Mater florum – Lorenzo Fabbri, Olschki Editore 2019

Mater Florum. Flora e il suo culto a Roma di Lorenzo Fabbri
Olschki Editore, Firenze 2019

Con questo volume Lorenzo Fabbri, storico delle religioni classiche e attento studioso dei legami tra culti antichi e botanica, aggiorna completamente le indagini finora compiute su Flora, una divinità considerata minore nella religione romana. Nessun libro era stato dedicato interamente allo studio di Flora, anche se il suo culto era stato più volte analizzato da eminenti studiosi e studiose, ma sempre nell’ambito di lavori più ampi, che consideravano gran parte del pantheon romano o alcuni aspetti di esso, come la numismatica o l’archeologia (cui nel volume si fa riferimento quali importanti fonti di informazioni).
È proprio il fatto che Flora sia sempre stata considerata una divinità minore ad averla collocata in posizione marginale negli studi sul mondo latino, ma da quanto emerge dalle prove materiali e dai reperti archeologici presi in esame, via via scopriamo una realtà molto meno semplicistica di quanto si possa immaginare. Flora era una divinità così importante, infatti, da dare il suo nome stesso alla città di Roma (che ne aveva ben tre, di cui uno era segreto, l’altro sacrale, ed era appunto “Flora”).
Fabbri ripercorre le vicende del culto della dea con meticolosa attenzione, fin da quando Varrone ne fa menzione, elencandola come divinità sabina. In realtà non è ben chiaro se Flora fosse o no una divinità sabina, più probabilmente era una dea adorata nella zona dell’Italia centrale prima della nascita di Roma, e a seconda delle popolazioni e dei luoghi, assumeva configurazioni leggermente differenti. L’analisi della frase del De lingua latina: “Et ara Sabinum linguam olent”, da cui originerebbe la sabinità della dea Flora, è di difficile interpretazione e potrebbe nascondere un’allusione al fatto che fu Tito Tazio, re sabino e poi re di Roma, a introdurre il culto di Flora. Il verbo “oleo” infatti è usato in modo ambiguo, e potrebbe indicare sia l’uso di bruciare oli e incensi, ma anche il fatto che molti culti –tra cui quello di Flora- furono promossi, introdotti o solidificati proprio dal re sabino Tito Tazio. Tuttavia non si può escludere che Flora fosse già da tempo venerata nell’Urbe, e che Tito Tazio abbia solo decretato la libertà di erigere templi e are votive. Tutto farebbe infatti pensare che Flora sia una divinità antica, non già una replica delle divinità elleniche, ma un culto autonomo, preesistente nell’Italia, con alcune varianti. Anche qui viene meno uno dei cliché sulle divinità femminili legate alla natura, come varie rivisitazioni o fotocopie, più o meno sbiadite, della Grande Madre originaria, legate indissolubilmente alla fertilità. A Flora non vengono attribuiti figli (se non i fiori stessi), e quindi assume dei paradigmi suoi propri che –a ben vedere- la rendono una divinità davvero unica nel pantheon romano.
Sembra quindi chiaro che divinità assimilabili alla Flora romana fossero celebrate da tempo da gran parte delle popolazione italiche. Osci, Vestini, Sanniti, avevano divinità analoghe o termini simili (“flos” è una radice comune alle lingue dell’Italia centrale).

