Scrittori di tutto il mondo unitevi!
Dopo il successo del Poetry Slam organizzato dal Circolo nell’ultima settimana di Novembre, si è deciso che la cosa potrebbe ripetersi nel 2013 con una veste migliorata.
Per l’occasione abbiamo pensato di fare un bando allargato, neanche troppo formale, col quale reclutiamo scrittori di poesie o di racconti o di aforismi o di Haiku, per mettere su un torneo con un certo livello di agonismo.
Le regolette son semplici semplici.
1) I duelli saranno fatti davanti a un pubblico che deciderà per alzata di mano il vostro destino.
2) L’arma la scegliete voi: qualcosa che avete nel cassetto, qualcosa che scriverete per l’occasione, non importa, basta che sia farina del vostro sacco.
3) Nessuna censura. Siete autori, artisti e quindi liberi. Sfogatevi pure basta che abbiate con voi almeno tre scritti da leggere e che ognuno non superi una pagina di lunghezza (non possiamo mica stare ad ascoltare solo voi).
Come si diceva, stiamo reclutando impavidi.
Confermate la vostra adesione, semplicemente rispondendo a questa mail (eventi@circolocabret.com) con i vostri dati entro il 22 dicembre.
Daremo priorità ai più veloci a rispondere a questa “chiamata”, perciò una volta raggiunto il numero, per gli altri ci sarà da aspettare.
Abbiamo detto che l’iscrizione è gratuita e che per i vincitori ci saranno ricchi premi e cotillon? No? Ok, allora lo diciamo.
“Voglio te per l’esercito degli Stati Uniti”
Zio Sam
Circolo Cabret – Associazione d’idee
Segreteria:
Via Isonzo 63 – 87100 Cosenza
tel. 0984 1933300
dal lun al ven 10-13 | lun-mer-giov 16-18
Con questo benedetto decoder i collegamenti tra videoregistratore e lettore dvd sono saltati tutti.
Per vedersi un film tocca fare delle capriole alla Dimitri Sautin.
Ieri mia mamma ha insistito vivacemente di voler vedere Il cigno nero.
Era la seconda volta che lo vedevo e a me era piaciuto già la prima. Ieri invece l’ho visto in modo un po’ passivo.
Su questo film ho sentito molti pareri discordi e molte interpretazioni differenti. Io credo sia un bene. Quando di un film si danno diversi significati vuol dire che è andato al di là di quanto ci si aspettasse.
Quando un’opera può essere letta a molteplici livelli di interpretazione è lì che può nascere l’arte.
E qui entra in gioco il mio buon amico Jan Mukarovsky. L’in-intenzionalità è una delle caratteristiche dell’arte. Ciò che è precluso all’artista e che è invece peculiarità del caso, del tempo e -soprattutto- del pubblico.
Lo scultore dei Bronzi di Riace non poteva certo sapere che sarebbero finiti in acqua e le armi rubate. Ora quelle “pose plastiche” sembrano nascere da un semplice movimento, non da uno sforzo per sorreggere un giavellotto o uno scudo. E lo stesso vale per la Nike di Samotracia, il cui volto è il volto della bellezza e della potenza che ognuno di noi ha in mente, più o meno definito (ma alzi la mano chi ha in mente un volto ben definito della Nike di Samotracia!).
Perciò a volte non capiamo l’arte moderna, perchè è poco storicizzata. Gli Anni ’50, ad esempio, li abbiamo metabolizzati, ci vorrà ancora un po’ per gli Anni ’80.
Un’opera d’arte totalmente intenzionale non è “perfetta”, come si potrebbe pensare (tutti la guardano e pensano la stessa cosa), ma è del tutto Kitsch, cioè non lascia spazio libero all’immaginazione, non trova collocazione al di fuori di se stessa, non esiste neanche al di fuori di se stessa, non riesce a porsi in differenti piani di analisi e ad abbacciare funzioni diverse, seppure tangenti, come quella simbolica o magico-religiosa.
Perciò si può a buon diritto dire che l’opera d’arte è letteralmente costruita dal pubblico che la osserva, con le sue mille interpretazioni e le interpretazioni delle interpretazioni (stratificazione del giudizio).
Ciò non significa che passare davanti ad un Moore e dire : “Che bella schifezza” contribuisca alla crescita della critica artistica, ma solo alla crescita dell’ignoranza crassa, supina e pluristratificata.
Rimannendo in campo artistico vorrei proporre la mia interpretazione di Il cigno nero. Fatto salvo che non conosco la storia del cinema e i suoi stili e che le mie recensioni sono tutte elaborazioni logiche o commenti di pancia, io la vedo così:
Nina ambisce alla perfezione. E’ il fil rouge di tutto il film. La perfezione, come ogni artista sa, non esiste. Se una cosa fosse perfetta (cioè, secondo il latino, perfecta, “conclusa”), sarebbe con tutta probabilità un classico intoccabile o un un’opera Kitsch. Il compito più grande dell’artista è avvicinarsi il più possibile alla perfezione evitando accuratamente di toccarla. La perfezione è un bersaglio mobile. E’ proprio quando ti avvicini e miri per colpire, che ti sfugge. Ma nella mia esperienza di artista e critico d’arte è lo sguardo con la coda dell’occhio il più sensibile: non bisogna mirare al bersaglio, ma appena un po’ di lato.
