Un giardino color “maglione ceruleo”

Vi chiederete: cosa c’entra il giardinaggio con il maglione color ceruleo del Diavolo veste Prada?
Questa scena, in una manciata di secondi e con un’arguzia non raggiunta dal resto del film, spiega piuttosto bene il ciclo di vita dei prodotti del mercato, e quindi anche delle piante.

Siete quel genere di persona che si rifiuta di accettare che le piante siano -come ogni cosa venduta, acquistata o scambiata- soggette alle regole del mercato? Allora probabilmente vivete in una dimensione illusoria in cui l’uomo è padrone del suo destino, in cui ogni scelta è autonoma, assolutamente privata e personale, non influenzata dalla società e dalle pressioni del mercato.
Come ho scritto qui nessun giardino è neutrale. Il giardino è una posizione estetica che esterniamo nei confronti del mondo. La vera apragmosyne (in origine disinteresse alla vita politica, sanzionato con la morte) nel giardinaggio è non fare un giardino.

Le piante, nè più nè meno che gli oggetti di moda, hanno un loro ciclo di vita. Dapprima vengono acquisite dai consumatori “pionieristici” o élite intellettuali (come ad esempio lo sono stati i cibi poveri e la cucina tradizionale qualche anno fa), poi si estendono ad una fascia molto più larga di consumatori che li acquista dopo aver constatato che sono stati adottati dalle élite culturali. Successivamente si estendono ad una fascia ancora più estesa di persone che le acquisiscono semplicemente perchè se le trovano un po’ dappertutto, sulle riviste, nei vivai, sui cataloghi. Infine vengono più o meno abbandonate: un maglione basta gettarlo, ma con una pianta è più difficile, data la sua longevità e lentezza nel crescere, ecco perchè la mia antipatia per la bordura inglese, che meglio si presta allo shopping sfrenato, al cambio e ricambio stagionale, alla conformazione con il nuovo colore dell’intonaco.
A volte può accadere che vengano riscoperte dalle avanguardie artistiche, dagli arbiter elegantiarum e dalle fasce più alte di consumatori colti (e ricchi). E’ successo ad un milione di cose: ai film di Lino Banfi e Fantozzi, ai nani da giardino, al design degli anni ’50.

Siamo dunque al “limite del comico” quando compriamo questa o quella pianta pensando di aver compiuto una scelta “al di fuori delle proposte della moda”.
Quindi in effetti ognuno di noi indossa un giardino che è stato per lui selezionato da un gruppo esclusivo di persone… in mezzo ad una pila di piante.

Kim Parker

08/26/08
Kim Parker
Filed under: Arte ed Estetica
Posted by: Lidia @ 5:34 pm

Kim Parker è una nota artista e designer di oggetti per la casa, specie per la tavola. Ha pubblicato un libro, intitolato Home
Io non ce l’ho, quindi non so dirvi.
Beh, insomma, questa signora in America è davvero “una importante”. I suoi dipinti sono finiti su cuscini, tappeti, tende, stoviglie.
Sono belli, anche a me piacerebbe potermeli permettere. Proporre bei disegni su oggetti di uso quotidiano in fondo è un’idea abbastanza vecchia, che viene sviluppata come la conosciamo da quell’altro giardiniere irregolare che fu William Morris, col suo movimento delle Arts & Crafts.
Kim Parker è una signora che sa come si dipinge. Ha imparato la sua lezione, si vede. C’è il grande insegnamento di Cézanne nei suoi quadri, e credetemi, non è davvero poco! Inoltre c’è parecchio stile Bloomsbury.

Poi cosa succede? I suoi disegni finiscono su tazze e bicchieri, e lì però cambiano un po’. La lezione di Cézanne sbiadisce, e subentra il design anni ‘50.

Il tratto è necessariamente più netto, i contorni più definiti, il Bloomsbury diventa uno stile da Trente Glorieuse.
Lo stile anni ‘50 è molto ritornato di moda. Nei ‘90 chiunque vestito alla moda di oggi, avrebbe subito un pestaggio per strada.
Sono ritornate “su” anche le robe fatte a maglia, le borse fatte
all’uncinetto coi fiori di perline. Un incrocio tra un incubo e i
ricordi di bambino.
Guardate questa teiera, è ridicola? No? ne siete sicuri? Si? perchè? Insomma, è bella o brutta?

Tutto questo per dire un’altra cosa. Non avete notato come ormai gli stili si propongano e ripropongano incessantemente, a ritmo sfrenato? Questa teiera sarà di moda per un paio d’anni, dopo dovrete romperla.
I progettisti di design industriale, di arte e spesso anche di cultura (non ne parliamo i giornalisti), non fanno altro che tirare fuori cose dalla scatola dei ricordi, spolverale, lucidarle, e venderle alle masse.
Nel momento che questi prodotti sono elitari, tutti li cercano. Poi si massificano e diventano infine obsoleti e reietti, fino a che non ritornano a cuccia nella scatola dei ricordi. Lì rimangono finché non è passato un po’ di tempo, poi vengono ripresi e riutilizzati.
Questo accadrà ancora ed ancora.
L’arte ormai funziona così: c’è questo dialogo incessante tra vecchio e nuovo, tra massificato ed elitario.

Anche i nanetti da giardino, trasformati in sgabelli da Philippe Stark, ne sono un esempio. I sociologi dell’arte lo chiamano “fenomeno di risalita”. E’ successo a Pupo, alle sigle dei cartoni animati, ai fumetti vecchio stile, ai film di Franco e Ciccio, di Lino Banfi e di Diego Abatantuono.
Succede anche alle piante.
Tanto maggiore è la ricompensa (economica e di fama) quanto più vicino nel tempo, o culturalmente deteriorato, è l’oggetto tirato fuori dalla scatola dei ricordi.