Mi chiedo perchè Richard Mabey sia così maltrattato dalla casa editrice che -pur lodevolmente- lo traduce in Italia, Ponte alle Grazie.
I titoli dei suoi libri, stupefacenti, un po’ nonsense, understatement, un po’ referenziali, filosofici e poetici, vengono regolarmente stirati in una versione digeribile per l’italiano dotato di medie conoscenze sull’argomento, dando adito a delle travisazioni non da poco.
The perfumier and the stinkhorn , il profumiere e il satirione, questo è il titolo originale del librettino che Ponte alle Grazie vende, cartonato, alla modesta cifra di 11 euro, con una copertina illustrata da Fabian Negrin.
Per 11 euro avremmo preferito una copertina paperback, più maneggevole su un formato così piccolo, e un’illustrazione più bella, anche se quella di Negrin non è deplorevole, magari con un inserto illustrato all’interno.
Ma per come si sono messe le cose nell’editoria italiana già bisogna ringraziare che questi libri vengano tradotti.
Mabey è un naturalista d’approccio romantico, come lui stesso dichiara, un tipo sensibile, afflitto da una depressione ondivaga e da frequenti attacchi di panico. Un osservatore che ben volentieri si scioglierebbe in una pozza d’acqua sulla terra, solo per il desiderio di abbandonare questa “tropo solida, solida carne” e penetrare il misterioso dialogo tra l’acqua, la terra, le foglie, gli animali, le rocce, le nuvole.
Un sognatore che si perderebbe in tutto questo, a cui la vita umana non basta, che non mette l’uomo al centro della sua visione naturalistica.
Tutto l’opposto di Clément, gigione tra i giardinieri, imbucato della filosofia, egomaniaco allo spasimo.
Le conoscenze naturalistiche di Mabey sono di una caratura e di uno spessore ben superiore a quello dell’ultra-famoso Gilles, grafomane d’oltralpe, che è riuscito a impadronirsi di una fetta di “filosofia del giardinaggio” e non molla la presa sull’aureo filone editoriale trovato (Quodlibet in questi giorni pubblica un altro suo volumetto).
L’inerzia editoriale e l’inconsistenza delle conoscenze naturalistiche da parte del pubblico, conducono inevitabilmente ad emulare e citare il famoso Clément, a scapito di un Mabey che quando scrive inchioda sulla pagina dei sentimenti, non come Clément, volatile come i pappi di un soffione.
La lettura di questo piccolo libro, un cahier di ottanta pagine, è come abbandonare la terra e farsi trascinare da una melodia arcaica. Seguire i percorsi di Mabey è come rivivere l’infanzia, vedere le Fate, rimanere soli sulla Terra.
E’ un’esperienza.
La sua scrittura dolce eppur icastica, i suoi racconti autentici, sinceri, il suo saltar di palo in frasca, tirando dietro di sè un lettore sempre più incuriosito e sempre più ammirato, per me fanno di Mabey il più valido naturalista tradotto in Italia, e i suoi libri delle squisistezze da non perdere.
Se ne vorrebbe ancora ed ancora, perchè Mabey fa vibrare le corde del cuore. Al contempo ci si rende conto che “ancora e ancora” lo trasformerebbe in un melenso fanfarone letterario, e che un libro l’anno, sia pur di ottanta pagine scarse, va bene.
Quelle ottanta pagine portano nel mondo delle meraviglie.
Faccio tesoro della tua presentazione; appena possibile vado a cercare il libro, prima che sparisca dagli scaffali. Il normale turnover…
sono sicura che ti piacerà.
“….e in una illustrazione più bella, anche se quella di Negrin non è deplorevole…..” Bontà sua.
Mi chiedo perchè Lidia Zitara sia scivolata in modo così deplorevole in un giudizio nei confronti del collega Fabian Negrin.
Mah, vezzi da illustratrice…..
Boh, non so chi tu sia, ma la mia prima professionalità è stata proprio quella dell’illustratrice tradizionale. Ti dirò perchè l’illustrazione di Negrin secondo me “non è deplorevole”. E non è che sia uno scivolone, se i colleghi non fanno bene il loro lavoro, è bene dirlo, mi pare, non credi? Ho sottolineato anche altri lavori negativi, ma tu spunti solo per questo, che strano.
Se no succede che facciamo come la cricca dei veterinari che dopo che uno ti ha ammazzato il cane nessuno di loro ha coraggio di prendere una posizione e lasciarti una dichiarazione?
Io la dichiarazione te la lascio.
Non è deplorevole perchè tutto sommato funziona bene come copertina, catturando lo sguardo col colore vistoso e con l’effetto trompe-l’oeil, configurandosi come una apprezzabile novità nel campo dell’editoria italiana che ricorre invariabilmente ad anonimi fotoritocchi.
Purtroppo i suoi meriti finiscono qui, e non ha aiutato la copertina rigida, che incide un lungo solco sulla campitura delle doghe del tavolo, svelando malamente “il trucco”. Una paperback sarebbe stata meglio. la scelta dei font non è stata felice per dare rilievo al disegno, ma certo questa non è colpa dell’illustratore.
Inoltre ho avuto la sensazione che si tratti di un particolare di un disegno più grande: se così non l’impaginazione è stata eseguita malamente (il libro non sarebbe dovuto essere centrato), oppure Negrin ha completamente trascurato di arricchire le zone marginali della copertina, cioè le più essenziali e quelle che avrebbero sottolineato la qualità dello scritto con una equivalente qualità grafica.
