Viaggio in Inghilterra

strada di campagna inghilterraInghilterra, rorida e fresca. Profumata e tenera. Bocciolo di rosa, carnicina, verde e azzurro opaco.

Grigio in duecentocinquantasei sfumature. Dal bianco lattiginoso del cielo mattutino al cenerino smeraldato dei prati in inverno, coperti di brina ghiaccia che stride sotto i passi. Ocra grigiastro quello della pietra del Cotswold, più bluastro quella di York. Continua a leggere “Viaggio in Inghilterra”

Il sambuco, dal “Flauto Magico” a Harry Potter

http://artscape.us/andersens-tales-1900/elder-tree-mother-06.jpg
http://artscape.us/andersens-tales-1900/elder-tree-mother-06.jpg
La tradizione germanica ci ha consegnato un’idea molto suggestiva e inquietante della pianta del sambuco.
In germania si chiama Holunder (simile nella fonia all’inglese “elder”) poichè sacro ad una fata del folklore tedesco, Holda o Hulda, raffiguarnte una giovane donna con la chioma dorata che abitava proprio nei sambuchi vicini a rivi, corsi d’acqua, pozze, fonti. Ma anche altri esseri fatati, come coboldi, vivevano nel midollo del sambuco.

Sembra che questo personaggio mitologico sia riconducibile alla Fraü Holle dei fratelli Grimm, e più indietro ancora, ad un non chiaramente identificato personaggio femminile della fertilità, della morte e della rinascita. Difatti Fraü Holle/Hulda/Holda è di volta in volta rappresentata come una donna molto brutta (come la Befana, simbolo dell’anno vecchio, morente), o come una giovane donna di aspetto quasi mariano, simbolo di fertilità e di godimento dei frutti del lavoro nei campi.
Quando accade questa dicotomia nelle raffigurazioni di un personaggio, si può a ben diritto pensare che l’origine sia molto antica, di sicuro pre-ellenica e di provenienza non “italica”, quasi certamente medio-orientale. Ogni folklore ha poi rivestito questo personaggio con le sembianze che gli erano più congeniali. Il fatto poi che il culto si sia sviluppato in Germania ha fatto sì che alla figura venisse associato l’enorme compagine di fate e folletti della tradizione medievale mitteleuropea.

Frau Holle in un'illustrazione di Rien Poortvliet
Frau Holle in un’illustrazione di Rien Poortvliet

Riguardo ad una ricostruzione sulla mitologia di Hulda, ho trovato un bel sito, AFW blog, su cui ci sono informazioni molto interessanti che vi consiglio di leggere.

Il sambuco era sacro e non si osava sradicarlo, se si voleva raccogliere del legno si doveva chiedere in prestito e poi riportarlo, o eseguire un piccolo rito di preghiere. Questo è un punto che ritorna per numerose piante magiche.
Mi sembra importante segnalare che le virtù del sambuco venivano contate fino a sette: germogli per le nevralgie, foglie per la cute, fiori per una tisana, bacche per i polmoni, corteccia per l’intestino e gli occhi, radice per la diuresi, midollo antinfiammatorio.
Sette è un numero magico, lunare, poichè in quattro cicli di sette giorni si divide il mese lunare. Pianta lunare, pianta femminile, dunque. Forse per questo Brian Froud interpreta lo spirito del sambuco come una vecchia strega dallo sguardo malevolo.

medorra artwork
medorra artwork

Giuseppe Pitrè diceva che bacchette di sambuco hanno il potere di uccidere i serpenti. Il sambuco era molto usato nelle cerimonie e i riti di festeggiamento di Santa Rosalia.

HP y las reliqiuas de la muerte+magic eleder wandLa bacchetta di sambuco più nota è senza dubbio quella di Harry Potter e i doni della Morte, ricevuta dal primo fratello.

Da un sito specializzato su Harry Potter cito:

Sambuco:
Legno molto raro che dà bacchette potentissime, difficili da dominare e che difficilmente si legano ad un padrone se questi non è superiore a loro in quanto a magia.
Molti fabbricanti non lavorano questo legno perché è difficile venderlo poiché richiede un possessore davvero unico e speciale; quando la rara accoppiata riesce bene si è in presenza di un proprietario dal destino speciale.
Spesso chi possiede questa bacchetta è molto affine a chi ne possiede una di Sorbo
.

