Prometheus di Ridley Scott e una riflessione sulla contemporaneità

SPOILER: il testo che segue contiene informazioni sulla trama e il finale del film Prometheus.

Che sensazione strana andare al cinema per vedere un film di fantascienza e uscirne scoprendo di aver visto il prequel di Alien.
Neanche nei miei sogni più sfrenati ho mai immaginato che di Alien si potesse fare un prequel, eppure pare che il progetto fosse nell’aria da tempo: si vede che sono proprio fuori da certe dinamiche di pensiero.
Sono perplessa: ci sono un paio di cose che non tornano. No, perchè dovete sapere che io Alien e Aliens li ho mandati a memoria, altro che Pignatti.

Considerando le scarse informazioni date in Alien era difficile sbagliare, non far combaciare le cose, eppure ci sono riusciti.
Certo, se di un filmone così mostruosamente pubblicizzato e sceneggiato di fretta, si può dire che “ci sono appena un paio di cosette che non vanno”, già non è poco.
A quali livelli di logica immaginativa si devono librare le nostre menti per far combaciare pezzi apparentemente buttati a caso in serie televisive, saghe di film, personaggi morti e resuscitati? Una telenovela anni ’80 avrebbe avuto maggiore consequenzialità di certe puntate di Dr. Who o di Star Trek, per non parlare di Lost.

In ordine cronologico, perplessità numero uno: il satellite su cui atterra la Prometheus è l’LV223, non l’LV426. Durante l’arco del film ho pensato che l’ “astronave abbandonata, il veicolo alieno”, nonostante lo scontro con la Prometheus, riuscisse comunque a prendere velocità di fuga, uscire dall’atmosfera e compiere un piccolo tratto prima di abbattersi su un altro satellite del gigante gassoso. Un satellite più esterno che sarebbe potuto essere l’LV426.
Invece l’astronave aliena cade quasi nel punto di decollo.
ORA: filmicamente, se il satellite-meta fosse stato indicato con la sigla LV426 i più attenti avrebbero capito sin da subito di essere di fronte al prequel (o al reboot, come è stato definito) di Alien.
D’altra parte è possibilissimo che nel futuro (cioè nel segmento di tempo compreso tra Prometheus e Alien), attorno al gigante gassoso siano stati individuati altri corpi e quello che era stato nominato LV223, diventi LV426. Succede nella nomenclatura botanica, succede anche in quella astronomica.

Seconda, e più grave, perplessità. Come ha fatto l’Ingegnere supersitite, attaccato e ucciso dall’alieno nel modulo di salvataggio di Vickers, a raggiungere -da morto- la postazione dove è stato trovato in Alien, cioè al posto di pilotaggio, con la pancia spaccata?
Diciamo che è una bella incongruenza per la quale ci sarebbe stata una soluzione facile, teatrale e citazionista (per non tradire lo stile autoreferenziale del film): sarebbe stato sufficiente che l’Ingegnere, dopo aver fatto lo shampoo di schiaffi agli umani, decapitato David-Ash-Bishop-Hal 9000-Lawrence d’Arabia-Peter O’Toole, venisse attaccatto da ‘sta benedetta piovra (mai vista prima) mentre era già seduto al posto di pilotaggio. La morte dell’Ingegnere sopravvisuto alla criostasi si sarebbe potuta vedere negli occhi glaciali di David, come la morte di Brett in quella del gatto Jones (l’unico vero superstite della Nostromo). Il tempo di incubazione avrebbe lasciato la possibilità a Cosa-lì-come-si-chiama (la finta Ripley) di prendere i resti immortali dell’organismo cibernetico e portarseli a zonzo per l’universo.

Terza perplessità: Cosa-lì-come-si-chiama torna sulla nave aliena DOPO che questa è stata colpita dalla Prometheus, tra mille schianti, botte e capitomboli sulla superficie. Ora, dico io…ehm, ma i personaggi che erano nella sala controllo non dovevano essere rotolati tutti via, essendo morti? Uno di qua, uno di là? E David-Ash-Bishop-Hal 9000-Lawrence d’Arabia-Peter O’Toole, essendo per giunta diviso in due e non potendosi aggrappare ad un accidente di niente se non con la lingua, come ha fatto a rimanere nella stessa identica posizione al centro della sala comando, esattamente dove la Salomè degli alieni l’ha decollato?

O sono le leggi della fisica e della logica che cessano di esistere tra i fornelli della Sci-fi?

Prendiamone atto e mettiamoci l’anima in pace. Ma certo qualche volta viene proprio la voglia di trasformarsi in Anne e sequestrarli finchè non scrivono qualcosa di buono, azzoppandoli pure se è del caso.
Porcaccia, ma perchè bisogna mandare tutto a puttane?