Per come la vedo io Nina si trasforma da “cigno bianco” (una ottima danzatrice, ma senza quel carico di emozioni che un vero artista deve saper trasmettere. Se vogliamo è “perfetta” ma fredda), in “cigno nero”, una vera artista, che è totalmente in simbiosi con l’opera prodotta. L’opera viene da lei, lei dall’opera. E’ un binomio indissolubile che tutti gli artisti conoscono. Il creatore e il creato sono la medesima cosa/persona, è quanto di più vicino alla divinità posieda l’Uomo (checchè ne dicano le varie religioni).
Non si può spiegare, accade, è il “passo del leone”. E’ il passo della fede.
Nel film tutto ciò è rappresentato dalla metamorfosi fisica di Nina nella famosa scena in cui volteggiando le crescono le ali nere.
Per essere una vera artista Nina deve morire, a se stessa e al mondo. Non è un procedimento che si impara a scuola: è la vita, il più delle volte, che si incarica di sfuggirti,e l’Arte diventa-come suggeriva Montale- un “surrogato, un compenso, per chi realmente non vive”.
L’artista è morto a se stesso. E’ l’Autore/Creatore, non un “io”. Non può farne a meno.
E il modo che ha, il solo modo che ha, per cambiare la realtà è quella di raccontarla, farla vedere, non già com’è, ma come egli vorrebbe che fosse.
Perciò la morte finale di Nina, che molti hanno trovato pretestuosa e incoerente, io la trovo simbolica di una rinascita ideale come artista.
L’arte richiede il sacrificio della vita interiore (si dice che Flaubert avrebbe venduto sua madre per un buon verso), della vita interiore di chi ci sta vicini e di chi amiamo, a volte anche della nostra stessa fisicità.
Claudio Sottocornola in Calabria: mercoledì 8 agosto, alle ore 18:30, presso il Salottino Rosso della Libreria Calliope-Mondadori di Siderno (RC), si terrà la presentazione del suo ultimo libro, I trascendentali traditi (Edizioni Velar),incentrata sula tematica “Il sacro e il popular fra tradizione ed eversione nel tempo del pensiero debole”.
Relatori : Rossella Scherl,scrittrice e Antonio Falcone,giornalista e critico cinematografico.
L’autore converserà inoltre con Antonio Falcone nel corso della trasmissione Sunset Boulevard, lunedì 6 agosto, dalle 15:00 alle 16:00, su Radio Gamma Gioiosa (94,500 – 97,000 MHz FM Stereo, Streaming audio su Internet www.gammagioiosa.net).
Claudio Sottocornola, ormai noto ai media come “filosofo del pop”, nella sua ultima fatica I trascendentali traditi ed. Velar, analizza la crisi del sacro e del suo linguaggio iconico e simbolico per ricercare il significato profondo del fenomeno, formulando al contempo ipotesi di recupero e valorizzazione, a partire dal contesto del pensiero debole e dell’ermeneutica contemporanea, nel tentativo di elaborarne una comprensione flessibile, liberante e gioiosa. In questo orizzonte, Sottocornola propone un accostamento fra “sacro” e “popular” nel nome di un’affinità dalle origini addirittura evangeliche (gli outsiders amati da Gesù), fra la sensibilità iconica della tradizione e le innumerevoli istanze simboliche del pop(ular), da lui indagato attraverso canzone, pubblicità, cinema e televisione.
Claudio Sottocornola, ordinario di Filosofia e Storia a Bergamo, giornalista e scrittore, ha sempre condotto le sue opere sul sentiero di un personale discorso intellettuale, estremamente coerente e lucido, incentrato sulla filosofia per analizzare ed indagare la realtà, i suoi mutamenti nel costume sociale, riuscendo al contempo ad avvalersi efficacemente di strumenti quali musica (L’appuntamento, tre cd e un dvd, in cui interpreta canzoni italiane e straniere) poesia (Giovinezza…addio. Diario di fine ‘900 in versi; Nugae, nugellae,lampi, entrambi Edizioni Velar) e immagine (80’s/Eighties/Laudes creaturarum; Il giardino di mia madre e altri luoghi) nella loro valenza genuinamente pop, diminutivo di popular come ha sempre tenuto a precisare, aggettivo concretizzato nella sua portata estensiva e non certo riduttiva.
Con la precedente opera in tre volumi, Il pane e i pesci (Edizioni Velar) e il recente I trascendentali traditi, Sottocornola è riuscito a focalizzare il punto estremo di una ricerca sempre in divenire, volta a recuperare memoria e senso della spiritualità, al di là dell’ormai stanca dicotomia dell’ essere o non essere credenti, spingendoci piuttosto ad interrogarci sulla natura della nostra fede, se questa abbia caratteristiche tali da permetterci di superare il più gretto individualismo.
Da ricordare che dal 31 marzo al 31 luglio di quest’anno è stato reso disponibile in rete, ed è tuttora visualizzabile, (www.claudiosottocornola-claude.com)Working Class, coinvolgente web-concert tematico, ideato e interpretato dal professore lombardo, cinque percorsi scelti fra le famose lezioni-concerto tenute sul territorio fra Scuole, Terza Università, Centri Culturali e svariati luoghi della vita quotidiana.