La storia dei tre fratelli:

Uno screen grab del video, in cui la Morte dona la bacchetta di sambuco al primo fratello:
magic elder wand_harry potter e i doni della morte

Nel calendario arboreo celtico il sambuco rappresenta il tredicesimo mese lunare, che si conclude nei giorni del solstizio d’inverno (il nostro Natale), probabilmente perchè il sambuco conserva i frutti fino all’inverno. Il numero 13 è sempre stato ambiguo, poichè simboleggia la morte ma anche la resurrezione, un rito di passaggio, di rigenerazione. Nella tradizione cristiana infatti il sambuco presiedeva ai riti di morte. Sul capo del morto veniva posta una corona di fiori, foglie, frutti, anche solo di rami di sambuco, a seconda della stagione.
In Inghilterra ha valenza negativa: bruciare sambuco significa portarsi il diavolo in casa (ecco l’avversione anglosassone per il numero 13…). Si sconsigliava di fare culle di legno di sambuco poichè gli gnomi che vi albergavano avrebbero dato fastidio al neonato.
In alcuni racconti il sambuco non è un albero in cui vive una fata, ma una fata stessa trasformata in albero.

Tornando alla germania, il flauto magico era un bastoncino di sambuco privato del midollo, che doveva essere tagliato in un luogo dove non si udisse mai il canto del gallo, poichè il suono sarebbe diventato roco.
Nell’opera di Mozart, il flauto dato a Tamino per sconfiggere la malasorte, è d’oro, non di sambuco. Ma la celeberrima aria che tutti ricordiamo si intitola Der Holle Rache, cioè “la vendetta di Holle”. Che Holle sia proprio la Regina della Notte?

flauto magico luzzati
In conclusione un video di Patricia Petibon, secondo me la migliore interprete della Regina della Notte.

“La compagnia si scioglie”: gran finale di febbraio confrontando cartine topografiche

Se le serate in discoteca non vi rallegrano più, se Facebook non vi dà più stimoli, se le corse in macchina non bastano più a tirarvi su l’umore, se i parchi gioco vi annoiano, allora questo post fa per voi, perchè è veramente esplosivo.
Perchè, singnore e signori, stiamo per confrontare le cartine topografiche dell’ultimo capitolo del primo volume del Signore degli Anelli, un’attività ludica in grado di produrre su di voi un’emozione potenzialmente letale, perciò leggetelo piano per non causarvi troppa tachicardia. Consigliata l’assunzione di un miorilassante per evitare spasmi e convulsioni.

Ma, siore e siori, non finisce qui, perchè qui su Giardinaggio Irregolare non badiamo a spese quando si tratta di divertimento, e assieme al pezzo da novanta delle cartine topografiche, avremo anche dei brani -siore e siori- dei brani tratti dall’insigne opera.

In breve: un topic quasi tutto scritto e con dei disegni incomprensibili.

Dunque dunque dunque: qui arriviamo ad uno dei passi più belli del Signore degli Anelli, cioè alla morte di Boromir, il rapimento di Merry e Pipino, l’abbandono della Compagnia da parte di Frodo e Sam, l’inseguimento di Grampasso, Legolas e Gimli sugli orchetti di Isengard. Così finisce il primo volume e inizia il secondo, che a me ha sempre annoiato più o meno mortalmente, con interminabili descrizioni di battaglie e assedi. Infatti mi sa che del secondo e del terzo volume, ben poco posterò sul blog.

