Incendio a Siderno a ridosso della Statale – 23/11/2021

Video su cortesia di Alessandro Pullano Ph.

In queste ore si è sviluppato un grosso incendio a Siderno, a ridosso della Statale 106, nella zona retrostante il supermercato CONAD.

Da amici vengo a sapere che sarebbe andato a fuoco il deposito di un negozio di arredo per la casa. Sul luogo già da diverso tempo lavorano le Forze dell’Ordine e diverse autobotti dei Vigili del Fuoco. Il timore è l’emissione di sostanze nocive e la possibilità di esplosioni. Il traffico è stato bloccato sulla Statale. Al momento non ho notizia di feriti. Si rimanda a siti di informazione tradizionale per gli aggiornamenti. Ho pubblicato un video perché al momento non c’è nulla di consultabile in rete su questo episodio.

Lidia Zitara – pubblicista

Video on courtesy Alessandro Pullano

Alla pagina di TELEMIA un articolo più dettagliato

Catastrofe meteorologica a Siderno: cade acqua dal cielo dopo sette mesi

Il primo giorno di autunno non sembra essere di buon auspicio per la piccola cittadina di Siderno, ovunquemente nota per la “sguta”, il capocollo, la siccità, il traffico, la mafia e la massoneria.

Nel primo pomeriggio di oggi sono stati avvertiti dei fenomeni meteorologici insoliti. La popolazione, colta dal panico, si è rifugiata nelle proprie abitazioni e solo in serata è stato possibile raccogliere delle testimonianze. A quanto pare sarebbe caduta quella che i cittadini hanno definito “acqua dal cielo”, un fenomeno climatologico ormai scomparso dalla memoria della cittadinanza noto ad altre popolazioni come “pioggia”.

I dati raccolti dai satelliti NASA concludono che sarebbero cadute sette gocce d’acqua dal cielo. Esattamente sette, nell’arco di circa sessanta secondi. Il fenomeno è ancora al vaglio dei massimi esperti di cambiamento climatico a livello internazionale. Le sette gocce sono cadute addosso a quattro persone, un gatto, un mastello dell’indifferenziata e uno stendino.

Delle quattro persone che hanno ricevuto la goccia d’acqua una non si è accorta di nulla, ma è stata condotta egualmente in ospedale dai passanti che hanno assistito alla scena. Una seconda persona presenta un trauma cranico e una commozione cerebrale, la terza ha avuto un infarto per lo spavento e la sorpresa, e la quarta è un esponente della Chiesa, dunque ha ritenuto la goccia come frutto della benedizione divina.

Il mastello dell’indifferenziata è stato contrassegnato dalle autorità per essere esaminato, e si presenta l’eventualità che per ragioni scientifiche possa anche essere svuotato: fatto che non avviene da oltre tre anni per nessun mastello dell’indifferenziata. Si sa solo che un gruppo di NAS è giunto in loco.

Il felino è stato ricoverato per essere asciugato, operazione che pare abbia richiesto ore, e lo stendino si è mosso in autonomia, portandosi sotto una tettoia. I proprietari l’hanno ringraziato per aver salvato il bucato.

Il fenomeno di caduta di acqua dal cielo è stato accompagnato da un violento abbassamento delle temperature, crollate al di sotto dei 35 gradi Celsius.

Ricordiamo ai nostri fedeli lettori che Siderno, amena cittadina che si avvia alle elezioni dopo dieci anni di commissariamenti per infiltrazioni mafiose, è spesso vittima di fenomeni meteorologici incontrollabili.

Tu mi uccidi (Rhyncospermum jasminoides)