Rappresenta una sua nuova sfida, un “laboratorio” che sfrutta le potenzialità della rete, ribadisce l’eclettismo creativo dell’artefice e certifica un itinerario di animazione culturale del territorio girato in presa diretta, “on the road”, da amici e spettatori che hanno assistito alle sue performance artistico-musicali, ma anche storico-filosofiche. E’ la canzone d’autore l’ambito privilegiato da Sottocornola, che affida alla sua visione ermeneutica del canto e della vocalità la rilettura di celebri brani, decisivi nel fotografare l’evoluzione di usi, costumi, sentimento e linguaggio della società italiana.
I trascendentali traditi
(Claudio Sottocornola, pp.164, Editrice Velar)
Una dedica a Pier Paolo Pasolini e nove brevi conversazioni sui trascendentali, ovvero quei “caratteri che appartengono all’essere in tutta la sua estensione”, secondo la rigorosa definizione di Vanni Rovighi, che delinea con chiarezza la portata di quei concetti, come bene, verità, bellezza, unità che i filosofi medievali predicavano di tutto il reale, nel solco di un ottimismo metafisico culminante nel pensiero di Tommaso d’Aquino, che apre sotto forma di citazione, accanto ad altro autore classico o moderno, ogni capitoletto. Questa è la struttura essenziale de I trascendentali traditi di Claudio Sottocornola, filosofo che utilizza musica, poesia e immagine come strumenti di lavoro privilegiati, e qui si attarda fra le derive del contemporaneo, evocato da città in degrado, corpi alterati e famiglie liquide, ad assaporare tutto l’amaro di una civiltà in declino e di un pensiero sempre più debole, sforzandosi di segnalare nel buio minaccioso che sovrasta e avvolge ogni cosa quel valore o universale che potrebbe insospettire il lettore, specie se scettico e disilluso, ma ben presto lo coinvolge invece in una complicità, quella del viaggio, della ricerca appassionata e della speranza di una non inutile meta. Ciò dipende in gran parte dal rispetto e dalla valorizzazione delle soggettività che questo scritto in forma di pamphlet esprime come sua vocazione più intima e accorata per cui, accanto ad una dimensione quasi apocalittica e veemente, di denuncia e amarezza, ove la biografia quale ermeneutica del vero si fa strumento di comprensione profonda del senso e della vita, emerge uno sguardo post moderno che redime le asperità in nome di una situazionalità (storica, personale, naturale) in grado di giustificare le differenze, relativizzare le colpe, promuovere il dialogo ma, soprattutto, innamorarsi dell’ “altro”, a qualsiasi regione – ideologica, culturale, religiosa – appartenga.
Gianni Vattimo
In realtà ciò che colloca questo scritto così coraggioso e atipico fra Tommaso e Vattimo, è proprio l’esigenza, che l’autore ribadisce e decanta, di un orizzonte di verità o autenticità che orienti il cammino dell’uomo contemporaneo, e nel contempo il rifiuto a identificare ciò con un approccio apodittico e dicotomico che separi troppo facilmente vero e falso, bene e male, bello e brutto, in nome di una concezione ermeneutica della verità (che potrebbe ricordare, per esempio, Kierkegaard, Nietzsche o Heidegger), intesa come interpretazione, ove i concetti, come le note di una musica, evocano nella loro sinfonicità la bellezza dell’intero (di per sé ineffabile, come voleva Eckhart). Così fra Kant e la Scolastica, l’autore sceglie l’Ermeneutica contemporanea come l’ambito che meglio può restituire il desiderio di unità e universalità evocato appunto in altre epoche storiche dalla stessa Scolastica o dal Criticismo, e oggi idoneo ad essere espresso appunto da un visione della conoscenza e del rapporto uomo-mondo come interpretazione, e quindi attraverso la tolleranza, il dialogo, l’incontro, anche per ciò che concerne la spiritualità e le tematiche teologiche, che vanno ormai, come ogni ambito dell’esperienza umana contemporanea, planetarizzandosi, ed esigono quindi una visione olistica ed empatica, mentre necessitano di sprovincializzarsi in nome di una fraternità o amicizia, anche spirituale, più allargata.
Come accadeva per i collage di “Eighties”, ove Sottocornola miscelava cultura alta e bassa, popular e arte sacra, destrutturando per ricostruire secondo armonie e senso del tutto nuovi, anche qui si assiste ad una singolar tenzone fra pensiero debole e pensiero forte, ove alla fine orizzontale e verticale, universale e particolare, verità e dubbio, anarchia e dogma convivono danzando mirabilmente sotto lo stesso cielo. Perché “tutto è grazia”, secondo la celebre affermazione del curato di Bernanos, ma non tutto è uguale e bisogna saper scegliere quale intensità di vita e di valore vogliamo realizzare.
C’è nell’intero percorso un forte richiamo alla responsabilità e all’impegno, e si capisce, perché l’autore, come docente, si è lasciato ispirare dai suoi giovani studenti o, meglio, dai loro bisogni e dalle loro domande, a scrivere di filosofia come un testamento minimo, come una testimonianza e un impegno a orientare nel cammino, quando sembra venire a mancare ogni indizio di stella polare, una generazione che si smarrisce.
