Le attese candidature ufficiali per il prestigioso premio “Amore al risciacquo”

Si ringrazia Il Bibliofilo per la cortese concessione dell’incipit

Oggi, 1 gennaio del 2013, dopo aver confortato i cani per gli spari di mezzanotte e recuperato i gatti da sotto i mobili, si è riunita nel salotto di casa mia la Commissione di Valutazione delle attese candidature per il prestigioso premio Amore al Riasciacquo, composta da:

mia madre,
mia sorella,
l’ingegner Ottaviano Visentin di Castelfranco Ursino Rampazzo, in rappresentanza della detronizzata famiglia reale borbonica
Il Papa Giancarlo Gian Giovanni Gian Domenico II, in rappresentanza dello Stato Pontificio,
la vedova de Rossi, in rappresentanza della Repubblica Popolare Cinese,
il geometra Peppe Lo Iacono, in rappresentanza delle Isole Tuvalu,
Bibo, Pappiralfi, Bassotto, Andreino George, Trippolo e Fagiolino in qualità di ascoltatori e sommi consiglieri,
e me.

Detta Commissione è giunta a formulare le candidature ufficiali per il prestigioso Premio Amore al Risciacquo, indetto da Giardinaggio Irregolare per premiare il peggior libro letto nel 2012.

I risultati della valutazione della commissione sono i seguenti:

-per la Categoria Elettroencefalogramma piatto:
Elizabeth Strout, Olive Kittrige, Fazi
Massimo Acanfora, Coltiviamo la città, Ponte alle Grazie
Erica Bauermeister, La scuola degli ingredienti segreti, Garzanti Libri (segnalazione di G. R.)

-per la Categoria Rocco Tarocco:
Andrea Scanzi, I cani lo sanno, Feltrinelli
Elizabeth Strout, Olive Kittrige, Fazi
Massimo Acanfora, Coltiviamo la città, Ponte alle Grazie
Tullio Pericoli, Attraverso l’albero, Adelphi

-per la Categoria Orchite:
Anna Marchesini, Di mercoledì, Rizzoli
Cormac McCarthy, Meridiano di sangue, Einaudi
Douglas Adams, La vita, l’universo e tutto quanto, Piccola Biblioteca Oscar

-per la Categoria Photoshop:
Raffaella Notariale, Il Boss della Banda della Magliana, Newton Compton Ed.
Sarah Jio, Il diario di velluto cremisi, Nord Ed.
Jabbour Douaihy, San Giorgio guardava altrove, Feltrinelli
Laura Hillenbrand, Sono ancora un uomo, Mondadori
Aldo Cazzullo, Il mio amore è ovunque tu sia, Mondadori
Simone Sarasso, Settanta, Marsilio

-per il Premio Speciale Green Guignol:
Massimo Acanfora, Coltiviamo la città, Ponte alle Grazie
Vanessa Diffenbaugh, Il linguaggio segreto dei fiori, Garzanti
Francesca Marzotto Caotorta, All’ombra delle farfalle, Mondadori
Candidatura ex officio per Elizabeth Loupas, con La lettrice di fiori, Newton Compton
Alex Mitchell, L’orto sul balcone, Corbaccio

-per il Premio Alberto Forni :
Donato Carrisi, La donna dei fiori di carta, Longanesi
Marco Travaglio, BerlusMonti, Garzanti Libri
Kamala Nair, Una casa di petali rossi, Nord Ed.
Frédéric Richaud, Il signor giardiniere, Ponte alle Grazie
Rebecca Coleman, La scuola dei giochi segreti, Dalai Editore
Heidi Julavits, The Vanishers, Elliot

-per la Categoria Potemkin:
Vanessa Diffenbaugh, Il linguaggio segreto dei fiori, Garzanti
Elizabeth Strout, Olive Kittrige, Fazi
Cormac McCarthy, Meridiano di sangue, Einaudi
Stephen King, 22/11/’63, Sperling&Kupfer