I nostri amici sono partiti da Lorien il 16 febbraio, e hanno percorso il Fiume Anduin per circa dieci giorni fino a raggiungere le Rapide di Sarn Gebir. Qui ci fu un errore di Aragorn, il quale -avendo avvistato Gollum che li seguiva a nuoto- decide di accelerare i tempi e affretta l’arrivo alle rapide tanto che non si accorgono di averle vicino fino a quasi esserci dentro.
Aragorn non fa molti errori e questo è rimarchevole.
La Compagnia fa retromarcia, accosta sulla sponda occidentale del fiume, si carica le leggerissime imbarcazioni elfiche in spalla e procede lungo un sentiero commerciale. E’ un passo molto bello del racconto, ovviamente di secondaria importanza, quindi non illustrato e non descritto dal film.

tavola 24: il Grande Fiume , le rapide di Sarn Gebir, gli Argonath
tavola 24: il Grande Fiume , le rapide di Sarn Gebir, gli Argonath

sarn gebir_strachey 2

Barbara Strachey sostiene che l’attraversamento delle rapide di Sarn Gebir è accaduto attorno al 24 febbraio.
Il giorno successivo, il 25, dovrebbe esserci l’avvistamento degli Argonath e l’entrata nel bacino di Nen Hithoel. E’ durante queste notti che Tolkien lascerebbe capire che Legolas non è effettivamente biondo ma bruno, cosa sulla quale nell’ambiente tolkieniano si dibatte in maniera accesa.
La scena del film è visivamente emozionante quasi quanto la narrazione di Tolkien, e quando si vede al cinema o su un megaschermo, la sensazione di essere immersi nell’acqua e di sentirsi rimpicciolire, è molto forte.

Dal libro:

“Frodo intravide, scrutando il Fiume, due grandi scogli distanti che si avvicinavano: parevano immensi pinnacoli o pilastri. Alti, perpendicolari, minacciosi, montavano la guardia ai due lati del letto. Tra di essi vi era una stretta breccia, ove la corrente sospinse le barche.
“Mirate gli Argonath, le Colonne dei Re!”, gridò Aragorn. “Fra poco vi passeremo in mezzo. Tenete in fila le imbarcazioni, e lontane le une dalle altre!Non abbandonate mai il centro del fiume!”
Le grandi colonne parvero ergersi come torri incontro a Frodo trascinato verso di esse dalla corrente. Egli ebbe l’impressione di vedere dei giganti, grandi, grigi e massicci, muti e minacciosi. Ma poi si accorse che le rocce erano effettivamente scolpite e modellate: l’arte e la forza antica le avevano lavorate, ed esse conservavano ancora, attraverso le intemperie di lunghi anni obliati, le possenti sembianze che erano loro state date. Su grandi piedistalli immersi nelle acque due grandi re si ergevano: immobili, con gli occhi sgretolati e le sopracciglia piene di crepe, fissavano corrucciati il Nord. La loro mano sinistra era alzata, con il palmo rivolto verso l’esterno, in segno di ammonimento; nella mano destra reggevano un’ascia; in testa portavano un elmo e una corona corrosi dal tempo. Erano rivestiti ancora di una grande potenza e maestà, silenziosi guardiani di un regno scomparso da epoche immemorabili. Ammirazione e timore s’impadronirono di Frodo, ed egli si prostrò, chiudendo gli occhi, e non osando levar lo sguardo quando le barche furono vicine.”

Quest’ultima descrizione, di Frodo che si prostra, mi emoziona sempre. Peter Jackson ha elaborato qui uno dei momenti più belli del primo film e dell’intera trilogia, a mio avviso.

Tavola 25, il Nen Hithoel e il Parth Galen
Tavola 26, il Nen Hithoel e il Parth Galen

Una volta superati i cancelli di Argonath, le barche entrano nel bacino ovoidale del Nen Hitoel, dove si erge Tol Brandir. Ai due lati si levano altre due cime, Amon Hen (Colle della Vista, a occidente) e Amon Lhaw (Colle dell’Udito, a oriente), dove gli antichi re si recavano per avere visioni e comunicare tra loro anche tramite i Palantìr.
Dal libro:

“Mirate Tol Brandir!”, tuonò Aragorn, mostrando a sud l’alta vetta. “Alla sua sinistra è Amon Lhaw, e alla sua destra è Amon Hen, i Colli dell’Udito e della Vista. Ai tempi dei grandi re, su di essi erano stati posti degli alti seggi, custoditi notte e giorno da sentinelle. Ma si dice che mai piede umano o animale si sia posato su Tol Brandir.

