La mattina del Professor Dracula (citazioni, nostalgia, logaritmi, Platone, Marina Abramovic e l’antico vaso cinese travolti in un turbine di arte e sonno)

Gli occhi di un cane scappatore e ululatore, non fidatevi
Ieri è stata una giornata terribilmente faticosa, così sono caduta addormentata verso le otto di sera. E dato che nessuno aveva chiuso i cani, la cara Bibo si è data all’ululagione notturna più che mai, svegliandomi alle quattro di stamattina.
Avevo fame e mi sono fatta una colazione con un Pu Erh “riposato” e del pane tostato. Su Telereggio davano Dracula, quello con Vincent Price. Peccato non averlo beccato dall’inizio.
Poi ho vagolato un po’ alla ricerca di programmi con potere altrettanto svegliante, ma il meglio che ho trovato è stata una lezione di arte contemporanea per Nettuno, su Rai2.
Il professor Come-si-chiama è partito da Platone e dal suo concetto di idea primigenia, divina, fisiologica, semiotica, neurologica o genetica, scegliete voi, per arrivare alla Venere degli stracci e a Maurizio Cattelan.
Come-si-chiama ha detto: “il cerchio si chiude”, mostrando Una e tre sedie di Kosuth.
E questo mi ha risvegliato (proprio il caso di dirlo) un pensiero che aveva attraversato la mia fragile mente durante il film Midnight in Paris.

L’arte è come la matematica. Parti dalle quattro operazioni e dalla tabellina, arrivi all’aritmetica più complessa, al calcolo differenziale, alla geometria non euclidea e infine ti ritrovi la teoria della Relatività e un paio di quanti fluttuanti tra le dita.
Tales of the Jazz Age, è il titolo dell’opera di Fitzgerald a cui tutti avranno pensato vedendo Midnight in Paris. Chi non vorrebbe conoscere Fitzgerald? Chi non vorrebbe fare un po’ di chiacchiere con Platone o con Degas?
L’artista non può escludere il passato dalla sua opera, tanto più che la sua opera sarà inevitabilmente una delle molte possibili somme di tanti elementi della storia dell’arte precedente. Una somma algebrica, una media ponderata, una media armonica o di potenza. Una sottrazione, una radice ennesima, una variabile bernoulliana. Il che non giustifica il citazionismo e l’autocitazionismo, sempre più in voga nell’arte contemporanea, giardino non escluso.
L’arte non si muove nel discreto, ma nel continuo, come la vita stessa.
Non puoi fare lo studio di una funzione se non conosci le quattro operazioni e non capisci Duchamp se non conosci Giotto.

Garantito, timbrato e protocollato.

Perciò mi fanno sempre incazzare quegli storici che sanno tutto della Transavanguardia e disconoscono Poussin. E anche quelli che fanno il contrario, veramente. Sanno tutto sulle punzonature dei cibori barocchi e non distinguono Van Gogh da Picasso.
Meglio fare il copista, l’amanuense, ché c’è è più nobiltà in quel lavoro che nel grigio sollazzo dell’erudizione senza nè conoscenza nè sapienza.
Lo stesso vale per la storia del giardino: capiremmo Villandry senza conoscere l’orto medievale o il giardino Tudor, o Sissinghurst senza conoscere il giardino rinascimentale italiano o quello barocco francese?

E allora se per noi il sogno può essere un natale vittoriano, per Degas l’età dell’oro era il Rinascimento, e per Poussin il mondo dell’antica Grecia, Platone, Socrate e l’Arcadia.

Conoscere il passato per vivere con maggiore autocoscienza il proprio tempo. Un artista non può vivere il proprio tempo (il che equivale a dire che non può operare sulla realtà, quindi produrre opere d’arte) se non conosce quello passato, perchè compito dell’artista è anticipare il futuro.
Voler proseguire la “timeline” dell’arte, sentircisi dentro o perlomeno appaiati, non è necessariamente un atto di negazione o di abiura, più spesso l’opposto, anche se spesso il desiderio di proiettarsi nel futuro viene confuso con un generico senso di fastidio per il presente, soppragliosità, puzzosottoilnasismo e presunzione (solitamente sono le teste di cazzo che fanno questo genere di confusione: alle persone di cultura e dotate di intelletto non accade).