-per il Premio Selezione del pubblico:
Maury Dattilo, Storie di folli giardinieri (7 segnalazioni, dicasi sette), Pendragon
Celia Thaxter, Il giardino sull’isola, Pendragon ( un paio di segnalazioni, magari qualcosina in più)
Francesca Marzotto Caotorta, All’ombra delle farfalle, Mondadori
Luca Martinelli, Sherlock Holmes e la morte del Cardinale Tosca, Ur Editore
Mauro Corona, La fine del mondo storto, Mondadori
Mauro Corona, Torneranno le quattro stagioni, Mondadori
Mauro Corona, Storie del Bosco Antico, Mondadori (Mauro Corona ha dato molto al Premio Amore al Risciacquo)
Luigi Capuana, Novelle del mondo occulto, Pendragon
Carmine Abate, La collina del vento (3 segnalazioni), Mondadori
Gabrilla Buccioli Chiacchiere di Giardinaggio insolito (più di un paio di segnalazioni), Pendragon
Andrea de Carlo, Leielui, Bompiani (segnalazione di G. R.)

La Commissione è lieta di anticipare l’assegnazione di qualche premio fuori concorso:
Nastro di Gadolinio per l’incontentabilità a Tullio Kezich con I film anni ’80, Mondadori, di cui si ammira soprattutto la lungimiranza.
Medaglia di Berkelio per l’ego smisurato a Norman Mailer con Pubblicità per me stesso, Baldini & Castoldi Dalai ( gli elementi con numero atomico superiore a 100 li lasciamo liberi per gli ego dei giornalisti locali) di cui apprezziamo la profonda umiltà.
Medaglia di Terbio a Elio Lugaresi per Il sonno e i suoi disturbi, il Mulino, del quale sono state apprezzate la modestia del narrare la storia delle scoprte scientifiche sul sonno, omettendo più volte il suo mome e quello dei suoi assistenti, l’imperturbabilità e la serietà professionale, assolutamente non velata da ironia antifemminile, nel riportare casi clinici di alcune pazienti sofferenti di disturbi del sonno, e infine il disagio di trovarsi spesso a che fare con dottori stranieri anglofoni che lavoravano in cliniche private (presumiamo in condizioni di semipovertà).
Medaglia di Mercurio (con cofanetto cesellato per contenerne le fluttuazioni) alla carriera di Zygmunt Bauman, l’autore più “liquido” che esista, e che ha trovato nel meccanismo dell’editoria liquida quello per farsi i soldi solidi.

Detta commissione assegna anche qualche altro premio fuori concorso per le Delusioni 2012, ricordando il saggio detto popolare che che se si cade da più in alto, ci si fa più male.
Nastro di filetto di manzo crudo ancora grondante a CormacMcCarty, per Meridiano di sangue, Einaudi
Origami di carta di riso soffiato, raffigurante una bricola dorata, a Tullio Pericoli, per il “libro” Attraverso l’Albero, Adelphi, dal costo insipegabile di 8 euro per un “libro” che ha dimensioni e spessore di una cartolina.
Nastro magnetico a Massimo Venturi Ferriolo, per il libro Percepire Paesaggi, Bollati Boringhieri, nella speranza che riascoltare se stesso sia una tortura sufficiente quanto quella inflitta al lettore. In questa occasione la Commissione di Valutazione esprime la volontà di aggiungere al già citato premio un dizionario di geografia astronomica, sul quale l’Autore potrà finalmente leggere, e speriamo comprendere definitivamente, il significato del termine “costellazione”.
Nastro di fiume (scuro) a Joe Lansdale per Acqua buia, Einaudi, per la velocità con cui si dimentica il suo scritto

“Meridiano di Sangue”, di Cormac McCarthy, terza candidatura ufficiale per il prestigioso Premio “Amore al Risciacquo”


McCarthy è un mostro sacro contemporaneo e su Meridiano di sangue c’è già una sceneggiatura, forse più d’una, anche se non si sa chi-dove-come-quando-e-perché.
Dopo l’Oscar dei Coen per Non è un paese per vecchi, le attese sono altissime.
Di Meridiano di sangue si dice che sia il “western definitivo”, un’opera che riporta il genere alla sua origine.
Si dice che sia il più grande libro di McCarthy, dopo, o forse prima, di Suttree.

Ho incontrato McCarthy come credo sia successo a molti, leggendo La strada. Dopo ho scoperto che aveva scritto un mattone micidiale sulle praterie tra il Texas e il Messico, la cosiddetta “Trilogia della Frontiera”. Capirete che dove sento parlare di praterie mi scatta l’acquisto compulsivo ed è finita che ho letto tutti i libri di McCarty, ma proprio tutti.

