Questo trimestre Rosanova ha pubblicato una recensione al libro di Isabella della ragione Tenendo innanzi frutta.
La foto è grande, forse ci vorrà un po’ per caricarla. Tenendo innanzi frutta, da Rosanova
In effetti non credo che Rosanova in questo caso abbia colto la vera essenza del libro. Ma forse è difficile, data la mole di volumi da leggere e recensire trimestralmente e il piccolo numero degli autori dei servizi. Probabilmente su alcuni si passa un po’ più rapidamente.
Confesso che neanche a me è piaciuta l’impostazione cromatica della copertina, mentre la grafica interna non mi è sembrata affatto pomposa, anzi, molto sobria e misurata, grazie anche alle tue foto che sono molto rigorose e per nulla invadenti.
Il problema della doppia lingua in effetti c’è, ma è comune a tutti i libri che hanno questa impostazione (come ad esempio (Garden of Eden): mi è sembrata superflua questa sottolineatura.
Quello che invece mi chiedo è questo: nella sua recensione Giubbini non si è molto sbilanciato (come ad esempio in quella al mio libro), non si è capito bene se il volume gli sia piaciuto. Soprattutto però – non posso fare a meno di notarlo (in particolare raffrontandolo con le altre recensioni -mi riferisco a quella sul volume di Katie Campbell), mi sembra che non ne abbia colto l’effettivo spirito, che non traspare nella recensione e che lascia piuttosto tiepidi di fronte ad un’opera di raccolta di dati e di materiale che avrebbe meritato un po’ più di calore.
Non parliamo poi di ciò che riguarda quello che ormai viene chiamato anche dai media “recupero dell’identità contadina”. Giubbini non ne parla, ed a ragione, in questo caso, poichè questo libro non è una celebrazione del “c’era una volta”, ma purtroppo non si sofferma, credo per motivi di spazio, sul modo di intendere la produzione agronomica sfruttando la natura senza impoverirla, e sul recupero filologico di un certo modo di vivere e di coltivare le piante, che garantiva la sopravvivenza a molte famiglie di contadini che vivevano fuori dai circuiti delle merci o ai margini degli orti dei gran signori che potevano permettersi beltà oltre che frutta e verdura in quantità.
Non so a voi, ma conoscendo il libro, a me mi ha lasciata come con un senso di incompletezza.
Però capita, dai, e poi è sempre bello stare su Rosanova, nel bene e nel male.
grazie Lidia per il tuo commento, dici che in fondo non importata se ne parlino bene o male ma basta che se ne parli?
sarà ma a me di stare su Rosanova nel bene o nel male proprio non mi fa ne piacere ne dispiacere e ancor meno quando la recensione non è una recensione ma una serie di inutili e superficiali sottolineature.
Sono trem alias Emilio Tremolada, fotografo, autore delle foto e ho cooordinato la redazione del libro di Isabella Dalla Ragione “Tenendo innanzi frutta”.
Giubbini nella sua recensione, che chiamerei piuttosto breve segnalazione, è assolutamente superficiale perché no sa di cosa si parla, perché non ha guardato il libro, lo ha solo sfogliato altezzosamente.
Dico che senso ha se si parla del lavoro di Livio e di Isabella Dalla Ragione e quindi dell’associazione Archeologia Arborea, tirare in ballo altri ricercatori e conservatori di piante? Dico fosse un trattatto di 100 pagine, ma che su 50 righe, 10 le devi dedicare ad altri!?
Se parli di loro parli di loro, ma soprattutto che senso ha paragonare il loro lavoro che è soprattutto un lavoro di ricerca e secondariamente di commercializzazione hai fini di contribuire al finanziamento della ricerca e dell’Associazione, che senso ha paragonarlo con vivai e vivaisti che sono un’impresa commerciale e assolutamente non di ricerca?
Giubbini non spreca una parola per favorire l’impianto nei piccoli giardini di piante da frutto rustiche, in fondo è solo questo quello che ci interessa: che si diffonda il piacere di piantare un sorbo, una Cydonia oblonga o una Muso di bue piuttosto che che quegli improbabili meli ornamentali “red o golden sentinel”.
Sono stato per lungo tempo a fare fotografie nel vivaio di Isabella ho visto diverse persone che venivano a comprare le piante da frutto, giardinieri “ignoranti” che cercavano la vecchia varietà che cresceva un tempo nel cortile di casa, è grazie al contributo di questi giardinieri e di molti contadini appassionati se in diversi luoghi le vecchie varietà continuano a fiorire.
