Saverio Macrì

Saverio Macrì

Saverio Macrì fu un personaggio estremamente poliedrico e versatile, e per tutta la sua vita nutrì interesse per un gran numero di materie.
Come molti, seppur notevoli, studiosi del Settecento illuminista, la sua figura è purtroppo poco conosciuta a livello nazionale. Drammaticamente, però, questa ignoranza si estende anche al suo paese di origine, Siderno,, che non gli dedica neanche una strada.

Saverio Macrì nacque nel 1754 da una famiglia votata alla cultura, specialmente alle scienze mediche ed alla filosofia teologica. Come la maggior parte dei giovani di qualche secolo addietro, ebbe la prima formazione presso un convento domenicano, poi si trasferì a Napoli dove studiò presso i Padri Gesuiti.
Si laureò in medicina all’Università di Napoli, allora capitale del glorioso Regno delle Due Sicilie, e qualche anno dopo anche in filosofia.

Si specializzò in botanica ed altre branche delle scienze naturali, ebbe la cattedra di zoologia degli insetti e di zoologia dei quadrupedi. Pubblicò numerosi studi su diverse specie animali e vegetali, fu in stretta corrispondenza con Carlo Linneo, divenne socio della Regia Accademia delle Scienze e Belle Arti fondata a Napoli nel 1778.
Fu anche tra i soci fondatori del Museo Zoologico Napoletano.
Nel 1838, all’età di 84 anni, fu nominato Rettore della regia Università di Napoli, che in epoca pre-unitaria produceva da sola tanti laureati quanti tutto il futuro regno d’italia.

Seppur molto vecchio fu operosissimo fino alla fine dei suoi giorni: morì a Napoli il 3 gennaio 1848, ormai novantaquattrenne.
Sebbene i suoi interessi abbracciassero tutte le scienze, si occupò anche di botanica. Fu inviato dal professor Domenico Cirillo in vari luoghi del Regno di Napoli per reperire alcune piante rare per il suo orto botanico e da inserire nel suo volume Flora Napoletana
.
Spinto dall’amore per il suo paese natale, nel 1823 volle compiere uno studio statistico su Siderno, descrivendone le condizione dell’acqua, del terreno e dei minerali, dell’agricoltura, della flora, della fauna, delle coltivazioni e del commercio.
Il titolo di questa opera è Saggio sull’istoria naturale sidernate, che fu pubblicata un anno dopo dal fratello Michelangelo, storico, filologo e letterato, accademico dell’Università di Napoli, sotto il lunghissimo titolo di: Memorie istorico critiche intorno alla vita e alle opere di Monsignor Fra’ Paolo Piromalli, Domenicano, Arcivescovo di Nassivan, aggiuntavi la Sidernografia.

Nella sezione riguardante la flora, Macrì elenca le specie spontanee e quelle coltivate, usando la nomenclatura binomiale linneana, ed usando i termini botanici di Bahuin, spesso affiancando al termine latino quello volgare o aggiungendo qualche breve nota sulla diffusione delle specie .
Particolare attenzione è stata dedicata ad alcune piante. Gran parte della sezione botanica è occupata dalla spiegazione della tecnica della caprificazione e da note sulla qualità degli agrumi sidernesi.
Si citano piante utili come l’ “Ampelodesmus Plinii”, descritta come una specie di Arundo con cui a Napoli si facevano stuoie e funi. In Sicilia invece veniva usata per costruire reti da pesca e a Siderno per la realizzazione di crivelli detti “cerniglie” che servivano a cernere il grano.

Del “Cactus opuntia” si dice che i contadini lo piantano là dove altre piante non avrebbero attecchito per via della siccità. Il frutto non era considerato pregiato, e veniva consumato solo dai poveri o dato ai maiali. Oggi invece è molto ricercato e costoso. Sulla foglia (detta “pitta”) era possibile dipingere (“pittare”), e se i frutti venivano raccolti ancora non maturi con la foglia attaccata, si conservavano fino all’inverno.

Oggi un rinnovato interesse per gli antichi mestieri e tradizioni vede la produzione di piccoli oggetti ricavati dalla struttura fibrosa e resistente della foglia.
Le foglie del fico d’india sono un ottimo concime.

Si parla anche del “Sesamum orientale”, sesamo o giuggiolena, con cui a Siderno si faceva la “copeta”, cioè il torrone siciliano, e dell’ormai sempre più raro Pistacia lentiscus , dai cui frutti si ricavava un olio per friggere dolci.

Per maggiori informazioni su Saverio Macrì cfr. “Elogio di Saverio Macrì” pubblicato negli Atti dell’Accademia Pontiniana, vol. V, anno 1846, oppure il volume di agevole reperibilità “Siderno nel Settecento” di Domenico Romeo, AGE edizioni, Ardore 1997

Saverio Macrì su Google Books

4 pensieri riguardo “Saverio Macrì

  1. Ciao Lidia, sai se Macrì avesse rapporti con gli studiosi inglesi o in generale con il Regno Unito. E ancora, che tipo di rapporti c’erano tra il Regno delle due Sicilie e la Corona Inglese? Ad esempio, ciò che rimaneva della repubblica veneziana aveva frequenti ed importanti rapporti con gli inglesi. Fu il tramite del Palladianesimo e della rivoluzione agricola inglese.

    1. Avere rapporti con la Corona Inglese a quell’epoca era come oggi avere rapporti con gli States: obbligatorio. So che durante la fase più alta del Regno delle Due Sicilie c’era un forte interscambio di informazioni tecniche (quello che oggi chiamiamo “know-how”), I tecnici napoletani partivano e imparavano come si facevano le macchine a vapore e i vetri sottili, gli inglesi arrivavano per imparare la procedura di cottura delle porcellane.
      Inoltre c’era di mezzo la massoneria. I Borbone erano fortemente cattolici (perciò il “neoborbonicismo” è molto apprezzato dai veterotestamentari e dagli ultraconservatori), ma non chiedermi perchè, uno come Hamilton di cui parla Lucilla sotto, era tenuto in massimo conto dai regnanti. Era ambasciatore inglese a napoli, insomma, un pezzo grosso, ed era massone (ma certo: chi non lo era all’epoca? E quale presidente USA non lo è mai stato, anche oggi, indipendentemente dal colore della pelle?). Quello che mi secca è che questo fatto, nell’articolone su Worliz di Rosanova, non è stato neanche preso in considerazione. Dio benedica l’ingenuità, ma analizzare worliz senza la chiave del simbolismo massonico è come parlare del nulla.

  2. Solo leggendo la storia della reggia di Caserta e del suo parco, ci sono dei riferimenti fondamentali sugli inglesi a Napoli nel 1770-800. Lord Hammilton e la sua Lady Emma, che era l’amica intima di Carolina, prima di diventare l’amante di Nelson. Hamilton per il parco inglese contattò addirittura Banks, che allora era il direttore dei Kew Gardens. Il parco lo fece poi il Graefer, botanico di origine tedesca, molto amichetto di Orazio. Per cui, principalmente per motivi politici, gli inglesi furono molto presenti nel Regno delle due Sicilie e attraverso i giardini e i parchi di politica ne passò tantissima

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