E abbiate pazienza, ma io queste cose le devo scrivere. Come non digerisco la misteriosa cuffia di Arwen e il dilitio come propellente dell’Enterprise, non digerisco neanche questi errori di continuità che avrebbero trovato facile soluzione con appena un po’ d’attenzione in più.

E con questo chiudo la parte di nerd carognosa, e mi avvio verso una riflessione sociale che mi sembra impossibile evitare.
E’ da anni che nella letteratura, nel cinema, nell’industria dell’intrattenimento televisivo, è pienamente visibile una involuzione non solo stilistica ed estetica, di gusto e di contenuti. Di quella ne hanno discusso persone ben più grandi di me e io ho poco da aggiungere e solo sporadicamente.
Ciò che mi appare grave, una vera e propria ferita nel tessuto della società umana, è l’involuzione della fantasia, il ripiegamento su se stessi.
Letteralmente un’implosione di speranza.
Questo mi addolora, e mi preoccupa, e mi spaventa, molto di più di quanto non possa fare un alieno divoratore di cervelli.

Cosa ci aspettavamo negli anni ’70? Cosa ci mostravano Star Trek e Spazio 1999? Alieni completamente diversi da noi, per conformazione fisica soprattutto. Ne hanno fatte di tutti i colori con i mezzi che avevano all’epoca, mutaforma, rettiloidi, poliponi, meduse, fasce di luce, plasma-energia, alieni senza corpo rivelati solo da suoni, pietre viventi, macchine pensanti.
Ora cosa succede? Cosa ci mostrano le serie Sci-fi più gettonate?
La Terra.
La Terra, la Terra, la Terra. Gli umani, gli umani, gli umani.

Ditemi, dov’è la Terra in Guerre Stellari? Dov’è? Eh? Non c’è. Non c’è proprio. Siamo “in una galassia lontana lontana”.

Ci aspettavamo qualcosa dal futuro, dallo spazio, una rivoluzione scientifica. Ora stiamo facendo i conti con la crisi energetica globale e la crisi economica internazionale. E cosa troviamo sugli altri pianeti, nei tempi futuri e passati? Noi stessi. Siamo diventati l’unico oggetto di una riflessione che ha smesso di ricercare l’altro da sè, che non accetta il diverso, che implode su se stessa in una sorta di circolo chiuso di cui l’uomo è inizio e fine di ogni cosa, in cui si pensa di andare avanti invece si continua a rutore inconsapevoli sullo stesso binario.
E’ l’inizio della fine.
Quando cede la fantasia gli imperi tramontano.

Gli States sono stati il traino della nostra economia e della nostra cultura per oltre cento anni, la “Terra Promessa” cantata da Ramazzotti.
Se crolla la loro fantasia è perchè è già crollata la loro economia. Ora stiamo mangiando gli avanzi ammuffiti del consumismo neo-liberista. E poi?
E poi la fame, i ghetti, la guerra tra poveri.
Non se ne parla più, nei film, perchè se ne ha paura, troppa paura che diventi realtà.
Non c’è mai stata la guerra in America, l’America non ha mai avuto la fase difficile dell’adolescenza che diventa una giovinezza già stanca. L’attacco alle Torri Gemelle l’ha portata alla scabra realtà dell’evoluzione delle nazioni. Solo da allora per il popolo USA si è concretizzata la paura, che prima era un pizzicorino sotto la schiena, ora è un brivido che raggela il sangue.
Film come I figli degli uomini, la Strada, non hanno avuto nè successo nè grande distribuzione, perchè materilizzavano un pericolo troppo imminente perchè potesse essere concepito come prodotto di fantasia.

Allora meglio tornare sulle cose che conosciamo, che non ci fanno paura, che ci hanno fatto paura (quando eravamo giovani) ma che ora non ci fanno più paura perchè le conosciamo (siamo cresciuti). Prometheus che in greco dovrebbe significare “prevedo, vedo oltre, vado avanti”, rappresenta invece un ritorno indietro, e non solo cinematografico, ma soprattutto sociale. Un epi-film, se vogliamo.

Non c’è più spazio per cercare chi è diverso da noi: chi è diverso potrebbe volerci come cena. La paura si è trasformata in xenofobia. Allora non troveremo alieni sugli altri mondi, ma sempre noi stessi, un po’ diversi, più alti, più bianchi, magari azzurri e dai tratti amerindi (mai nergroidi: la titolarità di qualche ambizione possono avanzarla a mala pena gli oriundi, non gli “importati”), ma sempre umani.
Siamo lontanissimi da Solaris, dalla fantascienza di Urania, da Asimov, persino Marty McFly ha l’Alzheimer.

Guardate Prometheus per quel che è: non il prequel di Alien, non un reboot di un film miliare, non un prodotto dell’industria dell’intrattenimento, ma un altro tassello del mosaico della nostra inevitabile decadenza.

