Il giardino è come una pizza

Il giardino è diventato ormai come una pizza: ce n’é per tutti i gusti, basta sceglierla su un menu che per noi è stato predisposto allo scopo. A questo proposito cito (sempre volentieri ma con una punta di delusione) Giudo Giubbini, direttore scientifico del periodico «Rosanova», che nel parlare di ciò apre un suo articolo proprio in questo modo:

Il giardiniere, come i giardini, possono essere catalogati secondo le più diverse tipologie e tendenze: fautori dell’intervento umano o di quello della natura, formali e informali, monomaniaci e polimorfi, storicisti o innovatori, cultori delle essenze locali o di quelle esotiche, botanici, estetizzanti, minimalisti o barocchi, policromi o monocromi, collezionisti e no, simbolisti, espressionisti, razionalisti, esoterici, nativi, pittorici, architettonici, ambientalisti […]

E’ evidente che l’autore sottende una cultura e una meditazione profonde soggiacenti a questi tipi di giardini, le cui grazie fanno sognare solo nella semplice descrizione.
Ma i giardini di questo genere, partiti come avventure di semplici appassionati (certo, denarosi), senza troppe conoscenze e senza troppe aspettative, un po’ come ha fatto la stessa Lavinia Taverna, hanno da tempo trovato lucore nelle riviste di genere e nelle associazioni ad essi dedicate, e si sono chiusi in una competizione interna che taglia tutto il resto del mondo fuori. Rare, molto rare, sono le eccezioni.

Ma il mondo della massa dei giardinieri, anche di quelli che vanno ogni domenica a comprare la piantina al garden, non sa neanche cosa sia un’aiuola monocolore o un giardino esoterico. Tutto quello che chiedono è “un bel giardino”, senza sapere che tipo di giardino è. Come l’analfabeta che punta il dito sul menu e dice “Voglio questo”.
Le riviste passano sempre meno discretamente dei “menu” ai loro lettori e anche degli indirizzi dove possono comprarsi la pizza già fatta. Jardin à la carte.

Attualmente possiamo individuare degli orientamenti certi nel mondo dei giardinieri globalizzati, orientamenti decisamente diversi, anche se in parte sovrapponibili a quelli descritti da Giubbini.

Lo mangia subito o lo porta via?

1) L’amante delle rose. Per lui o lei le rose sono tutto. Sono il punto di partenza e il punto d’arrivo, lo Yin e lo Yang, gli opposti che si incontrano, l’epifania della bellezza. Ma ecco che appena dico una cosa mi sconfesso subito: in realtà questo non è sempre vero, a volte il rosaista è un rosaista osculatorio, tangente, per così dire, perché non conosce altre piante. Se ha uno spazio sotto un pino, dove fa più buio della tana del lupo, lui vuole metterci una rosa. Se ha un angolo scuro nel sottoscala, lui vuole ravvivarlo con una rosa. Ha una siepe asfittica di fotinie? Le vuole sostituire con belle rose “fiorite tutto l’anno, profumate e molto colorate, che si intonino con l’intonaco di casa mia”. Se per Natale gli hanno regalato una minirosa alla Lidl, lui si preoccupa subito di non farle prendere corrente, mettendola al chiuso, non troppo vicino al termosifone, in posizione molto luminosa e annaffiandola ogni mattina che Iddio manda sulla terra. Dopo si strappa i capelli e chiede aiuto, evocando su di sé maledizioni fino alla settima generazione (passata), non riuscendo a capacitarsi di come la sua rosellina stia per esalare l’ultimo respiro.
Potremmo dire che l’amante delle rose è il modello-basic dell’acquirente di piante, potrebbero proporlo come cordless senza segreteria, come lap-top senza blue tooth o magari per un format televisivo.

