Come forse qualcuno si sarà accorto, è da qualche venerdì che Rai4 manda i film di Star Trek.
Questa settimana abbiamo visto La ricerca di Spock, un film fatto con pochi mezzi, pochi effetti, pochissima computer grafica (all’epoca costava meno uno scenario in studio con cactus e neve finti) e una troupe di attori i cui disastri noi trekkies conosciamo bene.
Kirk sempre spavaldo ma sempre all’altezza, un Sulu che ipoteticamente avrebbe potuto fare l’attore se avesse saputo recitare, uno Spock già decrepito allora (oggi credo che lo muovano con i fili: non scherzo, guardatevi certi episodi di Fringe), un McCoy sempre più bisbetico, una attempata Uhura come action-chick, Chekov con un sempiterno sorriso da Gianni Morandi. Per non parlare del doppiaggio, sempre un po’ sballato con cast diversi di volta in volta.
L’andazzo è quello, lo sappiamo. Ma li abbiamo sempre amati, sempre sopportati, ne siamo sempre stati dipendenti.
Certo che vedere venerdì un film con attori scadenti che interpretano alla perfezione personaggi ammirevoli, e poi passare al sabato e vedere Into darkness, è un bel passo. Into darkness neanche è arrivato nella sale, qui. Nonostante promettesse di essere un blockbuster di fantascienza tridimensionale, i proprietari dei cinemini di zona hanno annusato che di biglietti non avrebbero stampati tanti. Abbiamo avuto i Puffi, Dianosaus’Age, Red 2, ma ci hanno fatto saltare anche La grande bellezza e To the wonder.
Che dovevo fare? ho prenotato il cd e l’ho visto ieri.
Volete la verità? A me non è dispiaciuto: già meglio del catastrofico primo episodio. A parte considerazioni specialistiche, di cui non sono capace, posso dire tre cose:
1) ci stiamo pian piano abituando a questi nuovi personaggi (e abituare non significa amare), che stanno trovando una loro dimensione caratteriale anche un po’ bislacca e giovanile. Siamo lontani dal mito di Kirk, e le ferite riportate dal primo film non sono ancora guarite, ma si accende un barlume di speranza,
2) vorrei sapere, vorrei proprio sapere, se ai giovani piace questo Star Trek. No, perchè visto che è stato fatto per loro, se non gli piace, non si potrebbe archiviare questa avventura abramesca e chiudere la faccenda lasciandoci in pace a piangere su Veridiano 7?
3) Abrams ha giocato su due fronti: quello dello zoccolo duro e quello giovanile. Non penso di SPOILERARE, dato che ormai chi doveva vedersi il film se l’è già visto, ma tirare fuori un vecchio cattivo, una vecchia fiamma e invertire la scena della morte nel nucleo di curvatura, sono cose che un pubblico giovane non capirebbe, ergo, erano dirette a noi.
E poi c’è molto extratesto. E questo non aiuta un film ad essere duraturo, memorabile. L’extratesto è il contesto al di fuori del testo. Per esempio la nave dell’ammiraglio Marcus cade su Alcatraz: una chiara allusione al flop della la serie Alcatraz prodotta dallo stesso Abrams. Il lancio da una nave all’altra: un rimando al primo reboot, come anche numerosi dialoghi col capitano Pike. E poi extratesto che rimanda alla vecchia serie, ai vecchi film, ai vecchi personaggi, ecc.
Questo non aiuta, non aiuta. Non a-iu-ta.
Il film deve essere una storia originale. Dopo aver mutato la linea temporale, Abrams si è tenuto molte strade aperte, ma citare la vecchia serie non aiuterà la nuova a salpare.
Una cosa ha fatto Star Trek: è diventato leggendario.
Per gli amanti di Star Trek non basta “un buon film”, ci vuole una leggenda.
Naturalmente si tratta di un prototipo del vecchio modello hyperdyna 120-A2, un po’ capriccioso. La scomposizione molecolare avviene tramite un discriminatore di fase quantica e un campo di contenimento strutturale. La ricomposizione avviene attraverso una manopola che il signor Scott sa solo lui come funziona.
Il grande casinista
Ricco, giovane, un po’ racchio. Probabilmente considerato un nerd al tempo delle scuole medie, si è preso una bella rivincita diventando regista e produttore dalla fama di genio e di assoluta originalità.
J.J. non aveva certo bisogno di Star Trek per divertirsi o arricchirsi, o aumentare smodatamente la sua fama: credo sia stata la Paramount ad andarselo a cercare.
E perchè? J.J. l’ha sempre detto che Star Trek non gli piaceva, che non è mai stato un fan.
Ecco, proprio per questo: se devi sventrare un pollo non lo dai certo in mano ad un vegano.