Dopo mesi, ieri sono uscita per il semplice desiderio di camminare. Avevo la testa finalmente mia, libera da anni di mental inception, consapevole e anche allegra di quel poco.
Forse ingenua, ma non me ne importava poi molto.
Ho ripreso a osservare le cose, le cose belle, brutte, normali, comuni, banali che ci circondano. Quest’anno le fioriture sono tutte fuori orbita, chi ha fiorito prima, chi dopo, chi insieme. Rose e glicini da noi non si vedono facilmente, il glicine è andato da un bel po’ quando arrivano le rose. Ma quest’anno sta correndo come un pazzo e fa tutto insieme, perché sa che dopo non ci sarà più acqua.
Il colore dei tigli, di un verde lucido, quasi pornografico, assediante. E i rosa. I semplici rosa di piante banali, petuniette e gerani sui balconi, due spighe di Lamium a bordo strada, i convolvoli e le mille ‘Queen Elizabeth’ di ogni paesino d’Italia. Dico grazie ogni volta che vedo il rosa: ho sempre la sensazione che sia l’ultima volta, perché la bellezza non può essere contemplata troppo a lungo.
Sono i giorni del Rhyncospermum. Alcuni sono così fioriti da formare masse di bianco sparato, senza intercalare di verde. A ridosso di ringhiere e casette, e nelle aiole comunali su Corso Garibaldi. Tanto che non si può dire quanto. Troppo, a dire il vero, ma ieri non m’importava, assetata com’ero di riprendermi i miei pensieri, il mio modo di guardare il piccolo mondo di fuori.
Durerà poco, lo so, e poi tutto diverrà una poltigia marroncina dall’odore di marcio. Ma ieri ogni pianta di Rhyncospermum mi ha riempito il cure di quella sensazione di amicizia che solo le piante e gli animali sono in grado di darci. Quel “ti voglio bene” alla rinfusa, praticato su ogni passante, brutto, bello, scortese o gentile, ognuno con i propri pensieri, senza richiesta di un grazie o di convenevoli.
Dietro queste masse di fiori dal profumo così intenso e dolce da diventare tanfo, c’erano cose normali. Una pensilina per l’autobus, una casetta con il lampioncino acceso, un brutto muro di cemento, la ringhiera della casa della tua amica delle elementari, che non vedi da trent’anni.
Ma chissà, una di queste volte dietro queste masse di fiori bianchi potrebbe esserci qualche altra cosa: la via nascosta per il mondo delle Fate, o potrebbe spalancarsi un paesaggio di colline e sole al tramonto, la prateria del Kansas o un varco per entrare nel passato.
Il Rhyncospermum ha molti poteri (come tutte le piante).

Natale al paesello triste

Strade grigie di asfalto sbiadito, rotto, slavato. Asfalto quasi mai ripulito, quasi mai rinnovato. Asfalto che è brutto anche appena steso, in uno strato sottile come le impiallacciature dei mobili da mercatone.
Linee di mezzeria assenti, o storte. Chi ha passato la vernice ha tenuto sollevato un lato della dima e il segno si è allargato, gonfiandosi in una curva leggera e morbida, che ricorda i vecchi effetti fatti con l’aerografo. È sbagliata, ma bella.
I marciapiedi sempre uguali, ci si domanda perché le mattonelle non si suicidino come già hanno fatto i lampioni del lungomare.
Gli alberi sempreverdi sono come morti, mummificati in un colore che sicuramente esisterà nella tabella Pantone, ma forse anche all’inferno.
I volti sono cupi, come soffocanti un’ira incapace di espressione. Gli angoli delle labbra rivolti verso il basso, gli sguardi persi in un altrove noto solo a chi lo pensa.
Siderno non è mai stato un paese allegro.
Mondano, festaiolo, forse sì. Vistoso, sgargiante di mediocrità. Ma non allegro.
Siderno è un paesello triste. Mortificato dagli eventi, dalla storia recente, dalle persone che lo abitano, dai suoi governanti.
Un paese in cui puoi passare veloce con l’auto, felice di andar via. Un paese in cui cammini faccia a terra, con lo sguardo fisso su quelle pidocchiose mattonelle rosa, cercando di ricordarti dove hai parcheggiato l’auto. La tua auto di seconda mano, eguale identica a mille altre, anche nella sfumatura di colore, ché la riconosci solo dalla targa e dalla strisciata sulla portiera.

Il mare in inverno, chic musicale pop e retrò adatto solo ad un pubblico di affezionati, è come morto, dopo le mutilazioni degli ultimi inverni. La superficie rimasta circoscrive ancora di più il centro attivo: un incrocio e un semaforo, rendendo tutto il resto una periferia. La periferia di Siderno è Siderno stessa.
Traffico convulso: si va alla Ipermercato per comprare cose. Cose che servono, cose che non servono, indispensabili (forse) per le quali hai atteso la tredicesima.
Farmacia, tabacchino, gratta e vinci, cornetto e cappuccino. Qualcuno compra ancora un giornale. Le feste fanno diventare tutti sempre più frettolosi, più scortesi, meno tolleranti.

