Jean-Paul Sartre sosteneva che l’arte non sia -come viene spesso detto- il prodotto di una società com’è, ma della società che verrà subito dopo.
Dunque l’artista non descrive quello che una società è, ma quello che una società dovrebbe essere. E’ insomma un anticipatore, o nei casi più fortunati, un ispiratore. Si potrebbe dire -mutuando qualche espressione del linguaggio informatico- che è una sorta di “interrupt”, un interruzione di un processo pe via di un elemento che richiede attenzione.
Per questo credo che debba essere teso verso l’innovazione ogni sforzo dell’artista. Anzi, credo che l’artista vero vi si diriga inconsapevolmente.
In effetti, se uno ci pensa, la storia dell’arte si configura come un insieme continuo di infrazioni a regole precedentemente scritte.
Esiste l’elemento individuale, imprevedibile, che attraverso la sua personale sensibilità e il proprio peculiare modo di vedere il mondo e di interagire con la realtà, esplicita ed interpreta un desiderio collettivo.
Che l’arte sia una forma di conoscenza, a me, non restano dubbi.
E meno ancora me ne rimangono se il giardinaggio autocosciente sia o no una forma d’arte. Lo è senza dubbio per il suo carattere formidabilmente conoscitivo.
Con buona pace di Pietro Puccio.
interessante questo tuo punto di vista.
sono ancora un po’ scettico sul ritenere il giardino un’opera d’arte, anche se tu parli di giardinaggio autocosciente che non è un tuttuno con il resto dei tutto giardini.
ma quante tette visite hai avuto?
tette visite solo due, ma attraverso il tag, non come parola ricercata. In arrivo le mutande.
Il giardinaggio non è una forma d’arte, è un’attività umana come ad esempio la cucina o il découpage. Creare i giardini è tutta un’altra cosa.
Più in là spiegherò la differenza.
Comunque poi te lo dico io perchè tu pensi che i giardini non sono opere d’arte.
A me sembra un enigma del tipo: “prima l’uovo o la gallina?”.
L’artista è anche un innovatore ma, secondo me, è anche uno che con la sua personale sensibilità sa spogliare la sua società fino a vederne l’essenza. Le sue opere sono lo strumento per comprenderla. Non una visione futura, ma quella corrente. No solo innovatore, sicuramente un ricercatore.
No, no, viene prima la società. E’ abbastanza chiaro se ti soffermi a pensarlo. Non possiamo fare paragoni perchè siamo la sola razza terrestre a produrre arte, ma siamo una razza sociale, gregaria. L’artista interpreta lo stato presente e l’anelito al futuro della società in cui vive. L’arte è un evento squisitamente sociale, un fatto pubblico. Lo stesso artista partecipa come pubblico alla fruizione della sua opera, e ne è contemporaneamente critico e spettatore.
Ciò che è mutevole è il rapporto con il significato di un’opera, che è un rapporto generico, assoluto, di volta in volta con l’autore, con la collettività, con le altre discipline o scienze teoretiche, con le attività pratiche, con gli altri “oggetti estetici” o “simboli sensibili” (leggi: significati, oggetti), o tutti questi contemporaneamente.
E’ anche per questo che molti non comprendono le opere d’arte contemporanee, perchè ancora non hanno avuto il tempo di diventare dei “significati” per generazioni di persone.
Prof, io provo ma non c’ho la stoffa.
Tu la stoffa ce l’hai eccome!
Sono d’accordo. basti pensare a tutti gli artisti che sono stati riconosciuti come geni solo da morti.
Jung parlava di inconscio collettivo, forse c’entra molto con questo caso.
Ascoltando dei brani musicali di inizio secolo ( parlo di musica ” alta”, da concerto, non le canzonette) mi pare spesso di sentire in essi tutta l’angoscia della nostra epoca come se sentissero che qualcosa di terribile fosse imminente.(è per questo che l’ascolto poco, per la verità).
Fateci caso, se vi capita.
Certo che se giudicassimo il XX secolo dall’arte prodotta in quel periodo dovremmo concludere che è stato un periodo tremendo, non solo per le guerre ma anche per le coscienze individuali.
Detto questo, l’arte del giardino come ha percepito questi mutamenti?
Ci può essere un possibile parallelismo con i diversi movimenti espressivi(escludendo la land-art:troppo facile)?
Milli, in questi ultimi giorni stai scrivendo dei commenti molto stimolanti, grazie.
Così è come la vedo io: Jung parlava di inconscio collettivo, ma io sono più propensa a definirlo come “valore antropologico primigenio”. Comunque sia, qulunque cosa sia, è la cosa a cui facciamo appello quando consideriamo un soggetto estetico (come “significato”, non come “oggetto fisico”).
Penso di non andare lontano dal vero dicendo che è dopo Freud che l’individualismo nell’arte inizia ad avere un valore quasi scientifico e dimostrativo. E’ nel Novecento che si sono sviluppate le teroie soggettivistiche ed emozionali dell’arte, che hanno del tutto, in qualsiasi altra maniera, afflitto l’arte, moderna e antica, e pregiudicato la comprensione dell’arte contemporanea. Teorie basate sul nulla, peraltro, che sono però state mutuate come le uniche valide, proprio perchè facilmente comprensibili da tutti.
I mutamenti in giardino avvengono con una certa lentezza per via del ciclo vitale delle piante, specie degli alberi. E’ chiaro che ciò che è oggi sarà ancora oggi e domani, e forse dopodomani.
Laddove è più facile vedere il turn-over dei gusti e i mutamenti delle coscienze è sulle piante di piccola taglia e di poca longevità, come le annuali e le perenni.
Certo, c’è una gran differenza tra il Jardin de l’Agapanthe e il Millennium park. Sono due sensibilità differenti. Certo, il giardino “vede” tutto questo, e si adegua a suo modo.
Riflessioni interessanti, Lidia.
In effetti sembra che gli artisti abbiano avuto la smania di esprimere quanto avevano dentro, anche se a ben vedere dentro c’erano cose terribili, e mi riferisco per.es.agli impulsi primordiali dell’Art brut, tanto per citarne una.
Credo che abbia influito molto anche l’estetica nichilista .
Il giardino ha subìto questa frenesia contemporanea laddove è stato sacrificato al cemento.
P.S. Grazie a te, mi manca il tuo contributo sulla Cdg!
Ciao
scusa, forse dovevo dire la “filosofia” nichilista