“Guida ai luoghi della Terra di Mezzo”, John Howe, Giunti Editore

Oggi, cioè, ieri, il 3 gennaio, facevan centoventisette anni che Tolkien nasceva. Questo è stato il mio regalo di Natale, fatto da me medesima meco, e che ho voluto aspettare oggi per aprire per non sentire di aver “perso” una data importante (in realtà l’ho fatto, essendomi ridotta ben oltre la mezzanotte, e avendo Youtube richiesto il suo tempo di caricamento video. Quindi ho posposto la pubblicazione al 4 mattina).
Ho filmato in verticale, vi prego di scusarmi, ma è tardi e io son babbana assai.
Prezzo, 22 euro, circa 190 pagine.

Come in un libro di fiabe (su Houzz)

Il mio articolo sui giardini incantati -su Houzz

“Tu! dov’è la donna?”
“È volata via!”
“Ho chiesto dov’è!”
“Quant’è vero Iddio, è volata via!”

Non sfidate la mia anima nerd

Buon compleanno, Professore

tolkien_nu_promoEccomi qui, al solito, il 3 di gennaio, per fare gli auguri di buon compleanno a J.R.R. Tolkien, autore semisconosciuto ai miei tempi, oggi oggetto del merchandising più frizzante e autore-culto in questa e in numerose altre galassie.

Strano, devo dire, che nessuno dei miliardi e miliardi, e miliardi, e miliardi, di fan del Professore si sia ricordato che l’anno scorso ricorreva il centoventesimo anniversario della sua nascita. Avrei immaginato che la concomitante uscita nelle sale del primo episodio della nuova Jackson-trilogia dello “Hobbit” sarebbe stata colta come lieta accoppiata giornalistica per propagandare ancora di più questa flebo filmica da parte del dottor Jackson.

Mah, possibile si rifacciano quest’anno che è il quarantennale della morte.
Misteri della Pubblicità.

Quest’anno mi va di pensare quasi ad una rubrica dedicata al viaggio dei personaggi durante le vicende del Signore degli Anelli.
Avrei dovuto iniziare il 23 settembre, il giorno della partenza di Frodo da Casa Baggins, ma ho più volte citato questa data nel blog (se ricercate questa data nel blog, troverete numerosi post).
Ma visto che c’è un compleanno da festeggiare…dov’erano, più o meno, i nostri amici il 3 gennaio?

Ebbene, dopo aver passato il Natale a Rivendell ed essere da lì partiti il 26 dicembre, ripercorrendo in parte i loro passi, si sono diretti verso sud (“L’Anello va a sud”) lungo il versante occidentale delle Montagne Nebbiose.

Su questo sito ho trovato una illustrazione molto schematica delle Montagne Nebbiose:

Schema delle Montagne Nebbiose (dovete cercare Redhorn Gate)
Schema delle Montagne Nebbiose (dovete cercare Redhorn Gate)

Molto più raffinata e studiata la mappa realizzata da Barbara Strachey in I viaggi di Frodo, testo ormai introvabile e di cui la casa editrice ha perso i diritti.

l'anello va a sud_i viaggi  di frodo

Il commento dell’autrice:
i viaggi di frodo_montagne nebbiose

Ai primi di Gennaio ancora la Compagnia stava viaggiando ai piedi delle Montagne, su un terrendo freddo, duro e accidentato, laddove, molto tempo prima si stendeva l’Agrifogliere, un terriorio ricco di vegetazione e acqua. L’Agrifogliere era popolato da Elfi ed è qui che furono forgiati i tre anelli elfici. Le versioni su come/dove fu forgiato -e da chi- l’Unico Anello, sono diverse e le lascio agli studiosi.

A partire dall’8 di gennaio la Compagnia inizia a salire verso il Passo Cornorosso (“Redhorn Gate” nella mappa), ma l’inverno e Saruman impedirono loro di arrivarci, e superare le Montagne Nebbiose da su, costringendoli ad attraversarle da dentro, cioè dalle Miniere di Moria.

“Il Caradhras li aveva sconfitti”, così scrive Tolkien.

John Howe, uno dei più grandi illustratori di Tolkien, rappresenta la scena in un disegno che è stato sicuramente fonte di ispirazione per il dottor Jackson, tanto che la clip video che segue lo ricalca in tutto e per tutto.

John Howe, approaching the Caradhras
John Howe, approaching the Caradhras

Buon compleanno, Professore

Il Silmarillion
Ainulindalë, la Musica degli Ainur

Esisteva Eru, l’Uno, che in Arda è chiamato Ilùvatar; ed egli creò per primi gli Ainur, i Santi, rampolli del suo pensiero, ed essi erano con lui prima che ogni altro fosse creato. Ed egli parlò loro,proponendo temi musicali; ed essi cantarono al suo cospetto, ed egli ne fu lieto. A lungo cantarono soltanto uno alla volta, o solo pochi insieme, mentre gli altri stavano ad ascoltare; che ciascuno di essi penetrava soltanto quella parte della mente di Ilùvatar da cui proveniva, e crescevano lentamente nella comprensione dei loro fratelli. Ma già solo ascoltando pervenivano a una comprensione più profonda, e s’accrescevano l’unisono e l’armonia.

E accadde che Ilùvatar convocò tutti gli Ainur ed espose loro un possente tema, svelando cose più grandi e più magnifiche di quante ne avesse fino a quel momento rivelate; e la gloria dell’inizio e lo splendore della conclusione lasciarono stupiti gli Ainur, sì che si inchinarono davanti a Ilùvatar e stettero in silenzio.