I valori e il declino dell’Occidente
di Augusta Dentella
Un’ode al valore, comunque lo si voglia definire e intendere, un invito ad andare “oltre” le istanze del “bisogno” come richiamo immediato e acritico, una appassionata difesa dell’ideale contro ogni atteggiamento utilitaristico e pragmatico: sono solo alcuni dei motivi che compaiono nel pamphlet I trascendentali traditi di Claudio Sottocornola (pp. 164, Editrice Velar), quasi postilla alla sua precedente opera Il pane e i pesci, di natura più enciclopedica e sistematica, già presentato alla Libreria Buona Stampa di Bergamo il 16 dicembre.
Vi compaiono due autori, scelti da Sottocornola a designare un percorso di critica alla civiltà occidentale contemporanea e alle sue derive: Pier Paolo Pasolini, a cui è dedicato il volumetto, visto come l’antesignano di una critica ai valori consumistici e conformistici della civiltà post-industriale contemporanea, e Tommaso d’Aquino, che apre ogni capitolo con una citazione relativa ai trascendentali, che costituiscono il tema del libro.
L’opera, come sottolinea l’autore nell’Introduzione, intende presentare una fenomenologia, una specie di paesaggio dell’attuale declino dell’Occidente, evocato da città in degrado, corpi alterati e famiglie liquide, con il riferimento a una stella polare, i trascendentali della filosofia medievale, termine che designava nell’ ambito della Scolastica i valori più alti ed estesi a ogni ambito della realtà, come verità, bene, bellezza, giustizia, unità… E intende farlo non in modo rigorosamente argomentativo e conseguente, ma per divagazioni, paradossi, provocazioni e malesseri che, quasi come per un lapsus, lascino filtrare lampi di verità, come accade talvolta nella conversazione fra amici al bar, magari davanti a un buon caffè.
L’aspetto più suggestivo dell’opera è proprio questo accostare il contemporaneo attraverso la prospettiva straniante del pensiero medievale, non riesumato in forme istituzionali e banalmente erudite, ma riattualizzato e vivificato proprio dal suo confronto con l’attualità e persino la cronaca… All’immagine di città abbruttite da cumuli di sporcizia e scritte sui muri si accostano così esemplificazioni di una corruzione sempre più dilagante, alle caustiche descrizioni di costumi sociali involgariti e barbari si alternano amare considerazioni sulla pessima qualità della cultura mediatica e giornalistica prevalente. Il tutto appare però guardato quasi da un’altra terra, da un’altra dimensione, da un orizzonte di verità, bene e bellezza che continuamente spinge alla critica dell’esistente, alla sua falsificazione, a una lucida rabbia, ma in nome di una possibile salvezza, di un riscatto o almeno di un recupero che, in tale prospettiva, è lecito continuare a cercare e perseguire, realizzando intorno a sé la massima armonia possibile.
“Sottocornola – scrive Agata Salamone – avvalora sia il pensiero debole che il pensiero forte, in una linea che va da Abelardo a Mancuso… Il libro nella sua leggerezza fa il punto su una questione che è esattamente il tentativo di definire la Bellezza, la Verità, la Giustizia, il Bene, presupponendo la possibilità che si possa superare l’obiezione fondamentale che affiora spontanea sulle labbra di chi si è convinto della impossibilità di ogni universalizzazione concettuale…”. E così si assiste in tutta la trattazione a un singolare e suggestivo accostamento di riferimenti a culture e spiritualità diverse, dall’Islam al Confucianesimo, dai “maestri del sospetto” (Marx, Nietzsche e Freud) al Taoismo, dalla tradizione empiristica inglese al Buddismo, mentre continuo è il riferimento alla vita quotidiana e alle esperienze dell’autore, in un suggestivo mix di teoria e concretezza.
I trascendentali traditi si chiude con un capitoletto sulla “quiddità”, cioè sulla ragione profonda per cui una cosa è se stessa, ove Sottocornola si rivolge al lettore con un invito che ci sentiamo di riprendere: “Tuo padre. Tua madre. Il tuo quartiere. La tua città.. Questo treno. Questa scuola. Quella telefonata. Quel biglietto d’auguri. Quel messaggio. Il freddo che mi attraversa ora. Il sogno che verrà. L’attesa che mi annoia. Il citofono che squilla. Il PC che si spegne. Questo sonno, questo lutto, questa sveglia. E la giornata, questa giornata che non vorrei, e che devo amare, abbracciare, trasfigurare in un sacramento della gloria di Dio. La quiddità come luogo della gloria. Ne siamo ancora capaci, o stiamo solo aspettando il prossimo volo low-cost?”.
Un invito a rientrare in se stessi, nel respiro profondo di un’esperienza spirituale vitale e autentica.
L’avverbio cattivoEsiste una norma di scrittura, ripetuta in manuali di auto-aiuto, testi letterari, biografie di autori e giornalisti, ecc, che se ascoltata e fedelmente messa in opera, come credo sarà, vedrà la scomparsa dell’avverbio da tutti i romanzi.
Gli avverbi sono la particella grammaticale più odiata dagli editor, appena ne vedono uno, zac, lo cancellano con un tratto di rosso come si spiaccica una mosca con la paletta.
