Ancora sulla Freesia refracta

Questo è il giardinetto che mi ha ispirato un pensiero, poi scritto in “Giardiniere per diletto”.

Da noi le violette sono le piante dei poveri giardinetti di paese, coltivate dai pensionati, in periferia. In una striscia di terra stretta un metro, davanti ad un portone tetro e senza ornamento, incorniciate da un cordolo di calcestruzzo, a far da tappeto alle rose, in compagnia delle fresie gialle. Non si sa se vi siano state portate o se ci siano arrivate per loro conto, ma raramente vengono scacciate, anzi, vengono accudite e santificate come manifestazione di un privilegio personale accordato dall’Alto, simbolo di virtù cristiana, di fede, pazienza ed umiltà. Vengono raccolte dal sagrato delle aiuole con dolore e rispetto, per essere messe in minuti portafiori di cristallo sfaccettato davanti alla foto in bianco e non più nero, ma ormai grigio, della mamma in merletti il giorno della prima comunione, della zia morta giovane, del nonno disperso in guerra.

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“Giardiniere per diletto” recensito da “Giardinaggio Sentimentale”

Giulia_CapotortoPubblico con orgoglio il link della recensione di Giulia Capotorto su Giardinaggio Sentimentale, dicendo che di più non avrei osato sperare. Mi sembra che, dopo le critiche negative, le incomprensioni e le piccole e grandi avversioni che questo libro ha suscitato, le acque si siano calmate.

Il perchè è semplice: ormai il gusto è cambiato.
Ciò di cui parla Giardiniere per diletto è storia, e nessuno si sente più tirato in ballo o “offeso“.

Anche per questo motivo sento che mi preme dentro un “Novissimo giardiniere per diletto, riveduto e corretto”, che mi balla in testa, mi balla in testa.

Bene bene, siamo arrivati ai quotidiani nazionali…

Stasera sono stanca ed è da giorni che imploro l’onnipotente per una buona notizia. La buona notizia arriva sempre quando meno te l’aspetti: una amica di Milano telefona per dire che il mio libro è stato citato sulle pagine culturali del “Corriere della Sera”.
Non è vero, penso, sulle prime.
Poi controllo in rete ed è la verità. Grazie alla signora Lamarque, che porta il nome di un famoso evoluzionista, per questa recensione “di sbieco”, perchè più che di me parla delle violette di Goethe.
Questa cosa di Goethe e le violette ha fatto andar di matto l’establishment, anche Erena.

Il sito avvisa che la riproduzione è riservata, e se dovesse essere necessario rimuoverò il testo dell’articolo, ma vogliamo negare ad una non-più-ragazza che vive in Calabria, lontana da tutti i centri luminosi della galassia, il piacere di dimostrare che con le sue manone da contadina ha prodotto qualcosa che piace ancora a distanza di anni, e che viene apprezzato da una testata nazionale?

I blogger vanno in delirio per queste cose, ma qui non si tratta solo di “pubblicità” o di avere il rank più alto questo mese.
Si tratta di potersi finalmente pacificare, di sciogliere i propri dubbi sulla qualità di quello che si è scritto, e di lasciarsi commuovere dal fatto che qualcuno ha capito la fatica e lo sforzo che ti sono costati quel libro da nulla: sì, quel piccolo libretto con i vasi di gigli in copertina.
Grazie per questo mattone di autostima che mi avete regalato.

Goethe era un molto miope, non credo spargesse violette in maniera precisa. Gettava i semi a spaglio dove riusciva ad avere un po' di visuale