In sintesi quello che ha fatto J.J. con Star Trek XI (dico 11) Il futuro ha inizio è stato quello che in gergo i tecnici chiamano “reboot”.
Per fare un reboot di un mito è meglio se lo fai fare a qualcuno a cui di questo mito non frega molto, ma che sa a menadito come funzionano i botteghini e le regole del mercato.
E poi, chi meglio di J.J. sa stravolgere il tempo, schiaffeggiarti con la trama, confonderti, bendarti, farti fare le giravolte e poi mostrarti un coniglio che esce fuori da un cilindro come se fosse il primo coniglio nato sulla terra?
Lo ha fatto in Lost, in Fringe, lo sta facendo con Star Trek e lo farà con gli attesi sequel di altri film come Cloverfield.
Poi la locandina in stile postatomico che tanto piace oggi, con la data di uscita come fosse una profezia Maya:
Le tette
La love story in subplot
Le belle tutine
Azione frenetica
Un cattivo che viene da un telefilm di successo
E poi la vera innovazione che mi sembra introdotta con questo dodicesimo episodio: un contorno di scenografia ipo-tecnologica, cioè realistica. Già in Enterprise, con vari errori, si era tentato di dare un’aria da sottomarino all’Enterprise NX-01, ma il risultato non poteva che essere visivamente più moderno della vecchia serie con il capitano Kirk.
Il trailer mostra una Londra con uno skyline alla Norman Foster, un attacco a una coppia di torri (…ancora?) e una minaccia che viene dall’interno (suggestione ventilata anche in TNG). Insomma, un plot da film d’azione, alla Mission Impossible.
Altro dettaglio che mi sembra poter anticipare con una certa presunzione di certezza è il sopravanzamento di Chris Pine (lo vogliamo chiamare Jim Kirk? qualcuno è uscito fuori di testa o sono io?), rispetto all’ottima prestazione di Coso, nel ruolo di Spock.
Questo manifesto mi sembra rivelatore: Chris Pine davanti a Coso, come se volesse chiaramente dire: ehi, bello, sono io il mito qui, togliti dalle scatole: tu e Zoe mi avete fatto sin troppa concorrenza nel primo reboot, ora la baracca la guido io, tu mettiti dietro e seguimi.
La domanda non è :”ma J.J. spera davvero che ci affezioniamo a Chris Pine al punto di considerarlo JIM KIRK?” questa faccetta dovrebbe essere Jim Kirk?
Non c’è nessuna domanda. Star Trek, il futuro ha inizio e Star Trek, into darkness, non sono destinati a noi, ma a quelli che sono nati nel 2000, ai nativi digitali, a quelli che di William Shatner non sanno neanche chi sia e scrivono Pikard con la “k” se mai ci arrivano a scoprire chi sia.
Chiaro: andremo a vederlo anche noi dello zoccolo duro. Forse al terzo, quarto, quinto episodio, ci scocceremo, ne salteremo qualcuno. Pazienza, J.J. sa che per uno di noi perso, ne quadagna 10 di nuovi. E alla fine chi si ricorda più il Batman di Michael Keaton? Tutti hanno in mente Christian Bale e Christopher Nolan.
Mi ripeto: hai voluto scombinare le carte? Occhei, fallo, mi sta bene. Ma devi darmi altri miti a cui attaccarmi, non quattro ragazzini che giocano a salvare il mondo. Spock-Charlie’s Angels
Partendo in ordine cronologico il mio primo amore è stato Rio Kabuto (Koji Kabuto),
ma solo nella serie di Mazinga Z e non in Goldrake, in cui il suo nome era stato tradotto in “Alcor” (in Goldrake tutti i personaggi hanno nomi di stelle e pianeti, “Alcor” è una stella binaria della costellazione dell’Orsa Maggiore).
Successivamente venne Alex Stardust (Ryusuke Domon)
della seconda serie di Star Blazers, quando morì, nell’ultima puntata, io e mia sorella piangemmo per tre ore filate, senza sosta: io per Alex, che si era sacrificato per aprire un cacchio di megacannone che avrebbe ridato vita alla terra, e lei per quello gnoccolone di Conan Wayne, che flirtava con la principessa di turno, e da lei fu portato in una sorta di dimensione alternativa. E così il mio Alex era morto morto, mentre quello di mia sorella era solo mezzo morto. Che sfiga.
Nominando André Grandier
sono sicura di non essere la sola, qui e altrove, ad avere il cuore spezzato. Ma vieni qui, vieni da me, non vedi che ti aspetto adorante? Lascia perdere quella rompiscatole biondastra con la voce gracchiante. Ma guardala bene: non ha seno, non ha fianchi, è un palo vestito, ché la vuoi, ci sono io qui per te! Calpestami, usami come zerbino, ma io ti adorerò sempre.