Sono diventati il lupo cattivo dei romanzi, degli articoli di giornale, dei comunicati stampa, di ogni cosa scritta. Tra un po’ spariranno anche dalle etichette e dai cartelli. Viuuulentemente mia diverrà “Ti farò mia con la violenza”.
…ma roba da pazzi.
La norma di evitare avverbi è saggia e quasi santa nell’articolo di giornale, ma è tutta da rivedere nel romanzo. Prima d’ogni cosa è una norma che ci viene dagli anglofoni, che hanno moltissimi avverbi con la desinenza -ly. Killing me softly.
Certo, direte voi, noi abbiamo quella stupida desinenza: -mente che tra l’altro si presta a mille giochi di parole e fraintendimenti. Qual è il contrario di “abbondantemente”? “A Berlino Petrarca dice la verità”.
Ma non tutti gli avverbi inglesi finiscono in -ly nè tutti quelli italiani in -mente. Quelli sono gli avverbi cattivi, gli altri sono avverbi buoni, che possono essere usati come parole normali. Vado spesso al mercato – Vado al mercato frequentemente.
Ecco un editor terrorizzato dall’entrata nella frase di un avverbio cattivo: Wendy, sono a casa amore-volmente!
L’avverbio buono, che non finisce in -mente, ha un aspetto piuttosto anonimo, impersonale, non minaccioso e quasi professionale. L’avverbio buono
Un altro terrore degli editor sono le ripetizioni, che cancellano ossessivaMENTE con tratti di penna rossa, sostituendole con i sinonimi più assurdi pescati nel Grande dizionario dei sinonimi e dei contrari per l’editor di case editrici di provincia, edizioni WhallaWhalla, oppure col Thesaurus di Word. …in effetti fanno paura anche a me
L’avverbio in sè per sè non è nè buono nè cattivo, ma è quello che gli sta intorno a renderlo pericoloso. contesto pericoloso
Così gli editor si aggirano per le pagine dei libri e cancellano tutti gli avverbi cattivi e le ripetizioni, mettono gli aggettivi dietro ai sostantivi, come in un dettato per le elementari, e sono sospettosi nei confronti anche degli avverbi buoni, quelli che non finiscono con -mente. Zio Steve chiama swifty il verbo seguito da un avverbio cattivo. Disse lui rudemente.
“Non fatelo, oh, vi prego, non fatelo! – La cosa migliore è scrivere ‘Disse George, disse Helen’ “, prescrive il Vecchio Steve.
Ergo Lo salutarono amichevolmente è uno swifty, va eliminato. Lo salutarono con amicizia.
A me sembrano due concetti diversi, ma evidentemente la Leggibilità è la divinità dell’editor. A furia di cancellare i cattivi swifty, gli editor perdono la vista, e iniziano a cancellare qualsiasi cosa che non sia un sostantivo o un verbo, pertanto un romanzo per loro dovrebbe essere più o meno così composto. Egli andò, lei tornava, il cane esiste, Dio c’è. Con un punto interrogativo sulla particella pronominale “ci” di “c’è” che trasformerebbero volentieri in “è”.
E così si perde mezzo romanzo e una buona quantità di sfumature stilistiche e narrative. Sull’altare della Leggibilità (che significa solo Vendibilità), muoiono avverbi cattivi, avverbi buoni, aggettivi e particelle pronominali, il registro parlato, i corsivi, le interiezioni, i puntini di sospensione, la punteggiatura insolita, trattini, gli a capo, e tutto ciò che richiede un minimo sforzo al lettore. Insomma, un’ecatombe …te l’avevo detto che facevi una brutta fine
Perchè il romanzo deve essere ingollato come uno sciroppo, a cucchiaiate, liscio, rosato e dolce, altrimenti l’editor s’incazza l’editor mentre corregge il tuo libro
Tutto deve avere un’apparenza discreta, ci devono essere solo sostantivi, verbi e aggettivi, come in una famiglia normale.Una frase tipo: egli andava in albergo
Insomma, la strada per scrivere un libro senza avverbi cattivi e molto dura e lunga, a volte confusa taglio, non taglio, cambio verbo, fammi prendere il grande dizionario, aspetta, tolgo la frase, la pospongo, la anticipo, no, la tolgo…
Non è un caso che libri di pessima qualità, da elettroencefalogramma piatto, passino per essere “stilisticamente raffinati” perchè gli editor hanno cancellato tutti gli avverbi cattivi e messo gli aggettivi davanti ai sostantivi. Un miserabile esperimento di scrittura – Un esperimento di scrittura miserabile. Ma cos’è miserabile, l’esperimento o la scrittura, editor, fammi capire. Ma soprattutto, editor, non avere paura. Il peggio che può succedere è che quel libro non venga pubblicato.
E forse è un bene. ma editor non aver paura di lasciare un avverbio cattivo, non è mica da questi particolari che si giudica uno scrittore…
Ultimo appuntamento con ‘Working Class’, il suggestivo web-concert tematico ideato e interpretato dal ‘filosofo del pop’ .