Ebbene, questo è di un genere differente, più affine come natura stilistica a La Strada, che pure è minimale nelle descrizioni e nei dialoghi, quanto questo è invece barocco, addirittura ostentatamente “anticheggiante”, rispetto ad altri romanzi più strutturati, sia da un punto di vista del linguaggio che del contenuto, come Il buio fuori, Oltre il Confine, Città della Pianura e -appunto- Suttree , il suo vero capolavoro.
Ciò che accomuna La strada a Meridiano di sangue è l’innaturalezza dello stile, forzatamente scarno per il primo, quasi epico il secondo. In poche parole, mi sono apparsi volumi scritti a tavolino, quale meglio, quale peggio riuscito.

Meridiano di sangue vorrebbe essere ma non riesce. E questo non si può perdonare ad un autore (prolifico) come McCarthy che è “riuscito” tante volte.
E per citare un commento letto su IBS sì, bah, buh, bello, ma…magari qualche deserto in meno ci sarebbe stato.
I personaggi sopra le righe, assolutamente surreali, non convincono proprio, neanche esercitando brutalmente la volontaria “sospensione dell’incredulità”. Siamo davvero lontani da Harrogate in Suttree.
La figura del Giudice Holden appare caricaturale, le descrizioni, seppur magistrali, ripetitive e praticamente identiche tra loro, i toni sono ricercatamente debordanti in similitudini fantasiose che risultano quasi da sculoetta di scrittura creativa, da licealino pensoso, amante del cosmo e della geologia.

La trama è un succedersi di eventi -il che è un tratto tipico di McCarty- non un intreccio vero e proprio, e questo può andare. Ma gli eventi sono sempre eguali con appena qualche variazione un po’ bislacca.

La violenza, il sangue che letteralmente scorre tra le pagine di questo libro, non ha il sapore metallico del ferro, ma quello artefatto dello sciroppo di cioccolato che usò Hitchcock per Psyco.
Molto, molto più crudele, annichilente, violento, devastante è un romanzo breve, come Il buio fuori, rispetto a questa sequela infinita di morti ammazzati, teste mozzate, violenze su donne cadaveri o morenti, scorribande, attentati, fughe, trappole, uomini nudi o indiani alla carica vestiti da clown in un’atmosfera da giudizio universale, e appunto, deserti, deserti, deserti.
McCarty qui non può o non vuole trovare l’autenticità narrativa, e compone quello che a me sembra una triste caricatura di se stesso, dei suoi libri, del suo stile.

Decisamente patetico nell’uso paratattico dei verbi, legati dalla congiunzione “e” che ricorda l’Hemingway di Il vecchio e il mare, cioè il perggior Hemingway della storia, e un vero classico del Midcult americano.
I verbi usati al passato remoto o all’imperfetto, correlati dalla congiunzione “e”, hanno sempre un che di “bibbieggiante” (E Abramo andò sul monte e Dio gli disse bla bla. E Abramo scese dal monte e parlò al suo popolo e lo ammonì…).
McCarthy è un credente e io immagino abbia studiato la Bibbia a fondo, non a caso Montanari, che lo traduce in Italia, è un conoscitore dei Vangeli.
Anche Tolkien fu accusato di accennare troppo da vicino alla Bibbia con l’incipit del Silmarillion e di usare parole obsolete per definire una realtà storica passata.

In conclusione non Kitsch, ma davvero Midcult questo deludentissimo Merdiano di sangue, che per l’altezza da cui piomba fa un botto assordante.
Se il prestigioso Premio Amore al Riasciacquo avesse la categoria “delusione del decennio”, si sarebbero potute aprire le scommesse al botteghino.

Stanti così le cose il libro Meridiano di sangue, di Cormac McCarthy, ed. Einaudi, si candida al prestigioso premio Amore al Riasciacquo nelle Categorie:
Orchite e
Potemkin

Coltiviamo la città, di Massimo Acanfora, ed. Ponte alle Grazie. Seconda candidatura ufficiale per il prestigioso premio “Amore al Riasciacquo”


Una volta lessi una recensione che così diceva: “A che serve una recensione?”.

Le stesse parole si potrebbero applicare a questo libro, capitatomi tra le mani per la curiosità di approfondire la moda degli orti sul balcone, della città verde, dell’orto diffuso, ecc.
Eppur mi tocca, dato che questo libro è il secondo candidato ufficiale al prestigioso premio Amore al risciacquo, quindi devo pur dare motivazione della sua candidatura.