Le barche vengono tirate in secco sempre sulla sponda occidentale, essendo quella orientale popolata da orchetti, su una zona pianeggiante chiamata Parth Galen.

Ecco un’illustrazione più dettagliata che raffigura le linee di percorso di tutti i personaggi:

Dettaglio dei movimenti dei personaggi della Compagnia
Dettaglio dei movimenti dei personaggi della Compagnia

Come si vede, dopo essere approdati a Parth Galen per il riposo e decidere il da farsi, Frodo si avvia verso Amon Hen, seguito da Boromir, il quale, una volta Frodo infilato l’anello ed essere sparito, tornerà sui suoi passi al Parth Galen, in tempo per vedere l’attacco degli orchetti, Merry e Pipino rapiti, combattere e morire. Sulla mappa è segnato l’antico sentiero che sia Frodo che Boromir hanno seguito.
Si vede anche il percorso irregolare compiuto da Legolas e Gimli in cerca di Frodo, e quello di Aragorn che raggiunge Amon Hen, mentre Sam, che lo seguiva, torna indietro alle barche, avendo capito le intenzioni di Frodo.
Frodo e Sam prendono una barca e si avviano verso Mordor, attraversano il Nen Hitoel, mentre il corpo di Boromir ha una sepoltura arturiana, poichè viene posto in una barca con una panoplia di armi, e lasciato cadere nelle cascate di Rauros.
Successivamente il suo corno fu trovato e portato a suo padre Denethor, che impazzì dal dolore.

Nella mappa, in nero, è segnato anche un altro percorso commerciale che consentiva di portare le barche in spalla per evitare le cascate di Rauros.
Nella piantina più estesa (la tavola 26) è possibile vedere il percorso a ritroso che seguirono Legolas, Gimli e Aragorn nell’inseguimento di Merry e Pipino, e dove fu trovata la spilla di Pipino.

Tutto questo accadde ieri, il 26 febbraio.

Di seguito i commenti dell’autrice:
nen hithoel_estemnet_strachey 2

tol brandir_parth galen_strachey 2

E per finire in bellezza, un’illustrazione di Alan Lee vecchia maniera, che raffigura la vetta di Tol Brandir vista da Amon Hen. Dovete scaricarla e guardarla bene ingrandita. Osservate l’angolo in basso a sinistra, e in cima alle scale, e ditemi cosa (o chi) ci vedete.

Alan Lee, Tol Brandir
Alan Lee, Tol Brandir

Addio a Lorien

Dopo aver soggiornato circa un mese a Lórien per guarire dalle ferite e dalla stanchezza, la Compagnia dell’Anello lascia il Bosco d’Oro il 16 di febbraio.
Le illustrazioni che riguardano questo addio e in generale Lórien non sono tra le mie preferite. A mio avviso nessuno degli illustratori contemporanei è riuscito ad avvicinarsi alla descrizione di Tolkien, sebbene questa sia meticolosa e suggestiva.
Alan Lee, uno dei migliori illustratori di Tolkien, ha anche realizzato i bozzetti per le scenografie del film (portandosi a casa un Oscar), ma devo confessare che la sua visione di Lothlorien e di Rivendell mi fa l’effetto di un’ughiata su una lavagna.

Lòrien per i bozzetti della scenografia del film
bozzetti della scenografia del film

Non di meglio è riuscito a fare Ted Nasmith illustrando la scena dell’addio a Lórien.

Ted Nasmith, Addio a Lòrien
Ted Nasmith, Addio a Lòrien

Quando ero studentessa e portai il calendario contenenete questa illustrazione a scuola, noi tutti rimanemmo ammirati dall’iperrealismo della scena, finchè un mio collega disse: “Ahò, bello sì, però ogne tanto ‘sto qui appiccica, eh!”

“Appiccica” è un termine gergale degli illustratori vecchia maniera che significa che non s’è data aria sufficiente tra un piano e l’altro. Un iperrealismo troppo spinto “appiccica”, mentre bisogna saper rinunciare a dettagli, sfumare certi contorni. Ted Nasmith “appiccica” un bel po’, ma vorrei saper “appiccicare” io come “appiccica” lui!