9 pensieri riguardo “Prometheus di Ridley Scott e una riflessione sulla contemporaneità

  1. condivido, come non potrei farlo.
    Quel film è stata una grandissima delusione anche per me.
    Sono andata a vederlo il giorno dell’uscita. In sala c’era tanta gente.
    Quando è finito si sono accese le luci, ma non si è mosso nessuno. Tutti pietrificati. Non volevamo credere di aver speso 11 euro per un coso senza giustificazione. Nessuna fantasia, dici bene.

  2. Lidia, non è un film (c’è solo un teaser per il libro che ha fatto venire un coccolone agli appassionati, che sul momento han creduto che si stesse girando il film: http://www.youtube.com/watch?v=mWs1h5WAjWY ), in molti punti sembra un dialogo galileiano di matematica e fisica (ma come ha ben fatto capire Paolini in “ITIS Galileo”, i dialoghi galileiani sono capolavori letterari: è colpa sua se mi sono appena comprato l’opera omnia di Galileo…), ma quanto a visionarietà…

    Se non ce l’hai, procurati subito “Anathem” di Neal Stephenson, possibilmente in originale (la traduzione italiana, oltretutto in due volumi, ha per forza di cose qualche scelta non proprio felice…).

    1. Mah, a dire il vero a me i contenuti “filosofici” sono sembrati più che altro “filosofeggianti”. Talmente insignificanti che ho preferito non accennarvi neanche. L’inserimento è pretestuoso, nonostante qualche belle frase ad effetto ed una memorabile “Perchè potevamo farlo”. Galileo non mi appare molto pertinenente, solo incidentale. Non so se compro ‘sto tomo di “Anathem” mi sembra un candidato ideale ad Amore al Risciacquo ! Ma se dici che davvero, ma davvero buono, lo ordino. Però dimmelo subito perchè ho un ordine IBS già in coda.

  3. Lidia, fidati, non è *davvero* buono: è molto di più, è uno dei libri migliori che abbia mai letto, è andato a finire per direttissima nello scaffale dei miei irrinunciabili…

      1. E se invece vuoi un film di SF, che pure lui ha ricevuto l’imprimatur di Bee (“Matrix può andare a nascondersi”), ti consiglio “Avalon” di Mamoru Oshii (“Ghost in the Shell”, tanto per capirci, a cui i fratelli di Matrix han copiato idee e stile dei titoli di testa), che si trova in DVD in italiano (ma tremo al pensiero di come avran tradotto certi termini), ma se ti interessa in originale (polacco: Oshii voleva un’ambientazione esotica, e la Polonia per i giapponesi si vede che è come Tahiti per noi…) con sottotitoli italiani rifatti da me… be’…

  4. Ah, Avalon è veramente qualcosa di speciale!
    Ha tutto per non piacermi: ritmi lentissimi, ambientazione in posti tristi e ‘despossenti’, parla di videogames… Eppure fin dall’inizio mi ha catturata in un modo… non avrei smesso di guardarlo per niente al mondo!
    E mentre lo guardavo pensavo ‘Ecco, se non fosse un capolavoro sarebbe una tavanata’ e da quel momento ho cominciato a chiedermi *cosa* esattamente distingua un capolavoro da una tavanata (ché spesso la linea di demarcazione è davvero sottile).
    Non sono ancora riuscita a trovare una risposta soddisfacente…

    P.S. Ti consiglio assolutamente di approfittare della gentile offerta di Jake: quel film va visto nel modo più appropriato!

    P.P.S. Veramente io ho detto “Matrix può andare a nascondersi mille volte”…

  5. Molto interessante.
    E aggiungo che sono del tutto d’accordo.
    Tranne sulla decadenza…
    Quanto a quello che traspare, si a quanto pare non c’è più voglia di varcare nuove frontiere, di cercare l’alieno lontano da casa, e aggiungerei che non c’è neanche più voglia di combatterlo come in Aliens, o perlomeno confrontarsi con lui.
    Peccato, Prometheus sarebbe potuto essere un gran film, se non avesse rinnegato il suo futuro.
    Invece la Weyland è diventata la Dharma…

    1. Già, ma questa stasi, questo “non varcare nuove frontiere”, ormai l’abbiamo addosso da anni. E non mi sento di sbrigarmela come alcuni dicendo che la produzione ha pesato troppo sul regista. “La culla della leadership”, dicevano in Scent of woman. Ma quando i sostegni cedono, la culla cade, e sono marci da tempo (per usare le parole di Frank Slade).
      Io sono uscita dal cinema e ho avuto paura. Perchè con questo film ho visto il punto di nor ritorno. Le sue qualità estetiche non mi interessano, gli errori di continuità sono solo il ronzio di una mosca. Per me questo film è un epi-fenomeno, un epi-film. Non è il film in se stesso, ma ciò che rappresenta: il lento sfasciarsi del capitalismo neoliberista e della nostra civiltà.

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