Attorno a questo cipresso sono state fatte molte questioni. “Va tagliato, bisogna parlare col comune, ostruisce la porta, le radici hanno sollevato il pavimento, non si apre più il cancello, sfonderà il tetto, è nato da una semenza, attira umidità”.
Ed altro ancora.
A me quel cipresso piace moltissimo. E’ inclinato, è vero, e l’anta sinistra del cancelletto si apre solo per metà. Credo sia stato piantato da qualcuno, dato che ce n’è un altro piantato esattamente di fronte. In più dubito che “attiri” umidità, semmai che la smaltisca, assorbendola, e penso che tagliandolo il pavimento della cappelletta crollerebbe, essendo tenuto appunto insieme dal pane di radici.
E poi, anche se fosse?
Infine non credo che sfonderà il tetto, essendo l’albero che per eccellenza leva i suoi rami verso l’alto, né mi risulta che i cipressi, o qualunque altro albero, abbiano istinti aggressivi verso gli edifici, semmai sono gli edifici che vengono “piantati” a sproposito troppo vicini agli alberi, che ne fanno regolarmente le spese.

Quel cipresso ha una insolita forma a “s”, che sarebbe tanto piaciuta a un William Hogarth o a un Lord Shaftesbury. Il tronco, dopo questa pendenza che lo fa sembrare un ubriaco, si contorce seguendo con bella curva l’elaborato cornicione del vecchio tetto. Da lì la chioma si leva ampia e scapigliata in una sorta di grumo color verde ossido di cromo.
A me questo cipresso sembra appartenere carnalmente alla cappelletta, mi sembra che vi si sia sviluppato in maniera simbiotica. Le conferisce una originalità e una unicità che neanche la finitura più elegante e costosa potrebbero avere, una ricchezza che nessun marmo può eguagliare, una spiritualità pari a quella del più sacro dei simboli sacri.
Questo tanto per dire che quando natura e artificio si compenetrano in questo modo sublime, del tutto casuale, si raggiunge l’apice del risultato artistico ed estetico in un giardino o in architettura.
Molto bello questo tuo post.
Appena ho visto l’immagine ho pensato che l’albero sembra quasi abbracciare o proteggere la cappelletta.
Sì, anche a me quell’albero dà la sensazione di un nume protettore