La lettura, seppur trattata con linguaggio accademico e forbito, diventa quasi un giallo sulle tracce di una divinità che oggi immaginiamo carica di fronzoli e persino un po’ fatua, ma che inizialmente era inclusa nella sfera di Cerere, essendo il suo ruolo quello di presiedere alla fioritura delle piante eduli, principalmente del grano (o almeno delle graminacee commestibili in epoca romana) e in generale delle piante utili anche se non alimentari (tintorie, o per la realizzazione di utensili).
Anche il lettore non esperto non può che rimanere ammirato dalla lucidità dell’autore nell’interpretazione delle fonti, alcune delle quali scartate perché non più valide, altre in sospeso poiché inconcludenti o poco determinanti, altre messe sotto la lente di ingrandimento in quanto finora sottovalutate o trattate in maniera frettolosa, altre ancora riportate ma non affidabili, poiché frutto di invenzione poetica, come lo splendido dialogo tra Ovidio e la dea stessa che racconta la sua storia e la nascita di Marte. Rimangono questioni aperte, ovviamente, e di difficile soluzione, ma l’autore non tenta forzature di sorta, limitandosi a esporre fatti.
Si intuisce il lavoro di paziente ricerca e la capacità di focalizzare l’analisi sulle fonti corrette, senza dispersioni. Le argomentazioni sono cogenti e la lettura diventa appassionante –almeno per chi ama la saggistica- anche se non si è specialisti e il latino dei tempi del liceo è ormai traballante.
Viene meno, pagina dopo pagina, l’idea comune che Flora sia una dea più afferente alla sfera di Venere, nella quale viene collocata in periodo più tardo anche per via della licenziosità delle feste a lei dedicate, i Floralia. Flora fu infatti una divinità molto stigmatizzata dal cristianesimo, che la additava come meretrice, in particolare Tertulliano e Agostino. La mitezza dell’autore si modera nel definire “maligne” alcune osservazioni di apologeti cristiani che evidentemente miravano a degradare usi importanti delle religioni antiche.
I Floralia erano sì festività orgiastiche, come spesso accadeva nell’antica Roma, ma da molti elementi sembra che la componente mimica, teatrale, sia stata poco presa in considerazione. Non si sa quindi con certezza se fossero consumati atti sessuali (anche se lo si può presumere, almeno nel contorno sociale), ma nella celebrazione dei Floralia era molto importante l’aspetto della messa in scena, del godimento dei sensi, ludico, il divertimento anche un po’ godereccio e popolaresco. Di certo Flora era una divinità maggiormente adorata dai ceti sociali plebei. In definitiva si ricostruisce il ritratto di una dea allegra, giocosa, ma anche seduttiva. I suoi ruoli, oltre a quello principale di proteggere l’antesi dei fiori di piante utili e commestibili, erano numerosi: non ultimo quello finalizzato al lucro: Varrone consiglia infatti agli agricoltori di piantare anche fiori ornamentali da vendere sia come decorazione domestica, sia per i serti floreali, sia per adornare altari e giardini privati e pubblici. Flora era associata in modo indiretto alla produzione del miele e della cera (la cui tutela diretta era riservata a Mellona) poiché ella forniva alle api il nutrimento per produrre il miele, un alimento primario per i romani. In poche parole Flora è la divinità a cui ci si appella per ottenere tutto ciò che dai fiori si può ricavare, utile o ornamentale.
Fabbri dimostra la sua tesi attraverso una impressionante mole dei dati e una straordinaria conoscenza della materia, ripercorrendo i mutamenti dei culti a lei dedicati.

Inizialmente divinità che potremmo quasi definire parca, a cui ci si appellava perché le piante commestibili fiorissero nel momento giusto dell’anno, senza quindi che fiori subissero le ingiurie del clima e procedessero regolarmente alla fruttificazione, celebrata in anni di carestia o in periodi in cui gli alimenti scarseggiavano, sempre associata a Zefiro (che fa pensare all’impollinazione anemofila), progressivamente Flora assume anche il ruolo di protettrice dei fiori puramente ornamentali, delle ghirlande e delle corone, fatto assolutamente non secondario nella cultura romana, tanto che Claudio Saturnino dedicò ai serti un’opera purtroppo andata perduta, De coronis. Sappiamo comunque che l’uso delle corone floreali era riservato alle donne, con l’eccezione dei Salii, e che erano solitamente usate come omaggio votivo ai Lari e ai Mani, o come ornamento dei sepolcri. Il suo culto si fa via via più raffinato, ricco, e teso a imitare l’ellenismo: Flora si delinea quindi come una figura mutevole, non monolitica ma capace di assumere morfologie differenti sia a seconda dei popoli che l’hanno venerata, sia a seconda delle epoche storiche. Il suo culto era molto diffuso anche fuori dalla penisola, in Algeria, Libia, Croazia, e forse nella Germania Superiore.
Lo spostamento nella sfera di Venere è abbastanza chiaro da Lucrezio, finché il legame con Cerere sarà quasi del tutto compromesso, fino a portare Flora a essere indicata come magistra Veneris o ministra Veneris (sempre con accezione negativa) dagli apologeti cristiani.

