Ancora Gilles Clément

Gilles (gli do del tu) va molto di moda. L’establishment culturale giardinicolo va assolutamente pazzo per lui, lo trovano “divino”. Ne parlano, lo citano, lo accarezzano, lo blandiscono, ma non lo comprendono.

Neanche il servizio di Rosanova, seppur bellissimo (di gran lunga l’analisi più sensata del suo pensiero mai fatta nella nostra italietta giardinicola) riesce a far emergere le conseguenze  della enorme portata di quello che Clément ha scritto.

Dopo Clément il giardino  è come un personaggio di Italo Svevo o Pirandello: completamente dissolto, smaterializzato, annientato.

Cosa rimane? E’ anche la domanda che si fa Giubbini.

Rimangono la campagna e i giardini degli altri. La campagna (la foresta, gli incolti, i prati, ecc.) come “giardino planetario”; i giardini degli altri come “giardino sociale”.

Ma attenzione, Clément lascia ben viva un’altra opportunità, che non riesco a capire come non sia stata individuata:  se il minimo artificio è comunque fasullo, e l’assenza di artificio esiste solo in Natura, il massimo artificio (nel rispetto della biodinamicità e della biodiversità), non è toccato dalle tesi di Clément. La grande rappresentazione scenica rimane. L’aspetto ludico, di illusione cosciente, è più che ben desto.

Mangio sano, ma nessuno mi vieta di prendere un po’ di mescalina, ogni tanto. Una mescalina che guarda caso, non fa neanche male.

Cani al finestrino

Pappiralfi che si gode il sole di primavera
Questi sono i miei momenti belli della giornata, qui momenti in cui riesci, a tratti, per pochi istanti, a mettere da parte tutte le angosce che ti assillano.
Vorrei avere una strada tutta mia, per far prendere ai miei cani tutto il sole e il vento che vogliono.
Bibo e Pappiralfi, cani al finestrino
Davanti c’è Pappiralfi, dietro Bibo. Si litigano il posto al finestrino. Io ho paura di abbassare tutto il vetro, perchè mi faccio i film in testa di loro due che si gettano fuori dal veicolo e vengono investiti.

L’orto e il destino del mondo

Gli orti, che fino a qualche anno addietro erano uno degli argomenti di gossip preferiti da vari giornalisti e battitastiere, hanno subito una certa flessione, fino a un paio di giorni fa, quando Michelle Obama ha deciso di farsi l’orticello alla Casa Bianca.
Michelle Obama
Nel suo piccolo Michelle vuole portare avanti una battaglia personale, e cercare di essere stimolo e complemento del marito, che dovrebbe salvarci dal disastro (ma non ci riuscirà).
Ha deciso di fare un orto perchè i cibi coltivati da sè sono saporiti e gustosi, e perchè sono più naturali, economici ed ecosostenibili.
L’orto sarà aperto alla coltivazione di bambini delle scuole elementari (i quali però non si sa come beneficeranno dei frutti del loro lavoro) e avrà un intento didattico, per riavvicinare i giovani alla natura.

Anche il Vaticano ha deciso di fare un orto ai Giardini Vaticani
giardini vaticani
Ma è una storia un po’ diversa.

“Costume e società” la nota rubrica del TG2 li ha accomunati. Niente di più sbagliato, poichè l’orto della Casa Bianca e quello del Vaticano
nascono da due istanze del tutto differenti, convergenti solo casualmente.

L’orto di Michelle viene non solo da un desiderio della moglie del Presidente USA di mostrarsi come un First Lady decisa, innovativa, che batte la strada dell’ecosostenibiltà e della didattica, ma deriva da tutte quelle istanze social-democratiche che hanno fatto degli orticelli comuni un punto di forza della loro politica sociale.
E vuole -soprattutto- essere l’espressione di una autarchia di mantenimento. Che passando per le mani del marito potrebbe voler dire “Addio Cina, non vogliamo le tue cose, da oggi ci manteniamo da soli”.
Insomma la First Lady vuole comunicare questo messaggio: “Amici americani ed elettori, stanno per venire tempi davvero bui, perciò se volete mangiare la verdura dovrete coltivarvela da soli”.
Se l’orto le andrà bene, sono sicura che Michelle il prossimo anno si farà il pollaio, e poi prenderà una capretta.