Le due illustrazioni più riuscite, secondo me, sono una di Tolkien:

Illustrazione di Tolkien di Lothlorien in primavera
Illustrazione di Tolkien di Lothlorien in primavera

E una del Lee vecchio stile.
Alan Lee_ CerinAmroth

Ma torniamo alla fida Barbara Strachey e alle sue asciutte illustrazioni topografiche:

I viaggi di Frodo, Lòrien
I viaggi di Frodo, Lothlorien

Commento dell’Autrice:
Lòrien_Strachey_i viaggi di Frodo

Peccato che nessuno dei grandi illustratori si sia concentrato sul brano più appassionante dell’addio della Dama del Bosco d’Oro, cioè quella dei doni.
A Sam Galadriel regalò una semplice scatola di legno contenente terra benedetta (“beati i miti perchè erediteranno la terra…”), che poi Sam, una volta tornato nella Contea, devastata da Saruman, sparse al vento, facendola ritornare alla sua originaria bellezza.

Questo è il brano:

“Per te, piccolo giardiniere ed amante degli alberi”, disse rivolgendosi a Sam, “non ho che un piccolo dono”. Gli mise in mano una scatoletta di semplice legno grigio, del tutto disadorna, con un’unica runa d’argento sul coperchio. “Codesta è la G di Galadriel”, disse la Dama; “ma può anche essere l’iniziale di
giardino nella tua lingua. La scatola contiene terra del mio frutteto, ed ogni benedizione che Galadriel ha ancora il potere d’impartire. Non ti aiuterà a percorrere con costanza la giusta via, né ti difenderà contro le insidie; ma se tu la conservi, ed un giorno ritorni infine alla tua casa, allora forse sarai ricompensato. Anche se trovassi tutto spoglio e abbandonato, quando avrai sparso in terra il contenuto della scatola, pochi giardini fioriranno come il tuo nella Terra di Mezzo”.

Un viaggio nell’oscurità

REDHORN GATE BARBARA STRACHEY

E’ ufficiale: domani la compagnia dell’Anello entrerà a Moria dopo il fallimento al Cancello Cornorosso.
Dall’illustrazione del libro I viaggi di Frodo, di Barbara Strachey, si evince chiaramente che attrorno al 10, 11, e 12 di Gennaio, i nostri cercarono di atrraversare le Montagne nebbiose da sopra. Il 12, secondo Strachey, tornarono indietro per ridiscendere il fianco occidentale fino ad arrivare più vicino possibile al Cancello di Moria (la decisione fu di Gandalf, non di Frodo, come visto nel film).
Nonostante questo subirono un attacco dei lupi prima di raggiungere il sentiero più agevole lasciato del fiume Sirannon ormai prosciugato (cosa che sorprese molto la compagnia).

Il 13 si trovavano prorpio di fronte al Cancello costruito dai Nani, un portale dalla forma rozza e pesante, su cui erano incise dellerune elfiche visibili solo alla luce della luna, l’Ithildin.
In genere tutte le edizioni della Compagnia dell’anello riportano l’illustrazione che ne fece Tolkien all’epoca e lo stesso film la ripropone in maniera fedele.
Tolkien raccontò che fu molto difficile farla non tanto per la complessità delle scritte o delle linee, ma perchè la casa editrice gli chiese una copia in negativo per effettuare poi la conversione in positivo, per cui Tolkien dovette annerire tutte le parti che nell’illustrazione sono bianche, cioè la maggior parte del foglio, facendo la massima attenzione a non coprire le rune (non c’era il correttore, all’epoca).

Una delle più belle illustrazioni che ricordo di questo passaggio, oltre quelle fatte da Tolkien, è una di Alan Lee nel suo periodo d’oro, in cui la necessita di verosimiglianza degli anni Novanta non lasciava posto all’infantile disegno di Tolkien, e il cancello è raffigurato come una semplice parete piatta.

