Seguo Fahrenheit solo occasionalmente e sempre un po’ a smozzichi, tra una commissione in farmacia e una corsa in redazione. Non ne sono entuasiasta, ma quando lo trovo, lo ascolto volentieri. A volte è molto interessante, altre si adagia su una cultura superficiale e un tantinello commerciale.
Oggi veniva presentato un libro: La ladra di piante di Daniela Amenta, un’occasione per parlare di giardini e giardinaggio, che tirano sempre da aprile a settembre, per cadere nel profondo oblio mediatico in autunno e in inverno (quando il vero giardiniere lavora davvero).
Mi cade l’orecchio su una frase: “Le piante sono inanimate”.
Credo di essere sobbalzata sul sedile dell’auto e di aver per errore azionato i tergicristalli.
Se per “inanimato” vogliamo intendere “privo di autocoscienza, di intelletto, di ragione, di autodeterminazione e di organizzazione sociale”, in breve “esseri non senzienti”, posso anche essere d’accordo. Ma le piante sono ben lontane dall’esssere inanimate se con il termine “anima” si intende l’antico concetto greco, cioè “anemos”, spirito vitale, vento, movimento.
L’anemometro è lo strumento che usiamo per misurare la velocità del vento, e i “cartoni animati” sono tali perché si muovono. Gli animali vengono detti tali poiché ritenuti istintivi, in grado solo di muovere il corpo, spostarsi, quasi senza volontà.
Ovviamente anche un ragazzino appassionato di biologia sa che le piante si muovono, attraverso viticci, rami, semi e propaggini, proprio come se camminassero con i loro stessi piedi, non diversamente da quanto sono in grado di fare gli Ent di Tolkien.
Pueraria lobata o Kudzu, tanto per fare un esempio.
Le piante possiedono una quantità incredibile di modi per reagire e interpretare i segnali esterni, sono in grado di esercitare una sorta di comunicazione tra loro, attraverso segnali biochimici. Non sono senzienti, ma sono esseri viventi. La parola “inanimato” non calza affatto e non voglio neanche provare a capire come possa venire in testa quando si parla di piante, di Natura.
Il fatto è che le piante si muovono più lentamente degli Esseri Umani, e qui “il deficit di attenzione del mondo moderno” colpisce ancora, facendo pronunciare a Lipperini questa frase rivelatrice di una superficialità esplosiva.
Andiamo avanti. A ridosso delle piante inanimate mi tocca sentire la SOLITASOLFA della botanica.
Il giardinaggio e la botanica sono due cose completamente differenti: basta il dizionario, vi assicuro.
Il giardinaggio è la pratica della coltivazione delle piante e di disporle secondo uno schema gradevole.
La botanica è una scienza finalizzata alla classificazione delle piante in famiglie, generi, specie, ecc.
Personalmente non mi è mai arrivata notizia che Linneo fosse un abile giardiniere, per contro John Bartram, che aveva scarse o nulle conoscenze di botanica, era un coltivatore formidabile.
Solo chi non conosce le immense sfide del giardinaggio, e quelle ancora più complesse della creazione di un giardino, può immaginare di nobilitarlo chiamandolo “botanica”, poiché il giardinaggio contiene la botanica, ma non viceversa.
Non posso addentrarmi nella distinzione tra giardinaggio e kepopoiesi per non stancare il lettore.
Proseguiamo oltre: se la botanica si insegna alle università, il giardinaggio non c’è scuola che lo insegni.
Gli istituti di agronomia e le Facoltà universitarie sfornano tecnici che considerano i vegetali come una merce: pomodori in scatola e fiori recisi. I pochi corsi di tecniche a scopo ornamentale sono del tutto insufficienti, al di sotto di qualsiasi manuale corrente. Ne consegue che i dottori in Agronomia sono in genere ignoranti su ogni cosa che riguarda il giardino ornamentale, ma avendo appeso al muro un titolo universitario, si comportano con arroganza e disprezzo. I pochi agronomi dotati di capacità creativa ed estetica, l’avevano anche prima di mettere piede nelle aule universitarie.