2) L’ortaiolo bio-chic. Per l’ortaiolo bio-chic, le piante da fiore sono una sottocategoria del regno vegetale e sono apprezzabili solo quando sono commestibili. L’ortaiolo bio-chic non si preoccupa tanto di avere una resa che gli garantisca una autonomia alimentare, ma piuttosto che il suo orto sia alla moda e assolutamente “bio”. Poco male se poi le verdure saranno rovinate dai parassiti o se i pomodori non fruttificheranno affatto: si può sempre fare un salto dal fruttivendolo. Per quanto nelle sue possibilità l’ortaiolo bio-chic cercherà di utilizzare contenitori di riciclo dalla forma sorprendente e inusuale, sulla scia dei “Guerriglieri Verdi”. Declamerà ai suoi amici i prodigi delle sue tecniche orticole che gli consentono di prendere un’abbronzatura uniforme e mantenere sode le natiche. Tra gli ortaggi colorati saranno falsamente ingenuamente distribuiti dei fiorellini, che sono i soggetti preferiti delle fotografie scattate con il macro e collezionate nei vari siti di photo –sharing.
L’ortaiolo bio-chic non si accontenta del cordless senza segreteria e “chi è”. Vuole il collegamento wireless e la scheda video dedicata.

3) I Brambilla. I Brambilla sono la famiglia-tipo italiana, quelli che fanno la gita fuori porta a Ferragosto, Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi. I Brambilla si ritrovano sul davanti della casa un piccolo appezzamento di terreno e non gli viene migliore idea che farci un prato all’inglese, forse perché nella loro mente plagiata dai vecchi film americani, il green è il sine qua non dell’eleganza.
I sentieri dei Brambilla sono larghi e piastrellati, puliti come appena usciti dalla fabbrica. I Brambilla non usano molte piante, e non certo le rose, che loro sanno benissimo essere destinate al giardiniere-modello-base. Semmai ci sono azalee, e se la signora Brambilla fa l’avvocato o ha velleità politiche, ci sarà una mimosa. Naturalmente non mancano cycas, palmizi assortiti e il solito defilé di piante annuali in grosse ciotole: petunie striate, fresie, eliotropi, dimorfoteca. Qui e lì faranno la loro comparsa piante appariscenti ed esotiche, come strelitzie, dature e grevillee.
Tutto è pulito e in ordine, come se ogni foglia fosse stata spazzolata e lavata con sapone. Eppure non li vedi mai fuori in giardino.
I Brambilla tagliano il prato ogni tre giorni ma non annaffiano mai: si limitano a azionare il pulsante del sistema automatico di irrigazione e con tre ore di quello annaffiano non solo il prato ma tutto il loro giardino, il marciapiede e i gatti di passaggio. Magari proprio all’ora in cui uno si fa la doccia.

4) Il tropicalista. Il tropicalista per sua natura disprezza le piante dai fiori “normali”, cioè quelli a forma di rosetta, di fiorellino dei campi, di stellina, di coroncina. Si tengono a debita distanza dalle persone che praticano giardinaggio basando le loro scelte solo sui fiori: non gli interessano le rose e le erbacee perenni, gli accostamenti di colore, le successioni delle fioriture. Al più si interessano marginalmente agli abbinamenti fra colori dei fogliami, purché siano di piante esotiche, naturalmente. Non è che i tropicalisti non amino i fiori,ma li considerano del tutto incidentali e li preferiscono alieni e stravaganti, se non inquietanti (tanto che molte di queste specie vengono usate nelle scenografie di Star Trek). Quando viaggiano si fanno fotografare sorridenti vicino alla pianta più rivoltante del mondo col pollice alzato in segno di vittoria. Poi caricano la foto su Facebook e si scatena la lotta all’identificazione e il bottone “mi piace” schizza verso l’alto.
La delicatezza della pianta è la loro sfida più grande, come un Annapurna orticolo. Anche la rarità e l’ibridazione fanno parte del gioco, perché il tropicalista non è assente da pensieri strettamente botanici, che invece non sfiorano neanche le menti dei Brambilla o degli ortaioli-bio-chic.

