Il professore che non leggeva Marina Abramovic

E adesso che ho preso l’abbrivio e mi sta crescendo dentro una sana “ira del gusto” e mi sento decisa a mettere tutto nero su bianco, vi dico anche questa.
Alla presentazione di un libro che considero l’epitome del crollo della cultura cosiddetta “elevata” in Italia, ebbi l’occasione di fare qualche domanda all’autore, un professore universitario blockbuster e pieno di sé quanto un uovo bollito. Si era poco prima parlato di quanto il livello del gusto si sia abbassato in questi ultimi cinque-dieci anni, e di come ciò che era inaccettabile sia stato promosso, passando nel corso degli anni da brutto a medio, da medio a bello, da decente a capolavoro.
Il professore concordava, affiancando alla mia domanda delle strenue riprovazioni alla massificazione del gusto, all’infantilizzazione del pubblico, alla mercificazione della cultura, dando delle spiegazioni precise e circostanziate.
A fine presentazione l’ho inseguito per chiedergli un po’ di cose, rubando tempo prezioso per il check-in. Alla mia ultima domanda “Che ne pensa di Marina Abramovic?”, il professore mi risponde, sudato, scocciato e pallido: “Mi spiace, ma non conosco questo autore, non ho mai letto nessuno dei suoi libri”.

#ciaone

Marina Abramovic«: The Artist Is Present Photo by Marco Anelli. © 2010 Marina Abramovic«
Marina Abramovic«: The Artist Is Present Photo by Marco Anelli. © 2010 Marina Abramovic«

Giardini da incubo. Mai titolo fu più azzeccato di questo

Andrea+Lo+Cicero1Credo di essere precipitata nella puntata più brutta di “Giardini da incubo”, la recente trasmissione in onda su Cielo alle sei di ogni sabato pomeriggio.
Non avevo avuto modo di vederla finora e prima di farmi un’opinione ho voluto aspettare di averne visto almeno un episodio.

Non siamo nuovi a questo tipo di trasmissione sui giardini, né ai programmi in stile “tutorial” o “do it yourself” (DIY per i più trendy). Il digitale ha portato con sè centinaia di serie, in genere di valore prossimo alla zero termico (Fratelli compresi), preformattate, bancomattate, disinnescate, cartongessate, in cui ogni episodio è identico al precedente e al successivo.
Se questi show hanno un successo è unicamente per merito dei conduttori, che riescono ad animarle e a dargli carattere.
Quindi diciamolo subito: non c’è niente che si possa salvare da questa trasmissione. Niente.
Lo Cicero, che a guardarlo bene sembra un gran simpaticone e un vero amante del giardinaggio, sembra un palo della porta dello sport in cui eccelle: il rugby.
Gli ospiti di oggi mi hanno fatto venire la pelle d’oca: totalmente incapaci di un minimo di naturalezza, artefatti e finti.

Ma veniamo al giardino. Un appezzamento incolto di circa 150 metri quadri, di fronte ad una vileltta a schiera.
Un giardino che più anonimo non si potrebbe. Il compito più difficile per chiunque. In fondo un po’ tutti siamo buoni a ingentilire un bosco o a recuperare vecchi ruderi, ma un quadrato d’erbacce davanti casa è una missione per chi si è masticato John Brookes a colazione Christopher Lloyd a cena.

Mi spiace col cuore doverlo dire, perchè sono certa che è animato da buone intenzioni, ma la sciatteria e l’incompetenza dimostrate mi hanno lasciata letteralmente senza fiato.
Un neofita, fresco di 101 Cose da sapere avrebbe fatto di certo meglio.
Le piante non sono chiaramente neanche state scelte, ma offerte dagli sponsor della trasmissione (Gardena, Unopiù e Husqvarna, una sorta di Triade Cinese, di 666, di Tana delle Tigri del giardinaggio) e disposte in maniera quasi casuale lungo il perimetro del muro.
Era meglio prima, sul serio.