Da sempre mi interessa l’argomento dell’orto senza casa, l’orto comune, l’orto operaio, e come sapete, quello che chiamo giardino povero.
Non dico che mi aspettassi un’opera monumentale e quasi definitiva, come l’eccellente Voglia di campagna di Valerio Merlo, e neanche una esposizione lucida dei fatti, come il volume di Michela Pasquali sui “green guerrilas” di Manhattan o un testo documentario, come quello della Ligue du coin de terre et du foyer, ma certo vedere ridurre l’argomento ad una sequela di…di…di…di nullità, mi ha a dir poco annichilita.

Oltre la bella copertina con due bandelle graziose e vivacemente colorate, c’è proprio poco da dire.
Le illustrazioni in bianco e nero dell’interno non sono neanche passabili, più brutte e amorfe delle vecchie illustrazioni copy-free per visual di cui nei Novanta compravamo gli album per imparare a fare le pubblicità del pesce in scatola o del detersivo. Oggi c’è poca gente che sa lavorare bene a mano per la pubblicità, e ancor meno persone che lavorano bene il bianco e nero per la stampa sulla carta uso mano grezza (che però non è specificato se essere riciclata o meno).
La china è per molti una bestia nera.
Tra l’altro la differenza tra l’esterno lucido e vivace e l’interno in bianco e nero poco curato sarebbe troppo anche per una piccola casa editrice, figuriamoci per un marchio Salani.

Quello che sorprende è l’autorevolezza della casa editrice , Ponte alle Grazie con Altreconomia, che dovrebbe aver partecipato alla pubblicazione di un libro davvero innovativo Rose & Lavoro. Dal Kenya all’Italia l’incredibile viaggio dei fiori. Controllando su entrambi i testi i marchi sembrano differenti, e a questo punto non saprei più dire se l’editore è il medesimo.
Insomma, in un libro su cui si sono concentrati tre marchi editoriali si spererebbe di trovare qualcosa di buono.
Invece nisba.
Il testo di Massimo Acanfora non tratta neanche in minima parte di una economia nuova o “rinnovata” che possa vedere in una parziale autonomia alimentare un punto di svolta. A questo punto non si capisce che cosa ci stia a fare questo marchio.

Il volume non è neanche strutturato solidamente come un manuale per apprendisti, ma affronta gli argomenti tecnici in maniera non certo erronea, ma quantomeno superficiale e vaga, tale che risulti superflua per chi possieda già informazioni orticolturali e insufficiente per chi non le possiede. In definitiva un libro assolutamente inutile dal punto di vista delle nozioni di base. Tra l’altro tutti preferiamo un orto-giardino bello anziché un orto-giardino brutto. I consigli elargiti con tanta generosità non riescono a penetrare il difficile argomento della bellezza dell’orto, più complessa da ottenere su un balcone. Un orto funzionale sarà certamente bello, un orto brutto non sarà mai funzionale, poichè è dalla funzionalità che trae la sua bellezza. Il risultato dell’applicazione pedissequa dei consigli di Acanfora è difficile da immaginare se non come un’accozzaglia di vasi e vaschette, bottiglie di plastica, grigliati, bidoni.

Lo stile è da settimanale “facile”, con giochi di parole, battutine da far allegare i denti, richiami a contesti esterni al giardino solo per rendere la lettura familiare, cioè per far esclamare nella testa di chi lo legge “Ah, sì! Questo film l’ho visto, era bellissimo!”. E varie amenità. Qualche strafalcione qua e là a dimostrare che gli editor non sono gli evangelisti del Perfetto Italiano, e un po’ di scopiazzature tanto per allungare il brodetto.

A partire dalla quarta di copertina, con una frase copiata quasi di peso da un mio articolo, si fa fatica a non immaginare che altro materiale non sia stato attinto dalla rete e poi confezionato con opportuni interventi di editing.
Le citazioni delle fonti web sono tante, e questo è uno dei pochi pregi del libro, ma sono anche poco selettive, per quanto CdG sia citata due volte.

In conclusione Coltiviamo la città, di Massimo Acanfora, edizioni Ponte alle Grazie, si candida per il prestigioso premio Amore al Risciacquo nelle seguenti categorie:

Elettroencefalogramma piatto
Rocco Tarocco
Orchite
Green Guignol