5) I lussuosi. Ai lussuosi appartiene quel genere di giardiniere che con le piante vuole avere a che fare il meno possibile, eppure, vivendo in ampie ville monofamiliari, si rende conto che di fronte alla società e ali propri ospiti, avere un giardino che esprima il decoro del proprietario sia un fattore indispensabile per aumentare il suo prestigio. Il lussuoso tratta piante , vasi, illuminazione, arredi, sotto un’unica voce: “spese”. Si mette d’accordo con uno dei tanti “professionisti del settore” che nel suo slogan promette “giardini di qualità” da un anno a piacere prima del 1800, e acquista un pacchetto, come una sorta di kit-giardino. Qui la lampada zen, lì il pergolato per le rose (rosse, rifiorenti e da taglio) e lì il giardino roccioso con cactus e sassi del tipo “spugna aliena”, senza il quale il giardino non poterebbe dirsi completo.
Naturalmente il posto d’onore toccherà all’olivo millenario capitozzato e posto sopra un rialzo circolare di mattoni in finto tufo, come una sorta di monumento alla schiavitù. Il lussuoso non usa il prato…tzé. Il prato sottrarrebbe spazio per parcheggiare e fare manovra all’auto sportiva del figlio, alla monovolume della figlia, al Suv della moglie e alla sua berlina di classe. L’unico prato sarà quello ai piedi dell’olivo capitozzato.

Quindi nel mondo del giardino italiano contemporaneo si è sviluppata questa dicotomia, che sarebbe sciocco negare e che stando in una posizione super partes di chi il giardino non l’ha, si vede tutta. Da un lato sofisticate signore intrattengono una esclusiva rete di rapporti sociali tra altri giardinieri e giornalisti, dall’altro la gran massa della gente comune che non compra riviste di giardinaggio e per le quali questo mondo, sofisticato, esclusivo e chic, non esiste affatto.

Riviste e le aziende di progetti del verde hanno un menu fisso pronto praticamente per ogni occasione e ogni tendenza. Ti spiegano il progetto, ti elencano le piante, e nel caso di vivai, te le piantano pure, senza che tu faccia null’altro sforzo che quello di staccare un assegno. Ovviamente i giardini che ne nascono non hanno un briciolo dell’eclettismo descritto da Giubbini, ma sono piatti, standardizzati, secondo modelli logori fino alla paranoia.

Ma il trucco qual è? Riviste e grossi vivaisti si danno la mano e mentre sulle riviste compaiono articoli che “tirano” piante e arredamenti, i vivaisti e i garden centre li propongono tal quali, magari à la carte.

Lo scopo è uno solo: far spendere soldi agli acquirenti, e fare in modo che il giardino che ne risulti li dimostri tutti questi soldi, perché se non hai soldi in questo mondo non sei nessuno.
Chi ne rimane escluso? Chi fa ricerca da solo, al di fuori delle logiche del mercato, per il suo semplice diletto. In genere si tratta di piccole aziende che pur non impoverendosi non arricchiscono, non hanno la velleità di fare landscape design, ma un lavoro più semplice e più alla loro portata, e che spesso contribuiscono più sinceramente e fattivamente alla conoscenza delle piante e dei giardini che non le riviste –anche quelle più blasonate.

15 pensieri riguardo “Il giardino è come una pizza

  1. una pugnalatina con le rose me l’hai data! nella lista metti anche chi ha tanta buona volontà e fa pasticci. e poi ho i miei garofanini i rosmarini la salvia le quercioline e i pinetti insomma spero di non essere di forza inquadrata nelle (tue) categorie.
    ebbene si confesso che al mare ho una chicas portata dalla corsica tre anni fa ancora piccina perchè costano uno stonfo. ma quest’anno ha messo ben quindici 15 quindici foglie nuove. con i brambilla non dovrei aver niente a che fare perchè mi piace annaffiare infradiciarmi trapiantare sentire l’odore della terra ho sempre tenuto unghie cortissime ora spesso listate a lutto, hai notato è più difficile tenerle pulite quando sono corte? le pulisco stà tranquilla, ho spazzolini da unghie dovunque, una mania.
    per il lussoso ti racconto un fatto vero verissimo. anni fa vendemmo la vecchia casa dei miei nonni ad un personaggio che arivò dal notaio con cinque chili di rolex d’oro al polso, altrettanti chili d’oro al collo, una camicia di seta strabiliante, non mancava un colore e il bello è che ciascun colore era sapientemente impiegato nel rappresentare il logo o firma di un sarto, insomma questo poveraccio, ma lo penso davvero uno che gira così ha dei problemi, di fronte al notaio proclamò che tanto lui il bersò lo faceva buttare giù subito sennò il figliolo dove metteva la ferrari? giuro. e non mi dire perchè non ti sei alzata immediatamente, sarebbe una lunga e penosa storia.