Giubbini non spreca una parola sulla qualità del difficile lavoro di ricerca e di confronto con gli affreschi e con gli archivi scritti per identificare in modo corretto le varietà e seguirne le tracce storicamente. Ma lo sapete che negli affreschi della loggia Vitelli a Città di Castello sono raffigurate più di venti varietà di uva? e dove sono finite?
Giubbini usa aggettivi antichi: Il libretto é “delizioso”, le fotografie sono “smaglianti”, la grafica è “pomposa”, aggettivi e modi di essere che non ci interessano, e sottolinea che la grafica non gli piace, e sì è stato un problema dover dare lo stesso peso al testo italiano e all’inglese.
Le fotografie non sono fini a se stesse ma raccontano esattamente forme e qualità della frutta, in alcune i vegetali sono abbinati, come a volte li abbiamo trovati abbinati negli affreschi, le didascalie sono precise e raccontano usi e proprietà di varietà ora sconosciute, ogni varietà è esattamente nomenclata.
Sul finalino della recensione “possibile che in Italia non ci sia un’alternativa ragionevole tra una grafica…”, come ho già detto nel primo commento la prossima volta ricorreremo (se ci avremo i soldi) alla famosa grafica Svizzera.
Beh, a me ha fatto piacere essere recensita da Rosanova, perchè è una rivista che amo molto anche se altrettanto intensamente non sono d’accordo su alcune sue ragioni di posizione estetica.
Personalmente, lo dico apertis verbis credo che questa recensione non sia venuta proprio col buco per motivi di tempo. Giubbini non è certo uno che non capisce certe cose, anche se magari non gli stanno a cuore come a noi. Avrà notato il libro (o gli sarà stato inviato) e volendo comunque promuoverlo lo ha recensito dopo una lettura non approfondita.
Secondo me qui l’argomento è stato solo affrontato con una perdonabile leggerezza, per fretta.
Per quanto riguarda alcune posizioni estetiche -lo sai- concordo con te. Penso che oggi il giardino sia chiamato a rispondere della sua storia, delle sue necessità e delle sue finalità, argomento che Rosanova sembra considerare solo marginalmente o come un dato acquisito.
no in Italia no, non c’è, bisogna far ricorso alla famosa grafica Svizzera, provvederemo per la prossima volta.
In effetti non credo che Rosanova in questo caso abbia colto la vera essenza del libro. Ma forse è difficile, data la mole di volumi da leggere e recensire trimestralmente e il piccolo numero degli autori dei servizi. Probabilmente su alcuni si passa un po’ più rapidamente.
Confesso che neanche a me è piaciuta l’impostazione cromatica della copertina, mentre la grafica interna non mi è sembrata affatto pomposa, anzi, molto sobria e misurata, grazie anche alle tue foto che sono molto rigorose e per nulla invadenti.
Il problema della doppia lingua in effetti c’è, ma è comune a tutti i libri che hanno questa impostazione (come ad esempio (Garden of Eden): mi è sembrata superflua questa sottolineatura.
Quello che invece mi chiedo è questo: nella sua recensione Giubbini non si è molto sbilanciato (come ad esempio in quella al mio libro), non si è capito bene se il volume gli sia piaciuto. Soprattutto però – non posso fare a meno di notarlo (in particolare raffrontandolo con le altre recensioni -mi riferisco a quella sul volume di Katie Campbell), mi sembra che non ne abbia colto l’effettivo spirito, che non traspare nella recensione e che lascia piuttosto tiepidi di fronte ad un’opera di raccolta di dati e di materiale che avrebbe meritato un po’ più di calore.
Non parliamo poi di ciò che riguarda quello che ormai viene chiamato anche dai media “recupero dell’identità contadina”. Giubbini non ne parla, ed a ragione, in questo caso, poichè questo libro non è una celebrazione del “c’era una volta”, ma purtroppo non si sofferma, credo per motivi di spazio, sul modo di intendere la produzione agronomica sfruttando la natura senza impoverirla, e sul recupero filologico di un certo modo di vivere e di coltivare le piante, che garantiva la sopravvivenza a molte famiglie di contadini che vivevano fuori dai circuiti delle merci o ai margini degli orti dei gran signori che potevano permettersi beltà oltre che frutta e verdura in quantità.