Non so dire se Siderno sia mai stato un bel paesello: di certo non era brutto negli anni dei bombardamenti. Quelle piccole foto in bianco e nero che il vecchio Professore teneva ben catalogate, decennio per decennio, lo dicono, ne parlano.
Non è solo perché oggi amiamo il vintage e la Cinquecento, c’era più spazio, più misura, i rapporti tra gli edifici non erano così sballati, così brutalmente impazziti.
Quelle foto raccontano di quiete, ordine, pulizia. Forse una vita borghese, inferriate in stile e bombette sulle teste degli uomini, scarpe lucide, coi laccetti neri, chiusi da una fascetta di cuoio. Passi svelti, tra le scale del Municipio e la piazzetta, pantaloni con la piega. Auto parcheggiate a spina di pesce.

Siderno, non sei mai stata una città. I tuoi fasti, i tuoi onori sono solo enfatizzazioni aneddotiche di un passato che non poteva certo essere peggio di questo presente.
Sei sempre stata un “paesello” frustrato, alla ricerca di una vocazione cittadina che non hai. Se solo avessi avuto l’intelligenza di seguire la tua verità, forse ora le tue strade sarebbero una piccola bellezza amata da molti. Hai barattato il tuo spirito per un paio di centri commerciali e negozi cinesi a ogni angolo.
È passata una mano fredda su di te, che ha spento ogni vivacità, ogni allegria, anche quella semplice, della bella mattina calda.
E senza questo, cosa ti rimane? Le tue poche bagattelle erano tutte lì, lungo il mare. Le belle domeniche di sole, per le quali in tanti abbiamo scelto di rimanerti in corpo, sono divenute domeniche invidiose. Invidiose del pallido sole bergamasco, di quel puntino verdastro nel cielo grigio, che garantisce lavoro, soldi, vantaggi economici, belle auto, assicurazioni basse, pensioni immodeste.
Tutto attorno a te è triste, vecchio, mangiato, rognoso. Squallido, senza grazia, senza intelligenza.

Ogni tanto un giardino regalava un colore, una piccola preziosa fioritura, un momento di stupore. Oggi tutta la vita che contieni puzza di cadavere, è solo in attesa di morire legalmente, di estinguersi anagraficamente.
Della tua poca bellezza è stato fatto scempio negli anni della mia infanzia. Mi dispiace, sei come un povero cane zoppo e sbilenco, con la carne messa a nudo da malattie e sporcizia.
Non c’è più cura, più affetto, più dedizione che possa salvarti.

Il caso Paradine

Eva peccatrice

Qualche giorno fa hanno rimandato il classico “Il caso Paradine”, non esattamente uno dei miei preferiti di Hitchcock.
Da ragazzina Alida Valli mi sembrava di una bellezza olimpica, una regina di ghiacci eterni. Capivo già allora che un nome italiano in un film americano e prestigioso era un evento raro, perciò la squadravo, ne osservavo i movimenti del viso, assorbivo il tono drammatico del doppiaggio.
“Il caso Paradine” era uno dei film preferiti di un signore che conoscevo, un uomo buono ma dotato di certi spigoli di autentica malvagità. Come molte persone che hanno frequentato casa mia, era un misogino. La signora Paradine aveva sedotto Latour e fatto avvelenare il buon colonnello, che aveva soposato solo per danaro. Per quell’uomo “Il caso Paradine” era una metafora del rapporto con la moglie: una donna che tutto il paese ha sempre ritenuto più casta della Vergine Madre. Non so perché quell’uomo sospettasse la moglie di tradimento: immagino perché lui l’aveva tradita più volte, e la giudicava con il suo metro.
La signora Paradine e la moglie di questo buon uomo sono così fuse nella mia memoria e posso testimoniare, su quello che volete, che a Siderno ci fu una signora Paradine innocente, ma agli occhi del marito, colpevole fino all’ultimo.
Lo giuro.

stalking
Lo stalker e la vittima