    ecco io faccio ricerca da sola anche se chiedo chiedo chiedo, infatti se vedessi cosa ho combinato sotto un pino, dove non solo ho piantato due mutabilis che chiedono l’estrema unzione, ma ho infilato anche una filza di vasi vasini e vasetti per tenerli e all’ombra e ben visibili dalla poltrona dove mia madre abitualmente risiede.

    l’insieme è non solo brutto, pissero.

    d’altronde si fa quel che si può,

    abbraccione
    stefania

  2. ciao!
    hai scritto davvero un bell’articolo!ma che vuoi,è il consumismo!Come nel giardinaggio,quello che dici è applicabile alla maggior parte dello scibile umano, ogni hobby,ogni passione, ogni interesse viene semplificato,mercificato e venduto alla massa,che per non sentirsi tale si affilia ai milioni di gruppi esclusivi con cui condividere il suddetto interesse e sentirsi parte di qualcosa.
    Io stessa, informandomi di volta in volta su qualche argomento, mi trovo di fronte a super-specialisti e dilettanti affiliati, e non nego che tutte le volte mi son sentita in difetto. Non sei un giardiniere se non compri tutte le riviste del campo,se non compri le piante migliori, se il tuo giardino non è classificabile con uno stile ben preciso.Ho anche invidiato chi ha UNA e grande passione, di cui diventa super esperto.Io non l’ho mai avuta, e credo che molti come me si interessino a moltissime cose, e si accostino al “giardinaggio” perchè in qualche modo,qualunque esso sia, questo apporta un benessere o qualcosa di positivo nella propria vita.
    Son felice quando scopro un mio modo di fare qualcosa,anche se non è perfetto è mio, e lo sono altrettanto quando intorno a me vedo persone che fanno altrettanto, senza piegarsi alle mode, ai dettami maggioritari.
    Da poco ho avuto modo di sentire discussioni accese sui metodi di vari cinofili ( lo uso come esempio, ma vale anche per giardini,orti e vasi).Ognuno dei disquisitori difende il metodo che ritiene migliore, attaccando ferocemente quello di qualcun’altro.Parlano come se ci dovesse per forza essere un solo, giusto, irrefutabile,universale modo di fare quella cosa.Non si ammettono critiche.
    Mi sembra indicativo.
    Sostengo la “biodiversità”, passami il termine, in tutto ciò che è uomo,pianta o animale, e soprattutto nella conoscenza delle cose.Si ok, c’è la mia idea, ma anche l’altra e l’altra e l’altra ancora, e non è detto che una funziona e l’altra no, nel tempo se ne creeranno ulteriori migliori e peggiori.
    In questo momento vige il consumismo su tutto, son sempre fiduciosa che prima o poi cambierà,grazie a quelli che non ci si ritrovano del tutto, ma per ora anche questo può avere i suoi lati positivi, se usato e non se se ne viene usati.
    é un pò confusionario come discorso, spero che il senso generale si intuisca!
    Un bacio enorme a tutti!

    1. si capisce benissimo e mi associo.
      brava, stefania

      per lidia, come mai tutte le volte che posto un commento mi dice che è un duplicato? ch’aggiafà?

  3. “…all’olivo millenario capitozzato e posto sopra un rialzo circolare di mattoni in finto tufo, come una sorta di monumento alla schiavitù”
    questa è geniale!:D!!!
    Davvero,opponiamoci alla deportazione degli olivi!Ormai li vedi dappertutto anche nei vivai vicino milano,fanno una tristezza,lì tutto in fila a chiedersi come ci sono finiti e cosa ci fanno lì!

  4. Nor ricordo più in che film era, ma c’era una tipa che sceglieva dal menù un piatto ma al cameriere chiedeva 1000 varianti fino a che il piatto non era più lo stesso.