I cancelli di Moria
I cancelli di Moria

particolare del gruppo
particolare del gruppo

In questo dettaglio ci si rende perfettamente come Alan Lee, lavorando su carta d’acquerello (presumibilmente Arches o Canson) di dimensioni non enormi, riesca comunque a dare una dettagliata particolarità dei personaggi: Gandalf che indaga con la mano in cerca di indizi, Aragorn attento e di guardia, Legolas e Boromir intenti ad osservare Gandalf, e così Gimli, poco visibile e seminascosto tra Frodo e Sam,preoccupato per il pony Bill. Infine i due giovani hobbit Merry e Pipino, come sempre distratti e intenti a confabulare.

L’iscrizione sui portali è questa: Le Porte di Durin, Signore di Moria. Dite, amici, ed entrate. Io, Narvi, le feci. Celebrimor dell’Agrifogliere tracciò questi segni.

La soluzione dell’enigma iscritto sui portali è semplice: basta dire “amico” (mellon) per poter entrare. Un tempo in cui nani ed elfi non erano così sospettosi tra loro.
La frase intera pronunciata da Gandalf per aprire il portale è:

Annon edhellen, edro hi ammen!
Fennas nogothrim, lasto beth lammen!

Questo è il commento di Strachey alla cronologia degli episodi.

CANCELLO CORNOROSSO

Il centoventennale di Tolkien

120 anni dalla nascita di John Ronald Reuel Tolkien. Auguri, professore!

Disegni di Alan Lee, composizione grafica mia

There is an inn, a merry old inn
beneath an old grey hill,
And there they brew a beer so brown
That the Man in the Moon himself came down
one night to drink his fill.

The ostler has a tipsy cat
that plays a five-stringed fiddle;
And up and down he runs his bow,
Now squeaking high, now purring low,
now sawing in the middle.

The landlord keeps a little dog
that is mighty fond of jokes;
When there’s good cheer among the guests,
He cocks an ear at all the jests
and laughs until he chokes.

They also keep a hornéd cow
as proud as any queen;
But music turns her head like ale,
And makes her wave her tufted tail
and dance upon the green.

And O! the rows of silver dishes
and the store of silver spoons!
For Sunday there’s a special pair,
And these they polish up with care
on Saturday afternoons.

The Man in the Moon was drinking deep,
and the cat began to wail;
A dish and a spoon on the table danced,
The cow in the garden madly pranced,
and the little dog chased his tail.

The Man in the Moon took another mug,
and rolled beneath his chair;
And there he dozed and dreamed of ale,
Till in the sky the stars were pale,
and dawn was in the air.

Then the ostler said to his tipsy cat:
“The white horses of the Moon,
They neigh and champ their silver bits;
But their master’s been and drowned his wits,
and the Sun’ll be rising soon!”

So the cat on his fiddle played hey-diddle-diddle,
a jig that would wake the dead:
He squeaked and sawed and quickened the tune,
While the landlord shook the Man in the Moon:
“It’s after three!” he said.

They rolled the Man slowly up the hill
and bundled him into the Moon,
While his horses galloped up in rear,
And the cow came capering like a deer,
and a dish ran up with the spoon.

Now quicker the fiddle went deedle-dum-diddle;
the dog began to roar,
The cow and the horses stood on their heads;
The guests all bounded from their beds
and danced upon the floor.

With a ping and a pang the fiddle-strings broke!
the cow jumped over the Moon,
And the little dog laughed to see such fun,
And the Saturday dish went off at a run
with the silver Sunday spoon.

The round Moon rolled behind the hill,
as the Sun raised up her head.
She hardly believed her fiery eyes;
For though it was day, to her suprise
they all went back to bed.

Architetture e paesaggi in Labyrinth di Jim Henson. Matrici del gusto di un cult movie

Labyrinth (Dove tutto è possibile, recita il sottotitolo italiano) è un cult-movie per gli amanti del fantasy e per gli illustratori. Possiamo dire che tutto il resto delle persone non lo conosce affatto.
Ma come diceva Santayana, non importa a quanta gente piaccia una cosa, ma quanto piace a coloro a cui piace. Il che è una grande stronzata. Scusi senor Santayana.