I corsi di paesaggismo e architettura del paesaggio sono praticamente ridicoli e comunque vincolati alle Facoltà di Architettura e Ingegneria.
In Italia un bravo giardiniere s’è fatto sempre e comunque da sé, attraverso lo studio continuo e la pratica indefessa e MAI attraverso un solo ed esclusivo percorso scolastico. MAI.
Concludendo: questa gran confusione tra giardinaggio, creazione di un giardino, botanica e agronomia è tipica dell’Italia ignorante in ogni cosa che riguardi la natura e la biologia.
Se uno confondesse il greco col latino, cosa pensereste?
Io penserei che s’è giocato ogni credibilità.
ti lovvo
s
Mai pronunciato quella frase, veramente. E non è compito di chi intervista correggere l’intervistata. Non fosse altro perchè tento di far crescere il mio giardino. Buon divertimento. Loredana Lipperini
Lipperini! ma giuro! io ti credevo una persona in grado di ammettere un errore, per avevo anche un po’ di stima, ma negare l’evidenza è clamoroso!
La frase l’hai pronuciata, e l’hai pronunciata tu. Non Amenta: le dai la colpa di un tuo errore? Ma sei al colmo della malignità!
In ogni caso correggere l’intervistata/o, quando dice cavolate, è uno dei compiti di un giornalista che non vuole che passino informazioni sbagliate. Ma non è questo il punto: la confusione era nella tua testa, e si è vista tutta!
Io non sono una giornalista, sono una persona che parla di libri. E si parlava di un romanzo, non di lezioni di botanica. Non ricordo di aver pronunciato quella frase, assolutamente. E, sinceramente, la malignità non mi appartiene. Ma mi sorprende l’astio di questo post.
Davvero ti sorprende? Con tutti gli hater che circolano in giro?
Io sono una giornalista, e sono una persona che parla di giardini -e molto bene, come molti tuoi colleghi possono confermarti. Tu hai pronunciato quella stupidata, se non te lo ricordi riascolta la puntata e riparliamone. Ok?
Non è astio, è la sempiterna delusione di cercare nutrimento e trovare solo arsura nelle parole di chi dovrebbe darti cibo per la mente. In più c’è la negazione delle fatiche di generazioni di giardinieri.
Io non sono astiosa, carissima, sono INDIGNATA! Segnatelo.
Mai pronunciata quella frase, onestamente. Non foss’altro perché ho un giardino e tento, nella mia incompetenza, di farlo prosperare. Compito di chi intervista non è correggere l’intervistata. Saluti cari
Uno. Non sono botanica. Faccio la giornalista. L’autrice del post può trovare facilmente il mio curriculum in rete. Due. La frase l’ho detta io. Se vuole, se la rassicura, la tranquillizza, le dà agio posso argomentare il termine e perché. Per altro c’è un podcast dove si può ascoltare senza tema di smentita. Lipperini non c’entra, ne avessimo altre 10 di Lipperini in Italia, solo 10, staremmo meglio, le assicuro. Tre. Il libro che ho scritto è tutto tranne che un trattato di giardinaggio, meno che mai di botanica. Meno che mai una paraculata estiva. E’ una storia, non ha alcuna pretesa di spiegare le regole della terra. Romanzo, in italiano.Se vuole ne acquisto una copia e gliela consegno, magari a Campo de’ Fiori. Non tanto per i fiori, quanto per Giordano Bruno: di indignazioni serie (e meno serie) è attraversato l’universo. Per correttezza le suggerirei di cambiare il titolo del post. Chiami in causa me, se la soddisfa. La saluto, buonasera.
Insomma, mi scusi: lei non è botanica ma ha diffusamente parlato di botanica in trasmissione, ammantandosi di conoscenze che ora dichiara di non essere di sua competenza.