Martedì 31 luglio sarà disponibile in rete la quinta sezione del nuovo progetto, dal territorio a internet
Claudio Sottocornola e l’immagine della donna nella canzone
CLD-Claude Productions
Presenta
WORKING CLASS
Martedì 31 luglio 2012:
Immagine della donna nella canzone
Sottocornola omaggia NanniniImmagine della donna nella canzone, l’evoluzione della femminilità nel costume e nella società attraverso la canzone e le sue interpreti: ecco il tema portante del quinto appuntamento in rete con Claudio Sottocornola. E’ l’ultima originale
iniziativa del professore lombardo, che ha reso disponibili in rete cinque percorsi scelti fra le famose lezioni-concerto tenute sul territorio fra Scuole, Terza Università, Centri Culturali e svariati luoghi del quotidiano. Working Class è la nuova sfida del popolare intellettuale: un “laboratorio” che sfrutta le potenzialità della rete, ribadisce l’eclettismo creativo dell’artefice e certifica un itinerario di animazione culturale del territorio girato in presa diretta, “on the road”, da amici e spettatori che hanno assistito alle performance artistico-musicali, ma anche storico-filosofiche di Sottocornola.
Cinque live antologici che spaziano fra canzoni e dissertazione storica dall’analisi della condizione giovanile all’evoluzione dell’immagine femminile, approfondendo l’evoluzione sociale e del costume nel Secondo Novecento.
Dopo quattro fortunati appuntamenti video mensili, arriva il quinto e ultimo episodio di Working Class, con la sezione tematica Immagine della donna nella canzone: Ma l’amore no (Alida Valli), Meravigliosa creatura (Gianna Nannini), Cuore (Rita Pavone), Acqua e sale (Mina e Celentano), Un’emozione da poco (Anna Oxa) e altre in gran parte riprese dall’Auditorium di Piazza della Libertà a Bergamo, ma con svariati inserti provenienti anche da eventi svoltisi in giro per l’Italia, dalla *Lombardia* alla *Calabria*, dalla *Toscana* al *Veneto*. Testi, melodie e anche interpreti che sono diventate vere icone dell’immaginario collettivo e femminile, cui si sono ispirate donne
di diverse generazioni nel ripensare la propria immagine, il proprio vissuto, il proprio modo di raccontarlo. Ancora una volta è la canzone d’autore l’ambito privillegiato da Sottocornola, che affida alla sua visione ermeneutica del canto
e della vocalità la rilettura di celebri brani, decisivi nel fotografare
l’evoluzione di usi, costumi, sentimento e linguaggio della società italiana.
A differenza di altri “filosofi del pop”, Sottocornola non teme il confronto con la musica leggera, diventandone egli stesso maschera e icona: il filosofo-performer ha intitolato il progetto di archiviazione dei suoi incontri
con il pubblico Working Class proprio per sottolineare il rapporto sul territorio fra musica, didattica, divulgazione ed espressione globale, a contatto con il pubblico vero e vario che affolla i luoghi del quotidiano. La polemica – anche
se velata – contro la dimensione pseudo-istituzionale, e in realtà consumistico-commerciale del fare musica e cultura oggi prevalenti, è evidente tanto che, con moto di orgoglio etico-identitario, il cantante-filosofo dichiara appassionatamente l’utilizzo di tecnologie essenziali come inerenti a un approccio estetico-performativo più “popular”, e perciò autentico e coraggioso, sottolineando il maggior impegno richiesto, per esempio, nell’utilizzo di basi standard, quasi “fogli bianchi su cui scrivere con la propria voce”, senza mimetismi o complicità estetizzanti.
L’iniziativa è supportata da Synpress 44, Terza Università, Scuole in Rete, CDpM, Associazione Italiana Insegnanti di Geografia (Sezione Bergamo), la rivista della scuola Ecole e Moltimedia Fattoria Digitale. Working Class è l’occasione per sottolineare la rinnovata architettura del sito http://www.claudiosottocornola-claude.com
, che propone sintesi e miscellanee delle varie ricerche fra musica, filosofia, immagini e poesia di Claudio Sottocornola.
Art. 1
Il concorso di pittura estemporanea 2012 Mare, natura e arte si svolgerà a Siderno presso il Lungomare delle Palme, Venerdì 13 Luglio 2012; la tecnica di esecuzione è libera.
Art. 2
I concorrenti possono partecipare con una sola opera, muniti di tutto il necessario per la realizzazione della stessa opera, a propria cura e spese. Le iscrizioni si possono effettuare presso la sede della Pro Loco di Siderno in Piazza Vittorio Veneto n. 5 entro le ore 13 del 12 Luglio 2012.
Il contributo di partecipazione è di euro 10,00 da versare all’atto dell’iscrizione.
Art. 3
Le tele in bianco di misura non superiore a m. 1, saranno timbrate all’atto della presentazione, dalle ore 8.00 alle ore 10.30 del giorno 13 Luglio, presso il Bar Blanko (Lungomare delle Palme, discesa da Piazza Portosalvo).
Art. 4
Le opere dovranno essere consegnate a partire dalle ore 17.00 e non oltre le ore 19.00 presso il Bar Blanko.
Art. 5
Le opere verranno esposte al pubblico in Piazza Vittorio Veneto, nei giorni 14 e 15 Luglio dalle ore 19 alle 24. Saranno valutate da una Giuria Tecnica, da una Giuria Popolare e dai rappresentanti delle Associazioni organizzatrici. La Giuria Tecnica sarà formata da persone scelte dal Comitato Organizzatore, la Giuria Popolare dai visitatori che voteranno un’opera a propria scelta tra quelle esposte nei giorni 14 e 15 Luglio fino alle ore 22.