Per il Vaticano è tutta una cosa diversa.
Anticamente i giardini erano degli orti con piante sempreverdi e da frutto, disposti in maniera elegante ed amena, in modo che ci si potesse sedere all’ombra e farsi avvolgere dai profumi.
Il giardino per i fiori -che a noi sembra che sia da sempre esistito- in realtà è un’invenzione piuttosto recente, e cioè della fine dell’800, periodo in cui i progettisti come William Robinson e Gertrude Jekyll teorizzavano il giardino naturale e la bordura mista.
I giardini Vaticani, ai tempi in cui furono costruiti, erano soprattutto orti (non a caso si chiamano anche Orti Vaticani) dove si coltivavano verdure per la mensa papale.
C’erano anche i “giardini”, difatti il cardinale  Scipione Borghese pagò più un’aiuola di tulipani che il David di Bernini.*
Quindi nel caso del Vaticano c’è più un recupero di una tradizione.

Per Michelle invece l’inaugurazione di qualcosa che si spera ritorni ad essere una tradizione.

*Un grazie a Milli per l’attenzione sui nomi.

Karaoke liturgico

Ieri sono andata ad una messa in suffragio ed ho visto un cartello elettronico, tipo quello delle autostrade che segnalano nebbia, incroci, deviazioni, che indicava il karaoke dei salmi cantati.
Occhei. Grazie.

Cosa c’entra col giardinaggio? Niente, è solo per tirare su l’audience.
Il vero dilemma è se prendersi o no il terzo caffè della giornata.

Il sabato della campagna

La campagna va ad invecchiare.
Me ne accorgo portando i miei due cani a spasso, verso Siderno Superiore, un poco dopo il bivio per Oliveto e San Leo, a Capofilico.
Non ci sono solo i prati rosa di gittaione e gli anemoni selvatici sparpagliati qua e là. Iniziano a mostrarsi altre piante, come gli asfodeli, la sulla, i lupini blu, e tante altre covano o iniziano a mettere le foglie.
E i margheritoni si allungano ogni giorno di più. I margheritoni che sono segno dell’estate, della lunga, cocente ed arida estate che ci aspetta.
Questi margheritoni che insieme ai cardi saranno i colori dell’estate, mi fanno sempre più paura.
Ostruiscono i passaggi sulle piste, occultano le altre piante.

I mandorli stanno mettendo le foglie, quelle foglie lucide e verdi come baccelli di piselli dolci bagnati.
L’albero ha fatto cadere i fiori, ha perso la sua verginità, si trasforma in una giovane donna bella e sensuale, con le labbra rosse e il corpo tiepido, i lunghi capelli neri sudati sparsi sul cuscino.

La primavera (prima-vera) è fuori dalla primavera astronomica, e cade in inverno. Di sabato.

Il Mostro di Loch Ness non esiste

Era l’episodio Il Club dell’Orrore, di Dylan Dog, in cui i membri del Club si riunivano in una casa sulle sponde del lago per raccontare storie di paura sul mostro che lo abita.
Quando il presidente del Club viene invitato da Dylan Dog a raccontare la sua storia dell’orrore, lui semplicemente dice :”Il mostro di Loch Ness non esiste” ed è questo l’orrore più grande.

La verità su Gilles Clément
Senza farla troppo lunga, Gilles Clément è uno che si è un po’ rotto le palle del solito andazzo giardinicolo. Ci ha scritto sopra qualcosa, ma scrivendo quel che ha scritto, in pratica ha detto “il giardino non può più esistere, se volete il verde, dovete andare in campagna o accontentarvi di guardare i giardini degli altri”.
Bene, sono d’accordo.
Ora: sta di fatto che però che chi ama i giardini non può fare a meno di pensarli, farli e sognarli, e -soprattutto- che lui di lavoro fa proprio il progettista, e questo gli causa un piccolo conflitto di interessi con il suo se stesso scrittore.
Ma i turisti sono affamati di queste cose, gli dai in pasto un giardino di Gilles Clément e quelli se lo divorano. E lui lo sa.
Insomma, fermo restando che la totale coerenza è solo dei Santi, un po’ “ce fa”. Diciamocelo.

Ora che mi ricordo…

Ora che mi ricordo però io sono sempre stata attratta dai comportamenti degli altri.

Da piccola volevo fare la cassiera per poter sapere cosa comprassero le persone, capirne lo stile di vita. Evidentemente i comportamenti sociali mi interessavano già da allora.