Gentilmente

Le violette milanesi e Goethe seminatore

Spontanee
Che belle le violette spontanee, quelle piccole, appartate, che nessuno nota. Che tra i prati di Milano sia per caso passato, un po’ di tempo fa, a piedi o in volo come uno Chagall, Johann Wolfgang Goethe? Perché se non è una leggenda, e pare non lo sia, lui passeggiava (due secoli prima dei guerrilla gardeners) spargendo qua e là semi di violetta che si teneva sempre in tasca per abbellire un po’ il mondo; l’ ho sospettato in questi giorni di così tante improvvise violette nei prati milanesi.
Intendo le violette spontanee, quelle piccole, appartate, che nessuno nota benché ci diano tutti i giorni un po’ di profumo, non le coloratissime viole del pensiero che riempiono sgargiantemente le aiuole (che bella parola, con tutte e cinque le vocali e solo una consonante, la «u» però latita un po’ ) delle rotonde e dei giardini.
Mi si affacciano mille domande: i semi di quali viole spargeva Goethe? E la gente lo vedeva o seminava di nascosto? Seminava soltanto o anche innaffiava? E aveva tanti semi a disposizione perché una delle sue fidanzate (poi moglie) era fioraia? (No, Christiane Vulpius la chiamavano la Fioraia ma lavorava in una fabbrica di fiori artificiali, peccato). E i semi li teneva in tasca sparsi o in bustine? Aveva un taschino apposito o se ne andavano qua e là indisciplinati tra pezzetti di carta e monetine? Spargeva solo semi di viole o anche di altri fiori? Mi sa che qualche seme se l’ era procurato qui da noi in Italia, durante il suo lungo viaggio, magari nella sua adorata Napoli («Neapel ist ein Paradies»).
Questa abitudine di Goethe la conferma anche Lidia Zitara in un suo bel libro di un paio d’ anni fa, «Giardiniere per diletto», ( bello consigliare anche i libri non ultimissimi usciti, quelli che, sempre incalzati dai nuovi, temi rischino l’ eliminazione) che insegna a coltivare un po’ spettinatamente, infatti la natura di suo è spettinata, non mette le viole in fila per due, una gialla una blu una gialla una blu. Del resto anche l’ uomo non è da meno: intorno alle violette, in ordine sparso, non in fila, semina lattine, cartacce, mozziconi, vassoietti di polistirolo, bucce d’ arancia, pacchetti di sigarette, che bestie che siamo, anzi no, si è mai vista una bestia maleducata? A proposito di bestie, il Parlamento europeo – ci aggiorna la benemerita Lav – sta percorrendo tutto l’ iter per ottenere che gli strazianti viaggi per il macello non superino le otto ore. Anche, anzi soprattutto i non-vegetariani dovrebbero firmare per fare ponti d’ oro a quei poveretti di cui leccandosi i baffi ogni giorno si nutrono. Un po’ di gratitudine per tanta squisitezza.

Lamarque Vivian

Pagina 9
(17 marzo 2012) – Corriere della Sera

Leggi l’articolo sul sito del Corriere della Sera

La mia recensione su “Paesaggio Critico” scritta da Lucilla!!!!

Sta QUI , ma siccome è difficile da trovare e per mio puro godimento, ve la riporto qui.
Di gran lunga la migliore che abbia mai avuto, grazie Lucilla!