Non so a voi, ma conoscendo il libro, a me mi ha lasciata come con un senso di incompletezza.
Però capita, dai, e poi è sempre bello stare su Rosanova, nel bene e nel male.
grazie Lidia per il tuo commento, dici che in fondo non importata se ne parlino bene o male ma basta che se ne parli?
sarà ma a me di stare su Rosanova nel bene o nel male proprio non mi fa ne piacere ne dispiacere e ancor meno quando la recensione non è una recensione ma una serie di inutili e superficiali sottolineature.
Sono trem alias Emilio Tremolada, fotografo, autore delle foto e ho cooordinato la redazione del libro di Isabella Dalla Ragione “Tenendo innanzi frutta”.
Giubbini nella sua recensione, che chiamerei piuttosto breve segnalazione, è assolutamente superficiale perché no sa di cosa si parla, perché non ha guardato il libro, lo ha solo sfogliato altezzosamente.
Dico che senso ha se si parla del lavoro di Livio e di Isabella Dalla Ragione e quindi dell’associazione Archeologia Arborea, tirare in ballo altri ricercatori e conservatori di piante? Dico fosse un trattatto di 100 pagine, ma che su 50 righe, 10 le devi dedicare ad altri!?
Se parli di loro parli di loro, ma soprattutto che senso ha paragonare il loro lavoro che è soprattutto un lavoro di ricerca e secondariamente di commercializzazione hai fini di contribuire al finanziamento della ricerca e dell’Associazione, che senso ha paragonarlo con vivai e vivaisti che sono un’impresa commerciale e assolutamente non di ricerca?
Giubbini non spreca una parola per favorire l’impianto nei piccoli giardini di piante da frutto rustiche, in fondo è solo questo quello che ci interessa: che si diffonda il piacere di piantare un sorbo, una Cydonia oblonga o una Muso di bue piuttosto che che quegli improbabili meli ornamentali “red o golden sentinel”.
Sono stato per lungo tempo a fare fotografie nel vivaio di Isabella ho visto diverse persone che venivano a comprare le piante da frutto, giardinieri “ignoranti” che cercavano la vecchia varietà che cresceva un tempo nel cortile di casa, è grazie al contributo di questi giardinieri e di molti contadini appassionati se in diversi luoghi le vecchie varietà continuano a fiorire.
Giubbini non spreca una parola sulla qualità del difficile lavoro di ricerca e di confronto con gli affreschi e con gli archivi scritti per identificare in modo corretto le varietà e seguirne le tracce storicamente. Ma lo sapete che negli affreschi della loggia Vitelli a Città di Castello sono raffigurate più di venti varietà di uva? e dove sono finite?
Giubbini usa aggettivi antichi: Il libretto é “delizioso”, le fotografie sono “smaglianti”, la grafica è “pomposa”, aggettivi e modi di essere che non ci interessano, e sottolinea che la grafica non gli piace, e sì è stato un problema dover dare lo stesso peso al testo italiano e all’inglese.
Le fotografie non sono fini a se stesse ma raccontano esattamente forme e qualità della frutta, in alcune i vegetali sono abbinati, come a volte li abbiamo trovati abbinati negli affreschi, le didascalie sono precise e raccontano usi e proprietà di varietà ora sconosciute, ogni varietà è esattamente nomenclata.
Sul finalino della recensione “possibile che in Italia non ci sia un’alternativa ragionevole tra una grafica…”, come ho già detto nel primo commento la prossima volta ricorreremo (se ci avremo i soldi) alla famosa grafica Svizzera.
Beh, a me ha fatto piacere essere recensita da Rosanova, perchè è una rivista che amo molto anche se altrettanto intensamente non sono d’accordo su alcune sue ragioni di posizione estetica.
Personalmente, lo dico apertis verbis credo che questa recensione non sia venuta proprio col buco per motivi di tempo. Giubbini non è certo uno che non capisce certe cose, anche se magari non gli stanno a cuore come a noi. Avrà notato il libro (o gli sarà stato inviato) e volendo comunque promuoverlo lo ha recensito dopo una lettura non approfondita.
Secondo me qui l’argomento è stato solo affrontato con una perdonabile leggerezza, per fretta.
Per quanto riguarda alcune posizioni estetiche -lo sai- concordo con te. Penso che oggi il giardino sia chiamato a rispondere della sua storia, delle sue necessità e delle sue finalità, argomento che Rosanova sembra considerare solo marginalmente o come un dato acquisito.