Il corpo ideale nel mondo della propaganda americana

L’estenuante lotta per la dignità fisica in un mondo che obbliga a rispecchiarci nei modelli di bellezza proposti dal cinema

Illustrazione interna del mio breve romanzo “La piccola estate”.

Anche a voler essere ciechi, andando a mare ci si accorge di quanto grande sia la differenza tra corpo e corpo. L’occhio è obbligato a soffermarsi su forme, dimensioni, colori. Quale più bianco, quale più marroncino, quale più lungo, più corto, quale più grasso o magro. Come i fiori in una aiola, non c’è corpo uguale all’altro.

In spiaggia l’occhio palleggia tra i gruppetti, le famiglie, i colori dei costumi. Se c’è poca gente, a volte sento l’angoscia delle ragazze italiane che inseguono l’ideale di corpo nordico, alto, solido, statuario. La sento questa angoscia come una nube bassa e densa che avvolge tutto. Penso alle innumerevoli ragazze dalle forme naturalmente abbondanti, che si sono rovinate il metabolismo per sempre. Per sempre. Per sempre.

Le figlie delle donne ucraine e polacche, che trent’anni fa sono venute a fare le badanti e le pulizie, rispecchiano perfettamente l’ideale nordico. Si atteggiano con malcelata superiorità. L’ideale di bellezza femminile si è sviluppato attorno al loro fisico, non al nostro: è ovvio che si sentano “superiori”. L’idea della Herrenrasse è molto radicata e molto più intensa di quanto non possiamo neanche immaginare.

Io forse non faccio testo: per me se mi comparisse davanti una ragazza zebrata di giallo e blu, con le antenne e gli occhi da mosca, al massimo le chiederei se le piace il clima della Terra.

Nei decenni ho però imparato che il razzismo non è solo in chi guarda, ma anche in chi viene guardato. Gli ideali di corpo bello, di corpo femminile, di bellezza della donna, sono tutti derivati dal razzismo. Sono frutto di una visione profondamente razzista del mondo. Il razzismo è così profondo che qussi non è più neanche visibile: affonda nelle tenebre, ma esiste.

Le donne della mia generazione sono diventate bulimiche e si sono rovinate la vita perche gli americani sono razzisti. E anche le millennial e le zoomer non sono libere dal razzismo interiorizzato, che si trasforma nel biasimo per il corpo delle sorelle. Cazzo, è disgustoso! leggi come funziona: gli americani sono razzisti -> gli americani ci hanno colonizzati culturalmente con il cinema -> abbiamo imparato e interiorizzato i modelli di bellezza americana -> odiamo noi stesse per non essere geneticamente adeguate -> odiamo quelle che lo sono -> odiamo quelle che non lo sono. Odiamo, disprezziamo.

No, sorelle, non va. Ma voi avete mai provato a coprire un tavolo tondo con una tovaglia rettangolare? La cosa “da ridere” (e da piangere) e che a volte, a prezzo di sacrifici immensi, queste tovaglie vengono tirate e aggiustate in modo da rispettare quella forma estranea. Ah, noi donne siamo meravigliose, anche nei disastri!

Sorella, se sei a dieta perché vuoi assomigliare a Margot Robbie, ricordati che la tua dieta è frutto di un pensiero razzista di un popolo che non è neanche il tuo. Vedi un po’ tu.

Rose rosse per teee…

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Petrea volubilis

Questa pianta prende il nome da Lord Petre (questo Lord Petre: ce ne sono tantissimi), il quale era un giovane giardiniere entuasiasta e dotato. In pochi anni, grazie all’amico Collinson, riuscì ad avere la più grande collezione di alberi del Nord-America, spediti da John Bartram. Allora questa roba arrivava in piccoli pacchetti, sotto forma di sementi che impiegavano decenni a crescere, non con il corriere Bartolini. Chi vuole -oggi- raccontare al mondo di essere un “cacciatore di piante” vada a imbonire i cervelli degli stupidi.
A Lord Petre è legato un aneddoto riguardante una camelia -mi pare. Si dice che il suo giardiniere avesse portato a morte una pianta rarissima e che lui ne morì di dolore. In realtà il povero Petre morì di vaiolo, ancora giovane. La sua enorme tenuta fu lottizzata e per sostenere la moglie, ormai priva di ogni bene, con sciacalla pietà, gli amici giardinieri acquistarono le sue piante, già ben cresciute, a prezzi di fallimento.

In fondo poteva andargli peggio: gli poteva capitare la calceolaria.

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Ricordo d’estate

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Ricordo di primavera

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Un giardinetto povero

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Che macchina è?

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Seicento? Topolino? Che auto sei? Chi me lo dice?

Grazie

Garofani e verbena

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