L’analisi però non accenna al perché una dea così importante e il cui culto era molto diffuso, sia quasi scomparsa dalla memoria storica o non abbia subito il tipico processo di sincretismo che ha portato molte divinità pagane, latine o nordiche, a godere di festività calendariali nella religione cristiana. Flora rimane quasi un simulacro di sé stessa, celebrata dal Botticelli, da Poussin, Tiepolo, Waterhouse, sinonimo di bellezza femminile, ricchezza e abbondanza, ma la sua storia sembra affievolirsi come un piccolo fuoco alle prime piogge. Di certo un deterrente fu il diffondersi del cristianesimo e la persecuzione della Chiesa Cattolica nei confronti delle altre religioni, ma questo basta a spiegare la scomparsa di Flora, una dea così importante che presiedeva alla fioritura e quindi alla abbondanza alimentare? Probabilmente sì – e se così è- si deve fare i conti su quanto violento e distruttivo sia stato il cristianesimo-cattolicesimo nella storia dell’Europa.

Il volume di circa 270 pagine è corredato da un bell’apparato iconografico finale, su carta lucida, con riproduzioni delle monete, quadri, dipinti, statue e altri reperti presi in considerazione durante la disamina, e di una bibliografia ricchissima.

23 settembre – In tre si è in compagnia

“Sì, partirò in autunno”, diceva a tutti. “Merry Brandybuck mi sta cercando una piccola caverna accogliente tutta per me, o forse anche una casetta”.


Disegni da Guida ai luoghi della Terra di Mezzo di John Howe, Bompiani.

“Il giardino pigro”, Blu Ed. 2019 – videorecensione

Ecco perché, secondo me, dovreste leggere questo libro.

“Daniza” di Stefania Bisacco (videorecensione)

“Daniza” è un libro che racconta la storia dell’orsa che per proteggere i suoi cuccioli fu inseguita per settimane, poi sedata con una dose troppo massiccia di anestetico, che ne causò la morte. Stefania Bisacco, illustratrice per bambini, narra parte di queste vicende in modo delicato, super partes e libero (o liberato) senso di rabbia che questa vicenda, accaduta nel 2014 in Trentino, può suscitare in ognuno di noi.
In questa videorecensione vi parlo del libro, di come è illustrato, del modo semplice e diretto con cui si rivolge ai bambini, e aggiungo delle mie impressioni sulla vicenda di Daniza, divenuta ormai un simbolo per molt*.

Potete acquistare “Daniza” rivolgendovi a http://www.stefaniabisacco.it/ e cliccando a sinistra “contact” o su Instagram a @stefaniabisacco , o seguire la pagina Facebook @Conocchianimali

Come scritto sull’ultima pagina: “Non siete stati dimenticati”.

“Guida ai luoghi della Terra di Mezzo”, John Howe, Giunti Editore

Oggi, cioè, ieri, il 3 gennaio, facevan centoventisette anni che Tolkien nasceva. Questo è stato il mio regalo di Natale, fatto da me medesima meco, e che ho voluto aspettare oggi per aprire per non sentire di aver “perso” una data importante (in realtà l’ho fatto, essendomi ridotta ben oltre la mezzanotte, e avendo Youtube richiesto il suo tempo di caricamento video. Quindi ho posposto la pubblicazione al 4 mattina).
Ho filmato in verticale, vi prego di scusarmi, ma è tardi e io son babbana assai.
Prezzo, 22 euro, circa 190 pagine.

“Chilometro zero un cavolo”, di Felice Modica, edizioni “Il Giornale” (videorecensione)

Il chilometro zero è veramente ecologico o è un’abile strategia per vendere un surplus di merce? Felice Modica ci dà una risposta netta ma incompleta. Nel video vi racconto perché il suo libro non mi ha convinta.