Labirynth comunque non è un filmucolo passato alla storia con dubbi meriti, per puro ghiribizzo del caso. E’ invece un film ricchissimo di suggestioni, con una forte caratterizzazione estetica, in cui citazioni, fonti e rimandi sono vari e diversificati e nascono evidentemente da un gusto colto e raffinato, arguto, sottile. La matrice del gusto è molto strutturata e complessa.
Per questo è un cult-movie presso noi illustratori, anche per quelli che non hanno inclinazione al fantasy.
Farne una critica compiuta non è affatto semplice, ho raccolto in questo articolo i fotogrammi che ritenevo di maggior interesse, ma il lettore mi scuserà se ho tralasciato qualcosa.

scena iniziale labirynth
La scena iniziale, che a tradimento ha fatto immaginare a tutti di trovarsi in un mondo fatato del tipo Legend o The Princess Bride, è solo un inganno. Sarah “gioca alle fate”. La scelta del paesaggio è sottilissima. Un paesaggio più selvatico non sarebbe poi potuto passare per un parco cittadino, uno più caratterizzato architettonicamente non sarebbe passato per un mondo fantasy.
Occorre molto occhio per fare scherzetti del genere.
La scena è molto simile a quella iniziale di Alice, ma meno decorata, più “classica” (o meglio “neoclassica”…). Un prato verde e leggere pendenze, un ponte di pietra, un lago, un cigno: elementi classici delle fiabe, senza tempo. Eidos. O se vogliamo clichè.

Suonano le 7
campanile labirynth
e veniamo a scoprire che ci troviamo “quando” nel 1986, e da subito, anche “dove”, perchè la torre dell’orologio, costruzione tipica di ogni città americana, ha le fattezze caratteristiche di quelli del New England, come d’altra parte anche il paesino in cui Sarah corre. Le architetture sono neo-vittoriane e neo-georgiane. In veste più antica ed austera le abbiamo viste mille volte nei quadri di Edward Hopper e nei film di Hitchcock, come Gli uccelli o Psyco.
paese labirynth

pesino labirynth

paese labirynth

Gli interni della casa di Sarah sono molto eleganti, ben al di sopra di una normale “famiglia americana”, seppur benestante. C’è gusto, anche se la decorazione non manca, non è mai soverchia o pacchiana. L’elemento più distinguibile è l’arco d’entrata, di tipo ellittico, molto usato durante il periodo Liberty. L’arredo lascia vedere con chiarezza elementi elaborati nei muri (una mensoliera incassata con volta a platte-bande, delle sedie in stile Shakers tinte di scuro.
interno casa di sarah

La carta da parati è di colore non comune (un verde salvia piuttosto spento) con disegni tipici dell’Arts & Crafts di William Morris e John Ruskin.
carta da parati casa di sarah

L’arco ribassato, stile Liberty, di grande profondità dovuta allo spessore dei muri, è tipico delle case del New England che imitavano lo stile europeo fin de siécle. Anche qui notate i parati in stile Liberty.
arco ribassato

La cameretta di Sarah invece indulge al country, la coperta patchwork ne è l’esempio migliore.
sarah's room
Lo scaffale e le pareti affollate sembrano quelle dei racconti illustrati di Boscodirovo, di Jill Barklem, che ama disegnare scaffali stipati di cianfrusaglie e oggetti di ogni genere.
Alla parete si vede già un poster di Escher, dentro cui Sarah finirà alla fine del film. Un prodromo.

Cambiando scena arriviamo all’esterno del Labirinto.
esterno del labirinto
Il paesaggio è quasi cimiteriale, con tozze steli che rimandano agli storicismi ottocenteschi (per capirci, tra gli altri, la mania di avere i “reperti” egizi in giardino)

Hoggle

L’architettura è di un gotico muscolare, pesante, non manierato. Non rozzo, ma semplice, razionale, quasi rivisitato da un le Corbusier nel suo più felice periodo brutalista.
In alcuni punti il brutalismo è più evidente:
mano che indica
In altri punti invece la visione d’insieme potrebbe essere un bozzetto per il disegno del castello della Bella e la Bestia.
esterno del labirinto
I fiori sono radi, tutti bianchi, al massimo con una accennata sfumatura rosata. Questo per contrastare con il colore di fondo del muro e per essere il più visibili possibile. Sono radi, mai in gruppi, per non essere sdolcinati e romantici, e per avere un aspetto “medievale”. Insomma, un paesaggio che sembra uscito dalle tele di un Johmn Everett Millais che volesse dipingere il giardino di Ginevra.