Qui ci sono io da piccola, in mezzo alla mia famiglia.
(foto rimossa)

Poi sono cresciuta e sono diventata un’asociale,ed ora più che mai, non vorrei far altro che starmene impoltronata a leggere trattati di estetica: raggiungere gli altri da lontano, attraverso il filtro del loro gusto, è per me più facile che porre una domanda diretta.

Lidia

Preferisco passeggiare.
me-spiaggia

Ma questo non significa che sia taciturna e tetra, anzi, sono molto di compagnia e ridanciana, e mi piace fare le “facce” allo specchio e alla macchina fotografica.

me-risata

Qui avevo i brufoli e mi sono messa una maschera di argilla: avevo ancora i capelli mezzi lunghi e la mitica pinza verde.
me- maschera di argilla

Qui non mi ricordo che avevo, certamente avevo freddo, essì che casa nostra è un forno!
me-casa

La Diga di Siderno

Da diversi anni Siderno -il paese in cui vivo- si è dotato di una diga artificiale che doveva servire come scorta d’acqua per l’irrigazione dei campi durante l’estate. In molti però sostengono che l’acqua della diga sia sporca e puzzi, portando numerosi moscerini e zanzare grosse così.

Nel tempo l’invaso, che è molto grande, è diventato meta domenicale per la cittadinanza che ama il passeggio, specie con i cani, anche se di notte la diga è frequentata dalle coppiette. Niente di male, chi non ha mai “parcheggiato”?Però “amanti” non è necessariamente sinonimo di “zozzone” e si potrebbe avere cura di recuperare profilattici e fazzoletti e di gettarli altrove.
In breve , la diga di Siderno è bella ed accogliente non solo per gli umani, ma anche per gli animali, tanto che i pesi inseriti all’inizio si sono motiplicati e sono arrivati aironi cinerini e cormorani. Anche i fiori selvatici si trovano a proprio agio.
Fiori selvatici alla Diga di Siderno

Le varie amministrazioni hanno usato la Diga come propaganda politica, ed in questo senso nessuna novità. Alcune hanno promesso di regolarizzare i pendii, assestare il terreno, limitare gli smottamenti periodici, addirittura alcuni hanno promosso idee di piste ciclabili, sentieri di trekking, Bed & Breakfast, percorsi naturalistici.
Ovviamente tutte queste cose distruggerebbero in poco tempo la bellezza della Diga, che diventerebbe un’imitazione della campagna.
Diga di Siderno

Fiori selvatici alla Diga di Siderno2
Adesso la novità apparentemente avanzata dalla nostra amministrazione comunale,  vorrebbe che a meno di un chilometro dalla diga si facesse una discarica.
Avete letto bene, una discarica.
Quella di Casignana non basta più, Rossano non ci vuole, facciamone una noi. Posso anche capirlo.
Ma con tutti i territori abbandonati che ci sono, perchè proprio vicino ad un luogo che è diventato un’importante oasi ecologica della Locride?
Diga di Siderno in estate
La diga è bella in ogni stagione, anche quando c’è poca erba e si calcinano i campi di ulivo.
Questa foto è fuori fuoco, ma apprezzatene i colori:
Scabiosa selvatica ed avena - diga di Siderno
Sono fiori semplici, ma ce ne sono prati interi pieni. L’effetto è spettacolare. Qui dei convolvoli con scabiosa:
fiori selvatici -diga di siderno
Qui dei piselli odorosi spontanei:
Lathyrus odoratus selvatico -Siderno diga
la bella e puzzolente Psoralea bituminosa:
Psoralea bituminosa - diga siderno

E sul far della sera, l’acqua placida, appena increspata dal nuotare delle “papere” d’acqua.
Dida di siderno

Cavitazione spazio-temporale

Sento di comprendere più da vicino come i giardini non servano in fondo ad articolare il nostro concetto di spazio, ma quello di tempo.
E’ una cosa che mi ha sempre tormentata sin dall’inizio della mia attività di giardiniera.
Il fatto che il giardino si sviluppi unidirezionalmente lungo la freccia del tempo, la sua natura ciclica, il suo dialogo incessante col flusso del pensiero, con il nostro movimento, con la percezione fisica del nostro essere, mi convincono sempre più profondamente che il luogo dei giardini non sia solo tangenzialmente lo spazio tridimensionale, ma che la loro vera essenza debba essere collocata nella quarta dimensione.
Una sorta di cavitazione spazio-temporale.

Il luogo dei giardini è l’amore, la morte, il ricordo. Lo spazio è solo incidentale, non causale.