“Le Pianerottole. Storie di piante all’uscio”, Biblion Edizioni 2018 (videorecensione)

Quali, o meglio “chi” sono le piante da pianerottolo? Misconosciute, trascurate, degnate appena di sguardi di passaggio tra la porta di casa e l’ascensore? Lo spiegano Pinuccia Guidotti, Luca Sivieri, Irene Guida in un bel libro illustrato da Maria Teresa D’Amore.

Ho visto cose che voi umani… “Umanesimo e rivolta in Blade Runner. Ridley Scott vs Philip K. Dick” Rubbettino 2016

Blade runner4Alcuni libri capitano come spediti dall’alto, da necessità fatali e apparentemente indistricabili. Mi è accaduto con un saggio Rubbettino, della bella e preziosa collana “Cinema” diretta da Cristian Uva: Umanesimo e rivolta in Blade Runner. Ridley Scott vs Philip K. Dick.
Un libro che non mi aspettavo neanche per sogno, tanto i maledetti professori e patriarchi della cultura italiana hanno indottrinato il povero lettore su quanto miserevole sia la letteratura di fantascienza, e anzi, che tale letteratura sia di serie b, c, o d, e che il genere di fantascienza sia per ragazzini, secchioni, nerd e smanettoni.

Grazie e anatema su di voi, vecchie cariatidi scolorite e intelligenze nozionistiche!

Il blocco del lettore mi aveva colpita duramente, tanto che mi ero trascinata Tito di Gormenghast per tre mesi. Non che Mervyn Peake sia facile da leggere in una roboante traduzione Adelphi che restituisce dignità all’avverbio.
Per mesi ho aperto libri, fissato parole senza leggerle, mi sono addormentata con la luce accesa e la matita in mano, e richiuso il libro esattamente nel punto in cui l’avevo aperto la sera prima.

Revenant mi aveva quasi riportata in vita, nonostante non sia questa magnificenza che ne dicono, ma la “frontiera” per me è irresistibile, e ancora l’orrenda faccia di Leonardo Di Caprio non si era insinuata tra le pagine.

Ma per tirarmi fuori dal “blocco” ci voleva qualcosa che mi facesse sognare, e per me il viaggio tra le stelle è la dimensione narrativa più amata. Dopo la lettura di questo libro ho ripreso i romanzi, che considero meno avvincenti dei saggi, grazie all’aiuto dei validi amici del forum di Ten Forward , in particolare di capitan Siccardi, che mi ha spiegato  perché fa strano quando gli elfi sparano con la Beretta e perché devi sempre sempre sempre dire che fantascienza e fantasy sono due cose diverse, diversissime, pena l’essere banditi dalla galassia.
Così ne ho letti un po’ : Haldeman, Anderson, McMaster Bujold, Heinlein, e altri ancora ne voglio leggere. Mi è rinato l’entusiasmo.

Tutto è partito da questo libro: un confronto sapiente, dotto, speculativo, con punte di raffinata accademia filosofica, su uno dei film più amati nella storia del cinema e il suo padre letterario (Ma gli androidi sognano pecore elettriche?, Fanucci), che mi ha convinta dell’inconsistenza degli indottrinamenti dei professori: balbuzie culturale e vertiginosa ignoranza su fatti che si fregiano di commentare.
Dentro questo saggio c’è un mondo intero, un modo che passa dall’architettura al design, dall’economia alla dimensione visiva, pittorica, scenica, a quella musicale e sonora, sofisticatissima e unica, di Vangelis, fino all’analisi introspettiva e spirituale (Dick era infatti un teista confuso ma fiducioso).
Non manca l’impatto più verosimilmente artistico, quello del Postmodern, concetto per molti ancora oscuro ma vivo e immersivo come l’aria che respiriamo.
Perciò grazie cari amici. Grazie amici androidi, amiche stelle, amica palta. Grazie ai Bastioni di Orione e ai raggi B.
Grazie amici libri, ora finalmente vi vedo.