All’interno textures indefinite e ancora muscolarismo, con il muro che si rastrema, per dare un’idea di maggiore solidità.
labirinto
Nei muri del labirinto i conci sono visibili, un accenno neomaya?
labirynth

labirinto

Cambio di scena: cambia anche il materiale con cui è composto il labirinto, stavolta si tratta di siepi.
labirynth
Rimangono le steli di tipo egizio, ma qui sono più che altro un escamotage ottico per “ancorare” l’occhio alla base.

labirynth
Scena molto complessa da analizzare. Il labirinto è di tipo “tradizionale”, cioè cinquecentesco-seicentesco, di chiara ispirazione francese e “versaillesiana”, ma se fate attenzione le alte sentinelle di pietra sembrano il Soldatino di stagno (1838) o lo Schiaccianoci (1816). Siamo già nel periodo del revival degli stili storici e nell’Eclettismo Ottocentesco. In Inghilterra una scena così composita potrebbe (forse) ricordare The Lilac Fairy Book di Andrew Lang, ma qui in Italia ricorderebbe certamente I quindici e qualche divagazione Luzzatiana su Italo Calvino.
Ma a ben guardare l’altra figura femminile a sinistra dimostra chiaramente delle influenze contemporanee, certamente di Moore e Modigliani. Eppure non stona affatto, anche in virtù del fatto che il materiale e il colore è identico alle statue dei soldati con colbacco.

Qualche maschera
maschere labirynth

maschere labyrinth

maschere labirynth
che più che far pensare ai costumi veneziani rimanda alla barocca fantasia di William Shakespeare e alle caricature di Leonardo. Brian Froud, santone internazionale dell’illustrazione, guru delle fate e degli gnomi, ha qui certamente messo una delle parti più belle della sua magica matita, e le grottesche deformazioni dei nasi e dei visi diventano quasi zoomorfismo, andando a toccare i momenti più delicati e al contempo terrorizzanti di Arthur Rackham e dei Racconti di Mamma Oca. Come vedete anche qui la matrice del gusto è Arts & Crafts, Liberty, a cavallo tra la fine dell’Ottocento e il primo Novecento.
maschera david Bowie

Sarah ha un vestito da principessa delle fiabe come ce lo siamo sempre immaginato tutte da piccole, cioè con le maniche a sbuffo dell’Ottocento e la crinolina. Mentre all’inizio del film aveva un vestito di tipo medievale, più “Marion Zimmer Bradley”. Una diversa visione della fiaba di fate si è alternata nel film.
sarah labirynth
Il decoro nei capelli è vettoriale, alla Victor Horta. Ancora Liberty.
sarah labyrinth ball

La città di Goblin non è come ce l’aspetteremmo, immersa in una foresta, con case sugli alberi come in Tolkien o in Dragonlance (mi scusi Professore per quest’accostamento profano), ma è un borgo medievale, di tipo centro-europeo, di campagna. Insomma, per farla breve, un paese come quello dei Quattro musicanti di Brema. Ci sono finanche galline.
città di Goblin
Le figure scolpite sul pozzo (cuore di ogni paese medievale) sono di carattere gotico, francofono.
città di goblin
Nella sua interezza la Città di Goblin sembra un diorama di un presepe. C’è un sacco di Hans Christian Andersen e di Fratelli Grimm, qui dentro.
città di Goblin, piazza

La parte finale è quella più semplice da spiegare ed è anche quella che più facilmente viene compresa anche da chi ha poche conoscenze d’arte, essendo le stampe surreali di Escher molto diffuse anche negli studi medici e nelle salette d’attesa dei politicanti.
labyrinth escher

La conclusione di questo articolo mostruosamente lungo è che Labyrinth è guidato da un’estetica Liberty e romantica, filtrata attraverso il personalissimo segno del genio pittorico di Brian Froud, che con questo film realizza un vero e proprio piccolo capolavoro, in cui ogni scena si risolve in una raffinata illustrazione tridimensionale.