15 pensieri riguardo “Orto: giardino alimentare

  1. La definizione non mi piace, tuttavia i kitchen gardens e i potager sono, secondo me, veri e propri giardini anche molto belli

    1. aaah, io sono una patita dei giardini di cucina. Lasciamo stare perchè se no parto in direzione e non mi ferma più nessuno. Potrei parlarne per ore.
      I jardins potager invece no, non mi piacciono in maniera particolare e anzi mi sanno di artificioso. mentre gli orti-giardino, tipo quelli tirolesi, sono un’altra cosa. Molto gradevoli.
      però vero che questa definizione sa proprio di quel giornalismo che con una mano nega dignità all’orto, volendolo elevare a giardino, e con l’altra segue le mode dell’autarchia alimentare?

  2. Per noi siciliani il “giardino” è l’agrumeto; ti porto nel “mio giardino” vuol dire : andiamo a raccogliere le mie arance. Luogo insieme di produzione e di delizia.

    1. Noi in calabria no. In genere abbiamo sempre distinto il tipo di agrume che si coltivava. Non c’era l’uso della parola “giardinu” o “jardinu” per definire l’agrumeto o l’orto, se non in quelle zone vicine alla Sicilia o fortemente influenzate dal siciliano. Noi diciamo: ti porto al mandarineto, ti porto all’aranceto, ti porto al limoneto. Non so perchè, ma era così, oggi si dice “agrumeto”. Solo i vecchissimi contadini, che sono stati anche marinai e che hanno viaggiato nel salernitano e attorno alla Sicilia, usano la parola “jardinu” per definire un orto (non necessariamente un agrumeto).

  3. allora il giardino può essere un orto ornamentale? 😉
    no giardino alimentare non mi convince…è come riconoscere al giardino una certa priorità all’inetrno di un certo ranking … boh

  4. Forse, “semplicemente” – nel senso di: applicabile ad un ambiente divulgativo -, chiamano un orto giardino per dare/sottolineare una dignità estetica all’orto. Dare un valore al suo aspetto di composizione visiva andando oltre le sue caratteristiche funzionali di “fornitore di prodotti alimentari da raccogliere”. quindi un termine non per appassionati di giardini e orti che sono già in grado di vedere nella coltivazione dei vegetali, il rapporto con la cultura l’economia, le capacità, l’arte manuale, un modo per sottolineare questi aspetti per la “gente comune” che ha perso il rapporto coi vegetali.
    Nella mia mente rimane vivo il ricordo dell’orto che una mia prozia, negli anni 60, “teneva” (termine dialettale per dire coltivare, accudire) per conto del proprietario, nella cui casa viveva e faceva la persona di servizio,, una delle famiglie più importanti del paese. Quando io e mia mamma andavamo a trovarla, dopo le chiacchiere in casa, prima di partire ci accompagnava nell’orto a raccogliere fiori da portare a casa (peonie, rose, dalie, a seconda della stagione). Armata di forbicioni a molla attraversavamo la corte agricola assolata in terra battuta della casa a corte della pianura pavese. All’orto si accedeva da una porticina in rete metallica molto arrugginita. il cigolio accompagnava il passaggio dal calore dei mattoni e della terra battuta al verde e ai colori e ai profumi dell’orto, al rumore dell’acqua del canale che passava sul fondo. La posizione dell’orto era strategica per la fornitura d’acqua, c’era anche posizionato la rete da pesca a bilancere: una rete quadrata legata ad un bastone che gli uomini calavano nel canale per pescare.
    Passavamo a far “la visita” all’orto attraverso i sentieri regolari tra le aiuole di pomodori, piselli, fagioli “ramati” (fatti arrampicare sulle canne), le insalate, il prezzemolo, e intanto i discorsi “quest’anno i pomodori non son venuti come quelli dell’anno scorso… vuoi un pò di prezzemolo? le biete le hai? ,… E tra i pomodori, le dalie, le rose, se volevi farle un complimento, per l’organizzazione, la bellezza delle piante le dicevi: “eeh! che ort l’à smia in giardin” [che orto! sembra un giardino!]