Allora Ilùvatar disse: «Del tema che vi ho esposto, io voglio che voi adesso facciate, in congiunta armonia, una Grande Musica. E poiché vi ho accesi della Fiamma Imperitura, voi esibirete i vostri poteri nell’adornare il tema stesso, ciascuno con i propri pensieri e artifici, dove lo desideri. Io invece siederò in ascolto, contento del tatto che tramite vostro una grande bellezza sia ridesta in canto ».

Allora la voce degli Ainur, quasi con arpe e liuti, e flauti e trombe, e viole e organi, quasi con innumerevoli cori che cantassero con parole, prese a plasmare il tema di Ilùvatar in una grande musica; e si levò un suono di melodie infinitamente avvicendantisi, conteste in armonia, che trascendevano l’udibile in profondità e altezza, e i luoghi della dimora di Ilùvatar ne erano riempiti a traboccarne, e la musica e l’eco della musica si spandevano nel Vuoto, ed esso non era vacuo. Mai prima gli Ainur avevano prodotto una musica simile, benché sia stato detto che una ancora più grande sarà fatta al cospetto di Ilùvatar dai cori degli Ainur e dei Figli di Ilùvatar dopo la fine dei giorni. Allora i temi di Ilùvatar saranno eseguiti alla perfezione, assumendo Essere nel momento stesso in cui saranno emessi, che tutti allora avranno compreso appieno quale sia il suo intento nella singola parte, e ciascuno conoscerà la comprensione di ognuno, e Ilùvatar conferirà ai loro pensieri il fuoco segreto, poiché sarà assai compiaciuto.
Ora però Ilùvatar sedeva ad ascoltare, e a lungo gli parve che andasse bene, perché nella musica non erano pecche.

Ma, col progredire del tema, nel cuore di Melkor sorse l’idea di inserire trovate frutto della propria immaginazione, che non erano in accordo con il tema di Ilùvatar, ed egli con ciò intendeva accrescere la potenza e la gloria della parte assegnatagli. A Melkor tra gli Ainur erano state concesse le massime doti di potenza e conoscenza, ed egli partecipava di tutti i doni dei suoi fratelli.
Spesso se n’era andato da solo nei luoghi vuoti alla ricerca della Fiamma Imperitura, poiché grande era in lui il desiderio di porre in Essere cose sue proprie, e gli sembrava che Ilùvatar non tenesse da conto il Vuoto, e la vacuità di questo gli riusciva intollerabile. Ma il Fuoco non l’aveva trovato, poiché esso è con Ilùvatar. Standosene solo, aveva però preso a concepire pensieri suoi propri, diversi da quelli dei suoi fratelli. Alcuni di questi pensieri li contessè ora nella sua musica, e attorno a lui subito fu discordanza, e molti che vicino a lui cantavano si scoraggiarono, il loro pensiero fu deviato, la loro musica si fece incerta; altri però presero a intonare la propria a quella di Melkor, anziché al pensiero che avevano avuto all’inizio. Allora la dissonanza di Melkor si diffuse vieppiù, e le melodie che prima s’erano udite naufragarono in un mare di suoni turbolenti. Ma Ilùvatar continuò a sedere in ascolto, finché parve che attorno al suo trono infuriasse una tempesta come di nere acque che si muovessero
guerra a vicenda, in un’ira senza fine e implacabile. Poi Ilùvatar si alzò, e gli Ainur si avvidero che sorrideva; e Ilùvatar levò la mano sinistra, e un nuovo tema si iniziò frammezzo alla tempesta, simile e tuttavia dissimile dal precedente, e acquistò potenza e assunse nuova bellezza. Ma la dissonanza di Melkor aumentò in fragore, con esso contendendo, e ancora una volta s’ebbe una guerra di suoni più violenta della prima, finché molti degli Ainur ne restarono costernati e più non cantarono, e Melkor ebbe il sopravvento. Allora Ilùvatar tornò a levarsi, e gli Ainur s’avvidero che la sua espressione era severa; e Ilùvatar alzò la mano destra, ed ecco, un nuovo tema si levò di tra lo scompiglio, ed era dissimile dagli altri. Poiché sembrò dapprima morbido e dolce, una semplice increspatura di suoni lievi in delicate melodie; ma era impossibile soverchiarlo, e assunse potenza e profondità. E sembrò alla fine che vi fossero due musiche che procedevano contemporaneamente di fronte al seggio di Ilùvatar, ed erano affatto diverse. L’una era profonda e ampia e bella, epperò lenta e impregnata di un’incommensurabile tristezza, onde soprattutto ricavava bellezza. L’altra aveva ora acquisito una coerenza sua propria; ma era fragorosa, e vana, e ripetuta all’infinito; e aveva scarsa armonia, ma piuttosto un clamoroso unisono come di molte trombe che emettessero poche note. Ed essa tentava di sovrastare l’altra musica con la violenza della propria voce, ma si aveva l’impressione che le sue note anche le più trionfanti fossero sussunte da quella e integrate nella sua propria, solenne struttura.

Nel bel mezzo di questa contesa, mentre le aule di Ilùvatar oscillavano e un tremore si diffondeva nei silenzi ancora immoti, Ilùvatar si alzò una terza volta, e il suo volto era terribile a vedersi. Ed egli levò entrambe le mani e con un unico accordo, più profondo dell’Abisso, più alto del Firmamento, penetrante come la luce dell’occhio di Ilùvatar, la Musica cessò.