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Maschilismo in “La Luna è una severa maestra” di Robert Heinlein 1966 (SPOILER)

Da circa marzo del 2014 soffro di un doloroso e ricorrente blocco del lettore, divenuto insopportabile lo scorso natale. Revenant, l’ormai noto romanzo di Plunke, da cui Di Caprio ha tratto un film che si preannuncia da Oscar, mi ci aveva tirata fuori per metà.
Il libro di Plunke è gradevole, breve e scritto in modo sciolto. E poi io amo la Frontiera.
Mi ci ha tirato fuori con tutti e due i piedi un saggio Rubbettino: Umanesimo e rivolta in Blade Runner, in seguito al quale ho “divorato” (in pratica letto in due settimane, due) Ma gli androidi sognano pecore elettriche?, che da ragazza avevo lasciato a cinquanta pagine dalla fine.
Devo confessare che Dick, più lo leggo, meno mi piace.
Comunque stiano le cose, mi sentivo pronta a macinare pagine di fantascienza come un compressore.
Mi è stato segnalato La Luna è una severa maestra.
Mi raccomando, se lo vedete su qualche bancherella dell’usato, allontanatevi immediatamente, potrebbe causare letargia improvvisa, svenimenti, perdita della memoria, miastenia grave e ipoacusia.

Le prime quaranta pagine sono state le più emozionanti da anni a questa parte, dopodiché la voglia di stracciare quel libro, calpestarlo, frullarlo, ridurlo in finissimi coriandoli e poi gettarli per aria, è stata forte, ma alla fine, baldamente vinta, e la missione “libro” è stata conclusa vittoriosamente.

Non mi dilungo sulla trama, dirò solo che ci sono diversi personaggi femminili di contorno, tutti concentrati nel nucleo familiare di Manuel, il protagonista. L’unico personaggio femminile co-protagonista è Wyoming Knott, un personaggio inutile e piuttosto antipatico, mal descritto e di spessore caratteriale prossimo allo zero termico. Non mi stupisco se nel precedente libro di Heinlein, Universo, le donne non avevano nome e venivano chiamate “femmine”.

Fino ad un certo punto non ci ho fatto caso più di tanto, ma le infelici battute e allusioni su questo disgraziato personaggio di Whyoming, detta Whyo, come fosse un richiamo per cavalli, hanno ulteriormente reso irritante la lettura. Ho iniziato così a sottolinearli tutti.

È proprio quando la letteratura utilizza gli schemi del “genere” a cui si rifà, che da il peggio di sé, divenendo appunto un “genere letterario” e non raggiungendo il livello, ben più alto di “letteratura”.
Eppure Heinlein è un bravo autore, molto abile, originale.

Le pagine del libro sono fotografate, non sono ritoccate o ritagliate (solo ridimensionate), e l’edizione è “I classici Urania”, Mondadori 1994, mentre il libro è stato stampato in USA nel 1966.

Ovviamente ci sono SPOILER.

copertinaUn clichè sulle donne: che non chiedano scusa mai. Facciamo finta di niente

luna_severa maestra52Il personaggio femminile stuzzica i maschi, “vende” la scena.

luna_severa maestra104Le donne sono impulsive, irrazionali, inoltre possono essere appellate con il termine “cara” solo perché fa piacere ai maschi, di qualsiasi età siano

luna_severa_maestra108E qui si scopre che Whyoming si comporta come una di quelle che vanno a dar fastidio ai maschi, ad importunarli, anche se sono anzianotti, insommma, è una femmina, perciò, ci sta, anche se dice di no.

luna_severa_maestra110Ecco, è arrivato Brunetta.

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Ma è chiaro: le donne per convincere gli uomini ci vanno a letto, è una legge di natura. Una donna che fa questo per la patria è una eroa (o eroina?)

luna_severa maestra184Mary Lions: segnatevelo. È il nome della donna che ha scatenato la guerra, perché tutte le guerre sono causate da donne, non lo sapevate?

luna_severa maestra191Che romantico! Le donne sono creature (grazie della condiscenza, addirittura entriamo a far parte del consorzio umano, uao!)fragili e resistenti, dolcemente complicate. Quasi quasi quanto gli uomini. Ma quasi, eh!