  5. Forse, “semplicemente” – nel senso di: applicabile ad un ambiente divulgativo -, chiamano un orto giardino per dare/sottolineare una dignità estetica all’orto. Dare un valore al suo aspetto di composizione visiva andando oltre le sue caratteristiche funzionali di “fornitore di prodotti alimentari da raccogliere”. quindi un termine non per appassionati di giardini e orti che sono già in grado di vedere nella coltivazione dei vegetali, il rapporto con la cultura l’economia, le capacità, l’arte manuale, ma un modo per sottolineare questi aspetti per la “gente comune” che ha perso il rapporto coi vegetali.
    Nella mia mente rimane vivo il ricordo dell’orto che una mia prozia, negli anni 60, “teneva” (termine dialettale per dire coltivare, accudire) per conto del proprietario, nella cui casa viveva e faceva la persona di servizio,, una delle famiglie più importanti del paese. Quando io e mia mamma andavamo a trovarla, dopo le chiacchiere in casa, prima di partire ci accompagnava nell’orto a raccogliere fiori da portare a casa (peonie, rose, dalie, a seconda della stagione). Armata di forbicioni a molla attraversavamo la corte agricola assolata in terra battuta della casa a corte della pianura pavese. All’orto si accedeva da una porticina in rete metallica molto arrugginita. il cigolio accompagnava il passaggio dal calore dei mattoni e della terra battuta al verde e ai colori e ai profumi dell’orto, al rumore dell’acqua del canale che passava sul fondo. La posizione dell’orto era strategica per la fornitura d’acqua, c’era anche posizionato la rete da pesca a bilancere: una rete quadrata legata ad un bastone che gli uomini calavano nel canale per pescare.
    Passavamo a far “la visita” all’orto attraverso i sentieri regolari tra le aiuole di pomodori, piselli, fagioli “ramati” (fatti arrampicare sulle canne), le insalate, il prezzemolo, e intanto i discorsi “quest’anno i pomodori non son venuti come quelli dell’anno scorso… vuoi un pò di prezzemolo? le biete le hai? ,… E tra i pomodori, le dalie, le rose, se volevi farle un complimento, per l’organizzazione, la bellezza delle piante le dicevi: “eeh! che ort l’à smia in giardin” [che orto! sembra un giardino!]

  6. Io odio le verdure. Posso mangiarmi un cane crudo, ma le coste al massimo possono popolare i miei incubi notturni. L’orto ce l’ho, bello grande, e per forza di cose cucino quel che ci sta dentro o ne faccio conserve. Ma non riesco a pensare all’orto come a un giardino alimentare.
    L’orto è un ordine mentale.

  7. Esprimo un mio pensiero perche’ probabilmente sto’ raggiungendo il limite di resistenza filosofica. Sono un addetto ai lavori gestisco aziende vivaistiche, organizzo viaggi e mi occupo anche di paesaggismo negli ambienti dove vivo e sopratutto partecipo per la prima volta ad un dibattito sulla rete.
    Dopo 30 anni di viaggi per tutta europa dove ho visitato oltre 200 giardini e dopo aver assistito per altrettanto tempo allo scempio fatto al paesaggio senza che gli appassionati di giardinaggio abbiano mai manifestato la minima volonta’ di porvi una soluzione,godendo di piu nel collezionar rose oppure altre piante, resto allibito da questi dibattiti in cui il problema e’ definire cosa e’ un orto o come potrebbe essere inteso altrimenti un giardino. Personalmente non ritengo basilare pormi tale problema ed il trovarvi una soluzione che lascio a tutte le anime in pena che oggi calcano i giardini cercandovi risposte esistenziali che non troveranno mai. Personalmente ritengo che l’immagine data da daniela sia molto vicina a quella che ritengo debba essere l’approccio al giardinaggio moderno che per forza di cose dovra’ diventare nuovamente produttivo come alle origini.
    Io ho visto nascere le mie passioni in orti poveri come quelli descritti da Daniela oppure osservando i piccoli giardinetti proletari dei braccianti della bassa romagna e ben descritti (anche se riferiti ad altre zone) da Lidia nel suo libro.
    Dopo aver visto tanti giardini di tutti i tipi , sto’ sempre piu’ tornando alle radici e tali radici stanno nei vecchi orti delle nostre campagne ( qualunque campagna) dove tutto sara’ sempre legato a storie ,materiali piante e costruzioni tipiche di quel luogo e pertanto sempre diversi dagli altri .
    In tal senso tale tipo di orto giardino si contrappone , in tutto ,al collezionismo di piante che omologa tutti a qualunque latitudine questi possano trovarsi senza mai conoscersi.
    Il giardino inteso in senso attuale non e’ nient’ altro che uno sterile e borghese scopiazzare da uno stile o dall’altro senza mai essere originali e creativi . Clement ci ricorda che nelle societa’ sedentarie prima sono nati gli orti poi ………..

