Quando si vuole insultare, cambiare il genere di una parola è la cosa più facile del mondo: basta cambiare la vocale finale.
“Puttano”, ad esempio, se vogliamo indicare un politico che si vende moralmente (mentre la puttana si vende fisicamente), un “coso” per indicare un qualcosa di brutto, infastidente.
A chi dice che il femminile di medico non si può fare perché “nun se po’ sentì”, vorrei sapere cosa presenta al farmacista se non una ricetta medica, con la quale prenota magari una visita medica in sala medica, dove un lui o una lei gli/le medica una ferita.
A fare il femminile di “paraculo” è stato uno zic, vero?
Anche io sto lottando per avere il “titolo” di consigliera nel consiglio comunale dove siedo come capogruppo all’opposizione, o sarebbe ancora meglio dire “capagruppo”. La parità dei sessi dovrebbe essere confermata anche dal riconoscimento della differenza dei generi. Ma l’ultima volta sono stata rintuzzata con battutacce sessiste e risatine maliziose. Ma tant’è. Non mi curo di loro, ma guardo e passo….
Capagruppo suona malissimo, penso che bisognerebbe ingegnarsi per cose più importanti. Poi magari mi sbaglio.
Mi auguro che tu intenda la pace nel mondo e la protezione del pianeta. Perché trovo che ci siano poche cose più importanti del dare rispetto agli esseri umani in quanto tali.
Ovviamente, chi è che non trepida per la pace nel mondo?
Tuttavia, il rispetto per il genere femminile passa attraverso l’introduzione di parole come paracula e capagruppo?
P.s hai dimenticato l’erba medica, qualcuno potrebbe tentare di fumarsi la dottoressa…
Erba medica, ottimo! La aggiungo subito alla mia lista di “mediche”.
A te piace essere chiamata Milli o col codice fiscale? Certo, il rispetto per il genere femminile e per qualsiasi altra cosa, persona, entità, passa attraverso la giusta denominazione. Sono molti i danni della denominazione inappropriata, tanto per dirne uno “negro”. Sono termini che privano le persone della loro equipollenza e della loro unicità. Anche dottoressa e tutte le parole che terminano in “essa”. Ma come, Milli? Ci battiamo per introdurre il verbo “giardinare” o l’aggettivo “giardinicolo”? E allora che ci stiamo a fare, scusa?
Dottoressa è sbagliato, scorretto e inappropriato. Ora riderete, ma tra qualche anno vedrete due possibili scenari: medica, capagruppo, eroa, elfa e personaggia saranno termini usuali – o, dico “o” in modo opzionale, cioè una cosa esclude l’altra- le donne saranno chiamate “Ehi, tu, puttana!” e faranno le lustrascarpe, le serve, le donne di piacere e non avranno probabilmente neanche nomi propri.
Ok, d’accordo mi arrendo alla lotta per l’ideale. Ma perché dottoressa no? Allora non va bene neanche vigilessa che diventerebbe “vigila”. Le sono più furbe sono quelle che lavorano nel campo della giurisprudenza e si fanno già chiamare avvocata piuttosto che avvocatessa.
Però anche qui ci sono le discriminazioni, perché si sente appellare qualche avvocato particolarmente in gamba “principe del foro” ma non ho mai sentito nominare qualcuna” principessa del foro” .
Qualcuno potrebbe obbiettare che principessa potrebbe far pensare a diademi, carrozze trainate da cavalli, vestiti lunghi e vaporosi e tutto ciò non è opportuno, ma si poteva cambiare in “regina” o trovare un altro termine.
Comunque dal basso della mia ignoranza mi sembra che ci sia la tendenza a uniformare i generi piuttosto che fare le giuste distinzioni. Madre e padre diventano genitore 1 e genitore 2 , per fare un esempio.
Mi fermo qui.
Eh, qui il discorso si apre, si moltiplica e si approfondisce.
Bene!
È vero che se da un lato ci sono dei giusti riconoscimenti per le donne che occupano posti lavorativi importanti nel mondo della politica e della finanza, o in quello professionale, è anche vero che questi sono ancora stenti e a molti suonano poco naturali (come “medica”, parola che invece diciamo spessimo “devo farmi una visita medica per questo cavolo di tunnel carpale”, ed esempio). Quindi è la ricontestualizzazione del termine che dà fastidio, non la sua eufonia (e ricordiamo che la Crusca ha dato via libera a tutti i femminili fatta salva l’eufonia) , si tratta cioè di un costrutto mentale, in parole povere, di abitudine.
Stai parlando con una che direbbe tranquillamente “la Principa Diana”, ma credo di essere troppo avanti e troppo sperimentale. “Regina del Foro” direi che è più che accettabile. Ma anche “Principessa del Foro” non mi sembra sconveniente. Tuttavia sono più che certa che se mai un’avvocata diventasse così famosa per le sue arringhe, le verrebbe appioppato un soprannome allusivo a mascolinità o ad animalità (anche qui il discorso su oranghi, coccodrilli, sciacalli, iene e galline, sarebbe lunghissimo).
Ovviamente, che ce lo diciamo a fare, l’eguaglianza comporta anche omologazione. Ma ancora siamo lontanissimi da questo, ma per darti un’idea di cosa parlo, osserva un dettaglio: le pettinature delle donne afroamericane nei film o telefilm, specie quelli sentimentali. Vedrai che tendono a un total stretch o una leggera piega, come e più delle attrici bianche.
Non credo però sia da questo che deriva “genitore 1 e genitore 2” che francamente ha lasciato tutti di stucco, quanto da una reale e incredibile mancanza di capacità di chi gestisce queste cose e da un tentativo più che maldestro di ingraziarsi un bacino di voti assai appetibile.
Riguardo a vigile e vigilessa, io direi “il vigile, la vigile” (come diciamo di una persona che è vigile su qualcosa, indipendentemente dal suo sesso). Vigilessa proprio no.
Riguardo ai suffissi in essa ho trovato un bel link:
http://www.culturitalia.info/ARCHIVIO/s_spina/flechia/NOMI_GRECI_ESSA.HTML