L’insieme di foglie, ali di farfalla, fiori, oltre ad essere veramente molto mal disegnati (presumo con un acrilico pesante, con poche sfumature, dettagli grossolani, come le nervature delle foglie e la stessa alla di farfalla, senza zone di contrasto, di lumisità, del tutto bidimensionali, con un bianco acrilico misto all’ocra per coprire gli errori, è troppo ravvicinato al margine della copertina, diventando una massa informe di verde scuro e piume (in basso a destra). dalle pagine del libro fuoriesce un fiore che è completamente azzurro, stelo, fiore e foglia, inammissibile in una illustrazione di un libro di un naturalista accurato come Mabey. Lo scarabeo che esce dalla copertina potrebbe avvalorare la mia idea che si tratti di un disegno molto più grande che abbia perso molto nell’essere ingrandito oltre i limiti del lecito.
Il libro (quello disegnato) inoltre ha la riga di piegatura tremolante, e questo non è “una garanzia del fatto a mano”, ma un errore puro e semplice. Il colore della copertina è una capitura quasi piatta e senza morbidezza. persino il gioco di ombre e luci non è ben riuscito e il libro appare sospeso e privo di spessore, che neanche le pagine, troppo chiare, specie a destra, dove sarebbero dovute esserci le ombre delle foglie, riescono a rendere. Inoltre lo sfondo scuro in alto a sinistra peggiora l’effetto già bidimensionale del disegno, ulteriormente appiattito dalla campitura delle doghe del tavolo, che non presentano alcun arricchimento di dettaglio, di sfumature, di morbidezza.
Tuttavia, torno a ripetere che l’illustrazione nel suo complesso “non è deplorevole” e che -a mio avviso- proviene da un disegno più grande.
sarebbe, appunto, stato meglio un inserto illustrato all’interno o in coda, con i disegni non ritagliati.
Ti dirò francamente (e molto seriamente) che se mi fossi presentata con un lavoro così al mio corso di illustrazione i miei professori mi avrebbero detto di metterlo da parte e iniziare un nuovo disegno.
Grazie per la bellssima disanima e per il tempo che hai dedicato alla risposta. Da un lato ho capito quanto io sia ignorante circa la grafica, dall’altro quanto sia facile essere più papisti del papa quando si è invece profondi conoscitori di una materia. Forse ad un fruitore normale ( come me?) il disegno non sembrava male, che ne dici?
Non conosco nè i tuoi lavori di illustratrice nè quelli di Negrin e spunto solo ora perchè non è molto che seguo il tuo blog.
Non sono certo io contrario alle critiche ai colleghi ( se un lavoro è fatto male, resta fatto male chiunque lo abbia fatto, punto) ma solo al luogo e al tono. Mi spiace averti prestato il fianco per una risposta ancora più tagliente, non era mia intenzione.
In comune abbiamo Ippolito Pizzetti come mito, facciamo che basti…
vabbè, non capisco dove tu voglia andare a parare ma …bah, non so che dire…non capisco porprio cosa tu voglia dire.
Riguardo l’illustrazione di copertina vorrei sottolineare che è una scelta di certo felice dal punto di vista editoriale un ritorno alle illustrazioni vecchia maniera, ma è chiaro che queste devono essere appropriate.
Continuo a dire che per me si tratta di un ritaglio mal fatto da un disegno più grande e che le case editrici che compiono questa scelta, pur lodevole, dovrebbero essere più accorte anche ai dettagli (come la parte di disegno che si perde nell’interno della curva della copertina cartonata. Ad ogni modo mi sono incuriosita su Negrin, che mi sembra di capire è un noto illustratore per ragazzi (ecco qui forse il nodo del problema, non essendo questo volume per ragazzi!). Per il poco che ho potuto vedere su internet, alle basse dimensioni con cui di solito vengono caricate le foto, questa copertina non mi sembra uno dei suoi migliori lavori. Decisamente un illustratore maggiormente concentrato sulla scena d’insieme e sull’effetto ludico finale che sul dettaglio, su cui questa copertina si concentra.
Curioso che questa discussione avvenga proprio mentre ce n’è un’altra aperta, proprio sull’illustrazione per l’infanzia. Qui dentro c’è da perdersi…
sei stata tra le prime a seguirmi quando sono entrato in WP
per questo provo affetto per te
mi piacerebbe molto dessi uno sguardo a http://www.discutibili.com e ed eventualmente seguirmi anche là
con affetto
Masty
Sto per l’appunto leggendo il blog,ma nonostante la mission sia espressa chiaramente, fatico un po’ a districarmi
infatti è un giungla…:)
troppa carne al fuoco, non riesco a seguire tutto!
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😍😍😍
Io ancora non capisco perchè sarebbe “deplorevole” giudicare un’illustrazione di copertina…moh?
Mmm, la tua presentazione mi ha molto incuriosita, lo cercherò senz’altro!
Non so se vi è capitato di leggere la rubrica ‘apprendista di felicità’ di Pia Pera del numero di Gardenia di agosto 2013. A me non sembra che citi questo libro ma di sicuro lo copia (cfr pag. 47)
Ciao Stefania, a dire il vero no. Uhm, mi devo un po’ sbilanciare. Pia Pera mi piaceva solo agli inizi, poi -con mia grande delusione- è divenuta sempre più vacua e insopportabile, laddove non disinformata. Da tempo non leggo neanche più la sua rubrica e mi è scaduto l’abbonamento lo scorso mese, e io non l’ho rinnovato.
Non sarebbe la prima volta che “rielaborazioni” di concetti già espressi appaiono con la sua firma.
da notare, invece, il curiosissimo caso che abbia pubblicato un articolo sulla rivista “Jardins” di Marco Martella. Il titolo dell’articolo è “Clair-obscur” e Pia Pera fu relatrice a Lucca l’anno scorso per “Il giardino creò l’uomo” di martella. Che abbia voluto ricambiare? O forse sono una malpensante?