Macchè, lui voleva quella e solo quella. E sappiamo bene come è finita: il 14 Luglio per molti non è il giorno della Presa della Bastiglia, ma della morte di André e Oscar (Oscar veramente ce la saremmo tolta volentieri dai piedi anche tempo prima, dandole fuoco, seppellendola viva, scorticandola, facendola passare sotto un rullo compressore…insomma, in modo che non ne rimanesse traccia).
Poi sono stati i lunghi anni di Naoto Date, Uomo Tigre
personaggio che amo ancora oggi disperatamente. La sua tenerezza è quello che mi fa sciogliere in una pozza di melassa. Mi urta così tanto i nervi il fatto che quella idiota di Ruriko non l’abbia fatto suo, subito, per poi soffrire le pene dell’inferno nel vederlo massacrarsi sul ring, che vorrei picchiarla io stessa. Certo, all’epoca queste cose erano censuratissime. Ad ogni buon conto io spesso me ne vado a dormire sognando Naoto e riscrivendo mentalmente una sceneggiatura per un film sull’Uomo Tigre.
Allargando gli orizzonti dai cartoni ai film e ai telefilm mi sono innamorata di Spock.
Come si può non innamorarsene? la sua delicatezza dei gesti, la sua figura slanciata, la profondità della sua mente, il suo rigore, la sua impermeabilità e i suoi inattesi slanci di generosità. Spock è ancor oggi il personaggio più amato da tutti i trekkies del mondo. Logico, eppure vulnerabile. Come per Data desiderarne l’affetto romantico è una strada che conduce al dolore. Ma tra Kirk e Spock io non ho mai avuto dubbi.
Innamorarsi di Therem Hart Rem Ir Estraven
è facile quanto sbattere le palpebre. La mano sinistra delle tenebre è uno dei tre romanzi che non ho mai avuto il coraggio di rileggere per paura di non trovarvi più quell’emozione, quella sorpresa, quell’ingordigia della lettura di quando ero ragazza. Spesso ho pensato di rileggerlo, ma mi sono sempre trattenuta. Eppure, se lo rileggessi adesso, quante sfumature potrei cogliere in più? E se fossero in meno? Che tormento. Therem è fatto per essere amato.
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comBeleg Arcoforte, Beleg Cúthalion
è uno dei personaggi del Silmarillion di Tolkien, il miglior amico di Tùrin, su cui gravava una maledizione gettata non ricordo come e perchè, ma che lo condusse a distruggere ciò che più amava. Tra i morti che Tùrin ha seminato c’è anche Beleg. Era una notte buia e tempestosa e quel cretino di Tùrin non si è accorto che la scura figura che avanzava non era un nemico, ma il suo caro e fedele Beleg, e così l’ha fatto fuori. Io volevo fare fuori Tùrin, e anche Tolkien, cacchio, perchè a Beleg mi ci ero proprio affezionata. Il prototipo atipico dell’elfo: saggio, misterioso, amichevole, prodigo, valente, pietoso. Dopo averlo fatto fuori per sbaglio (oops, scusa, fatto male?) Tùrin s’è messo a piangere come un vitello, e anche io, a dirla tutta, e ha composto un canto per la morte dell’amico Beleg, Laer cu Beleg, che però non ci ripaga di questo dolore. Evvabene, lo dico in modo sardonico perchè di tempo ne è passato, ma quando è morto Beleg io volevo qualcuno da strozzare.
Albert Quinn Ingalls
Quando le bambine della Casa nella Prateria erano diventate delle giovani donne, per proseguire la serie si iniziò a far incetta di attori giovanissimi per catturare tutte le fasce d’età. Il pubblico femminile adulto aveva occhi solo per Michael Landon (e come dargli torto?), ma per le ragazze iniziò una sorta di defilé di fascino maschile. Da Jonathan Gilbert che si trasformava da moccioso antipatico in adolescente niente male, fino a Mattew Laborteaux, che interpretava un orfano, Albert Quinn, sorellomunito, che veniva adottato dagli Ingalls. La foto che ho messo ve la dice lunga: Albert non piaceva solo a me e più o meno tutte le ragazzine della mia età hanno avuto una cotta per lui. Quando lo rivedo vorrei tornare ragazza e dargli un bacio. Per fortuna oggi lui oggi è più vecchio, brutto e grasso di me e non fo peccato.
Sherlock Holmes,
e basta la parola. Sono una veterotestamentaria, però. Oltre ai due romanzi di Meyer non ho letto le migliaia di apocrifi che circolano attorno alla figura di Holmes. Premetto che sono innamorata di Holmes, del personaggio. Sogno di essere intelligente come lui e di dargli battaglia. Ma Holmes è misogino e questo è tutto. Se fossi una bicicletta avrei certo più speranze.