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Giustamente! Mica pretenderete che una donna capisca la fisica!
Chi? Marie Curie? E chi è?

luna_severa maestra202Le donne non hanno intelligenza e parlano a vavera, ma lo fanno con eleganza, seppur con un certo grado di burocratismo. Se una donna dice stronzate, non è che dice stronzate, è semplicemente fuori di senno, perché le donne hanno questa brutta brutta tendenza a impazzire, andare in depressione, diventare isteriche…

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luna_severa_maestra216amanuel, non lascerà mai che la sua donna sia spedita come un proiettile dentro una scatola di acciaio! NO!

luna_severa_maestra223Solo le donne bionde naturali sono belle. È un dato di fatto.

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Be’, che vogliamo dire: stereotipo da romanziere scadente per “vendere” la scena, farla diventare pruriginosa.
luna_severa maestra233Invece di strillare (da femmina beneducata), la donna ha scodinzolato, perché alle donne, si sa, piace che gli uomini gli tocchino il sedere, e si comportano da troie quali sono.

Nella pagina successiva Heinlein descrive anche gli Avaazers, e poi non diciamo che la fantascienza non vede in là nel tempo.

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Eh, si sa, le donne diventiamo terribilmente nervose e insicure quando non c’è un uomo forte che ci protegge!

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L’ISIS! Arriva l’ISIS a rapire le nostre donne! perché le donne sono proprietà dei maschi, non lo sapevate? Eh! E mo’ lo sapete.

luna_severa maestra243Le donne devono essere giovani, sempre, anche da vecchie.

luna_severa_maestra254Come da domanda: “E perché”? Perché la famiglia è sacra e sono le donne a tenerla unita?

luna_severa_maestra267Sento che tra un po’ compare Casini o Alfano.

luna_severa_maestra268gente fredda, i Lunari. Ma se c’è qualcosa per cui si scaldano… è il calcio…. ehm, no, che dico!?

luna_severa_maestra270Whyho è tornata bionda. Un’intera pagina dedicata a questo dettaglio. Heinlein era un tipo preciso.

luna_severa_maestra287bGià già: gli uomini si comportano meglio perché le donne siamo miti, dolci, delicate, e li facciamo diventare più buoni con la nostra bontà. Dell’insulina, presto!

luna_severa_maestra297Uè, ma ché, le donne si vorran mica metter a fare le soldatesse? ahahahahahahahahahah!!!

luna_severa_maestra305EEEEEEHHHH!!! ma il “vero” capitano, quello a tutti gli effetti e con gli attributi, è un maschio, care mie!

(“Sei una merda” si legge a sufficienza?)

luna_severa_maestra308Birra, donne, gioco, lavoro… cazzo, mancano il calcio e Sky TV

luna_severa_maestra312Poverette noi donne, sapete, siamo così deboli! in situazioni di stress sveniamo, persiamo i sensi, ci devono ricoverare. ma tanto, tanto, ci sono i nostri uomini a proteggerci. E in ogni caso, che altro potremmo fare se non le crocerossine?

luna_severa_maestra327Il seno acerbo, certo, certo, questa l’ha presa da qualche bacio perugina. Il coltello da cucina. Ludmilla era di certo incapace di procurarsi un coltello da difesa, e ha preso la prima cosa che le veniva davanti, il pelapatate.

luna_severa_maestra334Le donne sono sempre al fianco dei loro uomini. Piangono sempre, però.

luna_severa_maestra350Le bocche delle donne sono sempre deliziose. Se le donne non hanno bocchedeliziose non possono fare pompini deliziosi, quindi non servono a un cazzo e si possono anche violentare, eventualmente ammazzare.

luna_severa_maestra355Perchè il compito delle donne è portare da mangiare all’uomo, no?

luna_severa_maestra365L’intelligenza di Lenore! Tutta nel saper tenere la bocca chiusa!

luna_severa_maestra368Portami il caffè, il rasoio, il dopobarba, piegami la camicia nella ventiquattrore, muoviti, corri, sono in ritardo!

luna_severa_maestra373No comment

luna_severa maestra376No comment #2

luna_severa maestra378Ma quanto piangono queste donne!

luna_severa maestra379Le famose arti femminili, che sono tutte nell’aprire le cosce…

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Sarà questo blocco del lettore…

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