La polvere di fata

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Tutti sanno che la polvere di fata rende magiche le cose. Polvere di fata per animare piatti e spugne per lavare la casa, polvere di fata per volare, polvere di fata per trasformare un giardino abbandonato in un orto di delizie.
La polvere di fata è meno rara di quanto si creda. In genere si trova in determinati ricordi, su alcune persone, su certi oggetti.
La storia ricorda alcune fate che -essendone naturalmente dotate- hanno portato la polvere di fata tra i babbani.
Martina Navratilova, John McEnroe, Mark Knopfler, Alexander Calder, George Gershwin e molti altri sono fate che hanno deciso di vivere tra gli umani, coltivandone le arti. Anche gli asinelli, i fiori, le papere, le sorgive, la lana, sono fate.

Insomma, con tutte queste fate in giro, viene a succedere che un po’ di polvere di fata circola nell’aria che respiriamo: per la precisione sono due granelli per 10 metri cubi. Avreste detto di meno, eh?
Ogni tanto uno di questi granelli si deposita su un babbano. E siccome la polvere di fata attrae magneticamente gli umani, anche un solo granello finito tra i capelli (o dietro le orecchie, per chi i capelli non li ha), ha effetti sorprendenti, trasformando l’umano o l’umana in un soggetto conteso, apprezzato, ammirato, quasi adorato. Il soggetto stesso ne beneficia, migliorando le sue qualità: più forte, più veloce, più seducente, più interessante, più eloquente.

In genere coloro che hanno più polvere di fata sono quelli che chiamiamo “amici”.
La polvere di fata li rende adorabili.
Il loro modo di vedere le cose è naturalmente più giusto del tuo, perché loro hanno la polvere. Sei tu che sbagli. E quando ti dicono “No no no nonononnonono”, oppure ti correggono, tu ti metti nel tuo cantuccio di normale babbano medio, pensando “Quanto sono fortunata ad avere un amico/amica come te, che mi corregge quando sbaglio!”, e i tuoi occhi si riempiono di stelline sbrilluccicanti.
Finché la polvere di fata abita gli amici, tutto quello che dicono è vangelo. Il loro consiglio è semplicemente quello che si deve fare, e basta. perché se non lo fai il tuo amico o la tua amica ti punirà privandoti del suo affetto.

Non metteresti mai in dubbio la parola di un amico, non penseresti mai che sta prendendo una cantonata, o che ti sta deliberatamente mentendo, che ti ha sempre nascosto qualosa, e soprattutto, non ti passerebbe mai e poi mai per la testa l’idea che possa per un solo secondo della sua vita non averti amato e stimato quanto tu hai amato e stimato lui o lei.
Non penseresti mai che è in malafede, che ti sta deliberatamente danneggiando, mentendo. Che insomma, il tuo amico è in realtà è una bietola e che la polvere di fata -dotata di una sua intelligenza- su di lui non ci si sarebbe mai andata a posare.

E arriva che ti accorgi la polvere di fata non c’entra niente, che era un semplice sentimento umano: amicizia incondizionata.

Ci sono poche parole per definire quella sensazione di aver perso un pezzo dei tuoi ricordi buoni, come un una libbra di polmone tagliato via e annerito dal cancro.
Credetemi.
Rimane la salda consapevolezza che se si ha dato col cuore, si ha dato bene, e che il dare è sempre un prendere simultaneo.

Da un’amicizia non vai mai via a mani vuote.

LEGEND, David Bennent, 1985, (c)Universal Pictures
LEGEND, David Bennent, 1985, (c)Universal Pictures

4 pensieri riguardo “La polvere di fata

  1. Ho mantenuto a lungo una grande amicizia: andavamo al liceo insieme , poi vacanze , università, lo stesso appartamento condiviso. Presa la laurea abbiamo preso strade diverse, altre amicizie , altra città..e l’amicizia è finita in malo modo, dopo vent’anni.
    L’amarezza è stata grandissima, però ho deciso di non cancellare i bei ricordi, anzi ho deciso di ricordare solo quelli. Non dimentico le falsità ma non me ne importa nulla, peggio per lei, non ho intenzione di farmi scippare i miei ricordi.

    La polvere di fata me la riprendo e me la porto in fondo al cuore.

  2. Io penso che l’amicizia come l’amore, l’affetto, la simpatia e i sentimenti che ci “legano” agli altri debbano essere visti scrollandosi di dosso la polvere di fata. Come giustamente fa notare Lidia, alla fine, la polvere di fata non c’entra niente! Per me la cosa importante è non creare rapporti di dipendenza o avere aspettative. Personalmente ho compreso che aspettarsi qualcosa dalla persona che si ritiene amica può essere una sofferenza dovuta dalle illusioni umane, che ci fanno vedere le cose con le fette di fata affumicata sugli occhi…A me basta offrire me stesso col cuore, poi l’altra persona vedrà cosa farsene della mia offerta. Magari l’accartoccerà buttandola nel cestino. Quindi sono d’accordo con Lidia quando dice ” che se si ha dato col cuore si ha dato bene, e che il dare è sempre un prendere simultaneo” e per questo la ringrazio. Non sempre è facile ricordarsene. Per chiudere, penso che questa bella condizione di energia fresca e coraggiosa del dare senza nulla aspettarsi derivi fondamentalmente dalla capacità di vivere bene da soli con noi stessi a prescindere dalla risposta degli altri. Così si potranno costruire rapporti paritari e di reciproca stima basata sulla libertà, senza troppi attaccamenti!

  3. Da giovani si ragiona in modo diverso, ci si apre completamente e quindi si può ferire ed essere feriti facilmente, se poi l’amico agisce per convenienza piuttosto che per amicizia vera la scoperta brucia parecchio.
    Con la maturità si raggiunge un maggior equilibrio, come scritto da Paolo. Certo che non ci saranno mai più lo stesso coinvolgimento e complicità.

  4. Sì, è vero, da giovani si è più energetici, ci si regala più facilmente. A essere brutali, dirò che Paolo ha ragione nel fatto che ci si crea delle illusioni, delle aspettative, che vanno regolarmente deluse non necessariamente per malignità dell’amico/amica, ma solo perché la polvere di fada ti cade dagli occhi, si invecchia, si rinsavisce, ci si disillude, o il termine che preferite.
    Anche se era il nostro occhio a vedere le cose attraverso un filtro dorato, non credo faccia molto la differenza. Accorgersi di sottili omissioni durature, mi fa incavolare, però.
    In fondo è stato per questo che ho scritto la “Piccola Estate”.

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