Quindi durante la lezione Nettuno ripensavo alle parole del professor Come-si-chiama. “Il cerchio si chiude”.
Il cerchio si chiuderà, direi che sarebbe la considerazione successiva, per ora è una circonferenza al cui completamento mancano parecchie sezioni, o forse, con maggiore approssimazione, una spirale.

Perciò ho pensato a un paio di cosette che mi piacerebbe fare per allungare questa spirale. Dopo il vaso cinese mi piacerebbe impacchettare Marina Abramovic.

la sanpaulara

Se poi finisse che non respira più e muore soffocata, si potrebbe mettere sotto formalina insieme allo squalo di Damien Hirst.

E come si poteva chiamare uno che metteva gli squali in formalina? Giusto il 666 sulla nuca gli mancava. Per fortuna s’è dedicato all’arte e non alla scienza.

Ditemi se non ha la faccia da serial killer

10 pensieri riguardo “La mattina del Professor Dracula (citazioni, nostalgia, logaritmi, Platone, Marina Abramovic e l’antico vaso cinese travolti in un turbine di arte e sonno)

  1. ma perchè proprio la Marina? io impacchetterei piuttosto Araki, così, per la legge del contrappasso.
    Ma non diventeremmo comunque due artiste, io e te

    1. Araki quale? Shingo, quello di Lady Oscar? E credo sia defunto per i fatti suoi senza essersi fatto formalinizzare. Peccato, potevamo aprirgli il cervello per vedere se ce l’aveva.

  2. ma toglimi una curiosità : lo squalo è vivo o sotto formalina? e gli animalisti non si sono inc+++ati?
    Considerazione n.1: un critico DEVE conoscere la storia dell’arte anche se si occupa di arte contemporanea, altrimenti come fa a sapere se un’ opera è davvero originale o una scopiazzatura di qualcosa già presente nel passato? e pure conoscevo qualcuno che comprava quadri senza sapere un fico, ma solo perchè glieli consigliava il gallerista ( il mio ex datore di lavoro). Gli avrei regalato almeno il catalogo di una mostra di arte americana del ‘900, ma costava troppo!.
    Considerazione n.2: questo rapporto tra matematica e arte mi ha fatto pensare a un libro: “nato in un giorno azzurro”, dove il protagonista racconta come vive il mondo ,circondato da numeri, colorati, semoventi e con una personalità loro. Se non è creatività questa – anche se molto particolare-!

    1. Lo squalo è defunto. Non credo l’abbia comprato al mercato del pesce, se lo sarà fatto regalare da qualche vip o l’avrà…come dire…”commissionato” a qualche cacciatore (“non sciuparmelo con l’arpione!mi raccomando!”)
      Gli animalisti sono ferocemente incassati con Hirst, e direi che tutti i torti non l’hanno neanche.
      Non so se qualcuno si ricorda la puntata di “Un medico tra gli orsi” in cui il deejay voleva proiettare una mucca con una enorme catapulta. Credo che questa idea debba qualcosa a Hirst.

      I critici, quella è una nota dolente. E’ vero che tendono a specializzarsi, ma il fatto è che si fermano al punto in cui si sono specializzati. Un mio cuginastro, ad esempio (un tipo che pensa di essere intelligente e colto), sa tutto sulle madonne lignee delle chiese calabresi del ‘700. A suo stesso dire è prodigioso nel suo campo, e io non lo metto troppo in dubbio.
      Ma guarda che non scherzo, se gli metti davanti Braque, a naso ti potrebbe dire che è Picasso, Van Gogh è uno dei tanti “ottocentisti” e fino a quando non è stato convocato per una relazione (come poi l’abbia fatta, non lo so) sui Macchiaioli, non conosceva neanche quelli.

  3. urca però tuo cugino! è come i dentisti americani: ci sono quelli specializzati per i molari e quelli per gli incisivi, così se ti sbagli rischi di trovarti un premolare al posto di un canino. Ma vedrai che succederà anche qui prima o poi, con il dovuto ritardo da provincia dell’impero.
    L’Araki che dici tu non lo conoscevo proprio, io mi riferisco al fotografo, quello che fa bellissime foto di donne giapponesi legate e attorcigliate. Una cosa bellissima e oscena.
    Ma i giapponesi sono extraterresrti, si sa

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