E allora? Tentiamo di affrontare un discorso critico su un qualcosa che non avrebbe diritto di essere neanche argomento di conversazione spicciola.
1) Con grande tristezza devo constatare che l’opinionismo è diventato la nostra sola cultura. La televisione ci impone di starle dietro.
2) Le dinamiche intrinseche del giardinaggio sono ancora del tutto sconosciute a chi mette sul mercato trasmissioni di questo genere (vale anche per Chris il mago dei giardini e L’erba del vicino). In poche parole: queste persone non ne capiscono una beneamatissima.
3) Il giardino di casa non è considerato da noi un luogo dove praticare il giardinaggio o esprimere una posizione estetica, ma solo uno spazio extra fuori casa, che si utilizza per rilassarsi. San Relax è il patrono dei giardinieri italiani.
4) gli show fai-da-te italiani sono clamorosamente fallimentari.

Da qualcuno sento nominare il programma di Carlo Pagani. Siamo non su un pianeta diverso, ma su un altro sistema solare. Eppure neanche quello mi appare granché. Pagani è illeggibile su “Gardenia” mentre è molto gradevole di persona. Ma è poco coinvolgente e l’accento è davvero troppo marcato. Personalmente non riesco a starlo a sentire oltre i tre minuti.
Le informazioni sono un po’ leggere e ripetitive e forse la scelta delle piante non è molto originale. Il tutto risulta statico e noioso. Il suo è tuttavia il miglior programma sul giardinaggio attualmente in corso sugli schermi italiani. Però a questo punto preferisco leggermi un manuale.

E con questo non ho altro da dire su quest’argomento. Purtroppo.

La perduta poesia di una foglia rossa

vermont_pinterestD’autunno e d’inverno rammento spesso quel che rappresentava per me, ormai tanti anni fa, una foglia rossa.
Una rarità, un tesoro. Si raccoglieva e si custodiva tra le pagine di un libro: un libro grande, adeguato, come il dizionario o un volume dell’enciclopedia. Se era piccola si poteva racchiudere tra due fogli di carta assorbente e infilare in un romanzo già finito, amato, dimenticarsene e poi ritrovarla dopo anni o lustri. Continua a leggere “La perduta poesia di una foglia rossa”

I maestri del paesaggio 2013. A Bergamo dal 7 al 22 settembre

Mi arriva oggi, senza comunicato, la locandina dell’annuale convegno “Maestri del Paesaggio” che si tiene a Bergamo.
La locandina purtroppo era impubblicabile: non solo per la sua intrinseca bruttezza, ma perchè infarcita di pubblicità.
Veniamo enfaticamente informati che ci sarà Piet Oudolf a questo meeting, anche se nel programma generale io non lo vedo.
Ah, mi raccomando, andate in giacca e cravatta o in abito da sera, perchè questa sembra tutta roba cinque stelle e aperitivi, per gente con la grana, che si racconta esperienze di viaggio e aneddoti sui giardinieri del passato.

Be’, come che sia, se volete dare un’occhiata al programma, vi metto il link.

Poi se qualcuno ci va mi faccia sapere.

A carnevale ogni cane vale

Ieri ho potuto finalmente fare una passeggiata decente a Bassotto, il quale si sta riprendendo adesso da una bella ricaduta di bronchite (se la piglia ogni anno, chissà che vita gli hanno fatto fare prima di abbandonarlo). Il veterinario prescrive: maglioncino fuori, dentro nudo. Bene. Non vi dico il casino: se il cane deve uscire si solleva tutta la casa:
Bassotto vuole uscire, aspetta, non farlo uscire, devo mettergli il maglioncino!

Camminavo con Bassotto immaglioncinato con un golfino blu su cui c’è scritto, in rosso e bianco, “I love NY” (non dite niente, per favore), con il “love” a forma di osso.
Ad un certo punto da una macchina esce fuori un bambino vestito da Rollo, o da Pongo, o da Peggy, non so, una roba così:
abito cane dalmata per bambino che schifo
Di fronte a tale camoufflage, “I osso NY” mi è sembrato anche sobrio.

