12 pensieri riguardo “Elogio della povertà

  1. Dipende dal tipo di povertà, può esistere il barbone senzatetto ma in pace con se stesso oppure l’indio che vive in armonia con la natura in una capanna di fango nella foresta, ma c’è anche il disoccupato che non ha nulla da portare in tavola per i figli.
    La povertà è un argomento spinoso, non si può liquidare con una massima filosofica.

  2. Ci son fior fiori di celebrazioni alla povertà, era il leitmotiv degli anni 40 del secolo scorso.

    …. saremo mica tornati indietro di 80 anni?

  3. Sí, la povertà non è questa gran cosa. Allora vi propongo una frase che ho letto l’altro giorno in un libro di Alejandro Jodorowsky che affronta l’enunciato di prima da un diverso punto di vista. “Lo que das te lo das y lo que no das te lo quitas” che tradotto letteralmente sarebbe “Quello che dai te lo dai e quello che non dai te lo togli”.. anche se si potrebbe tradurre meglio.

    1. Uhm, mi spiace, non riesco ad essere d’accordo. La povertà non sarà bella, ma è davvero “una gran cosa”. Non so se stiamo tornando indietro, non credo, non credo a queste cose (tornare indietro, corsi e ricorsi storici, sono solo un’invenzione di chi ha il comodo che le cose rimangano in stallo), il futuro si raggiunge al ritmo di sessanta secondi al minuto, qualsiasi cosa si faccia o non si faccia.
      La povertà, non la miseria o l’immiserimento economico (signori, vogliamo dare valore alle parole e ai loro contenuti?) e il modo di vedere le cose che offre, sono davvero la cosa più preziosa (e inacquistabile) del mondo.
      La povertà non si compra.

  4. L’affermazione mi piace solo se si intende come provocazione nel quadro di una critica alla ricchezza ostentata, cafona e offensiva; o ancora come critica al superfluo di cui pare che l’umanità ricca non sappia fare a meno. Purtroppo, però, il solo introdurre il concetto di superfluità, implica una discussione su ciò che significa superfluo in una società articolata e complessa come quella in cui viviamo. Non mi piace, invece, invece se povertà implica dolore e sofferenza, rinunce forzate, accettazione inerte della propria condizione.

  5. Povertà è non avere l’abbonamento alla rete, i pennelli e i colori per disegnare, i soldi per andare a visitare una mostra di giardinaggio…….Si può anche fare, ci si può anche dire che è più bello, ma solo dopo che si ha avuto il coraggio di provare. A me basterebbe un po’ più consapevolezza della fortuna che ci è , per caso , toccata…..

  6. Tutti quanti amiamo San Francesco e la sua scelta radicale di vita. Però è morto di stenti a poco più di quarant’anni (42 o 44 non ricordo).
    Amare la povertà è una faccenda per santi ( che non hanno figli da far studiare).
    Io piuttosto farei un elogio della sobrietà, o della vita semplice, che ha bisogno di poco e gode delle piccole cose .

  7. Sono appena andata a rileggermi la discussione storica”La povertà è un privilegio?”. Praticamente stiamo( noi utenti) capendo un acca come l’altra volta. ..
    Per quel che mi riguarda quando mi giunge la parola povertà alle orecchie, queste mi si accartocciano per il nervoso. Questa crisi che ha portato a un ridimensionamento dello stile di vita-pure il mio- se non assume toni drammatici è pure salutare ma non indolore, va elaborato e purificato.
    Però ho capito anche che in questa discussione intendevi un altra povertà scelta e consapevole, affine alla scelta di non accettare sponsor nel tuo blog. Sarebbero serviti per comprare un bel po’ di croccantini per i tuoi cani, ma hai scelto di essere più povera per essere più libera , libera di esprimere la tua critica corrosiva alla facciaccia di chiunque.
    È così?

    1. La povertà è una cosa ben diversa dalla miseria, non confondiamo le cose. La miseria, la sofferenza e lo sfruttamento sono ovunque detestabili e biasimevoli.
      Per povertà intendo la mancanza di mezzi materiali che invece ad altri sono dati. C’è ad esempio una grandissima discrepanza tra i mezzi dei miei lettori e i miei, mi capita di constatarlo molto spesso. Siete un po’ più ricchi di me, ammettiamolo (in realtà forse sono io più povera, ma non importa molto), e pur non essendo dei paperoni, la parola “povertà” vi fa subito saltar su.
      Il giardino povero deve essere subito nobilitato, la “povertà” deve indicare non la mancanza di mezzi, ma una povertà diversa, appunto, una scelta di sobrietà e stile di vita.
      No, nulla di così romantico.

      Io parlo di uno stato in cui vive la maggioranza delle persone, costantemente, che non ha nulla di gradevole e neanche di eroico.
      Ma a chi la sa prendere in un certo modo, a chi non si arrovella dall’invidia, la povertà offre uno spettacolo che altro che “voi umani non potreste immaginarvi”.
      La povertà consente la libertà, per i motivi che abbiamo detto sopra (niente da guadagnare, niente da perdere), ma offre ciò che non si può comprare: la capacità di osservare il mondo e gli altri. Il resto delle persone, il genere umano insomma. Come si comporta, cosa fa, a cosa aspira, cosa brama, cosa rifiuta.
      Il povero “che la prende con filosofia” non desidera entrare in questo o quel gruppo sociale, se ne sta per i fatti suoi. Non si omologa, e stare al di fuori gli dà un punto di vista privilegiato, anche perchè con un po’ di astuzia e di fortuna, può di volta in volta “confondersi” tra questo o quell’insieme sociale.
      Un povero, se è in grado, si gode lo spettacolo della vita. Va da sè che se uno non è in grado nè povertà nè ricchezza gli daranno mai quel paio d’occhiali.

  8. Capisco benissimo, più di quanto credi.
    Però per essere cinici si potrebbe affermare che il povero si gode lo spettacolo, gli altri lo vivono.
    Già scritto così, c’è un povero , solo, e gli altri , da un’altra parte.
    Per quanto si giri la frittata è un po’ come la favola della volpe e l’uva, alla festa non ci posso andare ma tanto c’è gente orrenda e la musica fa schifo.
    Però quel paio di occhiali magico può aiutare tanto e a volte si trovano anche soluzioni originali.

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