Dietro ad Holmes è venuto Jeremy Brett, nella prima e nella seconda serie dei casi tratti dalle avventure scritte da Doyle. Dopo l’attore diventa una macchietta, bolso, una parodia di se stesso e un Holmes del tutto inefficace.
Kyle Reese
Quando ero ragazzetta un film come Terminator per me era sorprendente, affascinante, ammaliante. Kyle Reese è finito in un sacco di plastica nera con la zip. Non posso dimenticare le sue labbra semichiuse che vorrebbero gridare “Sarah!”. Oh, Kyle, alzati in piedi, soldato! Strappati di dosso quel sacco nero, corri via con la tua Sarah!
Invece niente. La zip si chiude e Kyle viene portato via. Per ironia della sorte lo stesso attore, che ha interpretato il caporale Dwayne Hicks, il personaggio preferito di uno dei miei film preferiti (Aliens. Scontro finale), viene ucciso anche lì (nel terzo, a dire il vero, nei primi tre minuti, bastardi schifosi!). Come se non fosse bastante me l’ammazzano anche in The abyss e dulcius in fundo, in The Rock. E’ cattiveria allo stato puro.
Rimanendo in tema Trek ho continuato ad amare “l’occhio alieno” successivo a Spock, Data, il Tenente Comandante Data.
Impassibile, impossibile. Non certo bello, a detta dei suoi colleghi, ma ai miei occhi sì: bellissimo, raggiante del suo pallore sintetico. Buffo, a volte crudele, comprensivo, premuroso, toughtfully, come si dice in inglese. Data è tra i nuovi personaggi Trek il più amato, e il secondo in assoluto dopo Spock. La sua camminata sicura, spavalda, la sua forza fisica, nascosta dentro una calzamaglia e una figura lineare e flessuosa, la sua tenerezza mista all’ingenuità, gli occhi gialli, da gatto, le mani lunghe e leggere, il fatto che non potrà mai piangere per te, lo rendono irresistibile. Amo immensamente Data ancora oggi, ancora oggi sogno di essere bella come Dax e ballare con lui mentre va One more kiss, dear. Quanti sogni su quella canzone!
E ancora in Star Trek TNG, ho preso una sbandata per Wesley Crusher,
un sacco più piccolo di me. Ero completamente cotta come una ragazzina. Il suo fascino adolescenziale e il suo carisma da pesce lesso mi hanno messa al tappeto. Avevo persino inventato un personaggio femminile che diventasse la sua fidanzata. Nell’ambiente Trek mi manderebbero al rogo, Wes è uno dei personaggi più odiati, assieme alla sua rossa mammina. Non è piaciuto il suo taglio da ragazzo-bene, il suo essere un piccolo genio (un geek), la sua recitazione a dire il vero un po’ scolastica. E quindi se lo dico è perchè è vero, perchè penso a Wesley Crusher anche adesso. Al Wesley che non ha molto a che fare con Wil Wheaton.
Personaggi molto secondari nella mia vita romantico-narrativa, che mi sono piaciuti ma senza lasciare molte tracce se non teneri ricordi:
Faramir ( Il Signore degli Anelli)
Rinaldo (Donna di spade, uno dei tre libri che ho paura di rileggere)
Etienne Navarre (Ladyhawke)
Goemon Ishikawa (Lupin)
Starsky e Hutch
Yotaro Kid e Izaak Kodomofu (Bryger)
Babil Junior
Mentre non sono mai stata innamorata, nè particolarmente sensibile al fascino di:
Capitan Harlock
Actarus
Lupin
Batman, Spiderman e tutti i supereroi, vecchi e nuovi, compreso Ironman e Robert Downey Jr., che è da stroncare il cuore in Fur, altro che Holmes!
Il Capitano Kirk
Aragorn
Terence Granchester
Fersen
007
Luke Skywalker e Han Solo
Aran Banjo
Rocky Joe
Ieri è morto Sergio di Stefano, il doppiatore di William Riker. Non ci saranno più film con i vecchi attori di Star Trek, ormai terribilmente invecchiati, e nuove leve hanno preso il loro posto. Riker non ha più bisogno di una voce. Ma non pensi mai che la voce di una persona possa morire e il resto del corpo no.
E’ così banale, forse. Il capitano Jellicoe con Deanna Troi e William Riker Il doppiatore Sergio di Stefano
Che gran sfoggio, Spiner, con cui metti in scena il personaggio di Data. Quegli scatti del collo, quei gesti del polso, il ticchettio delle dita sul padd della postazione operativa, come se fosse uno schermo vero.
Che delicatezza, che trasparente fanciullezza che ha il tuo personaggio. Con la sua ingenuità l’hai reso terribilmente romantico.
Strappatemi il cuore dal petto, tagliatelo in mille pezzi e deponetelo ai suoi piedi.