Insomma, qui i cani diventano umani, e gli umani cani?
Qualcuno disse che la frase “ritrovare il senso delle proprorzioni” è una porcata da strizzacervelli, ma voglio essere banale e dire che qua mi sembra proprio che abbiamo perso il senso delle proporzioni.

cane da sposa
cane da sposa

Triste come un tronchetto della felicità

Si può immaginare una vita più triste di quella delle dracene? Utilizzate come arredo, annaffiate occasionalmente, se in cattivo stato gettate nei cassonetti, vendute per pochi euro come spam giardinicolo?

Spostala, no, sta meglio là. Lì dà fastidio a chi entra, mettila nell’angolo.

Servette tra le piante da interno solo perchè sopportano ogni sevizie.

tappezzeria

La forbice

Se avete conservato “Sette” della scorsa settimana prendetelo e dateci un’occhiata, magari vi è sfuggito l’articolo di Sara Gandolfi “Lusso di serie”, a pagina 70.
Sottotitolo:

Archi-star sulle sponde del Lago di Garda, sette ville “firmate” Meier, Chipperfield, Thun e Eutebach. Un club “trasparente” e nove penthouse. Benvenuti nel villaggio paradiso dei super-ricchi. Chiavi in mano e impatto (quasi) zero

Confesso di essere rimasta scossa dalla lettura dell’articolo. Riassumendo si tratta di questo: René Benko, fondatore della immobiliare Signa, divenuto ricco e famoso per aver acquistato i sottotetti di Vienna per farci penthouse per i facoltosi, ha in cantiere un super progetto che sarà completo nel 2013, denominato “Villa Eden”. I lotti di 78.000 mq complessivi, si trovano alle spalle di Gardone Riviera e hanno una magnifica vista sul Lago di Garda. Saranno costruiti otto edifici, di cui cinque abitazioni, firmate “da un pezzetto di Gotha dell’architettura contemporanea”, lussuosissime, con infinity pool, garage a 90 posti, esclusivo ristorante, centro benessere, biblioteca, cigar-room, impianto d’allarme, camino aperto e altre cose che non so neanche immaginare.

Piscina

Il genius loci, assicurano gli architetti, sarà rispettato, anzi, esaltato. Gli edifici diventeranno dei landmark-buildings, con il loro aspetto inconfondibile conferitogli dalle firme più importanti dell’architettura contemporanea. Meier bianchissimo come al solito e Chipperfield rinnoverà la tradizione della limonaia. Tutte le case saranno “green”, il più ecologiche possibile, con impianti a riscaldamento geotermico e vetrate doppie per una minore dispersione del calore.
Inoltre, a fronte del pagamento di un forfait annuale, saranno garantiti servizi extra come giardiniere, baby sitter, golf cart, lavanderia, catering, concierge, oltre all’uso del Club House e di un giardino comune firmato Renzo Ene (a proposito, io non lo conosco: chi è?).
Il gruppo immobiliare Signa si difende da accuse di voler costruire edifici solo per ricchissimi, dicendo che il progetto “Villa Eden” ha evitato che i lotti fossero destinati ad un progetto speculativo non in linea con il paesaggio.
Tutto sarà completo nel 2013: deve essere tutto finito nello stesso momento, non è ammissibile che un proprietario arrivi ad abitare e di fianco a casa sua ci sia un cantiere ancora aperto.
La clientela sembra sarà tedesca o austriaca, ma dicono gli impresari che non gli dispiacerebbe “rafforzare” la loro presenza in Italia.


René Benko presenta Villa Eden
Cosa possiamo concluderne? Forse avrò una visione troppo pessimistica, ma credo che quelle case siano pagate da questa gente e che prima o poi toccherà anche a noi.

Be, di che ti lamenti? non hai anche tu la tua piscinetta?