    Ecco in giardino mi identifico più in questa tipa che non nelle portate del tuo menù, anzi essendo anche un cuoco appassionato il piatto me lo faccio da solo raccogliendo talee in giro per il mondo più che piante chic da vivaio.

    A proposito, sai che la Dorothy Perkins taleata in montagna due anni fa per colpa del tuo libro sta fiorendo per la prima volta?

    1. ma come non ricordi che film era!
      “Io voglio l’insalata dello chef, ma con olio e aceto a parte, e poi voglio la torta, ma la voglio riscaldata, e non ci voglio il gelato vicino, ci voglio la panna, ma solo se è fresca, se è in lattina, allora niente.” – “Neanche la torta?” – “No, la torta la prendo, ma non riscaldata!”-

      E poi finiva su un divano e il racconto di un matrimonio e della torta al cocco, con crema a parte “Sì, la crema a parte è importante perchè altrimenti potrebbe diventare troppo spugnosa, e non a tutti piace”. Solo che stavolta era lui a partale, era stato “apartizzatto”!
      Dai, davvero non ricordi che film era?

      1. E’ tutto il giorno che di penso! GRRRR! A 49 anni e 6 mesi le celluline grigie…

        Però grazie al tuo post l’ho trovato. Di quel film ricordavo solo la scena dell’orgasmo…

  5. davvero bell’articolo! una “brodura mista” specchio dell’umanità che ci circonda e che forse siamo…troppo poco si fa cultura vera in materia di giardinaggio.
    Perchè risulta ancora un hobby e non pratica comune e quotidiana?
    Perchè è ancora cosiderato passatempo elitario?
    Quanto ancora dobbiamo crescere?
    Uffa!!! vedo verde ma forse ho bisogno di un’altro paio di occhiali

    a presto
    simonetta

  6. “Ai lussuosi appartiene quel genere di giardiniere che con le piante vuole avere a che fare il meno possibile, eppure, vivendo in ampie ville monofamiliari, si rende conto che di fronte alla società e ali propri ospiti, avere un giardino che esprima il decoro del proprietario sia un fattore indispensabile per aumentare il suo prestigio………..Naturalmente il posto d’onore toccherà all’olivo millenario capitozzato e posto sopra un rialzo circolare di mattoni in finto tufo, come una sorta di monumento alla schiavitù. ”

    Sii! Lo conosco ed è anche quasi parente! Nella Val di Susa ha fatto estirpare un tot di abeti per far fare un prato di 600mq nel quale ha piantato due olivi secolari capitozzati da 7.000€ caduno, salvo poi far causa al vivaista perchè al primo inverno con -17° (com’è naturale dalle nostre parti) sono morti! E quest’anno li ha fatti ripiantare.

    Quando viene a trovarci solitamente inorridisce a vedere quello schifo del mio giardino disordinato e senza ulivi!

    Con quello che lui spende in un anno per la manutenzione del suo “giardino” potrei vivere di rendita!

    1. perchè non aggiungi anche la categoria pasticcioni, così mi ci sento a mio agio ( e a quanto pare in compagnia!)
      Inoltre aggiungerei anche quella dei pagiati-dal vivaista, che piantano di tutto ( di solito le rimanenze del vivaio) senza sapere cosa e stupendosi che muoiono. Un po’ come mangiare qualcosa senza sapere cosa c’è nel piatto.
      Tipo un simpatico bar che ha pensato di schermare i tavolini con una siepe in vaso, peccato che siano leilandii ( due in ogni fioriera 25x50cm). Sempre loro lo scorso anno avevano piazzato un bell’acero dissectum rosso in pieno sole , sempre in vaso ( 100 € di cartellino) . A ferragosto era già secco.

      1. I plagiati dai vivai sono i “Brambilla”, quelli descritti da Nik!
        I pasticcioni hanno eclettismo e originalità, quindi non stanno nella pizza.
        Ci ho messo invece anche quelli fissati col prato spontaneo (come me) e quelli che Oudolf non è mai abbastanza.

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