    1. Ciao ausano e benvenuto nel tuo primo dibattito in rete.
      Non so se ho capito bene il tuo commento. In parte mi trovi d’accordo, per altre cose invece sono confusa, non so cosa rispondere.
      Per prima cosa invidio la tua esperienza: aver visitato oltre 200 giardini in Europa in trent’anni è davvero un privilegio. Ecco, di questi 200 giardino davvero non ce n’è nessuno che ti abbia colpito o interessato, affascinato? Che giardini hai visitato, giardini privati o aperti al pubblico, come Sissinghurst, jardin Plume, Versailles, ecc? E’ stata proprio la tua esperienza di visitatore di giardini a lasciarti deluso da questo mondo o altro?
      In che senso dici che gli appassionati di giardini non manifestano neanche la minima volontà di porre un rimedio allo scempio paesaggistico? A questo blog partecipano molte persone che lo hanno fatto e continuano a produrre idee, iniziative, pensieri, manifestazioni di una volontà del tutto opposta allo sfruttamento indiscriminato del territorio. In rete si trovano numerosi siti e forum che promuovono l’iniziativa, privata o accorpata, per il recupero di zone abbandanonate, delaissée, incolti, periferie degradate, centri urbani, orti comuni ecc. E che al contempo stimolano la discussione verso una più consapevole visione del paesaggio e sollecitano le manifestazioni e le attività di protesta contro le vessazioni a cui è sottoposto.

      Condivido il fatto che il giardino, inteso come lo è adesso, sia una copia della copia della copia, ma per contro non mi sento di dire che con certezza il futuro è nell’agricoltura, di sussistenza o di produzione.
      Il giardino descritto da Daniela a me non sembra proprio per nulla povero, tutt’altro. Una terra che regala settimana dopo settimana frutta, verdura e fiori non è certamente un giardino o un orto povero.

      Capisco l’affaticamento filosofico dovuto a trent’anni di attività, e capisco che ad un certo punto non si sopporti più la gente che sproloquia. Ma anche uno sproloquio piccolo come questo può potenzialmente produrre un beneficio.

      1. Per me il giardino è stata un’esigenza. Fino a 18 anni ho vissuto in un giardino e ho passato l’infanzia godendone la magia. A volte di notte, quando tutti erano a letto, saltavo dalla finestra per rotolarmi sull’erba o per guardare le lucciole. I fiori mi davano un grande piacere, come passare un pomeriggio nascosta sotto un cespuglio o sopra a un albero a leggere. Se non si hanno provato queste cose, forse non si capisce. Quando sono venuta ad abitare a Roma e ho vista questa casa, brutta e abbastanza buia, sono stata costretta a comperarla da quel rettangolo di terra che aveva davanti (è il giardino che ti sceglie). Su quel rettangolo ho fatto crescere il mio bosco sacro, sì, proprio come dice Jorn de Précy nel libro di Martella. All’inizio vi ho messo tutte le piante della mia infanzia e i profumi che avevo dentro, poi mano a mano sono arrivati altri amori, molti sono anche morti. Non ho mai cercato di dargli uno stile e neppure una forma. Non è stato mai il prolungamento del mio soggiorno, non l’ho mai arredato, giusto una sedia o due di plastica. Vi tengo tutti i miei tesori,le mie begonie, le mie felci, le mie ortensie, i miei ellebori… E’ un brutto giardino, quando lo vedono gli altri in genere stanno zitti perchè sono educati. Mi sono capitati anche i maleducati, se è per questo! Ma è un giardino vero, il mio giardino, mi rappresenta. Con lui mi sento bene.

    2. Quanto mi trovo d’accordo con quello che dici proprio alla fine del tuo discorso, Ausano. Un problema noto della globalizzazione che, passata la condivisione delle diversità, omologa. Tuttavia, come evitare di cadere in preconcetti anche ideologici nel bocciare giardini che correttamente collocati nel loro periodo storico sono degli autentici gioielli. Sarebbe un errore.

  8. Dimenticavo: anche nel mio giardino ci sono gli ortaggi. La colpa è del compostaggio fatto male. Mi nascono qua e là pomodorini, melanzane, un peperone, meloni e angurie. Ho scoperto che le melanzane sono piante perenni. Non ho mai mangiato nulla di quello che è cresciuto, avendo deciso che loro, essendo clandestine, avrebbero avuto il dono della vita. Sono nate, cresciute, hanno fiorito, fruttificato e sono morte di morte naturale. Qualche merlo ne ha approfittato.

  9. L’orto un giardino alimentare? Ancora con questa storia di appiccicare un valore estetico sopra all’orto, come se non ne avesse uno suo intrinseco. Non è necessario posargli un valore estetico superiore.
    Avrete notato che mentre l’orto può sostituirsi al giardino, il contrario non può verificarsi. Che sembra banale, ma non lo è. Ne è motivo il fatto che l’idea utilitaristica di coltivare un appezzamento racchiuso attorno alla dimora è antecedente all’idea estetica dello stesso, come lo è nella scala dei bisogni primari.

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