È giornalista ed è disinformata sull’oggetto di quanto ha scritto nel suo romanzo o detto in trasmissione (Bene: a quanto pare essere giornalisti sembra essere il viatico per la disinformazione a piede libero unita alla possibilità di parlare di ciò che non si conosce in tv, radio o giornali).
E queste sarebbero le sue argomentazioni di difesa? Ma non vede che si sta scavando la fossa con le sue mani?
Comunque il suo libro l’ho già ordinato.
Comunque, signore, è evidente che siete proprio fuori dall’ambiente del giardino, del giardinaggio e degli annessi e dei connessi.
Nell’ambiente tutti mi conoscono, e tutti sanno che il mio lavoro non è mai scorretto nei confronti degli altri anche se prende l’avvio da una visione “dura e cruda”.
Capisco che nel vostro ambiente di sciacallaggio l’indignazione (falsa) sia frutto di invidie e gelosie editoriali, ma io ci spero davvero che compaia qualcuno bravo come Pizzetti a farci ancora lezione. Ma questo non arriverete a capirlo neanche tra cent’anni. E in effetti, mi fate anche un po’ pena.
La verità, signore belle, è che voi l’avete cannata, ma di brutto forte. Tutt’e due. Ora non sapete neanche difendervi e usate ritorsioni spicciole e offesuccie da quattro soldi.
Io non sono di questa pasta, e mi avete sul serio annoiata.
O VENITE A DIRMI QUALCOSA DI INTELLIGENTE, o smettete di sporcare questo blog, di cui i veri appassionati conoscono il valore.
No, non ho parlato di botanica. Può riascoltarmi se la furia talebana non le fa perdere il lume della ragione. Ho parlato di piccole bellezze e di piccole cure. Quelle provo a mettere in pratica nella mia vita, professionale e non. Lei usa un linguaggio così esacerbato, signora. “Scavarsi la fossa con le mani”, “viatico per la disinformazione a piede libero”, “indignazione”. Mi perdoni, ha montato tutto questo fiume in piena per una parola. Poi le usa in libertà come se fossero cesoie. Mi prendo ogni critica, nel caso il libro non dovesse piacerle. E’ il mio primo libro,(e considerata la mia età penso anche l’ultimo): senza dubbio avrà modo e motivo di non esserne soddisfatta. La ringrazio comunque di averlo ordinato. Le auguro buona giornata.
Eeeeh, qui mi state stancando davvero:
al minuto 12:45 Lei dice “L’amore per le piante per il verde… La botanica è sempre stata considerata una roba da aristocratici” in un contesto in cui l’argomento è il ritorno alla terra (agronomia -agricoltura).
La “Conserva della Neve” non è una mostra botanica (minuto 8:32) ma una fiera di piante insolite, da collezione di floroviavaismo.
Minuto 22:39 “Vado lì, discuto, dico: guardi sono una botanica, deve toglierle” (riferito alle piante sotto il getto dell’aria condizionata).
Ma, insomma, lei è botanica o dice di esserlo? E che c’enta la botanica con la cura delle piante?
È a questo che mi rifesco, con toni veementi, sì, proprio perché nascono da quell’autentica passione che lei racconta nel libro, ma quando le capita nella vita reale, non riesce a riconoscere.
Che tristezza. E tralascio gli insulti gratuti al mio libro che certamente lei non ha letto.
Se lei è giornalista dovrebbe conoscere il potere della parole. Uno scafesso, un tizio da niente, che si chiama Umberto Eco, ci ha insegnato il valore di una parola, e prima di lui un altro povero ignorante che si chiamava Platone.
Dire “botanica” invece di “tecniche agronomiche” o semplicemente “giardinaggio” denota confusione nella sua testa e la ingenera in chi la ascolta.
E questa è cultura? Dieci di queste trasmissioni? La prego, altro che orwelliano. Qui ci vuole direttamente Bradbury, e mai come adesso il titolo della trasmissione mi sembra tanto azzeccato.
Per questa discussione accetto solo mail con nome e cognome e indirizzo web. Grazie.