Art. 6
Le opere presentate saranno valutate dalle giurie, il cui giudizio è insindacabile, che decreterà i seguenti premi:
Premio Giuria Tecnica di euro 200,00 e attestato con motivazione.
Premio Giuria Popolare di euro 200,00 e attestato con motivazione.
Premio FIDAPA-PRO LOCO di euro 200,00 e attestato con motivazione.
Ai partecipanti verrà consegnato un attestato di partecipazione. Le opere premiate rimarranno di proprietà del Comitato organizzatore. La premiazione si terrà alle ore 23.00 del 15 Luglio in Piazza V. Veneto dopo lo scrutino del voto popolare che si svolgerà alla presenza dei visitatori e degli artisti.
Art. 7
Nei giorni 14 e 15 Luglio, dalle ore 19:00 alle ore 24:00, si svolgerà la mostra-mercato di opere d’arte i cui autori cureranno personalmente l’esposizione in Piazza V. Veneto.
Art. 8
Il Comitato organizzatore declina ogni responsabilità per eventuali danni a persone e cose. La partecipazione al concorso implica l’accettazione integrale del presente regolamento.
INFO:
FIDAPA SIDERNO, c/o la Presidente, Via delle Magnolie n. 17 89048 SIDERNO (RC), tel. 0964.383222.
PRO LOCO Siderno P.za Vittorio Veneto, 5 – 89048 SIDERNO
Tel. 0964.342689 – cell. 329 3573915 mail box: info@prolocosiderno.it
Su Facebook ho potuto recuperare le informazioni sul bando di concorso indetto dalla fondazione Borgese.Il tema è il paesaggio, e si articolerà in differenti categorie e modi.
Per maggiori informazioni c’è il sito della fondazione: Fondazione Borgese
Di sotto riporto il comunicato raccolto su Facebook. Spero vi interessi e che qualcuno si senta stimolato a partecipare.
Sul sito http://www.fondazioneborgese.it sono reperibili la scheda di partecipazione ed il Bando di Concorso della III edizione del Filmfestival sul Paesaggio con informazioni sulle sezioni, sul regolamento e sui premi. Il termine per le iscrizioni è fissato al 15 giugno 2012.
Il concorso si articola sempre in due sezioni di partecipazione:
I) “Il paesaggio bene comune da preservare”, aperta a filmati dedicati a luoghi e comunità che esprimano l’universale concetto di diritto alla bellezza che dovrebbe essere insito in ogni essere umano e che ogni paesaggio dovrebbe portare con sé, e a filmati sulle diverse interpretazioni del paesaggio in relazione alla vita.
Possono partecipare filmati di finzione, documentari, docu-film che abbiano una durata massima di 30 minuti e filmati di animazione con una durata massima di 15 minuti
II) “Il volto umano come paesaggio racconta gli incontri” è riservata a filmati che raccontino incontri tra persone, volti umani del nostro paesaggio quotidiano portatori di storie, pensieri e sentimenti ai quali spesso non prestiamo attenzione, magari perché di un’altra etnia o religione, ma che possono essere il punto di partenza per la tracciatura di una nuova geografia umana aperta alla comprensione e alla condivisione.
La Fondazione “Giuseppe Antonio Borgese” organizza per il terzo anno consecutivo il Filmfestival sul Paesaggio, unica manifestazione nel suo genere nel panorama nazionale, per valorizzare il paesaggio come bene comune da preservare in quanto bene primario tutelato dalla stessa Costituzione (Articolo 9: “La Repubblica… tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”) e, nello stesso tempo, per valorizzare le persone, i loro volti e le loro storie come parte integrante ed importante del nostro paesaggio quotidiano.
La manifestazione si pone l’obiettivo di rafforzare la tutela del paesaggio come bene culturale collettivo valorizzandone il patrimonio, proporre modalità d’uso compatibili e più adeguate possibilità di fruizione, diffondere il valore della bellezza grazie a momenti di contemplazione personale e comunitari e offrire opportunità di arricchimento interiore e sociale grazie ad un programma composto in un mix equilibrato di cinema, letteratura, musica e natura.
Dal 21 al 29 luglio 2012 il programma dell’attività culturale proposta si articola in diverse fasi e momenti che prevedono la celebrazioni del decennale di costituzione della Fondazione G.A. Borgese e delle altre due ricorrenze associate (la nascita e la morte di Giuseppe Antonio Borgese), le proiezioni delle opere audiovisive ammesse alla fase finale del concorso, dibattiti a tema, presentazione di libri e escursioni paesaggistiche in alta quota “Parole e Musica in Natura” che daranno l’occasione di scoprire l’anima delle Madonie, ciò che la natura, in alleanza con la mano dell’uomo, ha plasmato, tessuto e costruito, giorno dopo giorno, lungo il corso dei millenni, fino ai nostri giorni.