Zitara L. Giardiniere per diletto 2008 Pendragon Edizioni, Bologna

Chi è Lidia Zitara? E’ una giovane controcorrente. Illusa e disillusa. Divisa tra passioni cocenti: filosofia, arte, disegno, letteratura, cinema, Star Trek, fotografia, giardini e giardinaggio e soprattutto la sua terra, la Calabria, nella quale, nonostante le indubbie difficoltà, si ostina a voler vivere. Diciamo che ha ricevuto un’eredità molto intensa, ma anche pesante: suo padre è stato Nicola Zitara, grande intellettuale e giornalista, fondatore nel 1968 dei mitici “Quaderni Calabresi”, una rivista mensile politica culturale che faceva da contro-canto ai “Quaderni Piacentini” di Braibanti e Belloccio. Roba fine, che quelli della mia generazione ben ricordano.
“Giardiniere per diletto” è un libro controcorrente, come la sua autrice. Da una parte c’è la sua volontà di riportare “il giardino” tra le grandi arti, come è stato in altri periodi storici, dall’altra è una critica feroce al giardino borghese, o meglio piccolo borghese, dei nostri giorni, quello sorretto dall’industria del giardinaggio, quello dei pratini all’inglese, del trittico d’alberi, della bordurina mista, delle piante alla moda, delle mostre di giardinaggio per signore con cappello fiorito in testa, della mercificazione e del consumismo, insomma. Il suo libro è un elogio (uffa! Ancora ‘sta parola!) alle piante di sempre: al malvone, al nasturzio, alla bella di notte, al Hibiscus siriacus cresciuto nella sua forma naturale, cioè a cespuglio, al pisello odoroso, alla violetta e alle rose. Quelle sì che sono la sua passione! E’ un inno ai piccoli giardini proletari, quelli fatti in vasi di fortuna sui balconi o raggruppati nelle stradine dei borghi, vicino alla porta di casa. Questo però non vuol dire che la ragazza non abbia esperienza botanica, anzi, conosce tutte le piante, soprattutto quelle spontanee che crescono nella sua bellissima terra, le censisce e le fotografa magnificamente bene. Da parte mia le ho consigliato di prendere dei semi di quegli endemismi pazzeschi che lei ha sotto casa, nei terreni abbandonati e lungo i cigli delle strade, quelli che vengono combattuti dalle amministrazioni comunali a forza di tagli prima dell’andata a seme e qui da me, a Roma, con i diserbanti. Bellissimo il suo pezzo sulle erbe della ferrovia. (Dio, ti prego, salva dalla furia umana almeno le erbe tra le rotaie!)
Pesta duro anche sulle amministrazioni comunali con i loro orrendi giardinetti pubblici, che sembrano creati apposta per non esercitare la loro funzione aggregativa, anzi paiono concepiti sotto il grido:”Se ti fermi qui, morirai fulminato!”. Divertente e angosciante il capitoletto sulla pista ciclabile voluta dal Comune della sua Sidereo: strettissima, costruita su una duna e con meta finale una fogna a cielo aperto.
Lidia gestisce il blog giardinaggioirregolare.wordpress.com

Trullallero!

La mia povera anima pop

Ah! Quanto vorrei la penna di Cechov per descrivere una famigerata “ramaglia” della mia parentela! Chi altri potrebbe descrivere tutti i tic, i protagonismi, l’involontaria ridicolaggine di cui si rendono protagonisti nelle nostre conversazioni familiari?
Di loro non si potrebbe certamente dire che sono poetici, ma che sono dei veri e propri poemi, o meglio, delle tragicommedie.
Tra le altre manie e stronzismi ipertrofici, soffrono tutti di quella mi è stato spiegato chiamarsi sindrome del dottore, cioè di coloro che appena si laureano guardano gli altri da sotto in su (salvo poi farsela sotto quando incontrano un ordinario, un rettore, persino un assistente o un portaborse).
Insomma, sono dei veri personaggi in cerca d’autore. Chi non ne ha almeno un paio in famiglia?

Veniamo al dunque: quando pubblicai il mio libro mi fu sottolineato che avevo fatto male ad inserire una poesia di Pascoli. Cito a memoria: “Lidia, non acquista maggior valore quello che scrivi inserendo una poesia di un poeta famoso (il che voleva dire “famoso a torto”, ovvero “tutt’altro che valido” ), mi dispiace invece che tu ne abbia inserita solo una di tua mamma”.

Già ma quale poeta è più pop di Pascoli? E per molti aspetti è pop il mio libro. Sono due stili che collimano, che corrono appaiati. E poi, diciamocelo, anche la poesia di mia mamma ha un’anima pop. Usare un poeta considerato ormai fuori moda, banale, trito, barboso, languido e melenso come Pascoli per me è stata una scelta ben ponderata, anche se sapevo che qualcuno l’avrebbe vista come una caduta di intelletto e di sofisticatezza. Non m’importa molto di come la pensano gli snob. Anzi, forse dovrei dire (magari senza forse), che oggi il top dello snob è usare Pascoli e non Cielo d’Alcamo.

Come spiegarlo alle mie apparentate ramaglie? Impossibile. E poi sarebbe stata una cattiveria minare i capisaldi dell’universo di borghesismi in cui sono stati indotti a vivere.

In effetti loro mi considerano una stupida. Ma senza un’oncia di falsità e autocelebrazione, anche se con un pizzico di revanchismo, posso dire che sono tanto intelligente da riuscire a passare per stupida, al solo scopo di non avere a che dibattere con loro.

“Giardiniere per diletto” su Tg2.it

Ho saputo solo ora che è stata riproposta oggi la recensione del mio libro sul settimanale di approfondimento di Rai2, Tg2.it, nella rubrica Achab Libri.
Vi allego il link della pagina su cui è possibile vedere la rubrica. Sarà visibile per tutta la settimana, poi, per le successive bisognerà cliccare su “Tg2 Achab, puntata del 1/04/2010″ .

