatto un po’ più grigio, preludio delle piogge preannunciate per la fine settimana dalle onnipresenti previsioni meteo che ci infestano la vita.

Al ritorno ci siamo imbattuti in arbusti di salice (S. viminalis) attorno a cui ronzavano molti insetti. Potevo prendere un paio di rami per farci verghe con cui frustare i miei detrattori…

Un ultimo sguardo dietro di noi, i faggi dritti dritti come fusi che svettano verso l’alto, grigi e giovani faggi. Alberi elfici. Alberi Sindarin.

5 pensieri riguardo “Ispezioni botaniche sul Monte Limina

  1. Invidia suprema invidia! Se tu avessi scritto che eri andata a letto con Hugh Grant da giovane, che tanto mi faceva girare gli ormoni, avrei detto:”Ben andata sorella!”, ma quella passeggiata là, quella te la invidio proprio. E’ il momento più magico, poi in Calabria! Quell’elleboro, quelle violette, quella faggeta… A parte che non mi accompagna nessuno in quei posti (anche qui nel lazio ce ne sono certi…) e io sono un residuo di non patentati, così ecologici, ma pesanti, non mi sento neanche tanto bene in questo periodo. Niente di grave, solo cambio di stagione, ma mi frega assai.

  2. Lidia, ti invidio anche io. Non solo la passeggiata, ma anche la capacità di vedere e riconoscere. Di notte tutti i gatti sono bigi, e nei boschi tutte violette, a non saper guardare. E dire che ho fatto una lunga gita col cane nei boschi di Cuneo pochi giorni orsono -ma mi consolo pensando che comunque in Piemonte siamo indietro…

  3. Quella piccola meravigliosa Scilla dovrebbe chiamarsi S. bifolia, se non le hanno appioppato altri orrendi nomi…per me è un ricordo lancinante, difficile da spiegare: nel mio giardino appena delineato, col pratino ancora pulito e gli alberi piccoli, mi sono accorta che nella bordura di terra spoglia era nata da sola, lei; solo il cielo sa come ci sia arrivata, praticamente in riva al mare e senza spostamenti di terra. L’ho raccolta e messa in un vaso per evitare di perderla (avevo tredici anni), e lei per molti anni è spuntata e fiorita, finché un anno non è più spuntata. Normale, ma doloroso.
    Grazie per avermela ricordata
    Paola

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