Non so datare con esattezza la mia fobia per i vetri. Non l’avevo da piccola nè l’ho mai avuto da ragazza. Mi è venuta in tarda età. Ho paura anche delle lame, ma molto di meno. Diciamo che non sono nè un tipo da scartavetro nè da sega elettrica. Ho anche paura del mio tagliasiepi elettrico. Sapete, come in Brivido, quando il coltello elettrico si accanisce contro il piede della cameriera?
Quando mio padre stette male fu riorganizzata la stanza da letto, il matrimoniale fu tolto e fu messo un letto singolo sotto la finestra. Noi abbiamo delle finestre di quasi tre metri. Se ero stesa sul lettino e l’anta era aperta, immaginavo che il vetro, per motivi inspiegabili, si spezzasse a metà e mi cadesse addosso, tagliandomi in due tronconi.
La ghigliottina è una cosa, ma morire vedendo le proprie budella alluvionare un letto mi fa dar di stomaco.
Insomma, per farla breve, io non ci dormo più in quel letto lì.
Ho paura anche dei pesanti vetri da acquario che avevo utilizzato per farmi i cassoni vetrati. Ne ho tanta paura che non oso toccarli per buttarli, ma impazzisco all’idea che i cani possano andarci a dare delle testate, suicidandosi con la testa fracassata in un mare di sangue.
Ho paura delle bomboniere di vetro o di cristallo, per non parlare dei mobili. Tavoli con la superficie in vetro, mensole di vetro, scaffali di vetro. Certamente si romperanno e mi aggrediranno, come il coltello di Brivido, e io finirei in salsa rosa, come l’arancia dei documentari sui terremoti e le esplosioni nucleari.
Un incubo.
Ho una stima pressocché infinita per Kengo Kuma, ma lui ha dato corpo al mio incubo peggiore (be’, oltre quello di finire in una vasca di lucertole): ha costruito una casa di vetro.
Forse il suo marchio di fabbrica, la famosa Glass House. QUI trovate un articolo esauriente.
La Glass House è certamente suggestiva, soprattutto di notte (di giorno, a dirla tutta, non è poi un granché…) e se uno non ha la fobia del vetro l’annullamento del confine tra l’edificio e l’acqua (e di notte, la luce), è qualcosa di surreale, di magico, di ineguagliabile. Bellissimo, magnifico, eccezionale!Dov'è l'uscita?
Pare che il pavimento sia fatto di uno speciale vetro lamellare. Lamellare? ma siamo pazzi? Io ho paura del vetro e questo ci aggiunge anche le lamelle? Mi immagino sprofondare nel pavimento con tutte quelle lamelle di vetro che si conficcano dentro le mie carni grasse e mollicce, roteando impazzite come dischi di seghe circolari.
Ma voi pensate che una persona pesante si possa sedere su una di quelle sedie? Dico, e va bene che ci hanno fatto un albergo, e non so quanto costi a notte, ma io uscirei da lì con i capelli bianchi. Dovrebbero pagarmi loro.
Preferisco stare in acquaDico, non è meglio stare fuori, nell’acqua? magari è pure riscaldata. A proposito, come avranno fatto per il riscaldamento? e d’estate, questa casa non diventa una serra? Io faccio un salutino da fuori, col costume da bagno, eh?
Ma poi non è possibile, ma veramente, tutto di vetro, pure il bagno!
Lavabo in vetro, ripiani in vetro, dico, il water non si vede, ma magari è di vetro pure quello. E poi la gente che ti guarda da fuori mentre sei concentrato sulle parole crociate e il sudoku? Un po’ di discrezione, insomma.
Magari c’è uno che dal salone o dalla “zona relax” (eeeeh, che relax!) ti vede attraverso le vetrate mentre ti fai la doccia. Ed è un albergo! C’è gente che paga per farsi vedere con le brache calate e il sudoku sulle ginocchia!
E’ un miracolo che non abbia messo anche le poltrone di vetro.
Molto, molto suggestiva, e a parte gli scherzi originale, innovativa, così elegantemente inserita nel luogo dove sta che sembra esserci nata dentro.
La sospensione sull’acqua, poi, è uno dei miei elementi preferiti dell’architettura contemporanea (un elemento che ci hanno portato sempre loro, i giapponesi). Una lezione di stile, di preziosità delle forme. Ci suderei freddo, probabilmente avrei un attacco isterico, non riuscirei a muovermi, ma a Cesare quel che è di Cesare.
Purtroppo però è di vetro. E nessuno racconta cosa successe davvero a Cenerentola quando andò al ballo con le scarpette di cristallo. C’è un’intera puntata di E.R. sui problemi che ebbe Cenerentola quella sera.
"Quando guardiamo il cielo di notte ci soffermiamo ad ammirare le stelle a caso senza seguire uno schema.. lasciamo che la nostra fantasia si perda in questo immenso soffitto brulicante di luci... una stella grande.. qualcuna piccola.. un'altra azzurra ed una rossa! Luci lontane che forse ora non esistono neanche più.. eppure sono lì le guardiamo ogni sera quando le nuvole ce lo permettono.. luci che continuano a brillare .. a vivere.. che continuano a farci sognare! Questo BLOG vuole essere uno spazio semplice, senza pretese, uno spazio dove antichi sorrisi e sguardi continuano a brillare come stelle... semplicemente continuano a vivere nell'immenso cielo della rete." (Domenico Nardozza)