Mi dicono spesso che sono marxista

Mi dicono a volte che concepisco il giardino in termini marxisti. Povero Marx, preso ad esempio di falsa cultura, da chi non l’ha neanche studiato o che se l’ha studiato non lo vuole capire.
Sostenere, come fanno alcuni, che il giardino NON sia metro di valutazione umana di chi lo coltiva, è semplicemente ignoranza.
Ignoranza brada, pura, prona, supina e pluristratificata.
Mi è capitato mille volte di avere a che fare con persone che la pensano così. Meglio lasciarle al loro destino di ottusità e cecità.

Il giardino, come le abitudini di viaggio, l’abbigliamento, l’arredamento della casa, le preferenze cinematografiche e televisive, l’alimentazione, le scarpe e molte altre cose, dichiarano lo status sociale, economico, personale ed umano di un individuo.
Ovviamente bisogna saperle leggere e questa se non è arte, è almeno un’arte a metà.
A me non crederete (a me non crede mai nessuno), ma penso che vi fiderete del più grande sociologo moderno, Pierre Bourdieu.

Prego, leggere anche questo vecchio messaggio: A che serve un giardino?

La dimostrazione di uno status sociale non ha un diretto rapporto con lo stato del giardino come arte, è un’altra delle altre funzioni che nel tempo i giardini hanno assunto. Ma la sovrapposizione tra le decisioni artistiche o estetiche e quelle prese, consciamente o no, per la dimostrazione di uno status sociale, si sovrappongono in maniera molto estesa e determinano inevitabilmente implicazioni l’una per l’altra.

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