Giardiniere per diletto su Rai2

Oro di Bogliasco

Io non viaggio mai. Ogni viaggio, anche da qui a Reggio Calabria, per me è un’avventura.
La presentazione del mio libro Giardiniere per diletto a Imola e Torino è stata più che avventurosa, soprattutto nella sua parte finale.
A Imola la presentazione è stata un successo, per me un bagno di folla. Ero emozionatissima e per fortuna Lidia senior e GardenGigi mi hanno tenuto su di corda. Mario Cacciari è stato gentilissimo e incoraggiante. C’era il garden club “Mignolo Verde” e la sua presidente Gabriella Assirelli, una persona simpatica e gentile.
A Torino l’evento è rimasto un po’ ai margini, e se non fosse stato per la navigata conoscenza dell’ambiente di Mimma Pallavicini, la mia relatrice, me la sarei vista davvero brutta.
Mimma mi ha organizzato la presentazione nonostante io mi sia proposta con brevissimo anticipo. Senza conoscermi si è data molto da fare per me, organizzando anche un aperitivo fuori programma. Le sono molto grata.
La parte migliore però- lo confesso- è stato l’incontro con gli amici del forum. A Imola ero ospite da Lidia (Sally Holmes) e ho incontrato Gigi (GardenGigi) Stefano (Acerobis), Gianni (Gianni.ravenna), l’orso Yoghi più buono del mondo.
A Torino invece “mi ha tenuta” Niknik962, siamo stati raggiunti da Maria Acquaria (Macquà) e poi abbiamo visto Sandra (Judetheobscure), che sembra un po’ Maria Amelia Monti, poi c’erano i famigerati Lukus e Vincenzo, c’era Kookaburra, e confesso che mi ha intenerito vedere Genepy. Abbiamo incontrato anche Jardinero, e al banco dell’ADIPA c’era Ortica e poi è arrivato Mex che ci ha insegnato come costruire un giardino nel piatto. Quando hanno detto che Mex parlava del giardino nel piatto, ho pensato tenesse una conferenza sulle piante eduli.

Le mie peripezie: alla stazione di Imola mi accorgo di avere dimenticato la giacca, tanto che sono dovuti andare a prendermela. Ad Imola, da Lidia senior, ho dimenticato anche il caricabatterie, perciò ho usato quello da auto di Nik, ma ci ho lasciato attaccato anche il cellulare.
Nik per fortuna se n’è accorto ed ha attivato una rete di Lidia-salvataggio: ha chiamato Trem per farmi recuperare alla stazione di Milano. Lì abbiamo chiacchierato e mangiato dall’indiano, poi abbiamo fatto un giretto e infine ci siamo salutati. Io ho passato un po’ di tempo alla libreria Hoepli, dove mi sono vista vicino a Clément e alle sorelle Boland, ma ero così stanca che non riuscivo neanche ad entusiasmarmi.
Per tutto il tempo mi sono portata dietro l’edera che mi regalato Nik, l’ ‘Oro di Bogliasco’. Non ho perso quello che mi ero messa in tasca, e che pensavo che avrei perso: i pochi spiccioli per il caffè, dei semini di bella di notte e i ferretti per i capelli. Non ho perso niente di queste cose. Telefono, giacca e caricabatterie sì: ho seminato pezzi di me stessa in tutta Italia.

Il viaggio di ritorno è stato un incubo: meno male che avevo caricato centinaia di file audio in un pen drive, perchè il treno ha fatto due ore e mezza di ritardo. Il tratto da Battipaglia a Lamezia non finiva più.
Infine, eccomi qui, a casa, alla mia solita routine e al mio Mukarovsky.
Anche se il mio mondo è un filo paranoide, sono pur contenta di essere tornata a casa, dal mio paesaggio: Torino è molto bella, ma Milano e il suo hinterland mi hanno annoiata tremendamente, tanto che ho iniziato un libro a Vercelli e l’ho finito a Sapri. Era quello di Michela Pasquali I giardini di Manhattan. Storie di Guerrila gardens.

Pezzi di me
Pezzi di me